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giovedì, 24 Luglio, 2025
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La Cgia: nei prossimi 10 anni ci saranno 3 milioni di lavoratori in meno

Milano, 3 mag. (askanews) – Le proiezioni demografiche indicano che, entro i prossimi dieci anni, la popolazione in età lavorativa presente in Italia diminuirà di quasi 3 milioni di unità, pari a una riduzione del 7,8 per cento. E’ quanto emerge da un’analisi realizzata dall’Ufficio studi della CGIA che ha elaborato le previsioni demografiche dell’Istat.

All’inizio del 2025 questa fascia demografica contava 37,3 milioni di persone; si prevede che la platea nel 2035 scenderà a 34,4 milioni. Tale calo è attribuibile al progressivo invecchiamento della popolazione: con un numero sempre più ridotto di giovani e un consistente gruppo di baby boomer prossimo all’uscita dal mercato del lavoro per raggiunti limiti d’età, il nostro Paese rischia lo “spopolamento” della coorte anagrafica potenzialmente occupabile.

Va sottolineato che tutte le 107 province italiane monitorate in questo studio registreranno entro il prossimo decennio una variazione assoluta negativa, confermando che il fenomeno colpirà indistintamente tutte le aree del Paese. Secondo l’elaborazione della CGIA, le contrazioni della popolazione in età lavorativa più importanti riguarderanno, in particolare, il Mezzogiorno. Dei 3 milioni di persone in meno che occuperanno la fascia anagrafica tra i 15 e i 64 anni, la metà interesserà le regioni del Sud.

Lo scenario più critico investirà la Sardegna che entro il prossimo decennio subirà una riduzione di questa platea di persone del 15,1 per cento (-147.697 persone). Seguono la Basilicata con il -14,8 per cento (-49.685), la Puglia con il -12,7 per cento (-312.807), la Calabria con il -12,1 per cento (-139.450) e il Molise con il -11,9 per cento (-21.323). Per contro, le regioni meno interessate da questo fenomeno saranno il Trentino Alto Adige con il -3,1 per cento (-21.256) la Lombardia con il -2,9 per cento (-189.708) e, infine, l’Emilia Romagna con il -2,8 per cento (-79.007).

A livello provinciale, invece, la flessione più importante si verificherà a Nuoro con il -17,9 per cento. Seguono la Sud Sardegna con il -17,7, Caltanissetta con il -17,6, Enna con il -17,5 e Potenza con il -17,3. In valore assoluto la provincia che subirà la perdita più importante è Napoli con -236.677 persone. Tra le province meno interessate dalla contrazione segnaliamo Bologna con il -1,4 per cento, Prato con il -1,1 e, infine, Parma con il -0,6.

Zelensky ha respinto la proposta russa di tre giorni di tregua

Roma, 3 mag. (askanews) – Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha respinto la proposta russa di una tregua di tre giorni in occasione dei festeggiamenti per la vittoria nella Seconda guerra mondiale, in programma il 9 maggio. “È impossibile concordare qualcosa in tre, cinque o sette giorni. Siamo onesti: si tratta di una messa in scena teatrale da parte sua [Vladimir Putin]. In due o tre giorni è impossibile elaborare un piano per stabilire i prossimi passi da compiere per porre fine alla guerra, non mi sembra una cosa seria” ha spiegato Zelensky, le cui dichiarazioni sono state riportate dall’Agence France Presse.

“L’Ucraina non si presterà a creare un clima favorevole all’uscita dall’isolamento del [presidente russo Vladimir] Putin il 9 maggio” ha concluso Zelensky, avvertendo di non poter garantire la sicurezza dei dignitari stranieri che assisteranno alla parata di Mosca.

L’India impone l’embargo commerciale al Pakistan

Roma, 3 mag. (askanews) – L’India ha imposto con effetto immediato un embargo sulle importazioni e transito dei beni provenienti dal Pakistan, che rimarrà in vigore sino a data da destinarsi: lo ha annunciato il Direttorato generale per il Commercio estero indiano. “L’importazione o il transito, diretti o indiretti, di tutte le merci originarie o esportate dal Pakistan, siano esse liberamente importabili o altrimenti consentite, saranno vietati con effetto immediato, fino a nuovo ordine. Questa restrizione è imposta nell’interesse della sicurezza nazionale e dell’ordine pubblico”, si legge nel comunicato.

India e Pakistan – entrambi potenze nucleari – sono di nuovo ai ferri corti in seguito all’attentato avvenuto due settimane fa nel Kashmir e costato la vita a 26 persone; l’attacco è stato rivendicato da un gruppo terroristico affiliato alle milizie Lashkar-e-Taiba, che secondo l’India sono finanziate dal governo pachistano.

La Polonia: gli Usa stanno "perdendo la pazienza" con i negoziati sull’Ucraina

Roma, 3 mag. (askanews) – Gli Stati Uniti stano “perdendo la pazienza” nel negoziato fra Ucraina e Russia, constatata la distanza fra le parti e la mancanza di progressi: lo ha dichiarato il ministro degli Esteri polacco, Radoslaw Sikorski, intervistato dall’emittente Polast Tv. “Il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha spiegato, sia durante la riunione ministeriale della NATO sia durante la mia conversazione con lui, che gli Stati Uniti stanno perdendo la pazienza perché non vi sono progressi”, ha concluso.

Il Dipartimento di Stato americano aveva sottolineato ieri come Washington non fosse ancora sul punto di abbandonare i negoziati in corso, ma che non avrebbe più esercitato alcuna opera di mediazione in mancanza di progressi nelle trattative.

Edit Szkely: Italia apre porte a Rete Mondiale Turismo Religioso

Roma, 3 mag. (askanews) – “Buongiorno Italia, sono Edit Szkely ed per me un grande onore, come Direttrice per l’Europa della Rete Mondiale del

Turismo Religioso, rivolgermi oggi a Voi per condividere una notizia speciale. La nostra Rete una comunit giovane in continua crescita, composta gi da oltre 18 Paesi che condividono una visione comune: promuovere il turismo religioso come strumento di dialogo e sviluppo sostenibile. Abbiamo membri d’eccellenza come Ftima, Roco, Aragona, la Fondazione Batthyny di Ungheria”.

Lo ha dichiarato Edit Szkely, Direttrice per l’Europa della Rete Mondiale del Turismo Religioso, la quale ha aggiunto: “Anche l’Italia ora nella nostra rete! Abbiamo un coordinatore nazionale di altissimo profilo: il dottore Biagio Maimone, comunicatore, docente e grande promotore dei valori spirituali e culturali che ci uniscono. Entrare nella nostra Rete significa accedere a una Rete globale di esperti, ottenere visibilit internazionale, conoscere le tendenze del settore e beneficiare di servizi su misura. Vi invito a camminare con noi per rendere il turismo religioso sempre pi visibile: una forza di pace, di cultura e di incontro, finalmente riconosciuta per il suo valore e per l’impatto nel turismo europeo. Grazie”.

Romania al voto tra sfiducia, populismo e tensioni geopolitiche

Roma, 3 mag. (askanews) – Domani la Romania torna alle urne per il primo turno della ripetizione delle elezioni presidenziali, nuovo voto convocato dopo l’annullamento di quello di novembre per irregolarità e sospetti di interferenze esterne, in particolare a favore del candidato populista filorusso Calin Georgescu, poi escluso dalla corsa. La consultazione si svolge in un clima di forte sfiducia istituzionale, con la previsione di un’astensione in crescita, che potrebbe superare il 50% al ballottaggio del 18 maggio.

Il favorito del momento è George Simion, 38 anni, leader della formazione nazionalista Alleanza per l’Unione dei Romeni (AUR). I sondaggi – storicamente inaffidabili nel contesto romeno – lo collocano tra il 30% e il 35% delle intenzioni di voto. Il suo messaggio populista, contrario all’establishment e critico nei confronti dell’Unione Europea e dell’Ucraina, sembra raccogliere consenso in vaste aree del Paese, specie tra i giovani e nelle regioni periferiche.

Simion ha dichiarato che, se eletto, bloccherà gli aiuti militari a Kiev e ha promesso un incarico istituzionale a Georgescu. Pur negando simpatie per Mosca, è considerato da osservatori occidentali come una figura ambiguamente filorussa. La sua retorica ultraconservatrice, contraria all’aborto e ostile ai diritti LGBTQ+, ha attirato paragoni con i movimenti sovranisti europei più estremi.

L’eventuale avanzata di Simion ha già sollevato forti timori in ambito NATO, poiché la Romania è destinata a diventare un pilastro strategico dell’Alleanza Atlantica sul fronte orientale. Entro il 2030 è previsto lo stazionamento di oltre 10.000 soldati nella nuova base di Mihail Kogalniceanu, sul Mar Nero – la più grande in Europa. Ma proprio in quell’area, Georgescu ha ottenuto ampi consensi lo scorso anno, confermando la penetrazione del voto anti-NATO anche in territori chiave per la difesa occidentale.Alle spalle di Simion, si profila una battaglia a tre per l’accesso al ballottaggio: Crin Antonescu, sostenuto dalla coalizione di governo e fortemente europeista, è accreditato tra il 20% e il 23%. È considerato il volto dell’establishment, fattore che potrebbe sia aiutarlo – grazie a una macchina elettorale organizzata – sia danneggiarlo, in un contesto dominato dalla disillusione.

Nicusor Dan, sindaco di Bucarest ed ex fondatore del partito riformista USR, corre da indipendente con un profilo da riformista tecnico e paladino della legalità. I sondaggi lo posizionano tra il 17% e il 21%. Recenti accuse da parte di Elena Lasconi – che ha diffuso presunte foto compromettenti di Dan con un ex funzionario dell’intelligence – hanno inasprito la campagna, anche se Dan ha negato le immagini e ha annunciato una querela.

Victor Ponta, ex primo ministro socialdemocratico, ora candidato indipendente, oscilla tra l’8% e l’11%. Pur avendo un nome noto e una base elettorale residua, paga la percezione di essere parte del vecchio sistema politico.

Appare in difficoltà Elena Lasconi, sindaca riformista e sorpresa del voto annullato di dicembre, che oggi non gode più del sostegno ufficiale del suo partito. La sua quota di consensi, secondo le rilevazioni, sarebbe tra il 5% e il 7%. Ha cercato di rilanciarsi come anti-establishment di sinistra, ma la frammentazione del campo centrista rischia di relegarla ai margini.

