Vp Plus | Tutto è immagine, perciò comunicare non è semplice.

Il problema del mondo cattolico è non riuscire a trasformare in video e podcast di successo le sue riflessioni. Di seguito la seconda parte dell’articolo che appare sul quindicinale online di Vita e Pensiero.

Gigio Rancilio

 

…Un aspetto importante e delicato riguardo il fatto che il mondo cattolico produce soprattutto testi. Ma il mondo digitale per come è fatto e per il modo con il quale ci approcciamo, sta pian piano emarginando questo tipo di contenuti. Fateci caso: sempre più spesso quando leggiamo un contenuto sul telefonino dopo qualche riga scrolliamo lo schermo al blocco successivo finendo col fare quella che gli esperti chiamano la lettura a canguro. Se poi ci troviamo davanti a un testo lungo, sempre più spesso non lo affrontiamo, un po’ perché abbiamo paura che ci faccia perdere troppo tempo e un po’ perché leggerlo ci appare una fatica fisica che non ci interessa più fare.

Da tempo i contenuti digitali di maggiore successo sono i video. Con una caratteristica in particolare: i video sottotitolati. La maggior parte di chi li guarda infatti lo fa con l’audio spento perché magari è sull’autobus o in una riunione. E così siamo al paradosso che per leggere abbiamo bisogno di frasi semplici e costruite come parliamo. Non è un caso che una delle ultime mode di questi anni siano i podcast. Che non sono più soltanto contenuti audio ma che diventano video con i protagonisti su un palco con un microfono in mano o una specie di studio di registrazione con cuffie in testa e microfoni davanti. È il trionfo della cosiddetta radiovisione, e cioè di un modello che fino a qualche anno fa sembrava inutile.

Eppure oggi tutto ha bisogno dell’immagine, anche una chiacchierata audio. Può non piacerci ma uno dei problemi che abbiamo come mondo cattolico è che non riusciamo a trasformare in video e podcast di successo le nostre interviste, i nostri commenti, le nostre riflessioni e le nostre idee. E questo anche per un altro problema non meno importante: abbiamo un modo di esprimerci che fatica ad arrivare alla maggior parte delle persone. Non solo perché usiamo vocaboli e costruzioni che di fatto ci rendono elitari, ma anche e soprattutto perché il nostro modo di ragionare e persino i nostri riferimenti e le nostre citazioni spesso tradiscono la nostra età anagrafica e così non vengono colti da chi ha meno di quarant’anni. Col risultato di apparire lontani ed escludenti. Se ci sono due lezioni che possiamo imparare dagli influencer e che la semplicità ha un grande valore e che si può essere semplici senza essere banali.

Quando pensiamo al digitale facciamo un altro errore: non teniamo conto delle differenze, del fatto che ogni luogo, ogni piattaforma, ogni mezzo ha le sue regole e il suo linguaggio. E che – a parte Facebook anche se lo è sempre meno – non esiste di fatto un social che premi la parola scritta. Ci sono le newsletter, che da qualche tempo vanno molto bene anche da noi in Italia, ma anche in questo caso per funzionare occorre essere costanti nella creazione dei contenuti, originali, credibili e soprattutto utili. Ciò che invece non dovremmo mai imparare dagli influencer sono tutte quelle strategie, quelle scorciatoie e quelle “tecniche” che molti di loro adottano. Dal comprarsi il pubblico ad avere una serie di profili comandati magari dall’intelligenza artificiale che subito commentano ciò che viene pubblicato o mettono un like.

Se avete avuto la bontà di arrivare fino a questo punto, avrete intuito che chi vuole realizzare contenuti digitali deve fare una grande fatica. Ma a ben vedere comunicare non è mai stato semplice; tanto più ora che tutto è misurabile e che se quello che diciamo non interessa si scopre molto facilmente.

 

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https://rivista.vitaepensiero.it/news-vp-plus-i-cattolici-a-lezione-dagli-influencer-6491.html