Nel nuovo saggio di Carlo Rovelli la fisica quantistica incontra Zhuangzi, Bohr ed Einstein, proponendo una visione relazionale del mondo che sfida certezze, fondamenti ultimi e dicotomie.
Il saggio di Carlo Rovelli – balzato subito in cima alle classifiche di vendita – è una raccolta argomentata e sequenziale di sette lezioni tenute dal Professore nel novembre-dicembre 2024 presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università di Princeton, accorpate in un libro affascinante curato dalla casa editrice Adelphi.
Così l’autore presenta la sua opera e la concatenazione di riflessioni correlate tra loro: si tratta di una ricerca che Rovelli conduce da decenni e che avevamo già apprezzato in Buchi bianchi. Essa spazia dall’osservazione della realtà e delle sue rappresentazioni viste dal fisico quantistico che intercetta le implicazioni filosofiche della rivoluzione scientifica e culturale in atto.
Scrive dunque Rovelli: «Sull’eguaglianza di tutte le cose» (齊物論) è il titolo dello straordinario secondo capitolo del Zhuangzi, uno dei grandi libri dell’antichità. Allude all’antifondazionalismo a cui ritengo ci conduca la scienza moderna: elettroni e mente, sassi e leggi, giudizi e galassie non sono di natura essenzialmente diversa gli uni dagli altri. Sono nozioni che si illuminano a vicenda. Questo è il mondo che vedo emergere dalla rivoluzione scientifica del XX secolo… È un mondo che non è fatto di oggetti, non occupa uno spazio, non si svolge in un tempo e non è governato da cause ed effetti. È tessuto da relazioni, composto dall’intrecciarsi di prospettive, può essere descritto solo dal suo interno. Ci invita a modificare i concetti con cui siamo abituati a organizzare la realtà, ad abbandonare certezze e rinunciare a fondamenti ultimi».
L’autore ci pone di fronte alla compresenza simultanea della totalità della realtà, nella sua tessitura di similitudini, di opposti e di contrari, la cui conoscenza, che siamo soliti pensare in termini oggettivi e condivisibili, deve fare i conti con le soggettività dell’hic et nunc, con i pregiudizi, l’omologazione culturale, fino a immaginare che la vera sapienza consista nel genius loci, circondandoci di certezze nell’hortus conclusus delle nostre esperienze, nel comprimere la vita e le sue rappresentazioni secondo coordinate spazio-temporali che la imprigionano in un “particulare” a cui attribuiamo un carattere universale.
Rovelli tra Zhuangzi e la fisica del Novecento
Il tempo non scorre allo stesso modo per tutti, lo spazio è una categoria che si dilata dal presente all’infinito, la conoscenza non è fissità e rigidità ma alterità, immaginazione, evoluzione. La storia dell’uomo e della scienza si sviluppa per accumulazione di fatti, idee, scoperte, intuizioni ma il pensiero pensato non può comprimere il pensiero pensante, teso alla ricerca di una poiesis creativa.
È peculiare del genere umano la ricerca di descrizioni e spiegazioni che ci consentano di muoverci con una certa disinvoltura usando e condividendo regole, linguaggi, stilemi, allegorie, simboli e metafore: nel consolidamento della cultura tramandata non possiamo prescindere da giganti come Copernico, Galileo, Newton, così come non possiamo dimenticare che Hume, Voltaire, Kant, Husserl hanno dato un contributo decisivo al superamento della dicotomia tra scienza e filosofia.
Forse ricordando il pensiero di Giulio Giorello, Rovelli lo condivide e lamenta come oggi parte della filosofia si tenga alla larga dalla scienza contemporanea. D’altro canto non possiamo dimenticare che ci sia chi – come Umberto Galimberti – attribuisce alla tecnica e ai cascami delle sue applicazioni esistenziali la causa dell’incomprensione nelle relazioni umane e la fonte di solipsismi e solitudini siderali. Ne aveva già argomentato un certo Heidegger.
Non si tratta di interpretazioni inconciliabili: una essenzialmente materica e l’altra solo spirituale ma compresenti e complementari al punto di legittimarsi reciprocamente.
Relazione, contesto, interdipendenza
Per un fisico che si misura con la scienza e la filosofia, i fenomeni quantistici – del cui studio Rovelli attribuisce la paternità a Niels Bohr – vanno oltre una concezione del mondo come formato da oggetti con proprietà peculiari e distintive: «le proprietà di un sistema fisico non possono essere considerate indipendentemente dalle interazioni nelle quali queste proprietà si manifestano e dai sistemi a cui si manifestano».
Vengono così valorizzati i concetti di contestualizzazione e di interdipendenza, che rappresentano una cornice diversa dalla metafora leibniziana delle monadi isolate tra loro ma anche dalla fenomenologia husserliana. Ci troviamo di fronte a una duplice deriva: da un lato, vivendo l’esistente che ci riguarda, tendiamo a ricondurre a noi stessi la decifrazione della realtà in cui siamo immersi. Dall’altro non possiamo sottrarci alle spinte della globalizzazione della conoscenza, che tutto rimette in discussione.