Il voto si svolge durante un lungo weekend festivo che potrebbe ridurre ulteriormente l’affluenza, specialmente tra i più giovani e l’elettorato urbano. L’effetto potrebbe invece premiare gli elettori anziani e più fidelizzati ai partiti tradizionali, come quelli che sostengono Antonescu.

Il contesto internazionale non potrebbe essere più teso: con Donald Trump che ha messo in discussione l’impegno USA nella difesa collettiva, la Romania rappresenta un anello cruciale nella catena di sicurezza dell’Europa orientale. La sua presidenza avrà effetti diretti sul posizionamento strategico del Paese rispetto alla NATO, all’Unione Europea e ai conflitti in corso ai suoi confini.

Il secondo turno, previsto per il 18 maggio, si preannuncia altamente competitivo. Simion è considerato certo dell’accesso, ma il suo eventuale successo dipenderà dalla capacità dei candidati centristi di convogliare il voto moderato e pro-occidentale. In ballo c’è non solo la guida della Romania, ma il suo ruolo geopolitico nei prossimi anni.

Formula1, Marca celebra Antonelli: "Il Lamine Yamal della F1″

Roma, 3 mag. (askanews) – “Antonelli, il Lamine Yamal della F1”. Così Marca, il quotidiano sportivo spagnolo ha omaggiato il pilota bolognese, più giovane poleman nella storia della F1 con i suoi 18 anni, dopo il giro record ottenuto sul circuito di Miami. “Mi sono sentito bene fin dall’inizio con la macchina, anche con le Soft mi sono sentito a mio agio. Non me l’aspettavo, ma ho messo insieme tutto nel giro”.

“Sin dalle libere – continua il 18enne bolognese – abbiamo cercato di estrarre il massimo potenziale, ho sentito subito il grip e ho spinto al massimo. Sono contento di come sta andando, ora serve concentrazione per sabato perché vorrei ripetermi. Non so come siamo messi sul passo, abbiamo girato ma McLaren, Red Bull e Ferrari ci saranno. Voglio partire forte e avere un buon passo”.

L’attentato br di piazza Nicosia contro la Dc e i misteri di via Montalcini

I misteri che riguardano il covo br di via Montalcini a Roma non riguardano solo la identificazione – fatta nel cosiddetto Memoriale Morucci – ex post e dopo quasi un decennio dal rapimento e uccisione di Aldo Moro, dellappartamento in quella via come prigione e luogo (nel garage) dellassassinio del presidente della Dc.

Certezze sgretolate dopo i recenti accertamenti balistici del Ris dei Carabinieri. Il garage probabilmente fu solo un ricovero temporaneo per la Renault rossa – avvistata lì da una testimone – che divenne la prima bara di Moro.

Mentre la presunta prigionedi via Montalcini (un metro per due) è a tutti gli effetti incompatibile con le condizioni del corpo di Moro riscontrate durante lautopsia: tono muscolare, pulizia, abbronzatura, come di un persona che si è potuta muovere allaria aperta. Senza considerare che sarebbe stato impossibile per chiunque, e non solo per Moro, scrivere decine e decine di pagine di lettere in quelle condizioni diciamo così logistiche.

Riesaminando il fascicolo di Anna Lura Braghetti, (la brigatista che ha abitato lì) durante i lavori della Commissione Moro 2, è stato trovato un appunto del 1978 che riferiva di un accertamento sollecitato dal generale Dalla Chiesa che a Milano aveva appreso della presenza di un covo br proprio in via Montalcini. Nonostante questo èstato verificato che nessuna perquisizione vi fu effettuata nel corso del 1978. Lappartamento acquistato dai brigatisti con 50 milioni con i proventi di un sequestro fu rivenduto nel 1979.

Tuttavia se il covo vicino a Villa Bonelli fosse stato scoperto nellestate del 1978, secondo le indicazioni di Dalla Chiesa, parte della successiva storia italiana sarebbe stata diversa. Non sarebbe stato versato altro sangue e non sarebbe stata colpita ancora e ripetutamente la Dc.

La Braghetti, diventata clandestina subito dopo la tragica conclusione del sequestro di Moro, partecipò in prima persona ad alcune delle più cruente azioni della colonna romana delle Brigate Rosse. In particolare, il 3 maggio 1979, durante lirruzione nella sede della Dc romana, in piazza Nicosia, aprì il fuoco contro la volante della Polizia di Stato accorsa dopo lallarme. Nella sparatoria rimasero uccisi i due agenti Antonio Mea e Piero Ollanu.

E forse si sarebbe salvato anche Vittorio Bachelet. Iscritto alla Democrazia Cristiana, amico e ammiratore di Aldo Moro. Bachelet nellimmediato dopoguerra era stato redat- tore capo della rivista di studi politici «Civitas», diretta da Paolo Emilio Taviani, e dal 21 dicembre 1976 vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, del quale fece parte come membro «laico», cioè eletto dal Parlamento in seduta comune con unamplissima maggioranza costituita praticamente da tutte le forze che componevano il cosiddetto «arco costituzionale».

Il 12 febbraio 1980, al termine di una lezione, mentre conversa con la sua assistente Rosy Bindi, viene assassinato da un nucleo armato delle Brigate Rosse, sul mezzanino della scalinata che porta alle aule professori della facoltà di Scienze politiche della Sapienza, colpito con sette proiettili calibro 32 Winchester. A sparare per prima fu proprio la Braghetti.

Maria Antonietta Calabrò

Giornalista e scrittrice, ha pubblicato insieme a Giuseppe Fioroni il libro Moro, il caso non è chiuso (Lindau, 2018).

Dieci pensieri per restituire dignità alla politica

In occasione della recente conclusione dei miei primi due anni di esperienza politica come sindaco di Udine, vi propongo dieci brevi riflessioni sulla politica in generale. Una mini mappa per motivare e orientare l’azione politica.

 

  1. Il valore della politica

“La politica è la forma più alta di carità”. Le parole sono di Pio XI rivolte il 18 dicembre 1927 ai dirigenti della Federazione Universitaria Cattolica. Don Luigi Sturzo esplicita il concetto nel Popolo del 5 Novembre 1946: “La politica deve essere concepita come servizio alla collettività, come cooperazione al bene, come dovere di solidarietà”.

 

  1. Il senso dell’impegno in politica

Don Primo Mazzolari nel 1943 spiega il senso dell’impegno delle persone in politica: “Ci impegniamo noi e non gli altri, ci impegniamo senza pretendere che altri s’impegnino, ci impegniamo senza giudicare chi non s’impegna, senza accusare chi non s’impegna, senza condannare chi non s’impegna, senza disimpegnarci perché altri non s’impegna, ci impegniamo per trovare un senso alla vita, a questa vita, alla nostra vita, una ragione che non sia una delle tante ragioni, che ben conosciamo e che non ci prendono il cuore”.

 

  1. Il disinteresse verso la politica

Sul tema dell’apatia verso la politica ecco il pensiero del 1917 di Antonio Gramsci: “Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. L’indifferenza è il peso morto della storia.  L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera”. Dietrich Bonhoeffer nel 1943 rincara la dose: “C’è chi, sfuggendo al confronto pubblico, sceglie il rifugio della virtù privata. Ma costui deve chiudere occhi e bocca davanti all’ingiustizia che lo circonda. Solo mentendo a se stesso può evitare la contaminazione prodotta dall’azione responsabile. Qualsiasi cosa egli faccia, avvertirà l’inquietudine per ciò che tralascia di fare. Ne sarà prostrato, oppure diventerà più ipocrita dei farisei”.

 

  1. I valori della politica

Cito le parole del nostro presidente Sergio Mattarella espresse in occasione della cerimonia del 79° anniversario della Liberazione: “Recuperiamo i valori calpestati dalla dittatura fascista. La libertà, al posto dell’imposizione. La fraternità, al posto dell’odio razzista. La democrazia, al posto della sopraffazione. L’umanità, al posto della brutalità. La giustizia, al posto dell’arbitrio. La speranza, al posto della paura”.

 

  1. Le virtù necessarie in politica

Come diceva Max Weber nel 1919: “La politica è un forte e lento trapanare di tavole dure con passione e con misura nello stesso tempo”.  Alcide De Gasperi in un discorso del 13 gennaio 1947 tenuto a New York ebbe a dire: “I progressi del mondo sono lenti; bisogna avere tenacia e pazienza”.

 

  1. Il tempo della politica

Il 28 Febbraio 1978, Aldo Moro nell’incontro con i gruppi parlamentari della DC, disse: “Se fosse possibile dire saltiamo questo tempo e andiamo direttamente a questo domani, credo che tutti accetteremmo di farlo, ma, cari amici, non è possibile; oggi dobbiamo vivere, oggi è la nostra responsabilità. Si tratta di essere coraggiosi e fiduciosi al tempo stesso, si tratta di vivere il tempo che ci è stato dato con tutte le sue difficolta”.

 

  1. La politica vive del confronto

Piero Calamandrei il 12 dicembre 1952 alla Camera dei Deputati affermò: “Nella nostra democrazia nessun partito è depositario della verità, che viene fuori dalla discussione”. E Benigno Zaccagnini nel 1976 scrisse: “La vita democratica vive nel confronto: cioè nella capacità di mantenere un atteggiamento di modestia e di umiltà, riconoscendo che nessuno può essere depositario assoluto della verità”.

 

  1. Il metodo in politica

“Il tempo è superiore allo spazio. Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi. Il tempo ordina gli spazi, li illumina e li trasforma in anelli di una catena in costante crescita. Si tratta di privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi nella società e coinvolgono altre persone e gruppi che le porteranno avanti, finché fruttifichino in importanti avvenimenti storici” (Evangelii Gaudium, 2013).

 

  1. La speranza in politica

Il 4 novembre 2008 – durante la campagna elettorale – Barack Obama dichiarò: “Se c’è qualcuno che si chiede se il sogno dei nostri padri fondatori è ancora vivo, questo è il nostro momento. Questo è il momento di reclamare il sogno americano e riaffermare che per noi sperare è come respirare. E ogni volta che sulla nostra strada incontreremo cinismo, dubbi e persone che ci dicono che non ce la faremo, risponderemo con quel credo senza tempo esemplare dello spirito del nostro popolo: Yes, we can”. Lo stesso Obama – nel suo discorso di insediamento come Presidente del 20 gennaio 2009 – disse: “Oggi siamo riuniti qui perché abbiamo scelto la speranza rispetto alla paura”.

