La recente polemica tra il capo della Lega Salvini e Famiglia Cristiana non e’ la sola che costella il confronto, articolato è difficile, tra il mondo cattolico e la nuova maggioranza di governo. Certo, questo è stata la più eclatante perché ha investito direttamente il vice Premier e un organo di stampa importante per il prestigio della testata e per l’autorevolezza delle tesi sostenute.
Ma, al di là di questa polemica, quello che emerge in modo sempre più evidente da questo scambio di opinioni non è tanto la virulenza del confronto quanto l’assenza di un interlocutore politico che sappia interpretare, laicamente, una ispirazione, una cultura, un modo d’essere che in questi anni si sono pericolosamente seppur inconsapevolmente eclissati nella dialettica politica italiana.
Perché se è positivo, nonché corretto, che la stampa cattolica nelle sue multiformi espressioni partecipi al dibattito sulle principali scelte politiche della maggioranza di governo di turno, e’ altrettanto importante per i cattolici riscoprire una partecipazione politica diretta, attiva, consapevole e incisiva.
Del resto, e’ noto a tutti – e ormai lo diciamo da tempo, ma lo dicono anche tutti i principali osservatori delle cose politiche italiane – che questa presenza politica e culturale nei partiti tradizionali si è del tutto affievolita ed è radicalmente inespressiva sotto il profilo della progettualità e dell’incidenza politica. Tramontati i partiti plurali come il Partito democratico e Forza Italia, ridotti al lumicino e all’insignificanza le varie sigle elettorali come l’Udc, l’unico compito a cui i cattolici popolari e democratici debbono assolvere oggi è quello di attrezzare ed affinare una rinnovata presenza politica organizzata e diffusa territorialmente. Non ci sono più alternative realisticamente percorribili a questa prospettiva. Il tempo della testimonianza, delle divisioni pretestuose ed impotenti, della delega alla gerarchia per affrontare e cercare di risolvere i problemi sul tappeto appartengono ad una stagione che ormai è alle nostre spalle.
È francamente imbarazzante, nonché singolare, continuare ad assistere ad un confronto tra le nuove formazioni politiche populiste, o di destra o di sinistra e il mondo cattolico senza la presenza di uno strumento politico pertinente, cioè un partito di quest’area culturale. È’ inutile continuare ad aggirare l’ostacolo.
La priorità politica, dopo il voto del 4 marzo e dopo i pronunciamenti e le scelte concrete del governo pentaleghista, richiedono una rinnovata presenza cattolico democratica e popolare nello scenario politico italiano. Una presenza facilitata anche da un patrimonio culturale, politico, sociale e forse anche etico che affonda le radici in quel cattolicesimo politico che per troppi anni anni e’ stato sottovalutato o ritenuto ormai un pezzo di antiquariato.
E proprio la rilettura di uno dei caposaldi di questo pensiero, e cioè il popolarismo di Luigi Sturzo, a cent’anni dal famoso “appello ai liberi e forti” può e deve rappresentare uno stimolo potente per recuperarlo e declinarlo nella società contemporanea. Sarebbe curioso, infatti, se in un clima di ritorno delle identità politiche e culturali solo il pensiero cattolico popolare brillasse per la sua assenza ed inconsistenza.
Ci troveremmo in una situazione dove l’assenza dalla politica dei cattolici non avviene per una imposizione della gerarchia, ma per manifesta incapacità del laicato. Ecco perché, adesso, e’ opportuno esserci.