Una veste per la Via Crucis

…Tutto attorno un gran schiamazzare di gente. Chi disgustato dalla scena, altri in pieno orgasmo per la violenza in corso. Le urla di questi e quelli si confondevano in un unico vociare…

Ad un certo punto, non si sa bene quando, gli occhi la tradirono. La luce si stancò di racchiudersi nelle sue pupille, ingabbiata in orbite troppo piccole per mettersi comoda e pensò di abbandonare il campo. Non fu di colpo che accadde tutto questo. Dapprima incominciò a vedere in modo leggermente sfocato, poi via via la vista peggiorò fin quando il buio non mise termine allo strazio dell’ostinato tentativo di resistere alla cecità ormai imminente. Lei non era tipa di arrendersi e in apparenza non andò in escandescenze. Appena si chiusero per sempre le tende dal mondo, continuò a fare il suo lavoro. C’è chi giurerebbe che da quel giorno le sue mani fecero un salto di qualità insospettato. Dall’essere solo una delle diverse artigiane del posto, divenne poi la sarta più famosa della regione. Si sparse voce che avesse qualcosa di prodigioso nel fare il suo mestiere. La chiamarono la “Maga” e c’era chi giurasse senza esitazioni che fosse capace di parlare con i tessuti così da cullarli, facendone distendere le fibre, fino a quel momento irrigidite dal timore di essere tranciate da una forbice impassibile alle richieste di pietà. Lei era dunque così abile, da costruire tuniche, risparmiando al minimo i tagli per la loro confezione. Erano pezzi unici, un solo tessuto che non aveva cuciture ad assemblare più parti.  Ogni madre desidera qualcosa di speciale per un figlio. Si sarebbe trattato di mettere qualche soldo da parte, ma nulla che potesse far saltare il bilancio familiare. Maria andò da lei con l’entusiasmo di chi vorrebbe subito dare il regalo e gioirne per gli effetti. Invece dovette trattenersi, come ormai si era allenata da tempo a mettere la museruola alla speranza che tutto potesse volgere al meglio, contrariamente al dolore per quanto le avevano spifferato tanti anni prima senza nessuna creanza e senza che lei avesse chiesto alcun anticipo sul futuro. Il tempo volle che Maria e la “Maga” entrarono in buona confidenza. Si diffuse parola che Gesù facesse miracoli addirittura restituendo la vista ai ciechi. Ciò non influì sulla relazione tra le due donne. Maria non sbandierò i prodigi del figlio, tenendoli semmai in disparte. Amava Gesù per ciò che era e non per ciò che compiva di straordinario, che poteva solo confondere le acque sul giudizio che ne aveva. La Maga, a sua volta, era ritrosa nel parlare con tristezza della sua cecità, che invece per qualche verso le aveva portato considerazioni e riconoscimenti sconosciuti al tempo del sole che le faceva piegare gli occhi quando la puntava dritto per dritto nello sguardo. Ritrovare la vista avrebbe potuto compromettere la maestria acquisita nel maneggiare le stoffe e non le dispiaceva la fama che la circondava di saper fare tutto questo malgrado i suoi occhi fossero spenti. Finalmente Maria non ebbe più indugi e le commissionò espressamente la tunica migliore per suo figlio che aveva preso a muoversi da un villaggio all’altro a predicare circa il regno di Dio e cose altre del genere. La frenesia di dare lezioni a quanti lo seguivano gli faceva trascurare quelle piccole cose materiali che a lei, da madre giudiziosa, invece non sfuggivano. Alla fine la Maga non accettò di farsi pagare facendo omaggio della sua arte a Maria raccomandandole di portare a suo figlio le sue benedizioni ed anche di riceverne altrettante. Maria aveva la difficoltà che hanno tutti i genitori nel trovare il tempo giusto per avere un po’ di tempo da scambiare con i propri figli. Non era facile indovinare il momento giusto per avere un po’ di intimità e per dare quel dono a cui tanto teneva. Dopo tanto peregrinare si stava per fare l’ingresso a Gerusalemme, una tappa tanto attesa quanto temuta. Fino ad allora non erano mancati i consensi di una folla che si faceva di volta in volta più nutrita. Quel Gesù faceva correre la sua voce in giro per ogni parte anche quando stava zitto. Di lui se ne diceva per ogni dove un gran bene ma Gerusalemme era la sfida vera da affrontare. La provincia è sempre più generosa nei commenti, più indulgente e credulona verso chi si dicesse maestro di qualcosa. La città con la sua malizia e la sua perizia avrebbe smascherato eventuali raggiri e messo in mostra la vera consistenza di chi si dicesse ispirato da Dio.  