 

  1. Il destino dell’uomo in politica

Un giovane Aldo Moro di soli 27 anni – durante le lezioni di Filosofia del Diritto presso l’Università di Bari nel 1943 – argomentò come: “Il dolore dell’uomo che trova di continuo ogni cosa più piccola di quanto vorrebbe, la cui vita è tanto diversa dall’ideale vagheggiato nel sogno, è un dolore che non si placa, se non un poco, quando sia confessato ad anime che sappiano capire o cantato nell’arte o quando la forza di una fede o la bellezza della natura dissolvano quell’ansia e ridonino la pace. Forse il destino dell’uomo non è di realizzare pienamente la giustizia, ma di avere perpetuamente della giustizia fame e sete. Ma è sempre un grande destino”.

L’AfD una minaccia per la democrazia? No, l’America di Trump contro Berlino

L’Ufficio federale per la protezione della Costituzione (BfV-Bundesamt für Verfassungsschutz) ha ufficialmente classificato il partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD) come “organizzazione estremista di destra”. La pronuncia, basata su un’indagine triennale culminata in un rapporto di oltre 1.100 pagine, rileva la responsabilità dell’AfD nella promozione di un’ideologia etnocentrica e, conseguentemente, di una retorica anti-immigrati (specie se musulmani), in contrasto con i principi democratici fondamentali della Germania.

La classificazione consente alle autorità di intensificare l’attività di sorveglianza sul partito, ricorrendo anche a mezzi straordinari come le intercettazioni. Sebbene i parlamentari siano esenti da tali misure, l’AfD ha annunciato l’intenzione di intraprendere azioni legali contro queste possibili restrizioni. Leader del partito, come Alice Weidel e Tino Chrupalla, hanno respinto le accuse, sostenendo che in realtà si cerchi di emarginare arbitrariamente l’opposizione politica.

La decisione del BfV arriva in un momento delicato per la politica tedesca. Dopo le elezioni federali di febbraio 2025, l’AfD è emersa come la seconda forza politica nel Bundestag, con un significativo aumento di consensi, specialmente nei Länder orientali. Il quasi cancelliere Friedrich Merz, leader di una CDU sempre meno democristiana, si trova ora a dover bilanciare la necessità di contrastare l’estremismo con il rispetto delle libertà democratiche, mentre affronta pressioni sia interne che internazionali.

Dagli Stati Uniti è venuto subito l’affondo – un’interferenza in grande stile – del Segretario di Stato Marco Rubio, il quale ha parlato di un atto di “tirannia mascherata”. Poi il Vice Presidente, J. D. Vance, ha sferrato un colpo ancora più pesante: a suo dire è stato stato ricostruito il Muro ma “non dai sovietici o dai russi” bensì “dall’establishment tedesco”). Sulla stessa lunghezza d’onda Elon Musk, giunto a definire l’AfD un “partito di centro”: per lui il provvedimento infrange la libertà d’opinione (non importa se indirizzata alla esaltazione di xenofobia e messaggi neo-nazisti).

La risposta di Berlino è stata immediata: questa  è democrazia perché, si legge in una nota del Ministero degli esteri, “abbiamo imparato dalla nostra storia che l’estremismo di destra deve essere fermato”. Insomma, l’intervento del BfV accende il dibattito sull’opportunità di mettere l’AfD fuori legge. Sebbene la Costituzione tedesca preveda la possibilità di bandire partiti che minacciano l’ordine democratico, tale misura è stata adottata solo due volte dal 1949 (in un caso, nella Germania Ovest, ai danni del Partito comunista). Molti osservatori avvertono però che un’iniziativa anti-AfD potrebbe rafforzare la sua narrativa di vittimizzazione e aumentarne perciò il sostegno popolare. Ad ogni buon conto, la Germania vive con ansia e preoccupazione la lotta all’estremismo di destra; sicché, mentre il Paese cerca di proteggere i suoi valori costituzionali, resta da vedere come evolverà la situazione politica e quali saranno le implicazioni a lungo termine anche per l’Europa.

Gaza, lo scontro tra Abu Mazen e Hamas si acuisce

A una settimana dalla riunione del Consiglio centrale dell’Olp, convocata a Ramallah dal presidente Abu Mazen, lo scontro politico palestinese si inasprisce ulteriormente. L’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) ha infatti diffuso una nota durissima, in cui accusa Hamas di aver saccheggiato gli aiuti umanitari destinati alla popolazione di Gaza. Pubblicata dall’agenzia ufficiale Wafa, la dichiarazione condanna “bande criminali affiliate ad Hamas” per furti e violenze contro i depositi di aiuti, definendo tali atti “vergognosi” e assicurando che “il popolo palestinese non li perdonerà”.

Durante la riunione del Consiglio centrale, Abu Mazen aveva già lanciato un attacco frontale al movimento islamico, accusandolo di sabotare la causa palestinese e arrivando a definirne i leader “figli di cani”. Non solo: ha chiesto la resa delle armi e la consegna della Striscia all’Anp, riproponendo una linea cara a Israele e alle potenze occidentali. Hamas ha reagito con sdegno: “Insultare il proprio popolo in un momento di catastrofe è inaccettabile”, ha dichiarato Basem Naim, dell’ufficio politico del movimento.

Il Consiglio centrale, da molti boicottato per l’assenza di un reale dialogo con tutte le forze politiche, ha inoltre introdotto una modifica statutaria per istituire la figura di vicepresidente dell’Olp. In molti vi hanno letto una mossa preparatoria per la successione ad Abu Mazen. Il nome in pole position è quello di Hussein al-Sheikh, volto gradito a Israele e Stati Uniti, ma inviso a una parte significativa della popolazione palestinese.

Il nodo resta sempre lo stesso: l’assenza di un processo politico inclusivo e rappresentativo. Senza elezioni, senza unità e con una leadership divisa e delegittimata, ogni riforma rischia di apparire come un cedimento alle pressioni esterne. Intanto Gaza continua a pagare il prezzo più alto.

Il lavoro, la Cisl e la sinistra sociale

C’è un filo rosso, politico e culturale, che lega in modo quasi inscindibile, due ruoli profondamente diversi tra di loro ma molto simili nella concreta declinazione nella dimensione sociale e politica. E cioè, da un lato rimarcare con forza e coerenza il ruolo e la mission di un sindacato come quello della Cisl e, sul versante politico – in piena autonomia e senza alcuna deriva collaterale – la necessità di avere una presenza altrettanto forte e coerente di una sinistra sociale di ispirazione cristiana. E questo a maggior ragione in una fase politica dove registriamo la presenza di un sindacato, la Cgil nello specifico, che ormai svolge un ruolo squisitamente politico/partitico e che progressivamente è diventato il vero punto di riferimento delle tre sinistre presenti nel nostro paese: quella radicale e massimalista della Schlein, quella populista e demagogica dei 5 stelle e quella estremista del trio Fratoianni/Bonelli/Salis.

Al riguardo, credo si possa sostenere, e senza enfasi, che conservano una straordinaria attualità e modernità una storia e una cultura politica che continuano ad essere utili e necessarie anche nella stagione contemporanea. Purché, appunto, siano coerenti con la loro storia e la loro tradizione culturale. Penso, cioè, allo storico ruolo del ‘sindacato bianco’, ovvero la Cisl e, soprattutto, all’esperienza politica della sinistra sociale di ispirazione cristiana. Una esperienza politica che, guarda caso, è stata guidata – una volta cessato definitivamente il ruolo di leader e dirigenti sindacali – da esponenti come Giulio Pastore, Carlo Donat-Cattin e Franco Marini. In particolare Donat-Cattin e Marini che hanno segnato, in epoche diverse e con partiti diversi, il cammino e l’originalità del riformismo cattolico e sociale nella politica italiana.

E tutt’oggi è indispensabile avere da un lato un sindacato che predichi e pratichi una vera e credibile autonomia rispetto alla politica, ai partiti e al Governo svolgendo sino in fondo quel ruolo che ormai è scomparso dall’orizzonte di altre organizzazioni sindacali svolgendo, altrettanto coerentemente, quel lavoro di contrattazione a livello locale e nazionale che contraddistingue la vera mission di una organizzazione sindacale nè ideologica e nè legata organicamente a qualche partito o schieramento politico. Al contempo, e su un altro versante, va rilanciata e riattualizzata quella straordinaria esperienza che ha contribuito a qualificare l’esperienza di alcuni partiti popolari, democratici e riformisti. E cioè, quella sinistra sociale di ispirazione cristiana che nel corso dei decenni ha saputo declinare una proposta politica di difesa e di crescita dei ceti popolari, dei lavoratori e dei loro diritti. Una difesa che non è mai stata meramente corporativa o settoriale ma che veniva sempre inserita all’interno di un progetto politico complessivo di un partito e che poi veniva trasferito, attraverso una sapiente e tenace mediazione, nelle scelte concrete di un Governo.

Ed è proprio partendo dai temi del lavoro, dell’occupazione, dell’innovazione tecnologica, dei salari e delle reali condizioni di vita dei lavoratori che si rende sempre più indispensabile questa duplice sfida. Ovvero, un sindacato libero, autonomo, riformista e autenticamente democratico e rappresentativo e una esperienza politica e culturale che partendo da quel filone di pensiero sappia trasferire concretamente, e laicamente e senza alcun collateralismo, nell’agone politico un progetto che sia in grado di difendere i ceti popolari partendo proprio dai temi del lavoro.

Perché ieri, come oggi, le culture politiche e le tradizioni di pensiero non possono essere banalmente e qualunquisticamente storicizzate o, peggio ancora, archiviate. Occorre sapere riscoprirle quando sono, semplicemente, necessarie ed indispensabili.

Calcio, classifica di serie A: Torino a quota 44

Roma, 2 mag. (askanews) – Questi i risultati e la classifica di serie A dopo Torino-Venezia 1-1

Giornata 35. Torino-Venezia 1-1 Sabato 3 maggio, ore 15 Cagliari-Udinese; ore 18 Lecce-Napoli; ore 20.45 Inter-Verona. Domenica 4 maggio, ore 12.30 Empoli-Lazio; ore 15 Monza-Atalanta; ore 18 Roma-Fiorentina; ore 20.45 Bologna-Juventus. Lunedì 5 maggio, ore 20.45 Genoa-Milan.

Classifica: Napoli 74, Inter 71, Atalanta 65, Juventus 62, Bologna 61, Roma, Lazio 60, Fiorentina 59, Milan 54, Torino 44, Como 42, Udinese 41, Genoa 39, Cagliari 33, Verona, Parma 32, Lecce 27, Venezi 26, Empoli 25, Monza 15.

