Tempi Nuovi ha scelto il PDE per motivi di coerenza

Chi propone l’approdo dei cattolici democratici nel Partito Popolare Europeo trascura le ragioni che hanno portato i Popolari italiani a uscire da quel contenitore politico. L’adesione al PDE ha precisi significati.

L’adesione del movimento politico ‘Tempi Nuovi-Popolari Uniti’ al Partito democratico europeo è stato un passaggio importante non solo per l’area popolare e cattolico sociale del nostro paese ma anche, e soprattutto, per contribuire a caratterizzare maggiormente sul versante politico i partiti e i movimenti politici che si riconoscono nella tradizione popolare.

Ora, è di tutta evidenza che sarebbe una soluzione certamente auspicabile se tutti i democratici cristiani, i popolari e i cattolici sociali nazionali si riconoscessero in una unica sigla europea. Cioè, sotto lo stesso tetto politico. Penso, come ovvio, al PPE. Ma è altrettanto indubbio che a tutt’oggi esistono ancora profonde differenze politiche, culturali e programmatiche all’interno del nostro ex mondo di riferimento. Differenze che, purtroppo, hanno diviso, e continuano a dividere, uno dei campi politici più democratici ed europeisti del vecchio continente. Mi riferisco al versante del popolarismo e della cultura democratico cristiana.

Ma, se non vogliamo svendere il nostro patrimonio e la nostra cultura politica – andando a confluire, ad esempio, con i socialisti e con gli ex o i post comunisti – e in attesa di costruire, seppur pazientemente, le condizioni per ricomporre un universo valoriale e un’area politica tuttora frammentata e molto parcellizzata, abbiamo anche il dovere di compiere dei passi che siano il più possibile coerenti con la nostra storia e il nostro storico patrimonio culturale ed ideale.

E la scelta di ‘Tempi Nuovi’, ovvero l’area popolare appena ricostruita nel nostro paese, di confluire nel Pde, forte del rapporto con il francese Francois Renè Bayrou, storico amico di Guido Bodrato e dei centristi democristiani italiani, non è affatto una scelta incoerente o dettata dal solo tatticismo. Non a caso, siamo ritornati in un alveo che avevamo già conosciuto ai tempi della Margherita, sempre scegliendo il rapporto con il francese Bayrou. E, del resto, proprio nel Pde ci sono i democratici cristiani baschi del PNV. Anche loro, come l’esperienza italiana, usciti dal PPE dopo la sterzata conservatrice della rappresentanza tedesca. Ed è proprio grazie a quella scelta che confluirono nel PPE, al tempo, Forza Italia e lo stesso Partido Popular spagnolo, quest’ultimo di matrice post franchista.

E, inoltre, la scelta del Pde forse si qualifica anche su un altro aspetto. Ovvero, sul versante delle alleanze. Perché proprio questa decisione coincide con la volontà di ricostruire una coalizione composta da Popolari, socialisti e liberal democratici. Se, invece, si dovesse scegliere un’altra coalizione – basti pensare al PPE secondo la versione di Weber e la sua indubbia predilezione, ad esempio, per la destra italiana – non si avrebbe la stessa chiarezza politica complessiva.

Ecco perché, in attesa che si ricomponga un quadro politico europeo sufficientemente chiaro e lungimirante, occorre procedere con la politica dei “piccoli passi”. Ben sapendo che non possiamo pensare che la cultura, il pensiero e la tradizione del popolarismo di ispirazione cristiana possa coincidere con Tajani e con ciò che rappresenta attualmente Forza Italia nel nostro paese. Non può una tradizione come quella del popolarismo ridursi ad una versione macchiettistica.

Certo, abbiamo il dovere – questo sì – di essere all’altezza della situazione e di lavorare, tutti insieme, per rafforzare laicamente la nostra identità, la nostra cultura e il nostro progetto politico. Se lo faremo e se saremo all’altezza, potremmo anche essere credibili per favorire e ricostruire una ‘ricomposizione’ di tutti i popolari. A livello nazionale come a livello europeo.