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lunedì, 22 Dicembre, 2025
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Antitrust: sanzione di 98,6 mln ad Apple per abuso posizione dominante

Milano, 22 dic. (askanews) – Dall’Antitrust sanzione di oltre 98 milioni di euro ad Apple per abuso di posizione dominante. L’Autorità ha accertato una condotta restrittiva della concorrenza per quanto riguarda l’App Tracking Transparency (ATT) policy, ossia le regole sulla privacy imposte dalla società agli sviluppatori terzi di app distribuite tramite l’App Store.

L’Autority, si legge in una nota, ha irrogato alle società Apple, Apple Distribution International e Apple Italia una sanzione di 98.635.416,67 euro per abuso di posizione dominante. Apple ha violato l’articolo 102 del TFUE per quanto riguarda il mercato della fornitura agli sviluppatori di piattaforme per la distribuzione online di app per utenti del sistema operativo iOS. In tale mercato, Apple è in posizione di assoluta dominanza tramite il suo App Store.

Al termine di una complessa istruttoria, condotta anche in coordinamento con la Commissione europea, con altre Autorità nazionali della concorrenza e con il Garante per la Protezione dei Dati Personali, l’AGCM ha accertato la restrittività – sotto il profilo concorrenziale – dell’App Tracking Transparency policy, ossia delle regole sulla privacy imposte da Apple, a partire da aprile 2021, nell’ambito del proprio sistema operativo mobile iOS, agli sviluppatori terzi di app distribuite tramite l’App Store. In particolare, gli sviluppatori terzi sono obbligati ad acquisire uno specifico consenso per la raccolta e il collegamento dei dati a fini pubblicitari tramite una schermata imposta da Apple, il c.d. ATT prompt che, tuttavia, non risulta sufficiente a soddisfare i requisiti previsti dalla normativa in materia di privacy, costringendo quindi gli sviluppatori a duplicare la richiesta di consenso per lo stesso fine.

L’Antitrust ha accertato che le condizioni dell’ATT policy sono imposte unilateralmente, sono lesive degli interessi dei partner commerciali di Apple e non sono proporzionate per raggiungere l’obiettivo di privacy, così come asserito dalla società.

Magatti: l’Europa ha bisogno di un nuovo umanesimo cristiano

Oltre la rendita simbolica

«Il tempo delle rendite simboliche è finito». Nell’editoriale pubblicato su “Avvenire”, Mauro Magatti coglie con lucidità il punto critico della condizione europea: l’Europa non può più limitarsi a evocare il proprio glorioso passato come fondamento della sua legittimazione presente, men che meno della sua proiezione futura.

D’altra parte l’umanesimo sottostante al progetto europeo non è un semplice lascito culturale, ma una forma di vita e un progetto fondato su tre pilastri: lo Stato di diritto, con la limitazione della violenza; la democrazia, con l’uguaglianza politica dei cittadini; il welfare, come traduzione concreta del principio di solidarietà. Un equilibrio che ha garantito per decenni pace, prosperità e inclusione.

 

Il rischio del nichilismo europeo

Oggi, però, quei pilastri mostrano segni evidenti di affaticamento. Lo Stato di diritto rischia di irrigidirsi in un apparato burocratico che soffoca l’iniziativa individuale o collettiva; la democrazia di ridursi a procedura svuotata di senso; il welfare di trasformarsi da strumento di emancipazione in mera amministrazione del declino.

Il passaggio forse più inquietante dell’analisi di Magatti riguarda la diagnosi di un nichilismo europeo che non nasce dalla miseria o dall’oppressione, ma dall’“abbondanza senza orientamento”. In un continente in cui la vita è sempre più protetta, il desiderio collettivo appare paradossalmente più debole. Si vive più a lungo, ma si fatica a rispondere alla domanda decisiva: per che cosa?

Non solo difendersi, ma affermare

Da qui il nodo politico e culturale centrale: «Difendersi non basta». L’Europa non può più definirsi soltanto per sottrazione — non imperiale, non autoritaria, non aggressiva — mentre altre grandi potenze dichiarano esplicitamente ciò che vogliono essere nel mondo. L’Unione è chiamata a chiarire non solo che cosa intende proteggere, ma che cosa vuole affermare.

Significa prendere posizione sul senso del progresso, sul rapporto tra tecnica e vita, sulle condizioni della pace, sulla responsabilità verso le generazioni future. Significa interrogarsi se l’umanesimo europeo — fondato su libertà, limite, responsabilità e cura — possa ancora rappresentare una proposta credibile per il XXI secolo.

La questione politica dei cattolici democratici

È qui che l’editoriale di Magatti interpella direttamente la politica. Chi può oggi raccogliere e tradurre questa visione in progetto? La tradizione cattolico democratica o social-cristiana ha storicamente tenuto insieme persona, democrazia, solidarietà e integrazione, costruendo un’Europa non solo come mercato o architettura istituzionale, ma come comunità di destino.

Rilanciare oggi quel patrimonio non significa nostalgia, ma responsabilità storica. Significa restituire voce a un umanesimo cristiano capace di abitare le trasformazioni digitali, ecologiche e geopolitiche senza smarrire il primato della persona e il senso del limite. Perché, come ricorda Magatti richiamando Esopo, “Hic Rhodus, hic salta”: per l’Europa — e per gli europeisti di matrice cristiana — il tempo del salto è arrivato.

L’oblio della storia: la controversa nascita degli Stati Uniti

«La lotta dell’uomo contro il potere è la lotta della memoria contro l’oblio». [Milan Kundera]

Un paragone scomodo ma necessario

Può apparire azzardato tentare un confronto storico tra i coloni europei e i migranti contemporanei; tuttavia, tale paragone merita di essere affrontato, se non altro per confutare la narrazione sull’immigrazione oggi sostenuta da parte dell’attuale classe dirigente statunitense.

Per farlo, è necessario partire da un chiarimento preliminare: i nativi americani — impropriamente definiti “indiani” — non costituivano un popolo omogeneo. Erano invece organizzati in centinaia di nazioni differenti, con lingue, religioni, strutture sociali e stili di vita distinti.

La civiltà dei nativi americani

Alcuni gruppi erano agricoltori sedentari, altri nomadi dediti alla caccia o alla pesca costiera. Il tratto comune che li univa era il profondo legame con la Terra, concepita secondo una visione olistica: la natura non era una risorsa da possedere, bensì una realtà sacra con cui vivere in armonia.

Questa concezione si rifletteva anche nell’organizzazione sociale, spesso egualitaria o matricentrica, e in sistemi di governo complessi fondati sul consenso collettivo.

Le grandi aree culturali

Le principali nazioni native possono essere classificate in base alle aree culturali e geografiche in cui vivevano prima della colonizzazione.

Nelle Grandi Pianure vivevano popolazioni nomadi, cacciatrici di bisonti, come Sioux, Cheyenne e Comanche; tra i Sioux emersero figure storiche di rilievo come Toro Seduto e Cavallo Pazzo.

Nel Sud-Est prevalevano comunità agricole, tra cui Cherokee, Choctaw e Seminole.

Nel Nord-Est si distinsero gli Irochesi, riuniti in una potente confederazione di sei nazioni, nota per la sua influenza politica e per una struttura di potere con elementi democratici.

Nel Sud-Ovest vivevano sia agricoltori sia nomadi, come Pueblo, Navajo e Apache.

Lungo la Costa Nord-Occidentale, infine, si svilupparono popolazioni di pescatori e artisti, tra cui Tlingit, Haida e Kwakiutl.

La frattura della colonizzazione

Questo complesso ecosistema, fondato su un delicato equilibrio — nel quale i conflitti intertribali erano spesso ritualizzati più che realmente distruttivi — fu sconvolto dall’arrivo dei colonizzatori europei. La colonizzazione diede avvio a uno sterminio sistematico delle popolazioni native, risultato di una combinazione di fattori.

L’introduzione di malattie come il vaiolo e il morbillo, contro le quali i nativi non possedevano alcuna immunità, provocò milioni di morti. A ciò si aggiunsero guerre combattute con una schiacciante superiorità militare e tecnologica, nonché l’Indian Removal Act del 1830, che sancì la deportazione forzata di intere comunità.

Fame, deportazioni e acculturazione forzata

Fu adottata anche una deliberata strategia della fame: la distruzione sistematica dei bisonti, principale risorsa alimentare delle popolazioni delle Pianure, mirava a costringere i nativi nelle riserve. A completare questo processo vi fu l’acculturazione forzata, finalizzata allo sradicamento delle lingue, delle religioni e delle tradizioni indigene.

L’ultimo grande scontro, avvenuto a Wounded Knee il 29 dicembre 1890, segnò la fine delle guerre indiane e la definitiva sottomissione dei popoli nativi.

Migrazioni a confronto

In sintesi, i coloni europei usurparono le terre dei nativi americani: un atto che costituisce il fondamento della ricchezza e del potere degli Stati Uniti e i cui effetti si protraggono ancora oggi.

Ne consegue che i migranti europei insediatisi nel territorio statunitense furono guidati da una logica di colonizzazione e di sostituzione, orientata all’espropriazione della terra e all’eliminazione delle popolazioni originarie. Una dinamica che non è paragonabile a quella dei migranti contemporanei, i quali cercano prevalentemente opportunità economiche, sicurezza o protezione politica e aspirano a integrarsi nelle società di arrivo.

Domani è un altro giorno

Il domani come alterità

Domani è un altro giorno. La canzone di Ornella Vanoni chiama il domani “un altro giorno”. Per malinconica routine? No, al contrario: qui altro significa diverso, differente. Deve essere un’altra cosa

Chi la canta dice di aspettarsi per domani un Giorno Nuovo, che non si trascini dai precedenti. Il Tempo di Natale evoca proprio questo: la certezza che il Nuovo sorge sempre.

Natale tra nostalgia ed eccitazione

Le feste natalizie oscillano tra nostalgia ed eccitazione. Ritualità risapute, in cui alla fine le promesse non vengono mantenute. Perché non c’entrano nulla con la vita. Perché, come dice don Fabio Rosini, «la prima vocazione è vivere. Vivere, ed essere felici».

Tutto ciò che sembra assomigliargli, ma non lo è davvero, non funziona.

Quando i riti perdono il senso

Non è tanto la zavorra del consumismo a rovinare il Natale, quanto il fatto che feste e riti vengano assunti dal capitalismo per sostituirne i significati con altri messaggi: suggestioni che gli assomigliano ma che sono radicalmente diverse, come il loglio che assomiglia al grano nella parabola della zizzania.

Si trasportano così nell’oggi tradizioni che non traducono più nulla di questo inaudito fenomeno del mondo occidentale, e dei suoi due millenni e oltre di domanda intorno allo stupore dell’Assoluto.

Questo lo dice Romano Guardini (1885–1968), teologo italo-tedesco, in un suo straordinario libricino del 1954: Natale e Capodanno. Pensieri per fare chiarezza.

Verità del Natale e del Capodanno secondo Romano Guardini

Sul Natale

«Che cosa significa dunque Natale?», si domanda Guardini.

Occorre prendere congedo da alcune concezioni, perché «sull’essenza del cristianesimo esistono definizioni annacquate e corrotte». Bisogna purificare le parole.

«Il cristianesimo non è la religione dell’amore del prossimo, dell’interiorità, o della personalità o di quant’altro di questo genere si possa ancora dire. Naturalmente, in tutto ciò v’è qualcosa di esatto, ma come un secondo aspetto, che acquisisce il suo senso solo quando è chiaro invece ciò che viene prima ed è autentico».

 

La Rivelazione come fondamento

Ciò che viene prima di tutto nel Natale, e che solo e soltanto ne giustifica la celebrazione, è che all’umanità accade una Rivelazione vitale, che essa non potrebbe mai creare da sé.

Accade un fatto, un evento, che nasce fuori dall’umanità. «Viene dall’altro lato del confine. Venuto al di qua del confine ora è presso di noi, con noi». E questo «in un senso inaudito».

Solo e soltanto questo è il Bambino, e il fatto carnale del Natale.