Venerdì 9 maggio ore 20.45 Milan-Bologna; Sabato 10 maggio ore 15 Como-Cagliari, ore 18 Lazio-Juventus, ore 20.45 Empoli-Parma, Domenica 11 maggio ore 12.30 Udinese-Monza, ore 15.00 Hellas Verona-Lecce, ore 18.00 Torino-Inter, ore 20.45 Napoli-Genoa, Lunedì ore 18.30 Venezia-Fiorentina, ore 20.45 Atalanta-Roma

Calcio, Lautaro, stop di 7-10 giorni, Salta il Barcellona

Roma, 2 mag. (askanews) – Una settimana, dieci giorni di stop per Lautaro Martinez, che dopo l’infortunio al 43′ del primo tempo dell’andata di semifinale Champions contro il Barcellona (finita 3-3) dovrà rinunciare al ritorno. Gli esami clinici e strumentali eseguiti stamattina all’Istituto Humanitas di Rozzano hanno evidenziato una elongazione ai flessori della coscia sinistra per l’attaccante argentino. Lo ha comunicato il club nerazzurro. Le condizioni dell’attaccante nerazzurro saranno valutate giorno dopo giorno. Sarà assente domani contro il Verona e martedì nel ritorno della semifinale di Champions contro il Barcellona. Proverà a rientrare contro il Torino.

Calcio, gli arbitri di serie A, Massa per Lecce-Napoli

Roma, 2 mag. (askanews) – Resi noti gli arbitri della 35esima giornata di serie A, stagione 2024/25. Si parte venerdì alle 20.45 con Torino-Venezia, che sarà diretta da Sozza, sabato alle 15 c’è Cagliari-Udinese, arbitra Feliciani e alla stessa ora Parma-Como, diretta da Di Bello, alle 18 c’è Lecce-Napoli affidata a Massa alle 20.45 Inter-Verona, arbitra Manganiello. Domenica alle 12.30 c’è Empoli-Lazio, arbitra Colombo, alle 15 c’è Monza-Atalanta, dirige Pairetto, alle 18 c’è Roma-Fiorentina, dirige Chiffi, alle 20.45 Bologna-Juventus diretta da Doveri. Lunedì alle 20.45 c’è Genoa-Milan, arbitra Collu.

Torino-Venezia (venerdì 2 maggio, ore 20.45): Sozza di Seregno Cagliari-Udinese (sabato 3 maggio, ore 15): Feliciani di Teramo Parma-Como (sabato 3 maggio, ore 15): Di Bello di Brindisi Lecce-Napoli (sabato 3 maggio, ore 18): Massa di Imperia Inter-Verona (sabato 3 maggio, ore 20.45 ): Manganiello di Pinerolo Empoli-Lazio (domenica 4 maggio, ore 12.30): Colombo di Como Monza-Atalanta (domenica 4 maggio, ore 15): Pairetto di Nichelino Roma-Fiorentina (domenica 4 maggio, ore 18): Chiffi di Padova Bologna-Juventus (domenica 4 maggio, ore 20.45): Doveri di Roma Genoa-Milan (lunedì 5 maggio, ore 20.45): Collu di Cagliari

Rai, Leo Gassmann a Ciao Maschio: "Un film con mio papà? Perché no"

Roma, 2 mag. (askanews) – Il cantautore e attore Leo Gassmann sarà ospite di Nunzia De Girolamo nella puntata di “Ciao Maschio” in onda sabato 3 maggio in seconda serata su Rai1. Alla domanda della De Girolamo “Hai un cognome ingombrante, il nonno, il papà, non hai mai avuto paura del confronto?”, il cantautore ed attore ha risposto: “No, non ne ho mai avuto paura, anche perché credo che il confronto sia necessario, ognuno di noi si deve confrontare con il proprio passato. Io stimo la mia famiglia per quello che ha fatto e per quello che sta facendo ancora oggi, però quello che secondo me ognuno di noi deve capire è che noi siamo individui singoli, arriviamo su questo mondo con le nostre gambe e ce ne andremo con le nostre gambe. E credo che sia un diritto di tutti inseguire quello che più ci rende felici”.   “Fortunatamente – ha proseguito Gassmann – questo l’ho capito anche grazie alla mia famiglia, perché poi il modo in cui noi viviamo le nostre vite è anche in parte grazie a come ci hanno cresciuto. In casa mia non c’è mai stata rivalità, noi non parliamo di lavoro a casa. L’ambizione c’è dentro di me, nel senso che quando non vinco o quando comunque le cose non vanno come avrei voluto, come avrei sperato, ci soffro tanto. Però è un’ambizione dell’io bambino, non è un’ambizione legata al concetto di famiglia. Noi, ripeto, in casa non parliamo mai di lavoro, al massimo ci facciamo i complimenti, però poi dopo si ferma là, parliamo di cose molto diverse, parliamo di vita, parliamo di politica, di passioni, di ricordi”.   Non so se tu da grande vuoi fare il cantante o l’attore, ma una cosa te la devo chiedere, se ti proponessero un film con papà, accetti? – ha poi chiesto la De Girolamo. “Dipende dalla storia,  – ha chiosato Leo Gassmann  – nel senso che anche papà penserebbe la stessa cosa. Però sicuramente condividere qualcosa con i miei genitori sarebbe una cosa bellissima. Il bello dell’arte è proprio questo, che può rendere immortale un momento, quindi quando sarò pronto, quando ci sarà l’occasione, perché no?”.

Il Principe Harry non avrà la protezione della polizia (ha perso il ricorso in tribunale)

Roma, 2 mag. (askanews) – Il Principe Harry, figlio minore di re Carlo III, ha perso oggi il suo ricorso contro la decisione del governo britannico di ridurre la sua protezione da parte della polizia nel Regno Unito, in seguito alla rottura con la famiglia reale e al suo trasferimento negli Stati Uniti.

Il giudice ha affermato di essere rimasto commosso dalle “argomentazioni potenti e toccanti” del Duca di Sussex, che non era presente all’udienza. Ha però affermato che non costituiscono “un fondamento legale per contestare” la decisione del governo.

Usa, Trump valuta nuove sanzioni per spingere Putin a trattare

New York, 2 mag. (askanews) – Funzionari Usa hanno preparato opzioni per aumentare la pressione economica sulla Russia, nel tentativo di spingere Vladimir Putin a un cessate il fuoco in Ucraina. Lo riferisce Bloomberg, citando fonti vicine ai colloqui. Il presidente Donald Trump non ha ancora preso una decisione, ma tra le ipotesi figurano nuove sanzioni sul settore bancario russo e dazi del 500% verso Paesi che acquistano petrolio, gas o uranio da Mosca.

Parallelamente, il senatore repubblicano Lindsey Graham ha annunciato un disegno di legge sostenuto da 72 colleghi per varare sanzioni “devastanti” se Putin non accetterà negoziati. Trump ha già proposto di riconoscere l’annessione della Crimea e lasciare a Mosca il controllo di parte delle regioni ucraine occupate.

Calcio, Supercoppa italiana in Arabia Saudita nel 2026

Roma, 2 mag. (askanews) – La Supercoppa italiana si svolgerà nel 2026 in Arabia Saudita con la formula delle Final Four. Lo ha comunicato la Lega serie A. “Si è svolta questa mattina in videoconferenza l’Assemblea della Lega Serie A, con la partecipazione di tutte le 20 Società, che ha proseguito e concluso i lavori iniziati lo scorso 28 aprile – la nota della Lega – Durante l’incontro, il Presidente Ezio Simonelli ha aggiornato i Club sulle numerose iniziative che accompagneranno la finale della Coppa Italia Frecciarossa a Roma, tra cui la Charity Dinner organizzata alla vigilia della sfida tra Milan e Bologna. Oltre alla conferma delle attività di sostegno ad AIRC per sostenere la ricerca contro il cancro, questo evento segnerà l’inizio di una stretta collaborazione tra la Lega Serie A e la Croce Rossa Italiana. L’Amministratore Delegato della Lega Serie A, Luigi De Siervo, ha poi illustrato ai Club il programma del Festival della Serie A di Parma, che partirà il 6 giugno con la presentazione del calendario della Serie A Enilive 2025/2026. Infine, ha confermato di aver ricevuto la conferma di interesse da parte degli organizzatori arabi di Sela per ospitare la prossima edizione della Supercoppa con il format a 4 squadre”.

Ciclismo, Giro d’Italia via il 9 maggio, ecco gli iscritti

Roma, 2 mag. (askanews) – Manca una settimana esatta al via del Giro d’Italia dall’Albania e le 23 squadre che prenderanno parte alla Corsa Rosa hanno ufficializzato i loro iscritti. Tante le stelle attese in un’edizione che vedrà partecipare ben cinque ex vincitori del Giro d’Italia: Nairo Quintana (2014), Richard Carapaz (2019), Egan Bernal (2021), Jai Hindley (2022) e Primož Roglic (2023).

Tra questi è proprio lo sloveno – reduce dal successo alla Volta a Catalunya – il principale indiziato al successo finale. Roglic, capitano di una Red Bull – Bora – Hansgrohe ambiziosa grazie alla presenza dello stesso Hindley e di Daniel Felipe Martinez, secondo classificato nel 2024, dividerà i favori del pronostico con Juan Ayuso, protagonista autore di un eccellente inizio di stagione, impreziosito da cinque successi tra cui la Tirreno Adriatico. Lo spagnolo, grande favorito anche per la Maglia Bianca, sarà affiancato da un altro esordiente molto atteso, Isaac Del Toro, e da Adam Yates, alla sua seconda partecipazione dopo il 9° posto conquistato nel 2017.

L’Ue accoglie con favore l’accordo Ucraina-Usa sui minerali critici

Bruxelles, 2 mag. (askanews) – La Commissione Ue “accoglie con favore” l’accordo raggiunto ieri tra Ucraina e Usa sullo sfruttamento delle materie prime critiche e risorse minerarie ucraine; un accordo che, secondo l’Esecutivo comunitario, non ha carattere di esclusività e dovrebbe avere conseguenze né sul processo di adesione di Kiev all’Ue, né sul protocollo d’intesa che l’Unione ha stabilito nel 2021 con l’Ucraina proprio nel settore dello sfruttamento delle materie prime critiche. Lo hanno riferito diversi portavoce della Commissione oggi a Bruxelles, durante il briefing quotidiano per la stampa.

