Un contributo dell’Italia per una nuova agenda transatlantica

Sicurezza e pace, quali priorità in un’epoca di trasformazioni globali? Se ne è parlato, in vista del vertice di Washington del prossimo luglio, nella conferenza della Sioi per i 75 anni della Nato.

Un contributo italiano alla definizione di una nuova agenda transatlantica. Questo l’ambizioso scopo della conferenza organizzata dalla Sioi (Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale) e dalla Divisione diplomazia pubblica dell’Alleanza Atlantica in questi ultimi due giorni –  il 15 e 16 aprile – a Roma presso la caserma dell’Arma dei Carabinieri Salvo D’Acquisto, per i 75 anni della Nato.

Partendo dalla consapevolezza che va ricostruita una architettura di sicurezza e di cooperazione globale si è discusso di come “disegnare una nuova agenda transatlantica”, ha spiegato l’ambasciatore Riccardo Sessa, presidente della Sioi, in materia di sicurezza e di pace in un’epoca di trasformazioni globali.

La conferenza che ha reso per due giorni Roma capitale della Nato anche per la presenza di tutti i 32 ambasciatori rappresentanti permanenti presso la Nato dei rispettivi Paesi membri, insieme a molti esperti, diplomatici, politici e militari, è stata aperta dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il capo dello Stato ha sottolineato in particolare tre punti. Il primo: cosa ha rappresentato per l’Italia la scelta di essere nel gruppo dei Paesi fondatori della Nato nel 1949? Il superamento dell’esclusione da ogni circuito internazionale, “una scelta essenziale di reingresso nella politica internazionale”. Una decisione che fu anche oggetto di profondo dibattito, come si addice alle democrazie, ma che alla fine ha dimostrato la saggezza delle scelte guidate da De Gasperi e Sforza. Il Patto Atlantico, siglato 4 aprile del 1949 “avrebbe contribuito, infatti, alla identità politica della Repubblica”.

Gli altri due aspetti evidenziati da Mattarella riguardano l’attualità. “Non ci può essere separazione tra sicurezza del fianco nord e sicurezza del fianco sud dell’Alleanza” ha affermato il capo dello Stato, invitando a rivolgere maggiore attenzione all’area mediterranea e medio-orientale.

Per la Nato di tratta di continuare il dialogo già intrapreso con i Paesi delle suddette aree. Quest’anno, infatti, ricorrono anche gli anniversari di due partenariati della Nato con Paesi dell’area MENA (Middle East and  North Africa). Il Dialogo Mediterraneo, creato nel 1994, con sette Paesi della regione del Mediterraneo meridionale (Egitto, Giordania, Israele, Marocco, Mauritania, Tunisia e Algeria). E l’Iniziativa di Cooperazione di Istanbul avviata nel 2004, rivolta a quattro Paesi della regione del Golfo Persico (Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait e Qatar). 

Mattarella, infine, ha richiamato la necessità di dare compimento al progetto di una difesa comune europea che “consentirà alla Nato di essere più forte” in “un mondo irreversibilmente contrassegnato dal ruolo di grandi soggetti internazionali”. Un “cambiamento radicale”, che va nella stessa direzione di quelli invocati ieri a La Hulpe da Mario Draghi in ambito  economico per rendere l’Ue adatta al mondo di domani.

La conferenza si è articolata in vari panel su questioni – chiave: dal sostegno all’Ucraina, con l’intervento della premio Nobel per la Pace Oleksandra Matviichuk, al futuro della Russia, passando per la deterrenza, la difesa della democrazia e dello Stato di diritto, le sfide globali e le situazioni di instabilità regionali dai Balcani, al Mediterraneo al Golfo Persico.

Per l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, capo di Stato maggiore della Difesa e prossimo presidente del Comitato Militare della Nato, la ragione principale del successo dell’Alleanza  Atlantica è “la scelta politica” che “per la prima volta nella storia” ha visto “un trattato militare” collegare “la difesa della sicurezza esterna dei suoi membri ai valori della democrazia.”

In chiusura dei lavori il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha affermato che la Nato “deve avere il coraggio di adeguarsi ai tempi e la sfida sarà la velocità, il pragmatismo e la capacità di avere una vera visione e strategia comune”.

I contenuti e il metodo di questa conferenza hanno offerto alla politica una valida occasione per affrontare, evitando le sirene del populismo, le questioni della difesa, dimostrando che sono molto più efficaci alla causa della pace e della sicurezza i contributi sul merito e la consapevolezza che la voce dell’Italia è autorevole e influente in seno all’Alleanza. Un invito a credere nel ruolo della politica, che sta alla base del Patto Atlantico e che rende possibile  coniugare la compattezza necessaria con all’altrettanto necessario dialogo e confronto fra Paesi amici.