Il giorno prima dell’ingresso in città, Maria fece appena in tempo a tirare in disparte il suo Gesù per dargli il regalo che ormai le bruciava in mano. Ne avvertì una grande soddisfazione. Ebbe persino il tempo di dire della sua frequentazione con la Maga, delle reciproche raccomandazioni che si erano fatte e del pregio di un capo privo di ogni minima cucitura. Gesù non stette tanto a pensarci sopra e l’indossò subito, ringraziando Maria raggiante per l’amore che il figlio le dimostrava in un forte abbraccio. Non lo disse in parole, ma stringerla a sé era un sottinteso che aveva più forza di ogni altra espressione. Con quella veste, sarebbe stato come se la pelle e le carezze della madre ora, ancor più, sarebbero sempre state su di lui senza mai abbandonarlo, accompagnandone ogni suo tutto. Nessuno mai avrebbe potuto separare il pensiero del figlio da quello della madre, nessuno mai avrebbe potuto dividerli, nessuno mai avrebbe potuto stracciare la stoffa del loro amore, forgiata con sapienza divina. L’ingresso in città fu a cavallo di un asino che era in una stalla e prelevato dagli apostoli. Quando un uomo ne rivendicò la proprietà gli fu opposto che serviva a Gesù e quello si arrese al destino non muovendo più opposizione. Si diceva che fosse il Messia e che facesse miracoli, meglio non sfidarlo, scaramanticamente, rischiando qualche forma di maledizione. La veste di Gesù era bianca, la più piccola imperfezione sarebbe venuta alla luce. Pilato liberò Barabba e spogliato Gesù lo fece frustare allo stremo. Ad un certo punto la fecero finita perché non c’era assai poco ancora da scarnare ed anche per tenerlo ancora in piedi per la crocifissione. Per terra, in un angolo, il suo panno era rannicchiato, inizialmente preservato dal quadro dell’orrore. Dovette conoscere l’onta della sostituzione, essere soppiantato da un manto rosso che richiamava la porpora delle vesti regali. Ne occorrevano di molluschi da spremere per tirar fuori quel colore che così bene era sfoggiato dalle persone di rango! Quello messo su Gesù era solo uno straccio, una volgare imitazione, quel tanto che bastava per prenderlo in giro mentre sul capo portava una corona di spine e nella mano una canna a fare da scettro. Può darsi fosse una forma di pietà verso i presenti. Quel rosso avrebbe in parte coperto il sangue che ne macchiava il tessuto, acquietandone le coscienze e il compiacimento. Può darsi invece che fosse il modo per mettere in concorrenza il colore rosso con se stesso, quello del sangue con la tinta del cencio, che non vedeva l’ora di togliersi di mezzo e non avere più nulla a che fare con le piaghe che doveva coprire. La presa in giro non durò molto. Giusto il tempo per scatenare l’eccitazione dei presenti che già rimandavano ad uno spettacolo ancor più avvincente. I soldati passarono alla seconda fase del programma. Spogliarono di nuovo Gesù e decisero che non era riguardoso fargli portare la croce sulla via del Calvario nudo come un verme. Non era una delicatezza verso il condannato.  Quel pullulare di sfregi sulla sua schiena potevano confondere gli occhi degli spettatori, mettendo in mostra la perdita del filo logico di una tortura che si era scatenata alla rinfusa, colpendo ovunque capitasse. Forse si sarebbero saziati già a quella vista e non si sarebbero spinti fin sotto al posto dove inchiodarlo ad un legno. Dunque gli rimposero la sua veste perché potesse assaporare il ritorno ad una pace che era fino a poche ore prima del suo arresto. Fu l’ultima cosa terrena e amica che lo toccò prima della fine. Gli sarebbe stato assai più penoso quando sulla croce l’avrebbe per sempre abbandonata. Il bianco non fece in tempo ad accogliere quel corpo già moribondo che si inzaccherò come non mai di sangue, impiastrandosi di rigagnoli rossi e di trame disordinate, come cercassero una via di fuga qualsiasi pur di non stare lì. La veste si era fatta pesante come una corazza ma tutto conservava. Ciò che quel povero corpo cedeva dalle ferite, la veste raccoglieva senza che nulla andasse sprecato. Nulla si sarebbe perso della sua santità e del suo strazio. Agiva da incubatrice, un’ultima protezione prima della morte. Tanto fu quell’abbraccio, che la veste sembrò appiccicarsi sopra Gesù esausto, tenendolo in piedi per come poteva. Era lei a sostenerlo ed a tamponare le piaghe che non smettevano di eruttare liquidi di ogni genere confondendo sangue e acqua, brandelli di pelle, poltiglie di vene e schegge di ossa in una unica miscela.  