“Non spetta a noi commentare o valutare da qui un accordo tra Ucraina e Stati Uniti, è qualcosa che riguarda loro. Il nostro interesse riguarda i nostri accordi con l’Ucraina ed è su questo che stiamo continuando a lavorare in modo molto dettagliato e strutturato”, ha detto innanzitutto, rispondendo ai giornalisti, il portavoce per il Commercio, Olof Gill.

Ma immediatamente dopo è intervenuta la portavoce capo della Commissione, Paula Pinho, con una linea di maggiore apertura: “Sì, ma possiamo comunque dire – ha precisato Pinho – che accogliamo con favore l’accordo raggiunto ieri”. Un accordo “che tiene conto, in particolare, del processo di adesione dell’Ucraina all’Ue e dell”acquis’ comunitario (il ‘corpus’ del diritto dell’Unione, che include i trattati, la giurisprudenza, gli atti normativi e gli accordi internazionali, ndr), che ovviamente è di fondamentale importanza. E questo – ha continuato la portavoce – è un argomento di cui ovviamente abbiamo discusso con le nostre controparti ucraine e comprendiamo che anche loro si preoccupassero di garantire che un tale accordo non ostacolasse una possibile futura adesione. E’ importante che questo punto fosse chiaro”.

A un giornalista che chiedeva se la Commissione sia stata in qualche modo coinvolto nel negoziato, almeno per verificare le parti dell’accordo che potrebbero essere rilevanti per il processo di adesione dell’Ucraina all’Ue, Paula Pinho ha replicato: “Siamo stati in stretto contatto con le controparti ucraine su questo argomento”. A un’altra domanda, riguardo all’impatto che l’Accordo Ucraina-Usa potrebbe avere sul Protocollo d’intesa dell’Ue con Kiev del 2021 sui minerali critici, ha risposto infine Lea Zuber, responsabile per il Mercato interno, la Concorrenza e la Strategia industriale della Commissione. “In base alla nostra valutazione preliminare, ci sembra al momento è che l’accordo tra Ucraina e Stati Uniti non abbia carattere esclusivo, e quindi non avrebbe alcun impatto sul nostro Memorandum d’intesa del 2021. Quindi, naturalmente, l’Ucraina è libera di continuare a a impegnarsi nelle relazioni con l’Ue in questo settore. E naturalmente saremmo lieti di continuare la nostra collaborazione in questo ambito”, ha concluso Zuber.

Il “Memorandum of understanding” del 2021 istituito un partenariato strategico che mira a rafforzare la cooperazione nel settore delle materie prime e delle batterie, con un focus particolare sull’integrazione delle catene del valore delle materie prime critiche (Crm) e sul rafforzamento della sicurezza dell’approvvigionamento sia per l’Ue che per l’Ucraina.

Calcio, Ranieri: "Roma senza pressioni, Stadi italiani vergogna"

Roma, 2 mag. (askanews) – La Roma di Claudio Ranieri avanza senza paura e punta la Champions: “Noi non abbiamo pressioni, sappiamo da dove veniamo: eravamo sott’acqua e sono siamo e riemersi, la pressione ce l’hanno gli altri, noi dobbiamo solo spingere il più possibile. Nella volata finale conterà tanto la freschezza delle squadre a confronto”. Domani giocherà contro la Fiorentina all’Olimpico, il primo degli ultimi quattro scontri diretti per l’Europa, l’allenatore avverte i suoi durante la conferenza stampa a Trigoria: “Ci vorrà una super partita, la Viola è una signora squadra che ha tutte le carte in regola per andare in finale di Conference. Nelle ultime dieci gare ha perso solo ieri, ha ottimi giocatori”. Coppia d’attacco Dovbyk – Shomurodov. “Il doppio centravanti è un’opzione sempre, i due sono complementari e si aiutano”, argomenta. E se l’uzbeko è una polizza di rendimento, soprattutto sotto il profilo del pressing e della capacità di dialogare nello stretto, per Dovbyk resta ancora un margine d’incertezza legato alla sua partecipazione alla manovra. Ma l’allenatore non ha dubbi: “Artem non è stato un acquisto sbagliato, è stato l’ultimo capocannoniere della Liga: deve migliorare, ha i mezzi, e io ci credo ancora”. Il tecnico giallorosso parla anche della situazione stadio: “Non si vince senza uno stadio nuovo? Si è vinto anche con stadi più piccoli però se vuoi competere con grandi squadre, ma anche solo per decoro del calcio italiano….. Dove andiamo vediamo stadi che sono gioielli. Abbiamo visto ieri il Villamarin del Betis di Siviglia, e tra poco andranno a giocare nel terzo stadio, la Cartuja, perché rifanno quello loro. Cioè, tutti nel mondo stanno rimodernando gli stadi, gli unici che lo fanno lentamente siamo noi. C’è troppa burocrazia, troppa gente dietro, troppe cose. E questa è una vergogna, onestamente, dell’Italia. Mi dispiace dirlo, ma è così. Controllate: c’è qualcuno che sbaglia? In galera, via, dentro. Ma non per dire: ci deve restare, buttate la chiave”. Sulla prossima stagione Ranieri ribadisce poi che sarà solo il consulente senior del club. E spiega: “Io aiuterò in tutto e per tutto il nuovo allenatore. Saranno i Friedkin a decidere quando annunciarlo. E a chi gli chiede se un’eventuale conquista della Champions potrebbe valere più della Premier vinta con il Leicester, il tecnico aggiunge: “Più di Leicester non c’è niente perché è stata qualcosa di assolutamente incredibile. La Champions con la Roma sarebbe un ulteriore tassello da portare nel cuore. Abbiamo quattro partite davanti e dovremo giocarle col coltello tra i denti. Lavorare, sudare e lottare: è l’unica strada per noi…”.

Scossa di terremoto di magnitudo 7,5 in Cile: lanciata allerta tsunami

Roma, 2 mag. (askanews) – Un allarme tsunami è stato lanciato in Cile a seguito di una forte scossa di terremoto di magnitudo 7,5 sulla scala Richter.

L’allerta tsunami è stata emessa dopo un violento sisma a Puerto Williams, al largo della costa cilena. Secondo il Centro Sismologico Nazionale, il terremoto è stato registrato alle 9 del mattino.

Il Centro ha inizialmente indicato una magnitudo di 7,5. Il Servizio Idrografico e Oceanografico della Marina cilena (Shoa) ha emesso l’allerta dopo che il terremoto è stato registrato 218 chilometri a sud di Puerto Williams, nella regione di Magellano.

Calcio, Conte: "A Lecce non sarà la partita dell’anno"

Roma, 2 mag. (askanews) – Lecce-Napoli partita dell’anno per Antonio Conte? Non scherziamo. “Lo sarà sempre, ma non sarà la partita dell’anno – risponde il tecnico del Napoli – Ne mancano quattro per tutti”. Ma Lecce non è una città come le altre: “E’ sempre una gara diversa dalle altre, sono nato lì, sono diventato uomo a Lecce e quindi i sentimento che ho nei confronti di Lecce e dei leccesi non me li potrà cambiare niente e nessuno, qualsiasi cosa si possa pensare e dire. Il sentimento mi legherà a vita, anche se vivo a Torino ho i genitori e casa a Lecce, nell’anno sabbatico ho vissuto tanto lì, è una bella città, ho amici, ma sicuramente è una partita diversa perché in quello stadio ci sono cresciuto, in quella società, prima di andare via”. Si gioca sabato alle 18, prima di Inter-Verona. Considerato l’emergenza infortuni possibile un eventuale ritorno al 4-4-2: “Abbiamo sempre trovato la formula giusta nell’emergenza. Col Monza siamo partiti in un modo e abbiamo finito in un altro, non ci sono formule infallibili. So benissimo che tutto dipende dal risultato, se vinci hai scelto la formula giusta. Cerchiamo di fare necessità virtù come sempre fatto. Non abbiamo cambiato tanto, abbiamo trovato accorgimenti ma l’idea e l’applicazione sono rimasti. Altrimenti non avresti questi numeri e questa miglior difesa in Europa se non ci fosse studio, lavoro”. Ieri grande disponibilità con i tifosi, la responsabilità è aumentata vista l’opportunità: “Il senso di responsabilità ce l’abbiamo dal primo giorno, ho sempre detto che avevo ricevuto prima di dare, l’obiettivo è sempre regalare emozioni al tifoso. L’obiettivo principale è stato raggiunto con anticipo, siamo in Champions e sapete quanto conta economicamente per tutti i grandi club, l’altro obiettivo che ci eravamo prefissati e di cui avevo parlato era di dare fastidio, secondo obiettivo centrato perché lo stiamo dando, ora il terzo è capire che tipo di fastidio vogliamo dare, se è un fastidio importante oppure un fastidio che ha tenuto in bilico il campionato. Non dimentichiamo che due settimane fa eravamo 3 punti sotto, questo deve servire a mantenere calma e umiltà che non deve mai essere persa dall’ambiente Napoli che deve capire che si partecipa tutti insieme per un qualcosa di insperato, nessuno lo immaginava, ma dobbiamo restare compatti, umili, con i piedi per terra. Mancano 4 partite ed io ho avuto esperienze in cui ho perso e vinto Scudetti all’ultima giornata ed alle ultime. C’è una sola squadra che vince, ma i ragazzi hanno lavorato in maniera umile, senza voli pindarici, è importante la sostanza”.

Morta Rosetta Dello Siesto, la moglie dello scrittore Camilleri

Roma, 2 mag. (askanews) – È morta nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio, in un ospedale di Roma dove era ricoverata da alcuni giorni, Rosetta Dello Siesto, moglie dello scrittore Andrea Camilleri. Aveva 97 anni ed è stata la compagna di una vita dell’autore siciliano, scomparso nel 2019. “Non c’è rigo che io abbia pubblicato che non sia stato letto da lei “, raccontò lo scrittore. Una storia d’amore durata 62 anni. All’epoca in cui si conobbero, Camilleri era impegnato a Roma nella messa in scena teatrale di un’opera del filosofo umanista Pico della Mirandola. Dello Siesto, nata a Milano e laureata all’Università “La Sapienza” di Roma con una tesi proprio su Pico della Mirandola, era diventata assistente alla regia durante quella pièce teatrale. Il rapporto professionale si trasformò presto in un legame affettivo, e poco dopo si sposarono. Si sposarono nel 1957 e dal loro matrimonio nacquero tre figlie: Andreina, Elisabetta e Mariolina. Poi quattro nipoti e due pronipoti, Matilda (alla quale lo scrittore ha dedicato il libro autobiografico “Ora dimmi di te. Lettera a Matilda”, pubblicato da Bompiani nel 2018 e nel quale lo scrittore racconta il loro incontro) e Andrea.

