Continua misteriosamente a mancare, quando si discetta sul futuro Capo dello Stato, l’attenzione al “profilo” del candidato. Sarebbe infatti necessario individuare una personalità che tranquillizzi gli italiani, che qualifichi il nostro paese sulla scena internazionale e che, soprattutto, non sia attaccabile sotto il profilo della credibilità personale.
Giorgio Merlo
Che l’elezione del Presidente della Repubblica rappresenti, da sempre, una tappa politica importante ma anche ricca e gustosa di retroscena è ormai un dato di fatto. Ogni giorno che si avvicina al voto in Parlamento da parte dei “grandi elettori” si produce una novità, ci sono cose da raccontare inesplorate e sconosciute sino al giorno prima, tranelli da consumare, vendette da pianificare, rancori mai sopiti e, soprattutto, un esercito di franchi tiratori che muta continuamente. O meglio, i franchi tiratori ci sono sempre stati ma cambiano rapidamente perchè il tutto è sempre e solo funzionale ai propri interessi. Politici, elettorali e personali.
Certo, quando c’era ancora la politica – cioè prima dell’avvento del populismo dei 5 stelle – i franchi tiratori, è paradossale dirlo ma è così, rispondevano anche a strategie politiche e di prospettiva politica. Con il decollo dell’”uno vale uno” e con un Parlamento composto da moltissime persone che puntano deliberatamente, se non quasi esclusivamente, allo stipendio di fine mese, è molto difficile prevedere qualsiasi epilogo. Certo, ogni elezione fa capo a sè ed è persin inutile ripercorrerle una ad una talmente sono note e conosciute. A cominciare dall’ultima, quella che ha portato alla rielezione di Giorgio Napolitano e poi alla scelta, saggia e responsabile, di Sergio Mattarella. Ma gli incidenti studiati, pianificati e progettati su Franco Marini prima e su Romano Prodi poi, rimarranno scolpiti nel malcostume della politica italiana. Uno squallore, che è nato all’interno del Pd e della sinistra italiana dell’epoca e di chi la dirigeva e che, da quel momento, ha quasi certificato uno squallore comportamentale da cui difficilmente si può tornare indietro.
Ma, per fermarsi all’oggi, quello che continua misteriosamente a mancare quando si discetta sul futuro Capo dello Stato è il “profilo” del candidato. Quando si dice profilo non si intende solo il grado di studio, le pubblicazioni fatte, la partecipazione ai dibattiti o la presenza nei salotti potenti e influenti della Capitale. No, il profilo del candidato al Quirinale riguarda una somma di elementi che si intrecciano l’un l’altro e che alla fine tratteggiano una personalità che tranquillizza gli italiani, che qualifica il nostro paese sulla scena internazionale e che, soprattutto, non è attaccabile sotto il profilo della credibilità personale. Pur senza moralismi e senza alcuna deriva giustizialista di stampo grillino.
Ecco, sotto questo aspetto il dibattito langue. È sostanzialmente vago. Si punta, semmai, sulla “divisività” di quel candidato, sulla eccessiva partigianeria di quello o sull’incapacità di poter rappresentare realmente il popolo italiano dall’altro ancora. Per carità, tutti temi importanti e di non secondaria importanza per un Capo dello Stato. Ma è indubbio che se il profilo del candidato è serio, qualificato, fedele da sempre ai principi e ai valori della Carta Costituzionale e politicamente non sprovveduto, difficilmente può essere messo in discussione. Per questo semplice motivo l’auspicio è che, d’ora in poi, accanto alla conta dei potenziali franchi tiratori e al tornaconto personale e politico di molti grandi elettori, ci si può concentrare prevalentemente, se non quasi esclusivamente, sul “profilo” e sulla “natura” dei vari candidati. Sarebbe, questo, l’unico modo anche per qualificare e nobilitare questo passaggio pur sempre decisivo ed importante della nostra storia politica e repubblicana.