Quale futuro per Roma? Riflessioni alla vigilia del Giubileo.

La città patisce ormai da tempo il deterioramento dei parametri relativi alle condizioni di benessere economico e alla qualità delle relazioni sociali. Bisogna cambiare rotta, anzitutto investendo sulla cultura.

La città eterna ha una molteplice e straordinaria pluralità di valenze interconnesse: possiede un valore per l’umanità religiosa, ma è anche una delle principali capitali europee ed un centro di riferimento anche  per tutti i paesi del bacino del Mediterraneo In un momento emergenziale come l’attuale assume pertanto un ruolo fondamentale per realizzare una cooperazione autentica tra energie culturali, politiche ed umane in grado di contribuire a realizzare un percorso di pace e di convivenza armonica e democratica.

Sede di numerose strutture accademiche e di ricerche, Roma possiede un ricco tessuto di realtà produttive e tecnologiche di sicuro spessore. La “cittadinanza globale”, come si usa dire oggi, è composta da una comunità di “utenti”, anche solo temporalmente presenti sul territorio di Roma, che hanno diritto a prestazioni pubbliche di livello, erogati come nelle altre capitali, in prospettiva di un accoglienza responsabile. Non si tratta di due “missioni” in competizione, essendo in realtà  sinergiche, che richiedono servizi funzionali e fortemente coincidenti.

In particolare, l’attuale assetto delle autonomie locali sul nostro territorio, con la Città metropolitiana e Roma Capitale, dovrebbe essere maggiormente focalizzato sui bisogni di una città di rilievo non solo nazionale, in quanto capitale, ma al tempo stesso di valenza mondiale. Le funzioni e le risorse attribuite a queste strutture, ad esempio, dovrebbero consentire di riconoscere la specificità della città e del suo territorio metropolitano, per ribadire la centralità politica e la cifra universale che viene riconosciuta a Roma da un punto di vista artistico, religioso e culturale.

Si tratta di prendere atto della complessità di governo, ma anche amministrativa e strutturale, che segue alla vocazione internazionale di Roma. Occorre una vera autonomia e a ciò si aggiunge  che l’attuale modello di governo locale del nostro territorio, di per sé messo alla prova delle nuove emergenze di mobilità, risulta indebolito dalla circostanza che le previsioni della legge n.42 del 2009 in materia  di federalismo fiscale proprio per lo sviluppo di Roma Capitale, necessita di un’ulteriore accellerazione allo scopo di reperire le necessarie risorse finanziarie

Serve quindi  un cambio di prospettiva che sviluppi un progetto alternativo per poter attribuire alla città di Roma, mediante i suoi enti territoriali, i poteri e le funzioni che consentano il vero esercizio di un autonomia amministrativa, così da poter  affrontare le grandi emergenze lasciate senza risposta. Certamente la fonte giuridica indicata nella legge di attuazione dell’art. 114 cost., comma 3, sembra andare in questa direzione offrendo sul piano giuridico e specialmente tecnico un utile spazio per l’adozione di un vero “progetto-Roma” per i prossimi anni.

Una calibrata riflessione ci porta verso una sollecitazione al riconoscimento di “Roma Capitale” attraverso una speciale autonomia che del resto appare presente nella carta costituzionale nell’art.116 e in conformità, appunto, alla legge n.42 del 2009 in materia di federalismo fiscale. Le attività inerenti a un vero rilancio della città  devono superare le più delicate criticità per dare consistenza alla visione di una città moderna in grado di competere con le altre capitali europee.

Si potrebbe pensare ad un “master plan” aggiornato ogni anno per poter indicare gli obiettivi, le risorse e i soggetti, verificando i progressi compiuti ed individuando gli aggiustamenti necessari da compiere. Sarebbe uno strumento utile per tutte le interlocuzioni istituzionali, razionalizzando le localizzazioni e le interazioni decisive con le grandi imprese pubbliche che hanno la loro sede a Roma, superando l’aleatorialità dei tempi; come pure ciò varrebbe per le infrastruttire che escono da un periodo pandemico emergenziale, sovraccariche di rinnovate esigenze da parte dei cittadini, ad esempio in ordine a edifici scolastici, strutture universitarie ed ospedaliere.

Occorre superare gli ostacoli che frenano i processi prtecipativi miranti alla concertazione tra i diversi soggetti, pubblici e privati. Proprio la fase postpandemica può essere una grande occasione per interventi integrati a vantaggio delle periferie, laddove si sono venuti configurando negli ultimi tempi agglomerati legati a un pendolarismo verso il centro, con ulteriori aggravamenti del problema della mobilità. Per questo sarà decisivo l’aggiornamento di strumenti urbanistici per la delocalizzazione delle strutture centrali e periferiche dello stato (e del comune stesso) per liberare nuovi spazi verde, in una logica di urbanizzazione integrata, includendo scuole, servizi e spazi di socializzazione.

Fondamentale, in prospettiva dell’imminente Giubileo, sembra essere il rilancio della vocazione internazionale della città. In questo senso sarebbe utile la creazione di un ufficio per la promozione culturale di Roma nel mondo. Del resto, le università statali o private, pontificie o internazionali che hanno sede a Roma vantano una tradizione consolidata e un patrimonio di conoscenze che potrebbero attrarre studiosi da tutto il mondo, con ricadute positive sul tessuto metropolitano e regionale.

Nuove opportunità di sviluppo possono contribuire a rafforzare le reti di solidarietà verso le persone più isolate o fragili; e in ciò può rivelarsi efficace anche il ruolo delle parrocchie, delle organizzazioni di volontariato, degli enti del terzo settore.

Proprio per venire incontro ad un ordinamento nuovo della capitale si potrebbe prendere in considerazione la costituzione di un centro studi sulla promozione sociale, riunificando e mettendo a confronto le esperienze di fondazioni, associazioni e – perché no – strutture amministrative che operano nella città, per arrivare a competenze mirate allo sviluppo urbanistico armonico, realizzando così una sinergia tra innovazione e sostenibilità: una sorta di “innovability”.

Roma ormai da tempo patisce il deterioramento dei parametri relativi alle condizioni di benessere economico e alla qualità delle relazioni sociali, con un invecchiamento progressivo della popolazione, la contrazione della capacità di acquisto da parte dei redditi da lavoro e il disagio abitativo, soprattutto nelle periferie. Insomma, c’è urgenza di immaginare e costruire una risposta strutturale alle “sofferenze” che si addensano in ogni segmento sociale.

Roma quindi non potrà ignorare le competenze tecnico scientifiche delle istituzioni universitarie e degli enti di ricerca per organizzare una più moderna e proficua gestione del territorio metropolitano e delle sue risorse. In ciò appare faconda l’iniziativa delle università romane di costituire un associazione, recentemente formatasi sotto la sigla di AURORA (Alleanza tra le università romane per la ricerca applicata), per innervare l’azione dei pubblici poteri in questa opera necessaria di rilancio e promozione della Capitale. Esiste un giacimento di risorse culturali e tecniche, spesso celate, da cui ricavare un impulso straordinario per un’equilibrata politica di modernizzazione.

 

Prof. Giulio Alfano

Presidente dell’Istituto “Emmanuel Mounier”