Andrea Camilleri, lo scrittore scomparso all’età di 93 anni, parlava così della sua prima lettrice, la moglie Rosetta: “Non c’è rigo che io abbia pubblicato che non è stato letto da lei”. E ancora: “Sono stato un uomo fortunato e se il mio matrimonio è durato tanto ciò è dovuto principalmente all’intelligenza, alla comprensione e alla pazienza di Rosetta. Il nostro rapporto non è mai stato alterato da nessun evento esterno “, ha raccontato lo scrittore in un’intervista. Rosetta è stata anche la prima lettrice di ogni testo e libro del marito, dispensando consigli e suggerimenti.

“Se n’è andata la prima lettrice dei romanzi di Andrea Camilleri, donna Rosetta, conforto e spalla del grande narratore, mamma e nonna di una famiglia che in lei aveva il proprio perno. Compagna di una vita vissuta con l’autore del commissario Montalbano soprattutto a Roma, ma con frequenti ritorni nella vera Vigata di Porto Empedocle e nel buen retiro toscano di Bagnoli, la frazione di Santa Fiora in provincia di Grosseto dove gli amici più cari andavano a trovarli. La Strada degli Scrittori, con i suoi componenti, ricorda con affetto questa protagonista di una straordinaria avventura letteraria, stringendosi con affetto alle figlie e ai nipoti “. Così, in una nota, il direttore dell’associazione Strada degli Scrittori, Felice Cavallaro, ha commentato la scomparsa di Rosetta Dello Siesto.

La casa editrice Sellerio, che pubblica i libri di Andrea Camilleri, ha ricordato la vedova Rosetta Dello Sisto con queste parole: “Per noi tutti Rosetta Dello Siesto è stata una presenza familiare, discreta. La sua proverbiale riservatezza non riusciva a celarne l’intelligenza veloce e sottilissima; rimpiangeremo sempre con gratitudine l’affettuosa amicizia con la quale, insieme al marito, il nostro caro Andrea Camilleri, ci accoglieva nella sua casa. La ricordiamo e sempre ricorderemo con grandissimo affetto, stringendoci forte alla famiglia tutta “. Anche il direttore dell’associazione Strada degli scrittori, Felice Cavallaro, ricorda la vedova Dello Siesto: Se ne è andata la prima lettrice dei romanzi di Andrea Camilleri, Donna Rosetta, conforto e spalla del grande narratore, mamma e nonna di una famiglia che in lei aveva il proprio perno. Compagna di una vita vissuta con l’autore del commissario Montalbano soprattutto a Roma, ma con incursioni continue nella ‘vera Vigata’ di Porto Empedocle e nel buen retiro toscano di Bagnoli, la frazione di Santa Fiora in provincia di Grosseto dove gli amici più cari andavano a trovarli “. La Strada degli Scrittori, con i suoi componenti, ricorda “con affetto questa protagonista di una straordinaria avventura letteraria, tutti vicini alle figlie e ai nipoti “.

Dazi, non c’è nuova offerta formale Ue nel negoziato con Usa

Bruxelles, 2 mag. (askanews) – “A volte un titolo di giornale può essere un po’ fuorviante, e dobbiamo essere molto chiari: al momento non c’è stata alcuna offerta formale agli Stati Uniti” nei negoziati in corso con l’Ue per scongiurare i dazi imposti dall’Amministrazione Trump. Lo ha affermato oggi a Bruxelles il portavoce per il Commercio della Commissione europea, Olof Gill, in riferimento a una intervista del Financial Times al commissario europeo al Commercio internazionale, Maros Sefcovic, dal titolo: “L’Europa è pronta a fare a Trump un’offerta commerciale da 50 miliardi di euro”.

Il portavoce, che ha parlato durante il briefing quotidiano per la stampa della Commissione europea, non ha tuttavia smentito l’articolo nella sostanza, in particolare riguardo alle possibili soluzioni che si stanno esplorando, seppure non siano ancora state proposte formalmente.

Secondo quanto riportato dal quotidiano britannico, per risolvere la disputa sui dazi, Sefcovic avrebbe proposto ai negoziatori americani di aumentare le importazioni nell’Ue di beni statunitensi, in particolare nel settore energetico (gas naturale liquefatto, Gnl) e agricolo (semi di soia), per circa 50 miliardi di euro, in modo da riequilibrare il deficit commerciale degli Stati Uniti rispetto all’Europa per quanto riguarda le merci, ma tenendo conto anche dell’avanzo che gli Usa registrano invece nel settore dei servizi.

Sefcovic ha anche riferito che ci sarebbero “certi progressi” verso il raggiungimento di un accordo nei negoziati che sta conducendo con le sue controparti statunitensi, il rappresentante per il Commercio Jamieson Greer e il segretario al Commercio Howard Lutnick. Sempre secondo il Financial Times, il commissario avrebbe tuttavia anche avvertito che l’Ue non considererebbe accettabile il mantenimento di dazi Usa del 10% sui suoi beni come “soluzione equa” nei negoziati commerciali.

“Quello che è successo finora – ha spiegato Olof Gill rispondendo alle domande dei giornalisti – è che abbiamo discusso le aree in cui, da parte nostra, crediamo di poter potenzialmente trovare un accordo. Dobbiamo davvero sottolineare che siamo pienamente coinvolti nelle nostre discussioni con gli Stati Uniti. Una soluzione negoziata rimane il nostro chiaro e preferibile esito. Non faremo commenti dettagliati sui negoziati in corso, ma siamo assolutamente impegnati a trovare con gli Stati Uniti degli accordi che siano vantaggiosi per entrambe le parti. E questo è tutto ciò che possiamo dire per il momento”.

E anche se non c’è ancora un’offerta formale da parte dell’Ue, come annunciava il titolo del Financial Times, il portavoce ha inviato “a leggere il resto dell’articolo, perché ciò che il Commissario Sefcovic afferma chiaramente è che ci sono aree in cui potremmo valutare una maggiore cooperazione con gli Stati Uniti e, tra l’altro, questo è perfettamente coerente con quanto affermato dalla Commissione europea da quando il presidente Trump ha vinto le elezioni. Già a novembre, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen aveva affermato che avremmo potuto valutare settori come l’energia, in particolare il Gnl, e alcuni prodotti agricoli, come la soia, dove ci sarebbe stato un buon potenziale per aumentare le importazioni dell’Ue dagli Stati Uniti”.

“Quindi – ha proseguito Gill – non c’è nulla di nuovo: stiamo semplicemente ribadendo che ci sono aree in cui crediamo di poter potenzialmente aumentare le nostre importazioni dagli Stati Uniti, e che ciò avrebbe anche l’ulteriore vantaggio di ridurre in una certa misura il surplus commerciale di beni di cui godiamo, ciò che sembra essere ancora una fissazione dall’altra parte dell’Atlantico”.

Comunque, ha insistito il portavoce, “non entriamo nei dettagli dei negoziati in corso, né a livello tecnico, né a livello politico. Ci saranno opportunità per noi, man mano che le cose progrediscono, di comunicare in modo più dettagliato e strutturato. E quando arriverà quel momento, lo faremo sicuramente”.

“Questa – ha aggiunto la portavoce capo della Commissione, Paula Pinho – è precisamente una delle opzioni che vengono esaminate, per poi discutere di scenari molto concreti, su cosa può essere offerto, e cosa ci si può aspettare in cambio. Ciò che è già stato detto molto, molto chiaramente è che siamo pronti a offrire zero dazi per zero dazi sui beni industriali, e si stanno valutando tutte le possibilità, tutti gli scenari man mano che andiamo avanti, mentre esploriamo le opzioni da presentare alle nostre controparti negli Stati Uniti”.

Quanto alle affermazioni di Sefcovic riportate nell’intervista, secondo cui l’Ue rifiuterebbe comunque, come troppo alti, dei dazi di base del 10% per esportazioni negli Usa, Olof Gill ha sottolineato: “Siamo stati molto chiari fin dall’inizio: non crediamo che i dazi siano di alcun beneficio, né per noi, né per gli Stati Uniti, né per l’economia globale. È proprio per questo, come ha detto Paola, che abbiamo preso la ferma iniziativa di esaminare le aree in cui possiamo non solo ridurre, ma eliminare i dazi. Questa è la logica dell’offerta zero per zero. Non entriamo nei dettagli, ma, come è noto c’è un’ottima offerta sul tavolo: parliamone”, ha concluso il portavoce.

Ippica, è morto Enzo Giordano, il proprietario di Varenne

Roma, 2 mag. (askanews) – E’ morto all’età di 71 anni Enzo Giordano, proprietario di Varenne, la leggenda del trotto. Era ricoverato da qualche settimana al Policlinico di Napoli per un’infezione alla gola che gli impediva l’alimentazione. La vita di Enzo Giordano, che allora aveva un ufficio di cambiavalute nella zona della Ferrovia a Napoli, era cambiata radicalmente nel 1995 quando aveva acquistato Varenne. Se ne era innamorato vedendolo in tv correre al debutto a Bologna. Varenne sbagliò due volte ma Giordano, a differenza di altri possibili acquirenti, ne intravide la stoffa del campione e se ne innamorò. Recuperò i 170 milioni di lire necessari all’acquisto, facendo ricorso all’aiuto di parenti ed amici, e coronò il suo sogno. Varenne trionfò corsa dopo corsa fino alle strepitose vittorie del Lotteria e dell’Amerique. Nei giorni in cui stava male aveva espresso il desiderio che Varenne sfilasse per l’ultima volta ad Agnano, cosa che si sarebbe verificata il prossimo 4 maggio in occasione del Lotteria di Agnano. Si attendono ora le decisioni della famiglia. Lascia la moglie Barbara, che lo ha accudito amorevolmente fino all’ultimo, e i figli Daniele e Rebecca. I funerali si terranno domani sabato 3 maggio alle 15 nella Chiesa di San Pasquale a Chiaia.

Gdpr, TikTok multata per 530 milioni: "Dati trasferiti in Cina"

Milano, 2 mag. (askanews) – La Commissione irlandese per la protezione dei dati ha annunciato la sua decisione finale a seguito di un’indagine su TikTok chiusa con una multa da 530 milioni di euro. Lo si legge sul sito del garante privacy irlandese.

