Libertà di stampa, verità e finzione nello scontro di potere sull’editoria.

Quando per la stampa si tira in ballo la democrazia e la libertà, mentre sotto c’è spesso una questione di contratti milionari, dobbiamo essere pronti a distinguere la propaganda dalla realtà.

Dunque, quando si parla di libertà di stampa, di rispetto dell’articolo 21 della Costituzione e della libertà di espressione c’è qualcosa che non quadra nel nostro paese. Secondo una classifica di un tribunale alquanto discutibile, ‘Reporters sans frontieres’, la libertà di stampa e di espressione in Italia sarebbero scesi dalla 41° alla 46° posizione. Un arretramento che sarebbe dovuto, secondo questo studio, dalla vicenda legata alla vendita dell’agenzia Agi, appartenente all’Eni, al gruppo Angelucci che è già l’editore di alcuni quotidiani nonché senatore della Lega.

Ora, seppur nel massimo rispetto di questi organismi che sfornano classifiche sulla libertà di stampa a seconda della maggioranza politica che governa momentaneamente quel paese, credo che qualche riflessione prima o poi andrà pur fatta. Certo, anche i sassi conoscono nel nostro paese il solito ritornello propagandistico. Riassumendo, Mediaset è amica del governo di centro destra. Il Governo in carica, o la maggioranza politica parlamentare, sono gli editori di riferimento del servizio pubblico radiotelevisivo. Oltre alla presenza di alcuni quotidiani che, del tutto legittimamente, appoggiano l’esecutivo di centro destra. E sin qui ci siamo. Al riguardo, sarebbe anche curioso sapere dove sono il settarismo o la faziosità in programmi come quelli condotti da Bianca Berlinguer su Mediaset che, semmai e al contrario, rappresentano un modello di pluralismo e di imparzialità del giornalismo televisivo.

Dopodiché, di grazia, visto che parliamo di censura, di possibile ritorno del regime, di torsione autoritaria, di soppressione delle libertà – e quindi, e di conseguenza, anche di quella di espressione e di stampa – forse sarebbe anche il caso di porsi qualche seppur rapida domanda visto che parliamo di dittatura imminente e di “regime orbaniano”. E cioè, chi anche solo casualmente si sintonizza con i talk televisivi di Gruber, Formigli e Floris – a proposito, non saprei chi dei tre svetta per faziosità politica – o con gli altri talk de La 7; chi guarda i talk della Bortone o

di Report sulla Rai; chi segue i programmi di intrattenimento e politici della Nove; chi legge i quotidiani del gruppo Gedi – Stampa e Repubblica in testa – cosa pensa di questa singolare ed anacronistica classifica che condanna e paragona il nostro paese ad una nazione dove la democrazia è sostanzialmente a rischio perché, di fatto, la libertà si riduce progressivamente ed irreversibilmente?

Francamente avrei qualche difficoltà a fornire una risposta convincente e seria al riguardo. Ma, sin quando prendiamo lucciole per lanterne e confondiamo, ancora e sempre, artisti, conduttori, comici e furbastri milionari con i ‘martiri e le vittime della libertà’ non riusciremo mai a diventare adulti. O meglio, continuiamo a vivere in una bolla virtuale dove si chiede a segmenti dell’opinione pubblica – sempre la stessa, per la verità – di scendere in piazza e di difendere la libertà di espressione e di stampa quando, com’è ovvio, si tratta solo del destino personale, professionale e contrattuale di professionisti dello spettacolo e dell’informazione. Che hanno tutto il diritto, come scontato, di consolidare il loro patrimonio milionario senza confonderlo, però, con i sacrosanti ed indiscutibili valori costituzionali.

Ecco perché, soprattutto quando si parla di temi importanti e decisivi come quelli legati alla democrazia e alla libertà e non dei contratti milionari dei soliti noti, dobbiamo avere l’intelligenza e la capacità di saper distinguere la fisiologica e normale propaganda politica e di partito dalla concreta e del tutto verificabile ed oggettiva realtà dei fatti. Ne va anche della serietà e della maturità della politica italiana e dei suoi rappresentanti.