Le dichiarazioni di Giuliano Amato sulla tragedia di Ustica del 27 giugno 1980 hanno suscitato molte reazioni. Nell’intervista a Repubblica, l’ex Presidente del Consiglio ha voluto ricordare tutta la complessa dinamica dell’episodio costato la vita a 81 passeggeri in volo sul DC-9 dell’Itavia. L’aereo, decollato da Bologna e diretto a Palermo, fu abbattuto alle 20’59’’ in un tratto del Mar Tirreno tra Ponza e Ustica. Le conseguenti inchieste giudiziarie furono sistematicamente contrastate, mettendo in ombra le responsabilità che, oggi nelle parole di Amato e ieri in quelle di Cossiga, devono riportare con assoluta attendibilità all’intervento militare della Francia nell’ambito di un’operazione volta ad eliminare Gheddafi. In realtà, il missile che colpì il DC-9 doveva abbattere l’aereo che quella sera, secondo le informazioni di intelligence, doveva trasportare il colonnello libico.
In quella circostanza Bettino Craxi avrebbe messo Gheddafi in condizione di sventare il pericolo, provvedendo ad avvertirlo con un messaggio diretto. Si trattò di un gesto che dava la misura della “trasgressiva” determinazione del leader socialista, anche a costo di provocare il disappunto o l’irritazione degli alleati, anzitutto quelli d’Oltreoceano. Senonché, nei commenti successivi all’intervista, sia Bobo che Stefania Craxi hanno contestato questa ricostruzione dei fatti. Amato, dicono i figli, ha confuso le date: Craxi operò in quel modo anni dopo, esattamente nel 1986, in altre circostanze. L’osservazione è divenuta virale, come si dice oggi, dando a orgogliosi testimoni il merito di rastrellare dalla memoria la convalida dello scambio di date. Tuttavia, la memoria poteva restare a disposizione per questioni e circostanze più appropriate, visto che la posizione di Craxi era già stata illustrata dai biografi.
Cosa scriveva infatti Fabio Martini, autorevole firma de La Stampa, nel suo Controvento. La vera storia di Bettino Craxi (Rubettino, 2020)? Ecco lo stralcio che chiarisce i termini della vicenda: “Nell’aprile del 1986, subito dopo un attentato ad una discoteca di Berlino, gli USA decisero di dare una lezione al colonnello Gheddafi, bombardando senza preavviso il quartier generale a Tripoli. Chiesero il permesso di sorvolo a Francia e Italia che lo negarono ma Craxi fece qualcosa di più: fece avvertire Gheddafidell’attacco degli F–111 alla caserma Bab Al Azizya: il colonnello riuscì a salvarsi. A tanti anni di distanza uno dei più stretti collaboratori di Bettino Craxi, uno dei pochi veramente addentro a tutti i suoi segreti e che preferisce restare nell’ombra, spiega: “Nell’ostilità americana verso Craxi, Sigonella non ebbe peso. Più irritati furono con Bettino quando fece sapere in anticipo a Gheddafi che gli americani volevano ucciderlo…”.
Con un po’ di attenzione, solo consultando la bella e documentata biografia di Martini, si sarebbe potuto accertare quale fosse la data giusta. E si sarebbe evitato di alzare un polverone su un dettaglio che non può sminuire la gravità di una denuncia come quella di Amato. Dire che le sue non sono altro che le parole di un “privato cittadino” è stato un errore. Non si liquida in questo modo il j’accuse di un personaggio che nella storia recente della nazione ha rappresentato il lato algido e sofisticato del potere. Più utile sarebbe scandagliare le ragioni di questa intervista a dir poco sorprendente. Bisogna superare quanto prima lo stadio della superficiale reazione a caldo.