Questioni aperte nel passato e nel presente dei Popolari 

Il 29 dicembre 2022, Guido Bodrato scriveva questo lungo post su Fb per rivendicare lattualità di un suo vecchio articolo. A distanza di oltre 20 anni, la questione dei Popolari” propone analoghi pensieri: arrendersi al pensiero unico” era ed è sbagliato.

Guido Bodrato 

Nel dicembre del 200, il Consiglio nazionale convocava, per il marzo del 2002, l’ultimo Congresso dal PPI. In quell’occasione ho scritto, come facevo quasi ogni settimana, un articolo sul settimanale “Il nostro tempo”. In realtà, un solo articolo, in due successive settimane, poi unificato in cinque cartelle. Ho ritrovato questa riflessione dopo ventidue anni. Chi lo rileggerà, noterà che molte cose sono radicalmente cambiate. Allora, la destra che stava vincendo era guidata da Berlusconi; il centro sinistra era “in mezzo al guado”, tra il tramonto dell’Ulivo di Prodi e la nascita del Partito democratico di Veltroni. L’impianto della coalizione dei conservatori aveva un’impronta qualunquista, ma per apparire amica dell’Unione europea (cosa necessaria per ragione del bilancio) Forza Italia aveva aderito al PPE, mentre i popolari si opponevano ancora all’idea di “morire socialisti”. 

Tuttavia, molte mie riflessioni già suggerivano una strategia che i “nuovisti”, gli ulivisti, consideravano “rivolta al passato”, poiché temevo che la strada imboccata, quella del bipolarismo e del doppio turno, avrebbe finito col radicalizzare le posizioni politiche a vantaggio delle tendenze populiste che già si stavo delineando, e del finale successo dell’autoritarismo. Queste questioni sono ancora aperte, e  ne discuteremo. 

Vorrei, per ora, invitarvi a leggere la conclusione di quello scritto, che a mio parere conserva una straordinaria attualità. Evidentemente, notando che allora i popolari si apprestavano ad essere La Margherita, ed oggi sono in maggioranza nel Pd. Ho scritto: “La Margherita deve caratterizzare il suo programma. Deve essere il partito della Costituzione, cioè il partito della distinzione dei poteri, dell’indipendenza della magistratura, della democrazia parlamentare, del pluralismo sociale, della libertà dell’informazione; deve modernizzare il sistema economico per assicurare la competitività del paese, senza tuttavia ridurre i “diritti di cittadinanza” del mondo del lavoro che rappresentano una conquista della democrazia, e senza dimenticare i valori della solidarietà ed il ruolo che ha la concertazione anche per la competitività del sistema industriale”. Ed ho aggiunto, riferendomi alla politica europea, che era necessario rinnovare l’europeismo e la strategia federalista per evitare che, con l’allargamento dell’Unione all’Est ed a nazioni di piccola dimensione, finisse per prevalere la tendenza a ridurre l’Europa alla difesa dei confini e al mercato comune, con la deriva ad una confederazione (ognuno comanda a casa propria) con sempre più marcate tentazioni corporative: questa sarebbe l’Europa delle nazioni, pronta a scivolare nel nazionalismo…

Ed ecco la conclusione. “Queste scelte delineano una moderna strategia democratica, ripropongono i valori del popolarismo ed un profondo contrasto con una destra che pensa di cavalcare spregiudicatamente la mondializzazione dei mercati al fine di restaurare il potere di una oligarchia senza patria, interessata a fare comunque i suoi affari…Chi guadagna in Italia dalla rottamazione del welfare?…dalla privatizzazione della sanità? Non sono questioni che chiudono il discorso sull’avvenire della nostra comunità, del mercato e della democrazia, ma sono questioni che dimostrano a quante domande debba ancora rispondere quel “pensiero unico” liberista che pretende di essere senza alternative. E quanto è lo spazio a disposizione del popolarismo, se avremo il coraggio e la passione necessaria per fare politica, per riconoscere il primato della politica e il valore della solidarietà, e per difendere la democrazia dai suoi nemici”