Tutto il resto — fedi, devozioni, riti, la gioia per i doni, l’affetto della famiglia, il rinvigorirsi della luce, la guarigione dall’angustia della vita — riceve senso solo da questo. Quando questa consapevolezza svanisce, tutto scivola via. Perché l’umanità non può produrre da sola ciò che la fa vivere.

Sul primo dellanno

Capodanno? Un significato concreto e tangibile: iniziare e finire.

«Due forze di fondo da cui scaturisce la vita nella sua totalità. Non potremmo sussistere se non iniziassimo ad ogni istante».

La vita non accade una volta per tutte. Nasce continuamente, altrimenti non esisterebbe.

 

La forza dellinizio

«La vita non scaturisce soltanto nella prima ora, quasi fosse una volta per tutte, ma emerge perennemente dalla profondità». Ogni risveglio non è semplice prosecuzione: «ha inizio qualcosa». Ogni giorno esiste una sola volta. Ogni mattino è nuovo. La forza dell’inizio si rende efficace: un inizio si è compiuto. Lo stesso accade in ogni opera che compiamo: è qualcosa di unico, anche solo perché non saremo mai più in quel punto della nostra vita.

Senza inizio, si soffoca

Il puro proseguire soffoca. «Nella monotonia del puro proseguire noi soffocheremmo». Ciò che rende possibile continuare a vivere è il costante inizio: il fatto che con ogni mattino, con ogni incontro, con ogni dolore e ogni gioia ci venga incontro il nuovo.

Edoardo Italia, tra volontariato e impegno giovanile. Intervista

«Dare voce e valore alla gioventù»

Dalle cronache recenti emerge un quadro spesso impietoso sulla condizione giovanile: partecipazione politica e al voto ai minimi storici, emergenza dei NEET (giovani che non lavorano e non si formano), condizioni precarie di ingresso nel mondo del lavoro e una scarsa competitività salariale rispetto alla media europea.

Eppure, esempi virtuosi smentiscono la facile vulgata dei giovani disimpegnati. Il Consiglio nazionale dei giovani (CNG), organo consultivo della Presidenza del Consiglio per le politiche giovanili, riunisce una cinquantina di associazioni impegnate a discutere e proporre soluzioni sui temi che riguardano le nuove generazioni, in un Paese non sempre attento ai loro bisogni.

Nel congresso conclusosi domenica è stato eletto il nuovo presidente nazionale del CNG. Si tratta di Edoardo Italia, 30 anni, di Crescentino (provincia di Vercelli), volontario e coordinatore giovani della Croce Rossa Italiana, che succede alla presidente uscente Maria Cristina Pisani. Lo abbiamo intervistato.

Perché hai deciso di candidarti come presidente del Consiglio nazionale dei giovani? Quali obiettivi ti muovono?

«Il mio primo obiettivo in Croce Rossa è stato quello di coinvolgere i giovani, proporre attività di volontariato e organizzare un’azione diretta verso la gioventù. Al CNG il tema è diverso: qui c’è entusiasmo e voglia di coinvolgere i giovani nel fare qualcosa di concreto, tutti insieme.

L’associazionismo, la sfera politica, il terzo settore, l’ambito della donazione, il tema dei giovani nelle piccole e medie imprese sono al centro della nostra progettualità. L’obiettivo è dare voce e valore alla gioventù, coinvolgendo i giovani e lavorando con loro.

Ho intenzione di far sì che questo spazio offra opportunità a tanti ragazzi, collocandosi tra casa e scuola e ampliando gli orizzonti della crescita personale e sociale. Se un giovane, oggi, in un piccolo paese non fa sport, non partecipa ad associazioni e rischia di vivere una vita chiusa e povera di opportunità, è più facile che incontri problemi di salute mentale, solitudine relazionale e intellettuale».

LItalia è un Paese per giovani oggi? I giovani hanno le opportunità che meritano?

«L’Italia è un grande Paese, lungo e stretto, fatto di realtà molto diverse. Alcuni territori sono più portati al coinvolgimento dei giovani perché ricchi di associazioni, strutture e spazi di confronto.

Altri territori, invece, faticano di più: penso alle aree di periferia o ai territori di montagna, dove la mancanza di strutture e risorse rende difficile coinvolgere non solo i giovani, ma l’intera popolazione. Altrove, invece, esiste una forte propensione all’agire civico, politico e sociale, capace di tradursi in azioni concrete per e con i giovani».

Come si può potenziare oggi lefficacia delle politiche giovanili in Italia?

«C’è una grande difficoltà di dialogo tra le associazioni, a ogni livello. Ognuna viaggia su binari diversi, pur parlando tutte di giovani e avendo l’obiettivo di coinvolgerli. Quello che manca è un reale coordinamento, un’azione costruita insieme.

Se le associazioni, ciascuna con la propria identità e finalità, lavorano in rete mettendo a sistema giovani e risorse, l’impatto può crescere in modo significativo. Se, ad esempio, la Croce Rossa collabora sul territorio con realtà come Avis, Coldiretti, Acli, che coinvolgono molti giovani, si possono convogliare singole iniziative in un’azione più incisiva a favore delle comunità».

 

Una responsabilità collettiva

Dopo questa conversazione possiamo trarre lo spunto per un giudizio sintetico e un apprezzamento. Forse manca ancora, nel nostro Paese, una piena consapevolezza da parte delle nuove generazioni di appartenere a un corpo sociale che rappresenta una ricchezza umana ed economica straordinaria. Una ricchezza che può essere messa a sistema mantenendo vivo il dialogo intergenerazionale, senza relegare ai margini la partecipazione alla costruzione e alla cura della cosa pubblica e del bene comune.

A Edoardo Italia e al nuovo consiglio di presidenza, rinnovato per il prossimo triennio, va l’augurio di un lavoro capace di sostenere talento, partecipazione e opportunità per i giovani.

Manovra, Schlein: italiani felici? Meloni racconta Paese inesistente

Roma, 21 dic. (askanews) – “Una manovra fatta tagliando le pensioni, sulla pelle di chi ha lavorato una vita. Una manovra che colpisce la sanità pubblica, mentre sei milioni di persone rinunciano alle cure. Una manovra che taglia scuola e università e poi insulta gli studenti, definendoli inutili”. Lo dichiara in una nota la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein.

“Intanto – aggiunge – il Governo si è spaccato e Giorgia Meloni, dopo giorni di silenzio, prova a raccontare un Paese che non esiste, sostenendo che gli italiani sarebbero pure felici di questa legge di bilancio. La verità è semplice: questa manovra è sbagliata, questa maggioranza ha fallito. E gli italiani – conclude Schlein – meritano di meglio di una presidente del Consiglio incoerente che continua a prenderli in giro ormai da tre anni”.

Milano-Cortina, Salvini: lavoro perché ci siano atleti ucraini e russi

Roma, 21 dic. (askanews) – “Io da ministro ho la responsabilità di fare le infrastrutture che ospiteranno le Olimpiadi Milano-Cortina. Fra poche settimane l’Italia verrà vista da tutto il mondo e sto lavorando perché gli atleti di tutti i paesi del mondo, anche quelli in conflitto, possano esserci, perché lo sport unisca, la cultura unisca”. Lo ha detto, rispondendo a una domanda sugli sviluppi della guerra in Ucraina e dei negoziati internazionali di pace, il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, leader della Lega, ospite della puntata di questa sera di Zona Bianca, in prima serata su Rete4.

Ucraina, Salvini: chi parla di guerra con la Russia avvicina conflitto

Roma, 21 dic. (askanews) – “Ci tengo a dire che noi non vogliamo mandare i nostri figli a combattere in Ucraina né in Russia e che non siamo in guerra con la Russia: perché chi parla di guerra contro la Russia avvicina un conflitto ancora più pesante”. Lo ha detto Matteo Salvini, vicepremier e leader della Lega, nel corso della registrazione dell’odierna puntata di Zona Bianca, in onda in prima serata su Rete4.

“Quindi conto che i prossimi giorni e le prossime settimane siano positivi e spero – ha aggiunto – che nessuno in Europa abbia interesse a tirarla in lunga questa guerra, perché la guerra è sempre la sconfitta per tutti”.

Ucraina, Salvini: il prossimo non sarà un semplice decreto sulle armi

Roma, 21 dic. (askanews) – “Arriverà anche in consiglio dei ministri nei prossimi giorni un decreto sull’Ucraina e su richiesta della lega non sarà un semplice decreto sulle armi, ma si parlerà di difesa del popolo ucraino, di logistica, quindi non più solo di offesa e di attacco”. Lo ha detto il vicepremier Matteo Salvini, nel corso della registrazione di Zona Bianca, in onda stasera su Rete4.

“Spero – ha aggiunto – che tutti ascoltino le parole del santo padre e spero che nessuno in Europa abbia interesse a che la guerra vada avanti, perché lo sai meglio di me la guerra accade per motivi spesso economici”.

“Questa – ha detto ancora il leader della Lega – è una guerra che nessuno vincerà sul campo. Ecco: qualcuno può seriamente credere che l’Ucraina possa vincere sul campo, vista la sproporzione di forze in campo e possa riconquistare il terreno perduto? No, quindi io penso che prima verrà fermato questo conflitto meglio è per tutti”, ha concluso.

Rutte (Nato): Putin è il motivo per cui è difficile finire la guerra in Ucraina

Roma, 21 dic. (askanews) – Intervistato dal quotidiano tedesco Bild, in un’intervista pubblicata oggi, sul motivo per cui sia così difficile porre fine alla guerra in Ucraina, il segretario generale della Nato, Mark Rutte, ha risposto: “La ragione è (Vladimir) Putin!”.

“È disposto a sacrificare 1,1 milioni dei propri cittadini”, ha aggiunto, “E quest’anno i suoi progressi sono minimi: conquiste territoriali trascurabili, meno dell’1 per cento del territorio ucraino rispetto all’inizio dell’anno. Di conseguenza, secondo le nostre stime, fino a 1,1 milioni di persone sono state uccise o ferite sul fronte russo”.

Rutte ha inoltre dichiarato che “diversi Paesi europei hanno indicato di essere pronti a fornire truppe, se necessario”. Si “stanno definendo i dettagli precisi di questa “Coalizione dei volonterosi”: come si svolgerebbe un dispiegamento? Cosa accadrebbe sulla terra, in mare, in aria, ecc.? Tutti questi elementi sono in fase di elaborazione”, ha proseguito. Il segretario generale della Nato ha inoltre affermato di avere “un grande rispetto” per il presidente americano Donald Trump, “l’unico a essere riuscito a portare Putin al tavolo dei negoziati e l’unico che possa infine costringerlo a fare la pace”.

Anche se l’inquilino della Casa Bianca ha già “perso la calma più volte”, ha ricordato il segretario generale della Nato, non si aspetta “assolutamente” che gli Stati Uniti ritirino il loro sostegno all’Ucraina. “Quello che osserviamo attualmente è che gli scambi di informazioni e le forniture di armi all’Ucraina continuano”, ha sottolineato.

Manovra, Conte: da Meloni sovranismo in versione Colle Oppio

Roma, 21 dic. (askanews) – “Una domanda. La settimana si chiude con Meloni che esulta per aver approvato in Europa 90 miliardi che destiniamo all’Ucraina col nostro debito comune, mentre restiamo ai margini dei negoziati di pace, e il triste teatro di una Manovra misera e ingiusta. Una Manovra che non affronta il dramma della sanità pubblica, peggiora la legge Fornero aumentando l’età pensionabile, cancella Opzione donna, taglia sulla scuola e al ‘libro delle tasse’ di questi anni di pressione fiscale record aggiunge tasse su pacchi online, accise, ritenute d’acconto che aumenteranno fino all’1 per cento sulle fatture delle imprese. Grazie alla nostra azione di opposizione, siamo riusciti a scongiurare obbrobri come la corsa al condono e l’innalzamento del tetto del contante a 10mila euro”. Lo ha scritto sui suoi canali social il presidente del Movimento 5 stelle, Giuseppe Conte, che ha aggiunto: “una domanda alla premier Meloni: quando si è trattato di portare in Italia i 209 miliardi del Pnrr grazie al debito comune vi siete astenuti in Europa. Adesso che con il debito comune destiniamo 90 miliardi per continuare a sostenere l’Ucraina in guerra con la Russia siete stati decisivi. È questo il sovranismo in versione Colle Oppio? Quando andrà in Europa a chiedere misure e fondi per le imprese, per gli agricoltori, per il crollo del potere d’acquisto, per la sanità degli italiani?”