L’indagine è stata avviata dal DPC, in qualità di autorità di vigilanza capofila di TikTok, per esaminare la legittimità dei trasferimenti da parte di TikTok dei dati personali degli utenti della piattaforma TikTok verso la Repubblica popolare cinese. Inoltre, l’indagine ha esaminato se la fornitura di informazioni agli utenti in relazione a tali trasferimenti soddisfacesse i requisiti di trasparenza di TikTok, come richiesto dal GDPR.

La decisione, presa dai Commissari per la protezione dei dati e notificata a TikTok, stabilisce che TikTok ha violato il GDPR per quanto riguarda i trasferimenti dei dati degli utenti del SEE verso la Cina e i requisiti di trasparenza. La decisione prevede ammende amministrative per un totale di 530 milioni di euro e un ordine che impone a TikTok di rendere conforme il suo trattamento entro 6 mesi. La decisione comprende anche un ordine di sospensione dei trasferimenti di TikTok verso la Cina se il trattamento non viene reso conforme entro questo termine.

TikTok non ci sta. Il social fa sapere TikTok di voler presentare ricorso. Il social cinese replica che la decisione non prende in considerazione il Progetto Clover, “iniziativa leader nel settore della sicurezza dei dati, del valore di 12 miliardi di euro, che include alcune delle protezioni dei dati più rigorose al mondo”.

I rappresentanti di TikTok fanno notare che la stessa DPC ha riportato nel suo rapporto ciò che TikTok ha sempre affermato: non ha mai ricevuto richieste di dati di utenti europei da parte delle autorità cinesi e non ha mai fornito loro dati di utenti europei. E che con 175 milioni di utenti in tutta Europa, oltre 6.000 dipendenti e una piattaforma che ha aiutato le piccole imprese a contribuire con 4,8 miliardi di euro al PIL e oltre 51.000 posti di lavoro, TikTok è profondamente integrata nell’economia europea. “Non siamo d’accordo con la decisione e abbiamo in programma di presentare ricorso integrale”, ribadisce il social.

Giorgia Meloni: “Governo stabile, maggioranza coesa. Premierato? Lo porteremo a casa”.

Meloni: “Con Trump lealtà ma non subalterni. No a utilizzo strumentale dell’antifascismo. Mi ripresenterò agli elettori dicendo ve lo avevamo promesso e lo abbiamo fatto”. “Se penso alle tante vicende che abbiamo vissuto in questi due anni e mezzo, ai cambiamenti intorno a noi ma anche alle tantissime cose fatte mi sembra lontano. Se penso a quello che ancora vogliamo realizzare ragiono come se avessimo appena iniziato. Anche quando la stanchezza fisica prende il sopravvento, non penso mai di aver fatto abbastanza. Dopodiché, al di là delle sensazioni, c’è un dato inconfutabile: il governo che presiedo è già oggi il quinto più longevo della storia repubblicana e certamente saliremo ancora in questa classifica. È un governo stabile, che poggia su una maggioranza coesa, e questa stabilità aumenta la considerazione per l’Italia”.

Qual è la cosa più importante che pensa di aver fatto per gli italiani finora?

“Potrei citare decine di provvedimenti di cui vado orgogliosa ma la cosa per me più importante è sentir dire a molti italiani che hanno ritrovato un po’ di fiducia e di orgoglio. Siamo una nazione e un popolo straordinari, dobbiamo ricordarcelo sempre, diventare i migliori ambasciatori di noi stessi in un mondo in cui c’è una fame e una voglia di Italia che io tocco con mano ogni giorno e che spesso non riusciamo nemmeno a immaginare”.

E quella che invece ancora fatica a realizzare?

“Vorrei poter ottenere sulla natalità gli stessi straordinari risultati che abbiamo ottenuto sul fronte dell’occupazione e su quello del contrasto all’immigrazione irregolare. Il sostegno alla natalità rimane una priorità a cui abbiamo dedicato misure importanti e risorse significative, ma non basta. I risultati sono ancora insufficienti”.

Quindi?

“Occorre continuare a sostenere le madri lavoratrici e a rafforzare gli strumenti di conciliazione famiglia lavoro. E oltre a ciò serve una grande alleanza culturale, per cambiare la narrazione secondo la quale mettere al mondo un figlio sia un carico troppo gravoso per la carriera e per le ambizioni personali, soprattutto delle donne. Poi il prezzo dell’energia. Anche qui dall’insediamento del governo abbiamo fatto molte cose, ma dobbiamo riuscire a trovare il modo di abbassare strutturalmente il costo dell’energia in Italia. È fondamentale soprattutto per la competitività del nostro sistema”.

Alla fine dei 5 anni per quali risultati vuole che il suo governo venga ricordato?

“Voglio realizzare per intero il programma del centrodestra e potermi ripresentare agli elettori dicendo la cosa più banale su cui i politici andrebbero giudicati: ve lo avevamo promesso, lo abbiamo fatto. Vale per l’economia, per l’immigrazione, per la sicurezza, per il sostegno alla famiglia, per le riforme istituzionali, per la politica estera. E vale per il lavoro, perché vogliamo essere ricordati come il governo che ha aumentato il lavoro, ridotto il precariato e messo al centro la sicurezza sul posto di lavoro. Proprio su questo sono fiera che il governo abbia reperito, insieme all’INAIL, ulteriori 650 milioni su questo tema, che sommati ai 600 milioni già previsti quest’anno, portano a oltre un miliardo e 250 milioni la dotazione disponibile. Ci confronteremo l’8 maggio con le parti sociali per discutere delle proposte del governo e ascoltare quelle che ci verranno sottoposte”.

Il Ponte sullo stretto si farà?

“È un punto ambizioso del nostro programma, che condivido. Siamo stati la civiltà delle grandi edificazioni che stupivano il mondo, non possiamo intimidirci per un ponte, anche se maestoso. Dopodiché sappiamo quante difficoltà comporti, ma tutto sta procedendo nella giusta direzione”.

È più probabile il ponte o la riforma del premierato?

“Il premierato è per me la madre di tutte le riforme. Insieme alla riforma della giustizia, all’autonomia differenziata, alla riforma fiscale è l’impianto riformatore per il quale gli italiani ci hanno votato. Andremo avanti perché vogliamo rafforzare la nostra democrazia e difendere il diritto dei cittadini a scegliere da chi farsi governare. Ci riusciremo”.

Al di là degli attacchi politici, qual è stata la più grande delusione umana in questi 900 giorni di governo?

“Guardi, io sono cresciuta in un quartiere storicamente di sinistra (Garbatella a Roma, ndr) e ho iniziato la mia militanza politica a scuola, in infuocate assemblee studentesche. Sono abituata al confronto politico, anche a quello più aspro. Quello che mi è dispiaciuto in questi anni è stato vedere che, pur di colpire me e questo governo, alcune persone senza scrupoli non abbiano avuto alcuna remora a mettere in mezzo la mia famiglia, mia sorella, il padre di mia figlia, addirittura mia figlia. Quasi sempre senza ragione, in una strategia di banale character assassination. L’altra cosa che mi colpisce è che troppe volte sono stata oggetto di attacchi sessisti vergognosi, nel silenzio e nell’indifferenza di quelli che si riempiono la bocca dei diritti delle donne. Mi verrebbe da dire che ormai ci sono abituata ma non voglio dirlo, perché non bisogna abituarsi a cose di questo genere. Non per me ma perché non è giusto, non è accettabile, non dobbiamo rassegnarci a questo imbarbarimento”.

Perché a suo parere la narrazione sullItalia allestero è così diversa da quella che viene fatta dai media italiani?

“Sono molto orgogliosa di essere riuscita a capovolgere la narrazione sull’Italia all’estero. Sui media di tutto il mondo, anche su quelli tradizionalmente di sinistra, oggi l’Italia viene considerata un sinonimo di affidabilità e viene lodata per la sua stabilità e per i risultati ottenuti, dall’economia all’immigrazione. Rientra nel gioco democratico il fatto che l’opposizione in Italia enfatizzi le cose che non vanno e non parli dei successi conseguiti. Non lo reputo un problema, penso anzi che sia uno sprone a fare sempre meglio”.

Eppure c’è chi sostiene ci sia un problema di libertà di stampa in Italia.

“La libertà di stampa è una cosa troppo seria e preziosa per essere sminuita con la propaganda politica.”

In che senso?

“L’Italia ha bravi e agguerriti giornalisti, e una moltitudine di liberi organi di stampa, che sanno fare benissimo il proprio lavoro e che per fortuna non si risparmiano negli attacchi a me e a questo governo. Chiunque legga i giornali e accenda la televisione sa bene che non mancano le voci critiche nei confronti del governo. Anche, giustamente, sulla televisione pubblica. Del resto abbiamo sempre detto che non avremmo sostituito un’egemonia di destra a quella radicata della sinistra e continueremo su questa linea: garantire spazi di libertà a tutti, anche a chi non ha mai potuto esprimere le proprie qualità o competenze perché non aveva la tessera giusta in tasca e non frequentava i salotti più in, quando cioè in Italia un problema di pluralismo c’era davvero ma, ovviamente, non si poteva dire”.

Molti dei ragazzi che voteranno per la prima volta alle prossime elezioni si informano solo sui social. Quanto contano le piattaforme digitali nella formazione del consenso?

“Tantissimo, ovviamente. È importante che la sacrosanta lotta alla disinformazione e alle interferenze straniere nelle nostre democrazie non si trasformi in un indottrinamento a senso unico e in una censura delle opinioni non allineate. Apprezzo molto il nuovo impegno delle principali piattaforme a rivedere algoritmi e modalità di verifica dei contenuti, la libertà di espressione deve essere garantita. A maggior ragione in un tempo in cui l’intelligenza artificiale ci pone di fronte a sempre nuove sfide, che riguardano certamente il mondo del lavoro ma anche quello dell’informazione e della comunicazione”.

Ricordando la morte del militante del Fronte della Gioventù Sergio Ramelli, il presidente del Senato Ignazio La Russa ha parlato di nuovi ‘fuocherelli’ da spegnere prima che divampino. Ha anche lei questo timore?

“Sì. Anch’io nel mio messaggio per i 50 anni dalla morte di Sergio Ramelli, ho messo in guardia soprattutto i più giovani dai seminatori di odio e dai cattivi maestri che, ieri come oggi, giustificano la violenza e la sopraffazione come strumenti di lotta politica. Ci sono preoccupanti segnali di un nuovo odio e di una nuova intolleranza, per ora confinati a minoranze rumorose, ma che non devono essere mai sottovalutate. Ne sono recenti esempi gli insulti antisemiti alla senatrice Liliana Segre, a cui rinnovo la mia solidarietà, così come le aggressioni ripetute alle forze dell’ordine e ai giovani militanti di destra nelle scuole e nelle università”.

