Troppe regole e troppe norme quando spesso basterebbe il buon senso

Chi ha compiti di regolamentazione dovrebbe capire che non è possibile prevedere la gamma infinita delle situazioni e dei comportamenti: sarebbe sufficiente metter mano a poche norme chiare da affidare al buon senso comune.

Dato che in genere ci si lamenta perchè le cose vanno male viene spontaneo chiedere leggi e norme più severe, senza renderci conto che questa è un’esplicita ammissione di debolezza collettiva: il fatto che sia un’invocazione generalizzata ci rende tutti reciprocamente debitori di giustificazioni e ammende. O mores o tempora, serve sempre un giro di vite su tutto. Eppure di regole e di norme ce ne sono fin troppe: si vede che non sono quelle giuste oppure che sono male applicate.

Personalmente propendo per la seconda ipotesi e non posso che far mio il celebre detto di Dante Alighieri “le leggi son ma chi pon man ad esse?”. La nostra verbosità mediterranea ci porta a discettare sui massimi sistemi, in genere c’è sempre qualcosa da aggiungere e altrettanto da chiarire. Arriva l’ordine e, prima di agire, bisogna aspettare il contrordine. Tra commi, articoli, paragrafi, codici, codicilli, lacci e laccioli siamo impaludati in un mare magnum di previsioni normative, di veti incrociati, di diritti, interessi che favoriscono la proliferazione dei “ma”, dei “se” e dei “distinguo”: “sarebbe così ” ma…bisogna vedere”, “questo mi spetta”, “questo non è compito mio”.

E non parlo solo di legiferazione nazionale o di atti amministrativi, di lentezze processuali o di impantanamenti procedurali: è un fatto di costume che genera l’abito mentale della burocrazia e del pregiudizio, un abdicare continuo alla logica e alla razionalità. A volte perdiamo di vista il “senso” di una norma, il suo scopo finale, il più importante e ci areniamo nell’analisi minuziosa dei dettagli e del suo “articolato”. Basta che uno eccepisca su un aspetto, un passaggio, che evidenzi una possibile lesione di diritti, che invochi l’applicazione letterale di un termine per paralizzare una procedura, per bloccare il funzionamento di un servizio, per rinviare a un futuro chiarimento: “non c’è scritto, quindi non lo faccio” o viceversa “la legge parla chiaro: sono dalla parte della ragione”.

A volte la difficoltà è un’evidenza oggettiva, infatti molta normativa sembra fatta apposta per ingarbugliare le situazioni, altre volte i cavilli abitano nella mente delle persone, c’è poca attitudine alla ragionevolezza, alla mediazione, alla comprensione. Bisognerebbe capire che l’intenzione dell’estensore di una legge, di una norma, di un regolamento (a cominciare ad esempio proprio da quello condominiale che è una “prova generale” che riguarda quasi tutti) è quella di semplificare, chiarire, indicare, suggerire, regolamentare: ma sempre tenendo presente che è richiesto all’interlocutore uno sforzo interpretativo ispirato all’interesse generale e al buon senso comune. Eppure è sotto gli occhi di tutti questa frequente evidenza: che se davvero si vuole concludere una procedura, se si vuole arrivare ad un risultato, trovare una soluzione, risolvere un problema la risposta non ci viene data in modo esaustivo dalla norma che regola quella situazione ma che questo compito lo svolge solo in via generale, perché la parte più importante è affidata alla capacità di lettura e di interpretazione di chi la deve gestire ed applicare.

Allo stesso modo chi, a qualunque titolo, ha compiti di regolamentazione della nostra vita individuale e sociale dovrebbe innanzitutto capire che non è possibile prevedere la gamma infinita delle situazioni e dei comportamenti: sarebbe sufficiente metter mano a poche norme chiare da affidare all’antico ma sempre efficace buon senso comune.

Purtroppo questo auspicio lo condividiamo prevalentemente quando il buon senso ci torna comodo per aggirare l’ostacolo di vincoli limitativi o vessatori, quando ci riguarda personalmente, mentre ne facciamo volentieri a meno e invochiamo la formale e letterale applicazione delle regole ogni qual volta si tratta invece della tutela dei nostri diritti oppure degli obblighi e dei doveri altrui.