18 gennaio 1994, il passaggio storico dalla Dc al nuovo Ppi.

La relazione di De Rosa, letta all’Istituto Sturzo davanti allo stato maggiore del partito, illumina le ragioni di un sofferto cambiamento organizzativo che esigeva fedeltà alla tradizione del cattolicesimo democratico.

[Qui di seguito l’ultima parte della relazione, per il testo integrale cliccare sul link a fine pagina]

 

…nessun programma di riforme potrebbe attuarsi, nessuna risposta saremmo in grado di dare ai sempre più insistenti e urgenti problemi che ci pone il futuro, e che coinvolgono non solo il destino delle nostre terre ma quello dell’umanità intera, se ci mancassero la forza morale e il senso di una altissima responsabilità civile e politica, di ispirazione umanistico-cristiana, nel momento in cui ci accingiamo a dare vita al nuovo partito. Noi dobbiamo ricondurre l’etica, l’impegno morale, nelle sue forme più categoriche, dentro la politica; dobbiamo combattere e negare validità alla concezione della doppia morale, quella che si applica ai rapporti privati, l’altra che non si applica alla vita pubblica, come se questa fosse un campo neutro, dove sono possibli tutte le scorribande di avventurieri di tutte le risme e qualità, senza scrupoli. L’impresa nostra è difficile, gigantesca, paurosa perché abbiamo davanti un altro muro costituito da mezze verità, dalle emozioni e alle rabbie che si sono abilmente coltivate sfruttando anche nostri errori, stravolgendo i rapporti fra giustizia e politica, per metterci alla berlina e annullare tutto di noi, della nostra storia e della nostra vitalità.

Se non ci muovesse una forte, ansiosa passione civile e se non sentissimo in profondità un sentimento, un dovere, che è dentro di noi, impostoci dal retaggio che ci è rimesso dal passato, da quando la politica e la laicità divennero anche misura del cristiano, non esiteremmo a lasciare il campo.

Certo, ne siamo ben consapevoli, c’è il problema delle aggregazioni elettorali, problema urgente, che ci prende alla gola, e che sembra contrastare con quella esigenza di raccoglimento necessaria perché il partito sia. Una cosa sappiamo di certo: che noi possiamo studiare tutte le possibili alleanze elettorali, possiamo elaborare tutte le combinazioni più avvedute per promuovere le più larghe candidature — e dobbiamo farlo ma se non adottiamo quei criteri di scelta che ci sono peraltro suggeriti dagli esiti dei referendum, se non ci richiamiamo alle più volte ricordate ragioni essenziali del fare politca da cristiani, faremo falli-mento. Non siamo qui per fabbricare nuovi notabili per nuove clientele, ma per riguadagnare alla politica quelle nostre antiche ragioni che sconsideratamente abbiamo smarrito. Mettiamocelo bene in mente: oggi noi camminiamo nel vuoto; sarebbe veramente un suicidio se ritenessimo di poter riempire questo vuoto solo con i giuochi della cabina elettorale.

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