(Segue)

Fiumicino ha superato (per la prima volta) 50 milioni di passeggeri in un anno

Roma, 21 dic. (askanews) – All’aeroporto di Roma Fiumicino è stato raggiunto e superato, per la prima volta, il record storico di 50 milioni di passeggeri in un anno. Lo comunica la società di gestione aeroportuale AdR, spiegando che il primato è stato registrato alle porte delle festività natalizie in cui la società del gruppo Mundys, prevede di accogliere complessivamente altri 2 milioni di viaggiatori, a partire dal 22 dicembre e fino al 7 gennaio compreso, oltre ai 180 mila attesi allo scalo di Ciampino. Il 2025 si chiuderà, quindi, con oltre 51 milioni di passeggeri complessivi, registrando un aumento di oltre il 4% rispetto all’anno precedente, pari a più di 2 milioni di transiti aggiuntivi.

Il lungo raggio si è confermato uno dei principali driver di sviluppo. In particolare, il Nord America ha mantenuto la leadership chiudendo l’anno con 4,7 milioni di passeggeri, sostenuto da una programmazione estiva che ha toccato punte di 40 partenze giornaliere e da un significativo rafforzamento della destagionalizzazione: nei mesi di novembre e dicembre il traffico è cresciuto del 20% rispetto al 2024 e di oltre il 75% rispetto al periodo pre-Covid. Risultati altrettanto rilevanti si registrano sul fronte asiatico, dove nel 2025 i movimenti sono aumentati del 16%, grazie alla forte domanda verso Corea, Giappone e Bangladesh e al ritorno del collegamento con Hong Kong operato da Cathay Pacific. In parallelo, è proseguito il rafforzamento del mercato di corto e medio raggio, alimentato da importanti progetti di sviluppo basati a Fiumicino, in particolare da parte di vettori come Wizz Air ed easyJet. Sul piano strategico, l’ingresso di Lufthansa in ITA Airways rappresenta un passaggio di grande rilevanza, destinato a consolidare ulteriormente il ruolo del Leonardo da Vinci come hub di riferimento per il Sud Europa. “Il traguardo dei 50 milioni di passeggeri rappresenta il risultato di una programmazione operativa, di una visione industriale di lungo termine, di investimenti coerenti e del lavoro di una grande squadra di persone che, ogni giorno, contribuisce a consolidare il posizionamento di Roma Fiumicino come hub di livello globale. – ha dichiarato Marco Troncone, amministratore delegato di Aeroporti di Roma -. I numeri confermano quindi il ruolo che questo aeroporto stellato è chiamato a svolgere per il Paese: un’infrastruttura centrale per la sua connettività globale, a supporto dell’attrattività turistica e della competitività economica italiana. Questo record rappresenta un ulteriore driver nell’implementazione del nostro Piano di sviluppo sostenibile, progetto strategico pensato per garantire capacità, resilienza e sostenibilità anche nei prossimi decenni, in linea con le sfide ambientali e industriali che attendono il settore”.

Macron lancia la costruzione della portaerei che sostituirà la Charles de Gaulle

Roma, 21 dic. (askanews) – Il rimpiazzo della ‘Charles de Gaulle’ prende forma in modo un po’ più ufficiale. Emmanuel Macron ha dato il via alla costruzione della futura portaerei francese destinata a sostituire quella attuale e che dovrà entrare in servizio nel 2038.

“In conformità con le ultime due leggi di programmazione militare e dopo un esame completo e approfondito, ho deciso di dotare la Francia di una nuova portaerei”, ha annunciato il capo dello stato francese durante il Natale con le truppe ad Abu Dhabi. “La decisione di avviare la realizzazione di questo grandissimo programma è stata presa questa settimana”, ha aggiunto.

Calcio, Sinner incontra Infantino a Dubai

Roma, 21 dic. (askanews) – Calcio e tennis insieme. È l’incontro avvenuto a Doha tra Jannik Sinner e il presidente della Fifa, Gianni Infantino. Il tennista azzurro, che sta proseguendo la preparazione a Dubai in vista dell’inizio della stagione, ha seguito mercoledì scorso la finale di Coppa Intercontinentale tra Psg e Flamengo, vinta ai rigori dai francesi. Nell’occasione, Sinner ha incontrato Infantino, grande appassionato di tennis che cerca di seguire tutti gli incontri del n. 2 al mondo. Inoltre, il presidente della Fifa è stato in passato tifoso di Adriano Panatta. Un legame costante, dunque, con il tennis azzurro.

Sci, Goggia: ‘Vincere è quello a cui ambisco: mi sono riscattata’

Roma, 21 dic. (askanews) – “Il dolore di oggi sarà la benzina di domani è il messaggio che ci siamo scambiati ieri con Gian Piero Gasperini, allenatore della Roma a cui resto molto legata dopo la sua esperienza a Bergamo con l’Atalanta” racconta Sofia Goggia al termine della vittoriosa prova in Val d’Isere che gli ha consegnato la prima vittoria stagionale, la 27esima della carriera. “La gara di ieri mi ha segnato tanto, è stata una giornata emotivamente molto dura e ho passato un’ora a piangere ripensando all’occasione sprecata. Arrivavo da tanta solidità ed invece l’errore di ieri mi ha fatto gettare al vento una occasione d’oro. Sono ripartita da lì, dalla voglia di riscatto. Come di fatto è stata tutta la mia carriera, fatta di ripartenze, da tanta voglia di risalire: vincere oggi è bello e ci sta. Quando sei sul podio sei sempre contento, vincere è però quello a cui ambisco. Ma l’esempio di ieri è emblematico: giornata bellissima, stavo sciando alla grande ed è andata così. Sì, quell’errore ce l’ho ancora qui, ma l’importante è avere sempre qualche nuova freccia nella faretra”.

Claudio Baglioni ha cantato al concerto di Natale al Senato

Roma, 21 dic. (askanews) – “Volevo trovare le parole giuste per ringraziare, ma per dire grazie c’è solo grazie. Grazie di questo privilegio, per essere qui e poter partecipare alle festività di Natale in questa magnifica aula. Grazie al presidente del Senato ai senatori e alle senatrici”. Lo ha detto Claudio Baglioni prendendo brevemente la parola durante la sua esibizione al concerto di Natale in Senato, accompagnato dal coro e dall’orchestra del Teatro San Carlo di Napoli. Tre i brani eseguiti: Strada facendo, Avrai e La vita è adesso.

Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha donato a Baglioni la “martinella”, la campanella simbolo di palazzo Madama, quale riconoscimento per la sua carriera che, ha detto la seconda carica dello Stato, “fa parte della nostra storia, della storia di un artista, del nostro modo di sentirci italiani”. La campanella, ha scherzato La Russa, “può servire anche ai grandi artisti per mettere ordine nella musica italiana”.

“Quest’anno il concerto è dedicato in qualche modo a Napoli, perché ricorre proprio oggi l’anniversario di 2.500 anni, quanti ne sono passati dalla fondazione di Napoli e non potevamo che invitare il Teatro San Carlo, il suo coro, l’orchestra, perché è il simbolo sicuramente” della città. Aveva detto prima dell’esibizione La Russa, nell’indirizzo di saluto con cui ha aperto concerto natalizio nell’aula di palazzo Madama.

Mosca smentisce Zelensky: non previsti colloqui a 3 con Usa e Kiev a Miami

Roma, 21 dic. (askanews) – Il Cremlino ha negato che siano previsti colloqui a tre tra Ucraina, Russia e Stati Uniti, sulla guerra in corso mentre i diplomatici si riunivano a Miami per colloqui sulla fine del conflitto. Lo riferisce l’Afp.

Il leader ucraino, Volodymyr Zelensky, ieri aveva riferito che gli Stati Uniti avevano proposto a Miami un formato per un incontro sulla soluzione del conflitto con la partecipazione di Ucraina, Russia, Stati Uniti e rappresentanti dell’Europa.

Il Papa: tutti i bambini del mondo possano vivere nella pace

Milano, 21 dic. (askanews) – “Preghiamo insieme perché tutti i bambini del mondo possano vivere nella pace”. Lo ha detto Papa Leone XIV rivolgendosi dalla finestra del Palazzo Apostolico Vaticano ai pellegrini riuniti in piazza San Pietro per la recita dell’Angelus. “Oggi rivolgo un saluto speciale ai bambini e ai ragazzi di Roma. Carissimi, siete venuti con i vostri familiari e con i catechisti per la benedizione delle statuette di Gesù Bambino da collocare nel presepe delle vostre case, delle scuole e degli oratori. Benedico di cuore tutti i Bambinelli”.

Ci sarà aria polare durante la settimana di Natale

Milano, 21 dic. (askanews) – Si avvicina una perturbazione carica di piogge e nevicate che ci terrà compagnia per tutta la settimana di Natale. Mattia Gussoni, meteorologo de iLMeteo.it, conferma un deciso peggioramento delle condizioni meteorologiche già a partire da domenica, con le prime precipitazioni attese sulle regioni del Nord Ovest e sulle due Isole Maggiori. Tutto dipenderà dall’arrivo di correnti fredde di origine polare, dal Nord Europa, che andranno a alimentare la formazione di un ciclone mediterraneo, responsabile di una fase di maltempo diffuso sull’Italia.

Il contrasto termico tra le diverse masse d’aria, unito al continuo richiamo di umidità nei bassi strati e al raffreddamento in quota, creerà condizioni ideali per precipitazioni persistenti e localmente intense, soprattutto sui rilievi, dove sono attese nevicate abbondanti: sulle Alpi occidentali potrebbe cadere fino a 1 metro di neve entro Natale oltre i 1400 metri di quota.

La fase clou del maltempo è prevista proprio per la settimana di Natale, il ciclone si manterrà molto attivo nel corso di Lunedì 22, Martedì 23 e Mercoledì 24 Dicembre con piogge battenti su buona parte dell’Italia. Da segnalare anche il deciso rinforzo dei venti con raffiche intense lungo le coste. La giornata di Natale si preannuncia alquanto burrascosa, con condizioni meteorologiche che non si vedevano da diversi anni durante questa festività. Le regioni del Centro-Sud e le due Isole Maggiori dovranno fare i conti con rovesci temporaleschi, venti forti e nevicate sugli Appennini a partire dai 1200-1400 metri di quota.

Al Nord, invece, si registreranno maggiori schiarite specie su Lombardie e Triveneto; discorso diverso su Emilia Romagna, Piemonte e Valle d’Aosta che rimarranno sotto l’influenza di precipitazioni diffuse, con possibilità di neve fino a quote collinari. Un bianco Natale dunque per le principali località sciistiche delle Alpi occidentali con i fiocchi che potrebbero spingersi fin sulla città di Cuneo.

Dal primo gennaio la Bulgaria sarà il 21esimo Paese dell’area euro

Roma, 21 dic. (askanews) – Dal primo gennaio 2026 la Bulgaria sarà il 21esimo paese membro dell’area dell’euro. Lo ricorda la Banca d’Italia, spiegando con una nota che lo scorso 8 luglio 2025 il Consiglio dell’Unione europea ha approvato l’adesione della Bulgaria e fissato il tasso di conversione del lev bulgaro a 1,95583 lev (BGN) per 1 euro (EUR).

La generalità del pubblico potrà chiedere il cambio della valuta bulgara a titolo gratuito, a partire dal mese di gennaio e fino al 2 marzo 2026, “al valore di parità” (1,95583 lev per 1 euro), per un importo massimo di 2.000 lev (circa mille euro) per persona, al giorno, presso le seguenti Filiali della Banca d’Italia: Milano, Bologna, Roma Sede, Napoli e Catanzaro.

L’utenza istituzionale con conto presso la Banca d’Italia potrà presentare le banconote in valuta bulgara per il riconoscimento del relativo controvalore presso la sola Filiale di Roma CDM (Centro Donato Menichella).

