Un vecchio e storico manifesto elettorale della campagna del 1948 diceva, a proposito dei democristiani, “mandati dai fascisti e trattenuti dai comunisti”. Certo, parliamo di una stagione drammatica ed incandescente, ma che racchiudeva il segreto politico di quella straordinaria esperienza di governo. Non è un caso se la cultura, la tradizione e il pensiero della Democrazia Cristiana non sono mai stati davvero apprezzati, né a destra né a sinistra.
Una riabilitazione tardiva
Solo dopo molti anni dal tramonto del partito, abbiamo assistito a una sorta di riabilitazione politica postuma del suo progetto, della sua cultura e della credibilità della sua classe dirigente, fatta di leader e statisti. Eppure, per lungo tempo, questi uomini furono ridicolizzati, contestati e persino criminalizzati, soprattutto dalla sinistra, ma anche da settori della destra.
Gli esempi non mancano: da Carlo Donat-Cattin a Giulio Andreotti, da Arnaldo Forlani al mondo doroteo e moderato. La delegittimazione morale, personale e politica della Dc fu un filo rosso costante nel giudizio pubblico. Eppure oggi la stessa esperienza viene rimpianta dagli storici detrattori, che ne riconoscono la statura dirigente e la solidità del progetto politico.
Il progetto politico e lo stile
Non si rimpiangono solo gli uomini, ma anche il progetto: dalla politica estera all’assetto istituzionale, dalle scelte economico-sociali alla cultura delle alleanze. Soprattutto, si rimpiange uno stile politico ed istituzionale che ha sempre caratterizzato la classe dirigente democristiana, a livello nazionale e locale.
Per questo, quando oggi ascoltiamo giudizi lusinghieri sulla Dc non possiamo che essere soddisfatti. Ma non va dimenticato che i “riabilitatori” di oggi furono ieri gli implacabili detrattori. È per coerenza e semplicità che molti continuano a dirsi e sentirsi, senza esitazioni, democristiani.