Non siamo alle solite ma quasi. Questa volta la differenza è nel fatto che la protagonista della vicenda ama il suo lavoro perché ciò che desidera è stare all’aria aperta e non essere rinchiusa tra le pareti di un ufficio. Fa la rider e non se ne lamenta e non sembra pensare a questo come un impiego passeggero. È la sua professione, punto e basta.
Tutte le storie, anche belle, corrono il rischio di restare impigliate durante la lettura a qualche imprevedibile uncino. Un algoritmo ha contestato a Bruna, che da 8 anni pedala per la Just Eat, di non mantenere una velocità media adeguata in ordine alle consegne da fare.
L’algoritmo è, secondo una definizione, una sequenza finita di operazioni da svolgere per risolvere un dato problema; in questo caso si è limitato a registrare una velocità senza dire come ovviare. A dire il vero, la risposta è nel pedalare più forte per centrare la media dei 21 Km/h contro i 15 Km/h invece registrati alla rider durante la sua prestazione di lavoro.
Just eat…e pedal faster, pensa solo a portare da mangiare e pedala più veloce, questo potrebbe essere il nuovo motto a cui Bruna e i suoi colleghi dovrebbe ispirarsi. Il loro cuore deve essere tutto nelle gambe e non viceversa.
Non conta se, eventualmente, saranno gentili con il cliente, se scambieranno velocemente una chiacchiera, se quella consegna sarà una occasione di umanità e di relazioni, se ci sarà uno scambio, anche fugace, di altro oltre al cibo. Conta solo far andare la bicicletta più velocemente è possibile.
Ora la questione è in mano ai sindacati ma non è questo il punto di interesse. Resta il fatto che sui sanpietrini di Firenze non è facile mantenere andature a certe velocità. Quella città pare che abbia preso nome da un soldato, Florio, ucciso sulla sua terra o invece si traduce in un più semplice auspicio di un luogo di floridezza che non abbia cadute ma mantenga un decoro medio.
A Bruna l’algoritmo non chiede di vincere il Giro d’Italia, di avere particolari acumi di chiacchiera o di essere capace, se occorresse, impennarsi sulla sua bicicletta. Vuole solo che si mantenga nel mezzo, che non eccella e che non cada, che sappia mantenersi con l’equilibrio di chi è anonimo e indistinto, che non sfori e che non fori.
Avrebbe chiesto probabilmente che la notizia non andasse sui “media” e si augura che nessun medium rubi in anticipo il pensiero della società che si appronta a fronteggiare la difesa dalla sua dipendente, assunta peraltro con regolare contratto.
“Che bruna è sì, ma il bruno il bel non toglie” si legge nella Gerusalemme liberata. Sarebbe ora che nel mondo della produzione non si guardasse solo a certi algoritmi, così restituendo al lavoro ritmi che non si accompagnino anche al blues, all’avere etimologicamente i “diavoli blu” in corpo con la tristezza e l’agitazione a corredo.
A Bruna hanno contestato di essere sotto lo standard richiesto, quindi non è stata in grado di portare in alto lo stendardo di un servizio rapido e soddisfacente e con lettera prestampata con provvedimento disciplinare scalandole dallo stipendio tre ore di lavoro. Bruna non ha alzato orgogliosa gli stendardi della Società ma avrebbe stentato in impegno a sudore.
Stenterello è la maschera tipica di Firenze. È gracile d’aspetto e “cresciuto a istento”. Puntualmente dalla parte dei deboli, trova però sempre il modo di trovare il sorriso malgrado le ingiustizie di cui è vittima. “Si rammenti i miei tormenti non mai spenti anzi più spanti” declama Stenterello. Chissà che queste parole non servano d’avviso anche a Just Eat a cui va detto che oltre alla pancia c’è di più.