La Deejay Ten nel 2026 fa tappa in quattro città

Milano, 21 dic. (askanews) – Dopo il successo della scorsa edizione che ha visto la partecipazione di oltre 60mila persone, la Deejay Ten annuncia gli appuntamenti del 2026.

La corsa non agonistica ideata da Linus e firmata Radio Deejay, da oltre vent’anni anni appuntamento fisso per centinaia di migliaia di persone in giro per l’Italia arriverà nel 2026 in quattro città: si parte da Torino il 29 marzo per poi arrivare a Bari il 19 aprile, proseguire a Treviso il 17 maggio e approdare a Milano per il gran finale il 4 ottobre.

Un grande momento di condivisione per vivere le bellezze della città libera dal traffico quotidiano e trascorrere una domenica all’insegna dello sport e del divertimento in compagnia di Radio Deejay e degli speaker più amati dell’emittente. L’evento, a cui possono partecipare persone di tutte le età e capacità atletica, prevede due percorsi differenti da 10 e 5 km, il primo rivolto ai superiori di 16 anni e il secondo accessibile a chiunque.

Sponsor tecnico di questa edizione adidas che accompagnerà i partecipanti durante tutte le tappe fornendo le maglie e la gym sack di quest’anno. Svelate oggi quelle per la prima tappa di Torino del 29 marzo 2026 che saranno di colore verde acqua per il percorso da 10km e rosa per quello da 5km. Ogni iscritto riceverà la sacca gara con pettorale e chip per il rilevamento cronometrico, e per chi terminerà il percorso la sacca ristoro con la medaglia di partecipazione e i gadget degli sponsor.

Oltre alla maglia ufficiale, adidas arricchirà ogni weekend della Deejay Ten con eventi dedicati, sessioni di allenamento funzionale e tante sorprese nelle città ospitanti, affiancando l’expo del villaggio Deejay Ten con attività e momenti interattivi pensati per la community di runners e non solo.

Un’iniziativa pensata per accompagnare e coinvolgere ogni profilo di runner: dagli atleti più esperti a chi si sta avvicinando alla disciplina o si sta preparando per nuove sfide, mantenendo sempre al centro il valore della community, elemento identitario e distintivo della Deejay Ten.

Le iscrizioni per le quattro tappe sono aperte sul sito di Radio Deejay al link https://deejayten.deejay.it/.

Gilberto Gil torna in conceto in Italia dopo 3 anni

Milano, 21 dic. (askanews) – Gilberto Gil torna in Italia dopo 3 anni con “Gilberto Gil in concert”: 2 imperdibili appuntamenti a Roma (6 aprile, Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone) e a Milano (8 aprile, Alcatraz) che celebrano oltre 60 anni di carriera!

I biglietti per la data di Roma sono disponibili su Ticketone.it e nei punti di vendita abituali, quelli per la data di Milano invece su Ticketone.it, Ticketmaster, Vivaticket e DICE e nei punti di vendita abituali.

Gilberto Gil ha rivoluzionato il panorama musicale grazie alla sua capacità di unire tradizione e innovazione, fondendo samba, bossa nova, tropicalismo e influenze internazionali in uno stile unico e inconfondibile che ha conquistato il pubblico in tutto il mondo con ritmi, armonie e parole che raccontano la cultura, la storia e l’anima del Brasile.

Attualmente impegnato in “Tempo rei”, il suo ultimo tour che in Brasile sta registrando il tutto esaurito in ogni tappa, Gilberto Gil porterà nelle 2 uniche date italiane tutta la sua energia e il suo repertorio, dove ripercorrerà la sua lunga e ricca carriera musicale e riproporrà alcuni dei suoi brani più amati, tra cui “Aquele Abraço”, “Toda Menina Baiana”, “Expresso 2222”, “Andar com Fé”, “Drão”, “Palco” e “Não Chore Mais”.

A condividere il palco con lui una superband d’eccezione composta dai figli e nipoti: Bem Gil (voce, chitarra, basso), Jose Gil (voce, batteria), João Gil (voce, chitarra, basso) e Flor Gil (voce, tastiera).

«Ho sempre saputo che la musica era il mio linguaggio – afferma Gilberto Gil – E che la musica mi avrebbe fatto conoscere il mondo, e portato a scoprire nuovi territori, perché il mio è sempre stato il linguaggio della terra e del cielo».

Le date italiane sono prodotte e organizzate da Intersuoni BMU in collaborazione con Bass Culture.

Gilberto Gil torna in conceto in Italia dopo 3 anni

Milano, 21 dic. (askanews) – Gilberto Gil torna in Italia dopo 3 anni con “Gilberto Gil in concert”: 2 imperdibili appuntamenti a Roma (6 aprile, Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone) e a Milano (8 aprile, Alcatraz) che celebrano oltre 60 anni di carriera!

I biglietti per la data di Roma sono disponibili su Ticketone.it e nei punti di vendita abituali, quelli per la data di Milano invece su Ticketone.it, Ticketmaster, Vivaticket e DICE e nei punti di vendita abituali.

Gilberto Gil ha rivoluzionato il panorama musicale grazie alla sua capacità di unire tradizione e innovazione, fondendo samba, bossa nova, tropicalismo e influenze internazionali in uno stile unico e inconfondibile che ha conquistato il pubblico in tutto il mondo con ritmi, armonie e parole che raccontano la cultura, la storia e l’anima del Brasile.

Attualmente impegnato in “Tempo rei”, il suo ultimo tour che in Brasile sta registrando il tutto esaurito in ogni tappa, Gilberto Gil porterà nelle 2 uniche date italiane tutta la sua energia e il suo repertorio, dove ripercorrerà la sua lunga e ricca carriera musicale e riproporrà alcuni dei suoi brani più amati, tra cui “Aquele Abraço”, “Toda Menina Baiana”, “Expresso 2222”, “Andar com Fé”, “Drão”, “Palco” e “Não Chore Mais”.

A condividere il palco con lui una superband d’eccezione composta dai figli e nipoti: Bem Gil (voce, chitarra, basso), Jose Gil (voce, batteria), João Gil (voce, chitarra, basso) e Flor Gil (voce, tastiera).

«Ho sempre saputo che la musica era il mio linguaggio – afferma Gilberto Gil – E che la musica mi avrebbe fatto conoscere il mondo, e portato a scoprire nuovi territori, perché il mio è sempre stato il linguaggio della terra e del cielo».

Le date italiane sono prodotte e organizzate da Intersuoni BMU in collaborazione con Bass Culture.

Campo degasperiano, Follini: l’eredità scomoda dello statista trentino

Foto Schicchi
Foto Schicchi

Se la Democrazia Cristiana è stata il partito del Paese, Alcide De Gasperi è stato il politico – o meglio, l’uomo di Stato – che ha messo il Paese davanti al partito e che ha lasciato in eredità, a chi riflette dopo oltre 70 anni dalla sua morte una lezione ancora attuale.

La domanda che si è posto Gianfranco Astori nella sua lezione degasperiana di quest’estate è una domanda decisiva: come un partito complesso, anche diviso, poté affrontare la sfida di riunificare il Paese?

La strada in salita

Questo interrogativo richiama alla memoria un aspetto che spesso trascuriamo quando parliamo di De Gasperi, soprattutto noi che ci sentiamo depositari di quella tradizione: tendiamo infatti a mettere in evidenza i successi, ciò che è riuscito, ma dimentichiamo la fatica, le difficoltà, le inimicizie, la strada in salita che egli dovette percorrere senza alcuna garanzia di arrivare a una destinazione certa.

Le idee ricostruttive della Democrazia Cristiana – la prima pubblicazione significativa in cui De Gasperi mette per iscritto la sua visione – nascono come una sorta di testamento: una riflessione maturata alla fine di una vita che, paradossalmente, dal punto di vista politico, stava ricominciando. Non lo sapeva, non lo pensava, ma quelle parole erano un messaggio nella bottiglia rivolto alle generazioni future.

Contro lantilibertà demagogica

Da quel momento in poi, De Gasperi percorre un sentiero riconoscibile ancora oggi, a distanza di tanti anni. Usa le parole come argine contro l’antilibertà demagogica, intuendo per tempo che nel fondo del Paese esisteva un sentimento negativo che avrebbe accompagnato a lungo la sua azione politica. Questo sentimento non lo abbandonò mai del tutto e contribuì alle difficoltà che egli dovette affrontare, anche dopo aver vinto le elezioni e dopo essersi insediato saldamente alla guida del governo.

Nemici dichiarati e riconoscimenti inattesi

Spesso raccontiamo De Gasperi come se il suo successo fosse stato un destino naturale. Non lo fu. Implicava rischi enormi e avversità politiche fortissime. C’era un pezzo largo e minaccioso dell’Italia – da destra e da sinistra – apertamente ostile a lui. I fascisti lo chiamavano “l’austriacante” e lo consideravano un traditore; Togliatti parlò di “scarponi chiodati” in un comizio a mo’ di chiarimento su come avrebbe cacciato l’avversario nel caso avesse vinto il Fronte popolare. L’aggressività politica di quegli anni era reale e pericolosa.

È significativo che un qualche riconoscimento gli venisse paradossalmente da Mussolini, il quale, nel tramonto della Repubblica Sociale, disse che in futuro sarebbero potute emergere due figure: Gronchi e De Gasperi. Un riconoscimento che vale qualcosa, se letto nel contesto di quel frangente dtrammatico.

La fermezza dello statista

De Gasperi governò in modo profondamente diverso da Giolitti e seppe essere, con il suo stile, un grande statista. In alcuni momenti fu particolarmente determinato. Ricordiamo, ad esempio, il confronto con i monarchici e con il ministro della Real Casa, Falcone Lucifero, dopo il referendum istituzionale. A un certo punto De Gasperi disse: “Beh, se andiamo avanti così, domani uno di noi sarà in prigione”. Quella fermezza contribuì a far accettare il verdetto anche a Umberto di Savoia.

Le difficoltà con la Chiesa e dentro la Democrazia Cristiana

Ma le avversità non vennero solo dall’esterno. Anche in casa democristiana De Gasperi incontrò ostacoli, incomprensioni e diffidenze. Tendiamo a dimenticarlo con una certa indulgenza verso i nostri “padri”, ma De Gasperi dovette fare i conti con i franchi tiratori, con tensioni interne, con le famose schede bianche, con una seconda generazione democristiana che faticava a riconoscersi nel

suo stile e nel suo metodo.

Emblematica è la vicenda dell’udienza negata da Pio XII, e la lettera straordinaria che De Gasperi scrisse: “Come cristiano accetto l’umiliazione; ma come capo di un governo ho il dovere di chiedere conto delle ragioni per cui quell’udienza non mi viene concessa”. In quella frase c’è tutto De Gasperi.

Se vogliamo dirla fino in fondo, dobbiamo riconoscere che la difficoltà più grande De Gasperi la ebbe proprio nel rapporto con la seconda generazione democristiana. Dopo di lui, il segretario del partito diventa Fanfani, che è il meno degasperiano per carattere e formazione, e prima di questo evento inizia a profilarsi l’azione di Aldo Moro. De Gasperi ebbe il sospetto di essere stato messo in difficoltà anche da Dossetti, e forse da Moro stesso, allora sottosegretario agli Esteri, nel dibattito sulla NATO.

Uneredità difficile

Tutto questo per dire che De Gasperi uscì da quella stagione con un’eredità enorme, ma difficile da metabolizzare. Dopo la sua morte, e fino al 1974 – quando Scoppola pubblica La proposta politica di De Gasperi – il degasperismo viene in parte archiviato anche nel mondo democristiano. Ciò non significa disconoscere la straordinarietà della sua figura, ma indica quanto fosse complessa e scomoda la sua lezione.

Vorrei chiudere affidandomi alle parole di Indro Montanelli, che non era certo un degasperiano. Questi racconta di un colloquio con De Gasperi: gli chiede di incontrarlo a casa, perché gli sembra più confidenziale. De Gasperi rifiuta: non intende confondere pubblico e privato. E così lo riceve in ufficio. Montanelli lo descrive tutto vestito di grigio, senza pennacchi, con gli occhi grigi e il volto di pietra grigia, una “grigia oratoria” che non conosce altri colori.

