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Volendo utilizzare due espressioni riassuntive, e necessariamente semplificatorie, si potrebbe allora descrivere il periodo degasperiano come un’epoca di mediazione, mentre quella attuale come un’epoca di disintermediazione: la prima prevede un connubio tra mediazione e leadership che trova un’incarnazione proprio nella figura del leader democristiano – si pensi alla propensione a creare maggioranze «eccedenti» in Parlamento – e un’organizzazione della vita politica che valorizza i corpi intermedi, in particolare i partiti politici (soprattutto con l’intento di sensibilizzare i cittadini alla partecipazione democratica); la seconda stagione – che circoscrive la vita politica degli ultimi decenni – è caratterizzata, al contrario, da una profonda crisi della rappresentanza politica, strettamente legata all’indebolimento della funzione di mediazione dei partiti e, per molti versi, al presunto azzeramento della distanza tra eletti ed elettori, che diventerebbe possibile grazie alle tecnologie informatiche. In particolare, il rapporto di immediatezza che si è instaurato tra leadere e «popolo» (Urbinati, 2020), ha determinato la restrizione di quella distanza democratica nella quale operano i corpi intermedi, che però rappresenta la ragione costitutiva di un sistema rappresentativo (Campati, 2022).
Giungere alla conclusione secondo cui, nel volgere delle stagioni politiche di una democrazia parlamentare come quella italiana, possono succedersi momenti nei quali il decisionismo e l’immediatezza sembrano soverchiare le pratiche della mediazione, altri nei quali si verifica l’esatto contrario, e altri ancora nei quali mediazione e immediatezza sono in equilibrio, può sembrare riduttivo. Forse lo è molto meno, se si ricorda che tutti questi scenari possono verificarsi all’interno di un contesto istituzionale formalmente immutato. Tale aspetto evidenzia come il sistema istituzionale italiano (e non solo) sia caratterizzato da elementi di flessibilità che spesso non vengono presi nella giusta considerazione e proprio tale mancanza è alla base di conclusioni troppo affrettate quando si considera esaurito il ruolo di una leadership, oppure quando si decreta l’indebolimento dell’influsso di talune ideologie o persino quando si ipotizza la conclusione dell’operatività di alcune formazioni politiche.
L’intento al fondo del presente articolo è stato quello di ricordare come la democrazia rappresentativa si presenti sotto le forme di un sistema altamente complesso, nel quale operano leader e classi politiche diverse, che possono orientarla in un modo o in un altro attraverso l’uso che fanno degli ingranaggi che la regolano. Proprio grazie a tale complessità (Innerarity, 2022), cioè all’insieme di equilibri (flessibili) che ne governano il funzionamento, essa riesce a garantire pluralismo, libertà e tutela dei diritti. D’altronde, ce lo ricorda lo stesso De Gasperi nella citazione posta in esergo a queste pagine: la democrazia è tutt’altro che semplice, ma è il sistema «meno peggio» che possa toccare al mondo.
Frase di De Gasperi in esergo
«Questo metodo democratico, che pure è il migliore che il consorzio umano abbia inventato, è tutt’altro che semplice. Continui discorsi, continue agitazioni, una Camera, due Camere, elezioni sopra elezioni, quanta fatica! Io non parlo male di questo sistema, perché abbiamo avuto tali esperienze nel passato per concludere che è il meno peggio che può toccare al mondo»
Titolo originale dell’articolo
Un metodo tutt’altro che semplice. Democrazia e mediazione nella riflessione di Alcide De Gasperi.
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