Esempio dei maestri come vincolo di coerenza per l’azione dei cattolici popolari

Si tratta di affrontare le grandi sfide del presente con la sensibilità e i valori del passato. Cioè, detto in altre parole, senza rinnegare la storia da cui proveniamo.

Nessuno, come ovvio, può ergersi a paladino esclusivo della coerenza in politica rispetto a chicchessia. Detto in altri termini e più nello specifico, anche e soprattutto per i cattolici, nessuno può distribuire sentenze se è più compatibile per un cattolico democratico o popolare militare in un partito della destra identitaria o della sinistra radicale e massimalista o nel centro riformista o nel populismo grillino. Però, com’è altrettanto ovvio, se si vuole cercare di essere tendenzialmente e responsabilmente coerenti con la lezione e il magistero dei grandi “maestri” del passato, non possiamo non tenere conto di come si sono comportati concretamente nella loro stagione storica e quali scelte hanno compiuto altrettanto concretamente nel partito e nelle istituzioni.

 

Per non fare di tutta l’erba un fascio, ad esempio i grandi leader della sinistra sociale di ispirazione cristiana del passato si sono sempre caratterizzati per la loro immedesimazione in alcuni tasselli di fondo. E cioè, fieri ed orgogliosi della loro identità culturale e politica; politicamente e culturalmente, ma mai dogmaticamente, anticomunisti; nessun cedimento al clericalismo confessionale ed integralista; socialmente avanzati perchè l’emancipazione, la promozione e la difesa degli interessi e delle istanze dei ceti popolari è sempre stata al centro della loro azione politica, culturale e legislativa.

 

Ecco, per fermarsi a questa storica e gloriosa esperienza politica e culturale, si tratta di un percorso profondamente diverso da chi, sempre all’interno dello stesso mondo del cattolicesimo politico, si è caratterizzato invece per altri elementi e su altri versanti. Li esemplifico: scarsa disponibilità alla difesa e alla promozione dei ceti popolari; maggior propensione al dialogo e alla convergenza con la sinistra post o ex comunista; una maggior frequentazione – per dirla con un eufemismo – con i cosiddetti “poteri forti” e, in ultimo, una “cultura del potere” molto più spiccata e spregiudicata.

 

Due modelli politici e culturali profondamente diversi che nella storia hanno avuto altrettanti riferimenti politici molti diversi tra di loro. Quando parlo della sinistra sociale di ispirazione cristiana penso a leader e statisti come Carlo Donat-Cattin e Franco Marini. Quando, invece, si parla di una sinistra cattolica più tecnocratica, legata ai tradizionali “poteri forti” e meno interessata a marcare la propria identità, il pensiero corre immediatamente al pensiero e al percorso di altri leader e statisti come ad esempio Romano Prodi e a tutti coloro che gravitavano attorno al pianeta dell’Arel e di un’altra sinistra cattolica. Ieri come oggi.

 

Ecco perchè, allora, quando si parla di “coerenza” politica e culturale di chi continua, oggi, a riconoscersi nelle linee fondanti delle grandi esperienze politiche del passato, non si tratta di replicare goffamente ciò che non è più replicabile perchè la storia, come tutti sanno, scorre velocemente e non si ripete meccanicamente. Semplicemente, si tratta semmai di affrontare le grandi sfide del presente con la sensibilità e i valori del passato. Cioè, detto in altre parole, senza rinnegare la storia da cui proveniamo. Per queste ragioni non è possibile oggi – per fare un solo esempio concreto e contemporaneo – per i cattolici popolari e sociali riconoscersi passivamente in una destra ancora fortemente identitaria, in una sinistra radicale e massimalista o, peggio ancora, in un populismo anti politico e qualunquista. Ne va della credibilità, della coerenza e della trasparenza di una tradizione e di una cultura politica. E anche, e soprattutto, di chi pensa e tenta di interpretare e di farsi carico di quella tradizione e di quella cultura politica.