Alla fine di quel colloquio Montanelli scrive una frase decisiva: «Sento dinanzi a lui un gran rispetto senza timore, esattamente il contrario di quello che sentivo davanti a Mussolini: un gran timore senza rispetto». E conclude: «De Gasperi è l’antinàrciso, colui che parlando non si ascolta».

Ecco, credo che questa sia una buona ragione per cui, ancora oggi, vale la pena ascoltarlo.

N.B. Il testo, trascritto quanto più fedelmente possibile, non è stato rivisto dall’autore. Ecco il link per accedere alla video registrazione dell’intero dibattito:

 

https://youtu.be/15PJabi9y-o?si=47NWQd7fR5_wtGPQ

Cattolici, il significato di una “ricomposizione”

Il libro di padre Sorge e il dibattito degli anni Settanta

Nel 1979 Padre Bartolomeo Sorge, gesuita e politologo, diede alle stampe un libro che fu al centro del dibattito politico e culturale per molti anni. Il libro si intitolava provocatoriamente: “La ricomposizione dell’area cattolica in Italia”, con Città nuova Editrice. Un libro che ebbe un grande impatto nel mondo cattolico di quell’epoca e, in particolare, nel dibattito interno alla Democrazia Cristiana.

Un contesto storico profondamente diverso

Ora, dopo oltre 45 anni da quella pubblicazione, è di tutta evidenza che i temi affrontati in quella fase storica sono diversi, molto diversi rispetto alla stagione contemporanea. Ma è indubbio che se quando padre Sorge vergò quel libro esisteva ancora un partito che si chiamava Democrazia Cristiana e i cattolici italiani, seppur nella diversità e nel pluralismo, giocavano ancora un ruolo politico e culturale significativo, oggi la situazione è decisamente peggiorata.

La scomparsa dei cattolici dal dibattito politico

Per dirla in breve, i cattolici sono letteralmente scomparsi dal dibattito politico se non per rivendicare piccoli spazi di potere. I partiti democristiani o simil democristiani appartengono alla storia e sono stati del tutto archiviati. Le classi dirigenti dei vari partiti oggi in competizione prescindono radicalmente dalla cultura cattolico democratica, cattolico popolare e cattolico sociale.

La crisi dellassociazionismo e della formazione dirigente

E, infine, l’associazionismo cattolico di base ha smarrito, ormai da tempo, la sua antica vocazione a creare e soprattutto a formare classe dirigente. Quella classe dirigente che è stata decisiva per quasi 50 anni nella storia democratica del nostro paese con la presenza attiva e determinante della Democrazia Cristiana e che è proseguita ancora per qualche lustro dopo la fine del “partito italiano” per eccellenza.

Lurgenza di una nuova iniziativa dellarea cattolica

Ecco perchè, pur a fronte di una situazione politica e storica radicalmente diversa rispetto a quella in cui padre Sorge scrisse quel libro, è indubbio che oggi si rende ancor più necessaria ed indispensabile una ripresa di iniziativa politica, culturale e progettuale dell’area cattolica italiana. Sempre nel rispetto della laicità dell’azione politica da un lato e di un più accentuato pluralismo delle varie opzioni politiche dall’altro.

Una ricomposizione” laica e una provocazione culturale

Ma, al di là di questi due aspetti, è altrettanto vero che sarebbe anche utile una nuova ed aggiornata pubblicazione sulla necessità contemporanea di una “ricomposizione” laica dell’area cattolica italiana e anche, e soprattutto, di una rinnovata provocazione culturale che passa attraverso un’attenta analisi di quest’area. Detta con parole semplici, sarebbe necessaria un’iniziativa come quella che padre Sorge avanzò alla fine degli anni ‘70 dopo una stagione drammatica causa il terrorismo e alla vigilia, comunque sia, di nuovi sconvolgimenti politici e culturali.

Il rischio del bipolarismo e della polarizzazione

Di natura epocale come abbiamo poi potuto constatare negli anni seguenti. Dico questo perchè senza una ricomposizione, non fittizia o posticcia ma coerente e ragionata, dell’area cattolica o ex popolare o ex democristiana o ex centrista del nostro paese, il bipolarismo selvaggio è destinato a consolidarsi sempre di più e, con il bipolarismo, anche la radicalizzazione del conflitto politico e la polarizzazione ideologica.

Una risorsa per la qualità della democrazia

Due tasselli, questi ultimi, che indeboliscono la qualità della nostra democrazia e, al contempo, incrinano anche la credibilità delle nostre istituzioni democratiche per non parlare dell’efficacia dell’azione di governo. E, al riguardo, un contributo serio, qualificato e costruttivo può arrivare anche e soprattutto dalla cultura, dalla storia e dalla tradizione del cattolicesimo politico italiano. Ma non in ordine sparso, appunto. Perchè è di nuovo necessaria una seria, rigorosa e pensata “ricomposizione dell’area cattolica”.

Migrazioni, la crisi permanente e i limiti del “modello Albania”

Il Rapporto Migrantes – Diritto d’Asilo 2025 restituisce un’immagine che non consente più alibi: quella che per anni è stata definita un’emergenza è ormai una crisi strutturale e permanente del nostro tempo. A sottolinearlo è Agostino Sella, presidente dell’Associazione Don Bosco 2000, una delle realtà più attive nel sistema italiano dell’accoglienza, che invita istituzioni e opinione pubblica a guardare oltre la contingenza e a interrogarsi sulle scelte politiche compiute negli ultimi anni.

Le speranze recluse” di un sistema in affanno

Nel linguaggio del Rapporto, le “speranze recluse” diventano la metafora di un sistema che, troppo spesso, sacrifica la dignità umana sull’altare della sicurezza di frontiera. I numeri sui morti nel Mediterraneo, le deportazioni verso i lager libici, le lunghe attese nei centri di detenzione amministrativa non sono semplici statistiche, ma – osserva Sella – il segnale evidente di un fallimento politico europeo, che continua a rinviare una risposta strutturale al fenomeno migratorio.

Esternalizzare lasilo, restringere i diritti

Particolarmente critica è la valutazione dei modelli di esternalizzazione delle procedure di asilo, come il cosiddetto modello Albania. Secondo Sella, l’orientamento verso soluzioni fondate sulla detenzione amministrativa e sulla protezione dei confini rischia di collocarsi ai margini della democrazia, soprattutto quando incide sui diritti individuali e sulla tutela dei minori stranieri non accompagnati. L’esperienza quotidiana degli enti che operano sul campo mostra infatti come l’accoglienza non possa essere ridotta a protocolli burocratici o a dispositivi emergenziali svuotati di responsabilità politica.

Unalleanza per rimettere al centro la persona

La proposta che emerge non è di segno ideologico, ma profondamente pragmatica. Serve una visione strategica di lungo periodo, fondata su una collaborazione autentica tra istituzioni e terzo settore. Gli enti dell’accoglienza, ricorda Sella, non sono meri esecutori di servizi, ma vere e proprie antenne sociali, capaci di contribuire alla programmazione delle politiche migratorie. Senza questa alleanza, ogni modello rischia di restare inefficace. Con essa, invece, l’Europa potrebbe tornare a mettere al centro l’essere umano, senza rinunciare alla legalità né alla sicurezza.

A Berlino il Natale incontra l’algoritmo

In un mercatino di Natale di Berlino, tra luci, vin brulé e cori improvvisati, l’attrazione più fotografata non è una bancarella artigiana né un presepe tradizionale. È un robot umanoide. Si chiama Optimus, è prodotto da Tesla e, con movimenti ancora un po’ rigidi ma sorprendentemente precisi, serve popcorn caldi ai visitatori, salutando e posando per selfie senza mai perdere la calma.

Un umanoide tra le bancarelle

La scena ha qualcosa di simbolico: il cuore della tradizione europea, il mercatino natalizio, diventa il palcoscenico di una tecnologia che guarda al futuro prossimo. Optimus riempie i sacchetti con una paletta, li porge ai clienti e sembra ignorare il brusio che lo circonda. Qualcuno osserva che i suoi gesti sono ancora “troppo meccanici”, altri notano l’assenza di empatia. Ma soprattutto i più giovani si divertono: «È solo l’inizio», dicono.

Il progetto Tesla: molto più di una trovata

Presentato da Elon Musk come uno dei progetti più ambiziosi dell’azienda, Optimus non nasce per animare fiere o mercatini. L’obiettivo dichiarato è affiancare l’uomo nei lavori ripetitivi e fisicamente usuranti, dalla logistica alla manifattura. Il prezzo annunciato – attorno ai 20 mila euro – e la possibile commercializzazione entro un anno fanno capire che non si tratta più di fantascienza, ma di una strategia industriale concreta.

Curiosità (e inquietudini)

Non è la prima volta che un robot compare in uno spazio pubblico, ma è raro vederlo inserito in un contesto popolare e informale, non controllato come un laboratorio o una fabbrica. Ed è proprio qui che nasce la domanda di fondo: siamo pronti a condividere pezzi di quotidianità con macchine che imitano sempre meglio i gesti umani?

Il Natale, festa della relazione e della prossimità, diventa così anche il luogo dove misurare la distanza – ancora evidente – tra intelligenza artificiale e intelligenza emotiva.

Tecnologia senza calore?

Il successo mediatico dello stand berlinese dimostra che la curiosità supera la diffidenza. Ma resta aperta una questione culturale e sociale: la tecnologia può rendere più efficiente il mondo, ma non sostituisce il senso umano del lavoro, dell’incontro, della responsabilità. Per ora, Optimus serve popcorn. Domani potrebbe fare molto di più. Sta alla società decidere come e a quale prezzo.

M.O., Pizzaballa visita centri medici e tende sfollati a Gaza City

Roma, 20 dic. (askanews) – Il Cardinale Pierbattista Pizzaballa ha visitato oggi diversi centri medici e umanitari nella Striscia di Gaza, così come “le tende delle famiglie sfollate sul lungomare di Gaza City, dove sono stati informati sulla situazione umanitaria e sanitaria”. Lo ha riferito su X il patriarcato latino di Gerusalemme, precisando che Pizzaballa, accompagnato da monsignor Shomali, ha fatto visita all’ufficio di Caritas Gaza, a una clinica medica dell’Unione delle Chiese, a un punto di soccorso del Catholic Relief Services ad Al-Zaytoun, oltre all’Ospedale Al-Ahli (Battista) all’Università di Al-Azhar.

Il patriarca latino di Gerusalemme è arrivato ieri a Gaza per le celebrazioni natalizie.

Manovra, rispunta il condono 2003. Insorgono le opposizioni

Roma, 20 dic. (askanews) – Torna la proposte di riapertura del condono 2003 in una riformulazione di un emendamento alla manovra depositata in Commissione bilancio del Senato, i cui lavori sono stati sospesi dopo le forti proteste dell’opposizione.

La norma apre una sanatoria edilizia su tutto il territorio nazionale escludendo gli immobili per cui ci sia insuscettibilità assoluta di sanatoria o situati in aree vincolate. Possibile la sanatoria anche in zone sismiche purché gli immobili siano conformi alle norme tecniche. L’emendamento prevede poi che le regioni entro 60 giorni adottino una legge di attuazione della misura.

Caccia agli ultimi regali di Natale tra accessori, giochi e libri

Milano, 20 dic. (askanews) – Il Natale è ormai alle porte, ma manca ancora qualche regalo da mettere sotto l’albero? Grazie alle proposte a tema Disney, Marvel, Star Wars e National Geographic trovare il regalo last minute, ma azzeccato sarà davvero semplice: accessori per la casa, libri, ma anche pigiami, set da costruzione e gadget perfetti per i fan di tutte le età. Amatissimo dai bambini, il LEGO è uno dei regali più richiesti nelle letterine a Babbo Natale, ci sono proposte per tutti i gusti, dal cucciolo de La Carica dei cento e uno, al mondo dei supereroi Marvel. Ci sono poi tutti i gadget delle principesse e l’abbigliamento con Minnie e Topolino. Per gli appassionati di Star Wars, c’è il Unlimited – Intro Battle: Hoth, per giocare tutti insieme durante le feste.

