Sinistra populista e sinistra radicale? Bene, i riformisti sono altrove.

I riformisti che provengono dall’area cattolico democratica, popolare e sociale, debbono nuovamente essere protagonisti di una stagione politica improntata a serietà e coerenza.

Beh, non è necessario scomodare politologi, analisti, sondaggisti o commentatori di vario genere per sapere che il campo della sinistra populista e della sinistra radicale è distinto e distante, per non dire alternativo, rispetto a quello dei riformisti. A qualsiasi cultura politica appartengano i riformisti. Del resto, e per uscire dalla metafora, la saldatura quasi naturale della sinistra populista e demagogica dei 5 stelle – che resta sempre quella, al di là del linguaggio trasformista di Conte – con la sinistra radicale, libertaria ed estremista della Schlein è così evidente che non merita neanche di essere commentata o ulteriormente approfondita. Perché si tratta, appunto, di una saldatura culturale. Oserei quasi dire prepolitica.

E trovo, francamente, alquanto singolare e stucchevole la polemica delle anime belledel Pd che si stupiscono, o che lanciano addirittura lallarme, sulla deriva che sta assumendo la nuova leadership politica del principale partito della sinistra italiana. Una polemica stucchevole perché il progetto, almeno per quello che pubblicamente emerge, perseguito dalla Schlein punta dritto ad unalleanza politica, culturale, valoriale, sociale e programmatica con gli alfieri e i rappresentanti quasi esclusivi del populismo nastrano. Cioè il partito di Grillo e di Conte.

Ora, è altrettanto evidente, nonchè quasi oggettivo, che tutto ciò è sideralmente lontano dalla cultura e dallapproccio riformista per come si sono manifestati storicamente nel nostro paese. E le parole di Grillo, al riguardo, non sono affatto estranee a quellimpasto di radicalismo e di populismo che insieme cementano la sinistra per casoe populista dei 5 stelle con la sinistra massimalista e radicale del Partito democratico a guida Schlein.

Certo, è del tutto inutile infierire sul ruolo e sulla presenza degli ex popolari allinterno di quel conglomerato. Si tratta, quella, di una presenza puramente opportunistica perché sotto il profilo politico e culturale non c’è alcuna coerenza e alcuna lungimiranza. Utile per partecipare alla distribuzione del potere allinterno del partito e nelle relative e conseguenti istituzioni ma del tutto estranea a percorrere un disegno politico coerente con la propria storia e la propria tradizione. Del resto, come si concili il populismo anti politico, demagogico e qualunquista dei 5 stelle e il radicalismo libertario della Schlein con lesperienza storica del cattolicesimo popolare e sociale, resta un mistero laico che possono spiegare solo esponenti come Delrio e coloro che si riconoscono nella sua corrente allinterno del Partito democratico.

Ecco perché, anche alla luce di ciò che concretamente sta capitando, i riformisti che provengono dallarea cattolico democratica, popolare e sociale, debbono nuovamente essere protagonisti di una stagione politica dove la coerenza con la propria cultura e la propria storia ritorni ad essere un fatto centrale e non un espediente puramente strumentale rispetto al ruolo concreto che si vuole giocare nella società contemporanea. Ne va della credibilità, e anche della serietà, del nostro essere cattolici democratici, popolari e sociali.