C’è poco da fare. Quando la politica langue e il populismo rischia ancora di avere il sopravvento, malgrado il leggero cambiamento rispetto alla stagione che abbiamo vissuto dopo l’esplosione del grillismo anti politico e demagogico, il ritorno del passato, seppur rivisto ed ammodernato, è sempre una tentazione molto forte ed insidiosa. Ed è sempre dietro l’angolo.
Sotto questo versante, è tornato d’attualità – anche se lo era già da tempo – l’Ulivo. Che, è bene non dimenticarlo, è stata una grande intuizione politica, culturale, sociale e programmatica. Un progetto che è stato possibile anche perchè si sono unite in una riconosciuta e spiccata cultura di governo alcune storiche culture politiche attraverso le rispettive soggettività politiche. Ovvero, il cattolicesimo popolare e sociale, la sinistra democratica ex e post comunista, il filone laico, socialista e ambientalista e la tradizione liberal democratica. Un impasto, appunto, culturale e politico che ha reso possibile il decollo di un progetto di governo altrettanto credibile e serio.
Dopodichè, per svariate e ben note motivazioni, quella stagione si è spenta progressivamente e gli stessi obiettivi politici dei vari partiti sono cambiati anche in modo radicale.
Ora, per restare all’oggi, forse è opportuno avanzare due sole riflessioni. Soprattutto quando si parla di riproporre l’Ulivo o qualcosa di simile per cercare di battere la coalizione di centro destra. La prima attiene al perimetro politico di quella alleanza. E questo perchè l’Ulivo non era l’Unione. Cioè non era un pallottoliere. Non era una coalizione che sommava il diavolo e l’acqua santa, come si suol dire. Perchè si trattava di un’alleanza di governo che partiva da una vera, convinta e coerente convergenza programmatica tra le varie forze politiche. Elemento, questo, che giustificava la natura di governo dell’Ulivo.
In secondo luogo, e di conseguenza, non si può oggi pensare di riproporre una esperienza come l’Ulivo sommando partiti un po’ meno riformisti di ieri, come l’attuale Pd a guida Schlein con un movimento schiettamente populista, anti politico e demagogico come quello dei 5 Stelle. Cioè il partito di Grillo e di Conte. Con una deriva, oltretutto, profondamente trasformistica ed opportunistica. Semmai, e se così fosse, somiglierebbe più ad una sorta di pallottoliere – o ad una ‘santa alleanza’, appunto – costruita unicamente per battere il nemico di turno ed irriducibile ma con una scarsa, se non nulla, cultura di governo.
Ecco perchè, quando si parla di “ritorno dell’Ulivo” non basta individuare burocraticamente un “federatore” – l’ennesima figura che scorrazza nella politica italiana e nel potere da svariati decenni – ma è necessario elaborare un progetto politico autenticamente di governo che faccia della cifra riformista la sua bussola di riferimento. Ed è proprio su questo versante che si gioca la scommessa della costruzione di una vera e credibile alleanza di governo. Ma adesso, però, serve un “di più” di politica e di cultura politica che, è bene sottolinearlo con forza, è l’esatto contrario del populismo anti politico e demagogico del grillismo. Di ieri e di oggi.