Gaza, media: le Idf ignorarono l’allarme dell’intelligence il 6 ottobre 2023

Roma, 20 dic. (askanews) – Il 6 ottobre 2023, meno di 24 ore prima dell’attacco di Hamas, Israele aveva raccolto informazioni secondo cui l’organizzazione palestinese stava pianificando qualcosa per la mattina seguente. Stando a quanto rivelato dall’emittente pubblica Kan, le informazioni erano state raccolte da droni nel corso di un’operazione incentrata sulle guardie di Hamas che operavano nel tunnel dove Israele credeva fosse tenuto in ostaggio Avera Mengistu, entrato a Gaza di sua volontà nel 2014 e rilasciato lo scorso febbraio nell’ambito di un accordo di cessate il fuoco.

Secondo l’emittente, citata dal Times of Israel, un’informazione ottenuta durante l’operazione con i droni, anche se poco chiara, aveva fatto scattare un campanello d’allarme ed era stata trasmessa al Comando Sud delle Forze di difesa israeliane (Idf). Ma, stando alle fonti citate da Kan, il Comando Sud ignorò il campanello di allarme, ritenendo si trattasse, con ogni probabilità, di un’esercitazione di Hamas, piuttosto che di un attacco imminente.

L’emittente ha rimarcato che l’operazione del 6 ottobre non compare nei registri delle Idf, né è stata menzionata nelle indagini sugli eventi che hanno portato all’attacco e nelle indagini sull’attacco di Hamas, aggiungendo che non è chiaro il motivo di tale omissione.

L’emittente ha rimarcato che l’operazione del 6 ottobre non compare nei registri delle Idf, né è stata menzionata nelle indagini sugli eventi che hanno portato all’attacco e nelle indagini sull’attacco di Hamas, aggiungendo che non è chiaro il motivo di tale omissione.

Camera, L. Fontana: un dovere essere costruttori di ponti per la pace

Roma, 20 dic. (askanews) – “In questo tempo di attesa e di preparazione al Santo Natale, il mio pensiero va ai bambini e agli anziani, alle donne e agli uomini che in tante parti del mondo vivono nella paura e nell’incertezza. Va innanzitutto ai popoli in guerra che da troppo tempo ascoltano il rumore delle bombe al posto dei canti di festa”. Lo ha detto il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, nel suo indirizzo di saluto in apertura del concerto “Canto di Natale per la ricerca” nell’aula di Montecitorio.

“Penso anche – ha proseguito – agli oltre 380 milioni di Cristiani perseguitati nel mondo, spesso vittime di vili attentati terroristici. Simili scenari interrogano nel profondo le nostre coscienze e rendono ancora più urgente la necessità di superare le tensioni attraverso il dialogo e il rispetto reciproco”.

A giudizio di Fontana “abbiamo dunque il dovere di essere tutti, nei rispettivi ruoli, costruttori di ponti per la pace, come ha sottolineato nella sua prima Benedizione ‘Urbi et Orbi’ Papa Leone XIV al quale rinnovo i più sentiti auguri per il Santo Natale. Una pace da coltivare e da preservare ogni giorno con costanza e con determinazione nei rapporti tra gli Stati così come nelle relazioni tra le persone. Difenderla e promuoverla è l’unica prospettiva possibile per garantire un futuro migliore ai giovani e alle generazioni che verranno. Generazioni alle quali – ha concluso il presidente della Camera – si dovrebbe cercare di assicurare il diritto alla salute, il diritto all’istruzione e il diritto a una vita dignitosa”.

Askatasuna, scontri a Torino tra polizia e manifestanti

Milano, 20 dic. (askanews) – Scontri tra manifestanti e forze dell’ordine durante il corteo a Torino contro lo sgombero del centro sociale Askatasuna. La tensione è salita quando un gruppo di manifestanti ha tentato di forzare il cordone di sicurezza lungo corso Regina Margherita per raggiungere la sede dello storico centro sociale torinese sgomberato nei giorni scorsi. Le forze dell’ordine sono intervenute con idranti e lacrimogeni, mentre i manifestanti hanno incendiato cassonetti lanciando petardi e sassi contro polizia e carabinieri.

Un gruppo di manifestanti travisati e incappucciati si è anche staccato dal troncone principale del corteo nel tentativo di “aggirare” il blocco delle forze dell’ordine e raggiungere così la sede di Askatasuna attraverso vie secondarie del centro storico cittadino. Anche in questo caso polizia e carabinieri li hanno respinti con il getto di idranti e lacrimogeni.

Sci, Florian Schieder terzo nella libera di Val Gardena

Roma, 20 dic. (askanews) – Florian Schieder vola sul podio della Saslong: la discesa della Val Gardena, quella integrale dopo la gara ridotta di giovedì, è sempre questione svizzera con Franjo Von Allmen a superare capitan Marco Odermatt, ma alle spalle dei due elvetici c’è il ventinovenne di Castelrotto.

L’altoatesino dei Carabinieri vince la gara di tutti gli altri e dietro ai due fenomeni si fa largo per conquistare il terzo podio della carriera dopo le due meravigliose piazze d’onore raccolte sulla mitica Streif di Kitzbühel nei gennaio 2023 e 2024. Una prova maiuscola, quella di “Schiedi” che mantiene così l’Italia sul podio ai piedi del Sassolungo dopo i terzi posti di Paris nella prima discesa e di Franzoni nel superG di ieri. Tre podi sottolineati da altrettante prova maiuscole da parte dell’intero team.

Il duello tutto elvetico si conclude con Von Allmen vincitore in 1’58″67 con 0″30 di margine su un Odermatt che paga minime sbavature all’uscita dal Ciaslat, tratto in cui Schieder costruisce invece il suo podio, in una sfida corsa sul filo dei centesimi e con la fremente attesa di veder scendere anche l’ultimo atleta, viste le sorprese sempre all’ordine del giorno in Val Gardena. Ma nessuno passa davanti all’azzurro: 0″98 il suo ritardo, con Nils Alphand (+1″00) ed Alessio Maggiano che lo sfiorano (+1″04), mentre Dominik Paris è ancora protagonista con un ottimo sesto posto a 1″11, seguito a breve distanza da Mattia Casse, ottavo a 1″20.

Lo Stato dovrà pagare un miliardo alla Tim per un canone del 1998

Roma, 20 dic. (askanews) – Tim in una nota comunica di aver ricevuto comunicazione, in data odierna, “in merito alla sentenza della Corte di Cassazione che conferma la restituzione del canone concessorio preteso per il 1998, chiudendo così un contenzioso durato oltre 20 anni”.

La sentenza della Cassazione rigetta infatti il ricorso presentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e conferma in via definitiva la decisione della Corte d’Appello di Roma dell’aprile 2024.

La somma dovuta è pari al canone originario, di poco superiore a 500 milioni di euro, più la rivalutazione e gli interessi maturati, per un totale di poco superiore a 1 miliardo di euro.

Porte della Speranza, da San Vittore un progetto tra arte e carcere

Milano, 20 dic. (askanews) – Un dialogo tra arte, comunit carcerarie e societ civile che prende la forma, simbolica ed evocativa del concetto di porta. Davanti alla Casa Circondariale di San Vittore a Milano stata inaugurata la prima “Porta della Speranza”, progettata dall’architetto Michele De Lucchi. “Un simbolo alle occasioni che si aprono a tutte le meditazioni e ragionamenti che fai dentro di te – ha spiegato raccontando il senso dell’opera – che ti portano sempre ad aprire una porta, un pensiero, e a metterti davanti una soglia, che se vuoi puoi superare, puoi oltrepassare e se non vuoi rimani chiuso. Oggi proprio il tempo di aprire le porte e di passargli attraverso, perch siamo in un’epoca nella quale tutto sta cambiando e abbiamo bisogno di sperimentare tante cose nuove. Anche proprio il rapporto con il bene, il male, le colpe, l’accusare, il sentirsi accusati”.

“Porte della Speranza” un progetto promosso dalla Fondazione Pontificia Gravissimum Educationis del Dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede in collaborazione con il DAP Dipartimento Amministrazione Penitenziaria e realizzata dal Comitato Giubileo Cultura Educazione con Rampello & Partners, che lo ha curato. “Creare oggi e dirigere dei monumenti alla speranza, delle porte della speranza – ha aggiunto Davide Rampello – un segno fondamentale. La speranza la possibilit dell’uomo di immaginare la vita e abbiamo scelto non solo artisti, ma abbiamo scelto per questo straordinario progetto uomini, artisti, scienziati, uomini di teatro, in modo tale da avere una interpretazione corale di questo fondamentale sentimento”.

La porta lignea di De Lucchi non distingue un dentro e un fuori: un’architettura senza muro, un invito a considerare la trasformazione come un cammino condiviso e non come un gesto isolato. E si inserisce nella visione della Santa Sede verso il luogo carcerario. “Lo spirito dell’anno giubilare – ha concluso il cardinale Jos Tolentino de Mendonca, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede – affermare la speranza, una speranza che deve arrivare a tutti e anche a tutti i contesti, nessuno escluso da questo messaggio di speranza. Certamente una realt molto complessa quella dei carceri, ma una realt che, illuminata dalla speranza, diventa un una porta aperta in tante vite”.

Dopo San Vittore, Porte della Speranza proseguir coinvolgendo numerosi autori, chiamati a dialogare con altrettanti istituti penitenziari.

Vaticano, il Papa ha convocato un Concistoro straordinario

Milano, 20 dic. (askanews) – Papa Leone XIV “ha convocato il primo Concistoro straordinario del Suo Pontificato, che si terrà nei giorni 7 e 8 gennaio 2026”. Lo riferisce la sala stampa della Santa Sede, precisando che “l’incontro si svolgerà nell’arco di due giornate e sarà caratterizzato da momenti di comunione e di fraternità, nonché da tempi dedicati alla riflessione, alla condivisione ed alla preghiera”.

“Tali momenti saranno orientati a favorire un discernimento comune e ad offrire sostegno e consiglio al Santo Padre nell’esercizio della Sua alta e gravosa responsabilità nel governo della Chiesa universale – prosegue il Vaticano -. Il Concistoro si colloca nel contesto della vita e della missione della Chiesa, e intende rafforzare la comunione tra il Vescovo di Roma ed i Cardinali, chiamati a collaborare in modo particolare alla sollecitudine per il bene della Chiesa universale”.

Epstein Files, 550 pagine sono completamente oscurate

Roma, 20 dic. (askanews) – Oltre 550 pagine dei cosiddetti “Epstein files” pubblicati ieri sera dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti sono completamente oscurate. Lo riporta la Cbs. Tra queste figurano le 100 pagine di un documento completamente censurato, lasciando solo rettangoli neri. Non è noto cosa contenga il documento o perché sia stato necessario oscurarlo completamente.

Secondo il Dipartimento di Giustizia Usa l’oscuramento di alcune parti dei documenti connessi all’indagine su Jeffrey Epstein serve a proteggere la privacy delle vittime del finanziere, morto in carcere nel 2019 mentre era in attesa di processo per traffico sessuale di minorenni e già condannato in passato per reati sessuali.

Askatasuna, Tajani: non ci facciamo intimidire, la legge va rispettata

Roma, 20 dic. (askanews) – “Io penso che la legge debba essere sempre rispettata. Quando si vìola la legge lo Stato ha il dovere, non il diritto, ha il dovere di farla rispettare e il ministro dell’Interno Piantedosi ha fatto rispettare la legge”. Lo ha detto il vicepremier Antonio Tajani, leader di Forza Italia, rispondendo a Torino alle domande dei giornalisti sullo sgombero del centro sociale Askatasuna.

“Se poi i violenti vogliono continuare a fare violenza – ha aggiunto – non possono pensare che lo Stato rimanga immobile, il Governo non può rimanere immobile, perché la violenza è la violenza contro i cittadini: distruggere auto, menare poliziotti, carabinieri, finanzieri che fanno il loro dovere… tanti di questi sono figli di papà che se la prendono con i figli del popolo, come diceva Pasolini, e così non va bene”.