Dove il tessuto trovasse tutta quella forza non è dato saperlo. Per quanto fosse sporco non aveva alcuna lacerazione e copriva il corpo in modo che non potesse avvilirsi e vedere in alcun modo la goduria dei suoi accusatori e del popolo che gli andava appresso, ma neanche la pena dei giusti che soffrivano per la sua fine. La veste era ricca di compassione e non cedeva di un passo. Non tentò la fuga e non si distaccò di un centimetro dalla carne che proteggeva con indicibile accanimento. Non si ritrasse e non si incrostò, indurendo il suo cuore indifferente al supplizio. Sembrava avesse una impossibile forza d’animo, il segno che la Maga sapesse il fatto suo ed avesse lavorato con scrupolo presagendo il futuro. Non era finita. C’era ancora un cammino da fare. In certi casi la morte uno se la deve guadagnare. Fu un sentiero ricco di soste che tendevano a spezzare la precipitazione dell’evento. Tra l’una e l’altra tappa, la possibilità di riprendere un fiato fatto ormai di solo sangue, una pausa che consentisse almeno di capire a che punto si fosse della strada. Tutto attorno un gran schiamazzare di gente. Chi disgustato dalla scena, altri in pieno orgasmo per la violenza in corso. Le urla di questi e quelli si confondevano in un unico vociare, stordendo ancor di più la veste che di bianco aveva mantenuto assai poco e che tendeva essa ora ad aggrapparsi al corpo, implorandolo di portarla via dal supplizio. Finalmente si arrivò sulla cima della salita del Calvario. Le esecuzioni si fanno fuori dalla città, non per riserbo ma per fare in modo che anche i viandanti di altre parti possano durante il percorso godersi lo spettacolo. Non mancava la gente. Ce n’era più del previsto. Difficile sottrarsi alla curiosità di vedere come muore un Dio od un uomo che crede di esserlo. Forse avrebbe urlato più di altri con voce possente del cielo o avrebbe trattenuto i lamenti all’inverosimile, gonfiando di muti spasimi le nuvole ferme sul posto, che si torcevano senza più ricomporsi insieme al loro Creatore. La veste era sfinita come Gesù che pietosamente l’aveva pietosamente fatta cadere ai suoi piedi, liberandola dall’ultimo destino. Era lì a terra accartocciata nella polvere sollevata dai piedi dei soldati, impegnati ad inchiodare quello che restava del suo Gesù ad una croce. Quindi se la giocarono a dadi come si fa come a chi per primo, nel turno, spetti andare con una prostituta. Morto Gesù, la contesa perse immediatamente di interesse e nessuno ne rivendicò la vincita. La veste altro non potette vedere. Qualcuno alla fine la raccolse, chiudendole gli occhi, e la strinse forte tra delle braccia, intanto che delle lacrime la bagnavano, levando l’arsura insopportabile che aveva seccato ogni suo filo. Le braccia parevano improvvisamente strizzarla e nel contempo interrogarla, soffocandola, come le chiedessero di restituire ad una madre il suo Gesù, integro come l’aveva conosciuto. Del Figlio, su di una croce di legni, troppo in alto per essere abbracciato, non le restava che quella stoffa tempestata di dolore a cui aggiungeva il suo di donna.  Quando lo tirarono giù, per schiodarne il corpo, subito agendo da maniscalchi, non le fu chiesto di tornare in campo. Rimase raggrinzita, costretta a Maria che non se ne separava un istante. Cosparsero Gesù di oli e profumi come si usava fare, rimettendo in sesto il cadavere per come possibile. Lo accolsero in un lenzuolo e portato nel luogo dei morti. Alla sua resurrezione, Pietro e Giovanni all’interno del sepolcro, videro il lenzuolo che avvolgeva la testa di Gesù ben piegato di tutto punto e per terra le bende della morte da cui si era sciolto, tornando a vedere per l‘eternità. Da un’altra parte, distante da lì, una veste non rimpiangeva il trattamento che le era stato invece riservato. Era serrata per sempre a Maria, questo le bastò. Dalla Palestina è’ tutto.