Verso le elezioni europee con la nostalgia dell’Ulivo

Occorre uno sforzo di ricomposizione delle forze democratiche e riformatrici. Senza il ritorno a un autentico centro sinistra lo spazio, occupato dall’attuale maggioranza, anche dopo Berlusconi resterà intatto.

Nel 2024 rinnoveremo il Parlamento e questo voto è forse quello più significativo che l’Europa ha mai affrontato dalla sua nascita e non solo per la presenza di un conflitto alle porte dei suoi confini. All’appuntamento, complice il sistema elettorale proporzionale, ogni partito arriverà cercando di ottenere il massimo vantaggio elettorale possibile sia per incidere sulla formazione del parlamento e degli altri organi dell’UE (la partita dei tanti finanziamenti ricevuti del PNRR è tutta ancora aperta) che per calcolare l’andamento dei rapporti di forza tra i partiti nel nostro Paese.

Ora, se tutto resta così appare chiaro che questo voto mentre sarà utile alla destra per ristabilire i pesi dentro la coalizione, per tutti gli altri partiti l’esito di queste elezioni rischia di rafforzare una difficoltà in assenza di accordi per una proposta di governo alternativa, con ricadute sulla partecipazione dei cittadini alle urne che coinciderà con una stagione di voto amministrativo dove le alleanze tornano ad essere importanti.

L’unica esperienza positiva, a mio avviso, per il centrosinistra è stato l’Ulivo, velocemente interrotto per fare spazio al Pd a vocazione maggioritaria. Nato carico di molte attese e speranze, oggi esso si trova ad affrontare la sfida più importante da superare, che non è la sua esistenza, ma il “come” essere e la sua capacità di interpretare i cambiamenti socio-economici che sono intervenuti, avvalendosi dell’apporto delle due grandi culture – quella cattolico democratica e quella comunista – protagoniste della politica del secolo scorso, che nel 2007decisero di fondersi e dare vita a un nuovo soggetto politico.

Anche in questo caso occorre fare un’analisi profonda partendo dalla relazione fatta a Chianciano da Pietro Scoppola. Questi ammonì i popolari, e la sua classe dirigente di allora in modo preminente, a non fare del nascente partito “un’edizione aggiornata” di quel modello di socialdemocrazia europea perché esso non è replicabile da noi in quanto nel nostro Paese esistono tipicità uniche e di grande peso, come la presenza dell’esperienza cattolico democratica, che è stata forte e significativa, accanto all’incidenza avuta dall’eredità comunista a scapito, proprio, della socialdemocrazia, in Italia debole e poco pregnante.

A ciò occorre poi aggiungere un altro fattore, anch’esso di grande rilevanza, ovvero la presenza della Chiesa cattolica nel nostro Paese, che deve spingerci ad evitare di consegnarla a quella destra che ricorda il tempo grigio e buio della prima metà del Novecento.

Un’impresa faticosa, non priva di dolori, e chi l’ha intrapresa, da De Gasperi a Moro lo sa, il cui obiettivo era ed è quello di allargare i confini della laicità della politica per realizzare una convivenza pacifica. Per dirla con Scoppola, per “tenere la Chiesa agganciata alla democrazia”. Un’idea cara a Tocqueville. Per realizzare ciò Scoppola suggerì di creare una forma partito in grado di interpretare la società che cambia partendo dai nuovi interessi, materiali e immateriali, da essa germinati, in cui i partiti siano strumenti e non fine dell’operato politico.

Cambiare il sistema elettorale nazionale, tornando al proporzionale, appare cosa assai improbabile. Se la compagine di centro destra mostra tutta la sua presa, viceversa il centro sinistra sconta l’evidenza di una ricomposizione ancora in forse. Il dopo Berlusconi esige uno scatto di fantasia politica. Resta appunto l’Ulivo, il tentativo più alto e più equilibrato finora conosciuto e in qualche modo sempre attuale, a dispetto delle forzature in chiave radicale del Pd, come memoria di unità delle forze riformatrici e democratiche. A questo sforzo di ricomposizione sono chiamati tutti quelli che siedono nelle istituzioni e nei partiti, non senza però il contributo decisivo della società civile, avendo comunque i cattolici democratici impegnati in prima fila, con la loro creatività e autonomia.