“Il diritto di manifestare senz’altro, tutti – ha detto ancora Tajani – sono liberi di farlo. Chiunque può manifestare, l’importante è che non ci sia alcun messaggio violento. Non basta non essere violenti, nel senso distruggere auto, distruggere negozi, aggredire la polizia e quello è inaccettabile. Ma anche messaggi violenti sono inaccettabili. Si possono manifestare le proprie idee anche senza offendere o insultare nessuno. Certamente non ci facciamo intimidire, questo assolutamente no, perché la legge va sempre e comunque rispettata”.

Manovra, aumentano i tagli al fondo pensionamento lavoratori precoci

Roma, 20 dic. (askanews) – Si estendono i tagli al fondo per l’accesso al pensionamento anticipato dei lavoratori precoci, quelli che hanno almeno 12 mesi di contribuzione prima del compimento del diciannovesimo anno di età. E’ quanto prevede la nuova formulazione dell’emendamento del governo. Il ddl di bilancio prevedeva una riduzione dell’autorizzazione di spesa di 20 milioni di euro nel 2027, di 60 milioni nel 2028 e di 90 milioni a decorrere dal 2029. Con l’emendamento del governo viene previsto un ulteriore riduzione di 140 milioni nel 2033 e di 190 milioni dal 2034.

Sci, l’austriaca Huetter vince la libera in Val d’Isere

Roma, 20 dic. (askanews) – Cornelia Huetter trionfa nella discesa libera femminile in Val d’Isere: l’austriaca chiude con il tempo di 1:41.54, 26 centesimi più veloce della tedesca Kira Weidle-Winkelmann, seconda. Un altro podio per Lindsey Vonn: l’americana chiude al terzo posto, staccata di 35 centesimi. Buon quinto posto per Laura Pirovano distante 41 centesimi. Un vero peccato per Sofia Goggia: la campionessa azzurra paga un errore mentre stava compiendo una prova semplicemente strepitosa e chiude all’ottavo posto finale staccata di 62 centesimi. Subito dietro, nona, Nicol Delago.

L’intelligence Usa: Putin non si ferma al Donbass, vuole parti d’Europa

Roma, 20 dic. (askanews) – I rapporti dell’intelligence statunitense continuano ad avvertire che il presidente russo Vladimir Putin intende conquistare tutta l’Ucraina e a reclamare parti dell’Europa che appartenevano alla dissolta Unione sovietica, nonostante siano in corso colloqui di pace condotti dagli Stati Uniti che lascerebbero alla Russia molto meno territorio ucraino. Lo scrive Reuters citando sei fonti vicine all’intelligence americana.

I rapporti – sottolinea Reuters – presentano un quadro completamente diverso da quello dipinto dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump e dai suoi negoziatori di pace in Ucraina, secondo i quali Putin vuole porre fine al conflitto. L’ultima relazione dei Servizi Usa sul tema risale alla fine di settembre, ha aggiunto una delle fonti.

L’intelligence statunitense contraddice anche le parole del presidente russo, secondo il quale la Russia non rappresenta una minaccia per l’Europa.

Le conclusioni delle relazioni degli 007 Usa, secondo le fonti, sono sempre state coerenti da quando Putin ha lanciato l’invasione dell’Ucraina nel 2022 e sono in gran parte in linea con le opinioni dei leader europei e con le altre agenzie di spionaggio, secondo cui egli brama tutta l’Ucraina e i territori degli stati dell’ex blocco sovietico, compresi i membri dell’alleanza Nato.

“L’intelligence è sempre stata concorde sul fatto che Putin vuole di più – ha detto in un’intervista a Reuters Mike Quigley, membro democratico della Commissione della Camera Usa sui Servizi di Intelligence -. Gli europei ne sono convinti. I polacchi ne sono assolutamente convinti. I baltici pensano di essere i primi”.

Manovra, salta la cumulabilità del fondo per la pensione anticipata

Roma, 20 dic. (askanews) – Salta la possibilità di cumulare la rendita dei fondi complementari per accedere alla pensione anticipata di vecchiaia con almeno 20 anni di contributi. E’ quanto prevede la nuova versione dell’emendamento del governo alla manovra depositato in Commissione bilancio del Senato. La norma, in vigore da quest’anno, contentiva di cumulare la rendita del fondo complementare per raggiungere la soglia minima dell’assegno pensionistico necessaria per accedere alla pensione di vecchiaia. La norma consente un risparmio sulla spesa pensinistica crescente da 12,6 milioni nel 2026 a 130,8 milioni nel 2035.

Diffusi i file Epstein: ci sono anche foto di Clinton in piscina

Roma, 20 dic. (askanews) – Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha reso pubblici migliaia di documenti direttamente connessi all’indagine su Jeffrey Epstein, il finanziere morto in carcere nel 2019 mentre era in attesa di processo per traffico sessuale di minorenni e già condannato in passato per reati sessuali. La diffusione, tuttavia, è parziale e non ha apportato rivelazioni sostanziali sulle inchieste né sui suoi rapporti con esponenti dell’élite politica, economica e culturale. Da più parti, essenzialmente dal campo democratico, giungono accuse di censura.

I file, composti soprattutto da fotografie e da materiale in parte già noto, includono nuove immagini dell’ex presidente Bill Clinton scattate durante viaggi fatti con Epstein: materiali che risalgono a decenni fa, senza chiarimenti sul loro collegamento con specifiche attività investigative. Pressoché assente, invece, la documentazione riguardante Donald Trump, se non per alcune foto già di dominio pubblico. Sono così evitate nuove ricadute politiche sulla Casa Bianca, almeno per ora, data la parzialità della pubblicazione, che è avvenuta alla scadenza di un termine imposto dal Congresso.

I materiali comprendono svariate fotografie di Clinton. L’ex presidente è ritratto a bordo di un aereo privato, anche accanto a una donna con il volto oscurato, e ancora in piscina o in una vasca idromassaggio insieme a Ghislaine Maxwell, storica collaboratrice di Epstein. I documenti non indicano né la data né il contesto in cui le foto sono state scattate.

Clinton non è mai stato accusato di illeciti in relazione a Epstein. In una nota, il portavoce dell’ex presidente Angel Ureña ha ribadito che l’ex presidente interruppe i rapporti con Epstein prima che i suoi reati venissero alla luce, sottolineando che la presenza di immagini o nomi nei fascicoli investigativi non implica alcuna responsabilità,

I democratici e alcuni repubblicani hanno accusato il Dipartimento di Giustizia di non aver rispettato appieno l’obbligo di trasparenza. L’amministrazione rivendica invece l’adempimento della legge, invocando la necessità di proteggere le vittime e le persone coinvolte.

Il Dipartimento di Giustizia ha fatto sapere che la revisione dei documenti è ancora in corso e che ulteriori materiali potrebbero essere diffusi entro la fine dell’anno. Nessuna delle personalità citate nei file risulta accusata di reati in relazione al caso Epstein.

Il Natale, il carcere e noi

A volte, anche in un tempo di festa, si deve parlare di ciò che è scomodo e che scatena reazioni opposte, impulsi di consenso o di rigetto in chi si confronta con il tema della condizione carceraria nel nostro Paese. Anche Leone XIV con il Giubileo dei detenuti ha voluto ricordare agli uomini liberi che non si può restare indifferenti a quanti stanno pagando una pena dietro le sbarre a cui non va mai sottratta la dignità della persona e la speranza di un positivo futuro.

Le morti nere”

Qualcosa evidentemente nel nostro Paese non gira per il verso giusto. Il sovraffollamento crea, senza scampo, una condizione di violenza e di angoscia. Se durante il tempo estivo, in virtù di uno spazio compresso, si litiga persino a bordo di lussuosi yacht, tanto più accade nelle essenziali celle di una prigione. Quest’anno, all’interno di quelle mura, si contano 223 morti tra cui 76 suicidi a cui non è lecito fare indifferentemente spallucce.

La questione non può essere risolta, si fa per dire soltanto e semmai grossolanamente, costruendo nuove carceri e ristrutturando le circa 190 prigioni tra case circondariali e istituti di reclusione. Le prime per chi in attesa di giudizio e sconta una pena inferiore ai 5 anni, le seconde per chi debba scontare una condanna definitiva superiore al quinquennio. Non è solo e soltanto una questione di spazi.

Ci sono due altri profili che meriterebbero di essere perlomeno considerati. Il primo attiene al recupero di una umanità che non può essere condannata per sempre nel dimenticatoio come se la sua esistenza debba inevitabilmente esaurirsi nel male che ha commesso, senza possibilità di riscatto e di riaccredito con il prossimo. La nostra Carta costituzionale racconta di una funzione rieducativa della pena alla quale, cadendo nell’irruenza e faciloneria dei giudizi, non dovremmo sottrarci.

Il lavoro oltre le sbarre

Perché questo avvenga è necessario offrire una prospettiva a chi, scontata la condanna, torna nella società libera. L’ipotesi di un reinserimento richiede necessariamente la possibilità di ingresso nel mercato del lavoro. Per metterla giù con i numeri sembra che ci sia una recidiva solo del 2% di coloro che in carcere abbiano avuto l’opportunità di frequentare un corso di formazione professionale apprendendo un mestiere in cui spendersi nel mondo senza recinzioni. Al riguardo non sfugga come gli imprenditori possano guardare a queste risorse umane con significative agevolazioni fiscali ed incentivi vari.

Diversamente sembra che la recidiva dei detenuti senza un lavoro da proporre sia superiore al 70%. Il grave punto di inciampo è che sembra come solo in una ventina di istituti di pena sia possibile apprendere quanto può servire alle imprese spesso in crisi, mancando la manodopera per ciò che serve.

Il vantaggio per il borsellino dello Stato

Se non bastassero i numeri a maturare un convincimento su come sia bene muovere un ragionamento di altra prospettiva verso una umanità caduta in errore, può tornare almeno conveniente un dato di moneta e di tasca. Una popolazione costante di detenuti rappresenta un costo che uno Stato dovrebbe tentare di ridurre. Pare, se vero, che ogni detenuto costi tra i 130 e i 150 euro al giorno ivi compreso la spesa del personale di sorveglianza e il mantenimento. Non si tratta proprio di spiccioli. Discutiamo di miliardi l’anno.

Se pure questo non persuadesse ad invertire la rotta attuale, dovremmo pensare all’impegno delle economie e dei sistemi di produzione moderni per recuperare e riciclare ogni materiale, compreso quello di scarto. Stessa attenzione e medesimo sguardo potrebbe aversi anche per gli uomini e donne che hanno sbagliato ma che hanno ancora qualcosa da dare o, più cinicamente, per cui possono essere utilizzati.

Uno sguardo oltre il recinto

Il carcere era in origine il recinto o, meglio ancora, indicava le sbarre del circo in cui muovevano bighe e cavalli nelle corse dell’antichità. Non sarebbe male se uomini e donne potessero tornare a fare la corsa della propria vita senza un perimetro che li costringa obbligatoriamente sempre allo stesso giro. L’etimologia della parola prigione viene dal latino prehendere, afferrare o catturare qualcuno o qualcosa. Forse dovremmo farci catturare dall’idea di uno sguardo diverso sulla condizione carceraria, oltre un primo istinto, afferrando l’idea di una concezione nuova di approccio al tema di una anticipata resurrezione prima della morte.

Il caso Askatasuna e le ambiguità della sinistra

Il caso Askatasuna e le ambiguità della sinistra

 

Legalità, dissenso e violenza: una contraddizione che riemerge nel dibattito politico italiano, sollecitando una riflessione sul rapporto tra culture politiche, istituzioni democratiche, sicurezza pubblica e tutela dei diritti.

 

Giorgio Merlo

 

C’è un aspetto che, francamente, rischia di diventare sempre di più un mistero fonte di contraddizione e ambiguità. E cioè, ma com’è possibile che di fronte alla decisione di smantellare – scelta purtroppo tardiva – del centro sociale torinese Askatasuna la sinistra torinese, o meglio la stragrande maggioranza della sinistra torinese e anche nazionale, contesta la

scelta degli organismi istituzionali preposti di fronte ad un centro sociale che in questi anni si è contraddistinto per una feroce ed inaudita violenza che ha messo in campo? A livello torinese, piemontese e soprattutto sul versante nazionale?