Viviamo in un mondo governato da convenzioni che ci appare tuttavia disordinato e – ai piani alti della conoscenza e delle spiegazioni che ne derivano – persino inintelligibile: la razionalità consiste dunque nella comprensione di regole e definizioni che sono parte della realtà e delle sue rappresentazioni (che la superano in numero ed estensione) ma anche nella continua produzione di nuovi codici interpretativi ed ermeneutici.
La conoscenza è quindi una forma particolare di correlazione fra parti concrete del mondo fisico, si tratta di una concretezza tangibile ma non riducibile alla sola dimensione materica; viene da pensare al linguaggio, alla sua continua evoluzione simbolica e semantica: credo che questa correlazione tra le parti, gli spazi e i tempi dell’esistenza continuerà fino a quando sopravviveranno le parole, cioè all’infinito. Fatto salvo, mi sia consentito scriverlo, la piega che prenderanno le dinamiche relazionali sotto la spinta vigorosa dell’I.A.
«Ogni conoscenza è necessariamente, concretamente, incarnata in una configurazione fisica»: verrà tuttavia forse il giorno in cui comunicheremo solo con il pensiero e un bit sostituirà la parola?
La rappresentazione mentale delle cose è fondamentale per definire il termine “eguaglianza” che dà titolo al saggio: ogni oggetto conserva una propria peculiarità ma Rovelli considera piuttosto la realtà alla luce dei concetti di interrelazione, intreccio di prospettive, sovrapposizione, contestualizzazione, interdipendenza.
L’autore mette in risalto la somiglianza tra la struttura relazionale dei fenomeni quantistici e la struttura relazionale della natura fisica della conoscenza: ecco come la fisica può essere spiegata anche dalla filosofia.
Tempo, spazio e rivoluzione scientifica
Circolarità e prospettiva sono due elementi costitutivi e consustanziali dell’incessante processo di conoscenza: non regge l’idea di un punto di approdo che chiuda il cerchio e spieghi in modo oggettivo tutte le cose perché «la realtà è un rispecchiarsi di prospettive le une nelle altre, delle quali la nostra conoscenza è una componente», si tratta di un gioco di specchi e di rimandi infinito di cui la nostra esperienza è solo un tassello.
Ecco dunque perché spazio e tempo sono categorie ordinamentali tendenti al superamento dell’idea di traguardo e fissità, poiché strutturalmente orientate oltre il limite raggiunto e concettualmente non comprimibili.
«Il mondo è cambiamento, evoluzione di eventi e il tempo ne è la scansione. Pensare gli accadimenti dell’universo come un insieme di avvenimenti passati e un insieme di avvenimenti futuri, separati da un presente istantaneo, è non aver capito la fisica moderna. Non esiste il presente dell’universo: la relatività generale di Einstein fornisce una struttura concettuale coerente con il fatto che non c’è un tempo comune e non c’è un presente comune».
Analogamente la nozione fisica di spazio è l’immagine della realtà concepita da Newton – diversa da quella tradizionale (che era un continuum di cose, le une a fianco alle altre) – è uno spazio fisico vuoto, geometrico, nel quale si muovono corpi sparsi, spinti e attirati da forze, quello che Rovelli definisce “spazio vero”.
Ciò che sarà per Einstein, «in uno dei più prodigiosi lampi di genio della storia umana», l’idea di campo gravitazionale e cioè «un’entità diffusa che oscilla e si muove ed è mossa dalle masse e dalle energie di tutti gli altri oggetti e di tutti gli altri campi». Oscillazioni che altro non sono che onde gravitazionali le quali spiegano l’origine dei buchi neri di cui è pieno l’universo che, espandendosi, trascina con sé le galassie.
La teoria meccanica dei quanti e quella della relatività generale finiscono per abbracciarsi, non ci sono contraddizioni tra loro: Rovelli le definisce come nate «l’una per l’altra». Lungi dall’essere incompatibili o profondamente diverse, la relatività generale e la meccanica quantistica condividono il nucleo relazionale che le fa fondere naturalmente. Entrambe riguardano la rete delle interazioni tra processi.
Le nozioni di spazio, tempo e dei fenomeni quantistici sono le più rilevanti novità connotative della fisica del XX secolo: come già accennato, la struttura concettuale della meccanica quantistica riguarda l’interazione fra sistemi.
A tanto, ritiene Rovelli, è dove ci conduce ora la fisica del XXI secolo. A questo relazionalismo e prospettivismo. A una comprensione del mondo fatta di processi, descritti in altri processi, da cui emergono la materia solida o fluida e lo spazio e il tempo e la nostra esperienza quotidiana.
Volare alto, restando leggibili
Rovelli – nella raccolta delle sette lezioni americane – tiene saldamente in mano le redini dell’epistemologia della conoscenza e descrive un mondo che si esprime attraverso fenomeni quantistici: pare doveroso evidenziare come questo controllo razionale ma persino etico delle interrelazioni e della contestualizzazione che ne derivano sia prerogativa di una mente elevata, persino eccelsa.
Ha ragione l’autore di questo saggio a ripetere più volte «tenetevi forte, voliamo alto», confidando peraltro nella benevolenza emotiva dei lettori.
Assai maggiore indulgenza chiede chi ha letto questo libro e ne ha dedotto riflessioni forse utili per una breve e modesta recensione: affascinato dai temi e dallo stupore che suscitano in chi – osservando un oggetto – segue una traccia che porta all’universo.