 

 

Un centro sociale o un luogo di violenza

Ora, il tema della discordia è molto semplice. Da un lato abbiamo un centro sociale che è tutt’altro che un centro di socializzazione, di elaborazione culturale, di promozione politica, di convivialità democratica o di approfondimento tematico. Si tratta, come tutti sanno – ma proprio tutti a Torino e in Piemonte – di un luogo che soprattutto esercita e pratica la violenza. Una violenza brutale che viene scagliata a viso aperto contro tutto ciò che si ritiene che possa anche solo minimamente ostacolare l’azione di questo sedicente centro sociale.

 

Il nodo politico irrisolto

E qui veniamo al punto politico di fondo. E cioè, se è comprensibile che il partito del trio Fratoianni/Bonelli/Salis difenda a spada tratta tutti i centri sociali disseminati in Italia – essendo il partito, appunto, che è il prolungamento di quelle esperienze cosiddette sociali – stupisce che altre forze di sinistra, a cominciare dai 5 stelle e da alcuni settori del Pd, contestino una scelta del genere o, peggio ancora, continuino tutto sommato a difendere una esperienza come quella di Askatasuna.

 

Sicurezza, legalità e memoria storica

Certo, si tratta di un atteggiamento politico ben noto e che non si ferma alla vicenda, peraltro complessa e drammatica, del centro sociale torinese. Perché, purtroppo, c’è un nodo irrisolto nel rapporto tra la sinistra, soprattutto l’attuale sinistra italiana, e il tema della sicurezza, della tutela della legalità, della difesa del ruolo e della mission delle forze dell’ordine e, in ultimo, della garanzia per i cittadini di poter vivere in un clima di pace e di sicurezza pur nel rispetto di tutto ciò che è sinonimo di dissenso, di manifestazioni di piazza e di contestazione politica.

Ed è un nodo, questo, che continua ad attraversare l’universo della sinistra italiana nelle sue multiformi sfaccettature e che non trova soluzione. E la drammatica situazione del centro sociale torinese, uno tra i più violenti e spietati a livello nazionale di quella galassia, non fa altro che riproporre questa eterna contrapposizione. E cioè, da un lato una difesa sperticata di chi garantisce in tutte le forme possibili l’ordine pubblico e, dall’altro, coloro che mettono sistematicamente in discussione ogni scelta che punta deliberatamente a garantire e a ricercare la sicurezza dei cittadini.

 

La lezione del passato

Su questo versante, non ci possono essere visioni ideologicamente contrastanti. Perché il nostro Paese ha già conosciuto in un triste passato le contraddizioni di una parte politica che ha sostanzialmente minimizzato tutto ciò che era riconducibile alla violenza. Speriamo sia una lezione che nessuno possa o debba dimenticare. Soprattutto nel campo della sinistra estremista, ideologica e massimalista.

Trump sotto pressione: la destra cristiana guarda già oltre

L’endorsement di Erika Kirk, vedova di Charlie Kirk e nuova guida di Turning Point Usa, a favore di JD Vance per le presidenziali del 2028 non è soltanto un gesto di fedeltà politica e di continuità simbolica. È, piuttosto, un segnale politico che merita di essere letto con attenzione, perché mette in luce una criticità crescente all’interno del blocco trumpiano, oggi meno compatto e più attraversato da tensioni ideologiche di quanto non appaia in superficie.

L’annuncio, pronunciato all’AmericaFest di Phoenix – primo grande raduno conservatore dopo l’assassinio di Charlie Kirk – ha avuto toni espliciti: «Faremo eleggere l’amico di mio marito, JD Vance, come 48esimo presidente». Un’investitura anticipata che di fatto apre la partita del dopo-Trump, quando la sua parabola politica non è ancora conclusa ma appare già segnata da un calo di consenso e da una leadership meno indiscussa.

 

La destra cristiano-radicale come attore autonomo

Turning Point Usa non è una semplice appendice del trumpismo. Negli anni è diventata una infrastruttura politica e culturale autonoma, capace di mobilitare una base giovane, ideologicamente motivata e sempre più orientata verso un conservatorismo cristiano radicale, meno pragmatico e più dottrinario. L’endorsement a Vance va letto proprio in questa chiave: non come una sfida frontale a Trump, ma come la preparazione di una opzione alternativa, più coerente sul piano identitario.

In questo senso, la destra cristiana che fa capo all’eredità di Charlie Kirk appare sottilmente insofferente verso lo stesso Trump, percepito come strumento efficace ma non come interprete autentico di una visione integralmente ideologica. È un passaggio significativo, perché segnala uno spostamento del baricentro del movimento Maga.

Vance, il delfino che può andare oltre Trump

JD Vance, oggi vicepresidente e formalmente leale al Presidente, incarna questa possibile evoluzione. Il suo profilo – nazionalista, cristiano, fortemente conservatore sui temi sociali – lo rende particolarmente appetibile per quella parte della destra che vuole andare oltre il modello personalistico del trumpismo, trasformandolo in una piattaforma più strutturata e meno dipendente dal carisma del leader.

La vicinanza personale a Charlie Kirk e il sostegno esplicito di Turning Point Usa rafforzano questa lettura: Vance non è solo un erede designato, ma un potenziale interprete “originale” del trumpismo, capace di ridefinirne contenuti e priorità.

Un leader più debole, un blocco più diviso

Il quadro che emerge è quello di un Trump più debole come leader egemonico, stretto tra una base che si radicalizza e una coalizione che comincia a pensare al dopo. Le recenti prese di distanza di figure simboliche del mondo Maga, come quelle di Marjorie Taylor Greene, confermano una dinamica di frammentazione interna che rende più complessa la navigazione del Presidente.

Paradossalmente, proprio il successo del trumpismo ha prodotto le condizioni per una sua trasformazione: una destra che non si accontenta più del leader, ma cerca una coerenza ideologica più rigida. E che, nel farlo, rende il Trump di oggi meno centrale di quanto non fosse ieri.

Guerra e pace: ripensare la “guerra giusta”. Una riflessione di Flavio Felice

Nell’ultimo numero di Sfide (n. 17), rivista culturale e politica della Fondazione Bettino Craxi, Flavio Felice affronta uno dei nodi più delicati della tradizione occidentale: la categoria di guerra giusta. Sfide – che si definisce significativamente “non c’è futuro senza memoria” – è uno spazio di confronto che intreccia storia, politica e cultura, e nel quale la riflessione sul presente si misura costantemente con le grandi tradizioni del pensiero europeo. In questo contesto si colloca il contributo di Felice, che non propone una giustificazione del conflitto, ma una sua rigorosa problematizzazione.

L’autore muove da una constatazione netta: la guerra accompagna la storia dell’umanità, ma resta sempre una sconfitta della politica e della ragione. La dottrina della guerra giusta, nata nella tradizione cristiana, non aveva lo scopo di legittimare la violenza, bensì di porle limiti stringenti, sottraendola all’arbitrio del potere e subordinandola a criteri morali e politici severi.

Agostino e la  tranquillitas ordinis

Il riferimento centrale è Sant’Agostino. La pace, nella sua celebre definizione, è tranquillitas ordinis: non assenza di conflitto, ma ordine giusto, dinamico, fondato sulla concordia. Anche la difesa legittima, quando necessaria, non diventa mai un valore in sé. La guerra rimane una ferita dell’ordine e può essere tollerata solo in funzione del ristabilimento della pace, non come strumento di affermazione o di potenza.

La crisi della categoria nelletà contemporanea

Felice mostra come, nel mondo contemporaneo, la categoria classica di guerra giusta entri in crisi. La potenza distruttiva delle armi moderne, il coinvolgimento sistematico dei civili, la dimensione globale dei conflitti rendono sempre più fragile ogni pretesa di legittimazione morale della guerra. Da qui il passaggio decisivo: non perfezionare la guerra giusta, ma rendere la guerra sempre meno praticabile.

Diritto internazionale e responsabilità politica

In questa prospettiva il diritto internazionale assume un ruolo centrale. Non come apparato tecnico neutrale, ma come costruzione politica e morale orientata a “mettere fuori legge la guerra”, secondo l’intuizione di Luigi Sturzo. Anche il ripudio della guerra sancito dalla Costituzione italiana va letto in questa chiave: non come negazione della legittima difesa, ma come affermazione della priorità della cooperazione, delle istituzioni sovranazionali e della composizione giuridica dei conflitti.

Costruire una civiltà della pace

La pace, conclude Felice, non è un automatismo della storia né il semplice prodotto di equilibri di forza. È una virtù civile, che richiede istituzioni giuste, cultura politica e responsabilità. In questo senso, l’antico adagio viene rovesciato: non si vis pacem, para bellum, ma se vuoi la pace, costruisci istituzioni di pace. È questa la sfida teorica e politica che il saggio di Felice rilancia, con rigore, sulle pagine di Sfide.

Per leggere la rivista clicca qui

https://lesfide.org/wp-content/uploads/2025/12/LeSfide_N.17-165×235-Completo-DOPPIE.pdf

Supercoppa, Inter ko ai rigori, Bologna in finale

Roma, 19 dic. (askanews) – Il Bologna supera l’Inter ai calci di rigore (4-3, 1-1 ai regolamentari) e conquista l’accesso alla finalissima di Supercoppa Italiana, dove lunedì alle 20 affronterà il Napoli (gara trasmessa in esclusiva sulle reti Mediaset). Una semifinale tirata, intensa, segnata da episodi e grande tensione emotiva.

La gara si accende subito: passano meno di due minuti e l’Inter è già avanti grazie a Thuram, che finalizza in spaccata una splendida iniziativa di Bastoni, sorprendendo la difesa rossoblù. Il Bologna incassa il colpo ma non si disunisce, continua a giocare con personalità e a metà primo tempo trova il pareggio. Dopo il controllo al monitor, l’arbitro Chiffi assegna il rigore per fallo di mano di Bisseck: dal dischetto Orsolini non sbaglia e ristabilisce l’equilibrio.

Nella ripresa l’Inter aumenta la pressione e prova a indirizzare la partita. I nerazzurri costruiscono diverse occasioni e per un attimo credono di poter tornare avanti quando viene concesso un rigore per il contatto tra Heggem e Bonny. Anche in questo caso però il VAR cambia la storia del match, con la decisione iniziale che viene revocata. L’Inter continua ad attaccare con insistenza, ma il Bologna resiste compatto. Nel recupero è Martinez a tenere in vita i nerazzurri con una parata straordinaria su Fabbian, evitando il gol dell’ex e trascinando la sfida ai rigori.

Dal dischetto prevale l’emozione: errori da una parte e dall’altra, fino al penalty decisivo di Ciro Immobile che consegna al Bologna la finale e alimenta il sogno di un 2025 da protagonista. Per l’Inter e per Chivu, invece, svanisce la possibilità di raggiungere la prima finale della carriera da allenatore.

Usa, Trump sigla accordi con le case farmaceutiche su tagli prezzi

Roma, 19 dic. (askanews) – Il presidente Usa Donald Trump ha raggiunto una intesa con molte tra le maggiori case farmaceutiche Usa ed europee per ridurre i prezzi sul mercato interno. L’accordo è stato annunciato con una conferenza alla Casa Bianca e, secondo lo stesso Trump, 14 aziende farmaceutiche globali hanno accettato di offrire i loro prodotti negli Usa allo stesso livello di prezzo rispetto al Paese in cui li vendono al valore più basso, secondo il principio di “most favoured nation”.

Secondo Cnbc, l’intesa coinvolge Merck, Bristol Myers Squibb, Amgen, Gilead, Gsk, Sanofi, Roche’s Genentech, Boehringer Ingelheim e Novartis.

Per un periodo di tre anni, in cambio, le case firmatarie non dovranno subire dazi specifici previsti dall’amministrazione Trump, ma dovranno continuare e investire su capacità di produzione negli Usa. Per i consumatori Usa significherà “che saranno sconti massicci, massicci”, ha affermato Trump . (fonte immagine: The White House).