Gianfranco Fini disse Tutti i democratici sono antifascisti ma non tutti gli antifascisti sono democratici”. Oggi più che mai?

“Si, storicamente è stato così ed è così anche oggi. È per questo che rifuggo dall’utilizzo strumentale della categoria dell’antifascismo, che purtroppo storicamente non si manifestò soltanto nell’opposizione alla dittatura”.

Si spieghi meglio.

“Oggi il vero discrimine è tra chi difende libertà e democrazia a tutte le latitudini e chi invece lo fa solo a corrente alternata. Da molto tempo a destra non c’è nessun imbarazzo a condannare ogni forma di dittatura e di violenza politica, cosa che purtroppo la sinistra non riesca ancora a fare, invocando una serie di distinguo molto preoccupanti”.

Come risponde all’appello di Pier Ferdinando Casini che, nel solco dell’insegnamento di papa Francesco, le chiede di occuparsi subito delle condizioni pesanti dei detenuti?

“Mi hanno molto colpito le parole di papa Francesco quando all’uscita della sua ultima visita a un carcere ha detto che, ogni volta che vede dei carcerati, pensa “perché loro e non io”. Non dobbiamo mai perdere la nostra umanità nei confronti di chi ha sbagliato e sta scontando una pena. Certamente le condizioni carcerarie ci preoccupano, abbiamo ereditato una situazione pesante sia per i detenuti che per gli agenti di polizia penitenziaria a cui stiamo cercando di porre rimedio con interventi straordinari e un nuovo piano di edilizia carceraria. Non ho mai creduto che la strada per ridurre il sovraffollamento siano indulti e svuotacarceri. Uno Stato giusto adegua la capienza alle necessità, non i reati al numero di posti disponibili. Servono misure strutturali per ampliare gli spazi a disposizione, e per migliorare le condizioni carcerarie, ed è quello che stiamo facendo. Il piano del Governo è di arrivare alla fine della legislatura con una capienza nelle carceri aumentata di almeno settemila unità, ma fermo restando che occorre trovare le risorse il mio intendimento sarebbe di arrivare a 10 mila, cioè ai posti medi mancanti secondo le statistiche degli ultimi anni”.

Il presidente Mattarella in occasione del primo maggio, ha ricordato che i salari bassi sono una grande questione per il nostro paese. Cosa può e intende fare il governo per dare una risposta alle famiglie che, sempre per citare il capo dello Stato, non reggono” laumento del costo della vita?

“Ho visto l’intervento del Presidente Mattarella e non ho sentito quelle parole, anche se sono state riportate da alcuni organi di stampa. Il Presidente della Repubblica ha giustamente ricordato che l’Italia si distingue per una dinamica salariale negativa nel lungo periodo, anche se dal 2024 si assiste ad una ripresa. Abbiamo molto terreno da recuperare, ma sono particolarmente fiera del fatto che questo governo sia riuscito ad imprimere un cambio di rotta”.

Ovvero?

“Fin dall’inizio del mandato abbiamo lavorato per sostenere i redditi più bassi, segnatamente quelli da lavoro. Lo abbiamo fatto con la stabilizzazione del taglio del cuneo fiscale, con i bonus bollette, con gli sgravi fiscali alle aziende che assumono donne, giovani, ex percettori di reddito e disoccupati di lungo corso. I dati sull’occupazione ci dicono che dall’inizio del nostro governo abbiamo avuto un milione di nuovi posti di lavoro, in gran parte a tempo indeterminato e con un record per l’occupazione femminile. Abbiamo rinnovato molti contratti pubblici, non ultimi quelli della scuola e del comparto sicurezza e difesa e stiamo esercitando la nostra moral suasion per i contratti privati ancora bloccati. Stiamo anche procedendo con una legge storica che introdurrà la partecipazione dei lavoratori agli utili di impresa. Insomma, la strada è tracciata e continueremo in questa direzione, ma un gap pluridecennale non si risolve in due anni. E se chi oggi accusa noi avesse fatto qualcosa quando governava, non avremmo ereditato una situazione così compromessa”.

Spostiamoci sulla politica estera: come giudica i primi 100 giorni del nuovo presidente degli Stati Uniti i Donald Trump? Si aspettava questo terremoto nelle relazioni internazionali?

“L’affermazione del principio America First non era solo uno slogan elettorale che i cittadini americani hanno premiato, ma un programma politico su cui per quattro anni hanno lavorato i principali think tank repubblicani. Quindi, in generale, non mi ha sorpreso. Soltanto gli ingenui si sorprendono quando in politica estera una nazione difende i propri interessi. Per di più, una tendenza più self Made, era già avviata con le precedenti amministrazioni, anche democratiche. Noi siamo determinati a far valere i nostri interessi, nel solco della tradizionale amicizia che ci lega agli USA, con lealtà ma senza subalternità. L’ultimo frutto di queste buone relazioni è ad esempio l’annuncio di Trump di voler ripristinare il Columbus Day, una festa tanto cara alla comunità italoamericana, che negli ultimi anni ha subito un vergognoso attacco ideologico nel nome della cancel culture. A nome degli italiani ringrazio il Presidente degli Stati Uniti per questa scelta”.

Sui dazi lei ha spiegato che non sono ancora maturi i tempi per un incontro tra Trump e lUnione europea. Lei si è detta contraria ai contro-dazi, quale dovrebbe essere la risposta dellEuropa?

“Il confronto sta andando avanti a livello tecnico e sono contenta se il mio incontro con Trump è servito a favorire le condizioni politiche per l’avvio di un dialogo più concreto. L’Italia lavora per avvicinare le due sponde dell’Atlantico, perché crediamo nell’Occidente come sistema di valori, di alleanze internazionali e di relazioni economico-commerciali. È quello che nell’incontro alla Casa Bianca ho sintetizzato con il motto “Make the West great again”. Le nostre posizioni come Unione Europea devono naturalmente partire dalla difesa degli interessi dei nostri cittadini, senza mai dimenticare che soltanto insieme, Europa e America, potremo essere forti in uno scenario globale sempre più complesso. Il fatto di essere stata criticata, nel giro di poche settimane e dalle stesse persone, per essere stata prima troppo vicina a Trump e poi troppo lontana durante i funerali di Papa Francesco, significa che quelle persone sono molto confuse ma anche che, evidentemente, il legame con gli USA era ed è imprescindibile. Come abbiamo sempre detto noi”.

Esistono margini per difendere gli interessi specifici italiani?

“L’Italia è una delle principali nazioni esportatrici al mondo, e ci giochiamo palmo a palmo con altre importanti Nazioni il quarto gradino di Paese esportatore a livello planetario. Sono orgogliosa di questi risultati raggiunti, non a caso durante il nostro governo, che sta sostenendo il nostro export con forza anche aprendo nuovi mercati, da ben prima di Trump. Un commercio globale non solo aperto ma anche equo, nell’interesse nazionale italiano. La determinazione dei dazi spetta alla Commissione Ue ma di certo con gli USA, così come con gli altri partner internazionali, lavoriamo per rilanciare investimenti e progetti comuni, nei quali le aziende italiane possano avere un grande spazio”.

Come definirebbe il suo rapporto con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen?

“Abbiamo ormai una collaborazione consolidata e un rapporto di stima ispirato alla risoluzione dei problemi e anche alla massima franchezza. Sono molto soddisfatta del fatto che, già nello scorso mandato e ovviamente anche in questo, la Commissione abbia accolto molte proposte dell’Italia, dalla rimodulazione del Pnrr alle politiche migratorie, su cui ormai parliamo una lingua molto simile e molto diversa dal passato. Quando abbiamo avuto visioni differenti, come avvenuto di recente quando ho sostenuto con forza che gli investimenti nella difesa europea non dovessero esaurirsi al tema armi ma affrontare la sicurezza dei cittadini in tutti i suoi aspetti, le abbiamo fatte valere con buoni risultati. È quello che cerco di fare con tutti gli interlocutori internazionali. Ora credo serva un passo avanti nella rimodulazione del Green Deal, affinché non rappresenti più un fardello sulla competitività delle nostre imprese. Temi emersi anche al congresso del Ppe e su cui dobbiamo lavorare spediti”.

E con il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron?

“Rappresentiamo due grandi nazioni europee, amiche e confinanti, con tanti interessi comuni ma anche una sana competizione in molti settori. Rappresentiamo anche due famiglie politiche che hanno sensibilità culturali diverse. I nostri rapporti sono figli di tutte queste sfumature, ma ormai anche di una consuetudine che ci porta a collaborare su tanti dossier. Come forse si è capito, io nei rapporti internazionali ho un approccio molto pragmatico, bado ai risultati concreti e in diversi campi, Italia e Francia, si trovano alleate”.

Con il prossimo cancelliere tedesco Friedrich Merz ha già avuto occasioni di confronto?

“Ci siamo incontrati prima delle elezioni che lo hanno visto vincitore. E ci siamo sentiti in queste settimane. Faccio i migliori auguri a lui e al suo governo. Ho letto alcune sue dichiarazioni al congresso del Ppe sui temi della competitività e del Green Deal e le ho molto condivise. Sono certa che lavoreremo bene insieme”.

Con la Gran Bretagna del premier laburista Keir Starmer è riuscita ad instaurare un rapporto pare altrettanto proficuo di quello che aveva con Sunak? Cosa vi unisce, pur avendo orientamenti politici distanti?

“Ho trovato un premier pragmatico che non ha esitato ad avviare un lavoro comune con noi. Lo facciamo sui temi della difesa, perché naturalmente non si può pensare a un forte sistema di difesa euroatlantica senza il Regno Unito. E lo facciamo sul contrasto all’immigrazione irregolare, superando le differenze politiche di partenza. Anche se devo dire che un numero sempre maggiore di governi anche di sinistra condividono questo approccio, abbandonando progressivamente l’ideologia dell’immigrazione incontrollata”.

Dazi, S&P taglia stime Pil globale al 2,7%: Usa +1,5%, Italia +0,5%

Milano, 2 mag. (askanews) – S&P taglia le stime di crescita globale a seguito della guerra dei dazi innescati dall’amministrazione Trump. In particolare, il Pil globale è stato rivisto al 2,7% (-0,3 pp rispetto alle ultime previsioni di marzo), con Usa all’1,5% (-0,5 pp), Cina al 3,5% (-0,6 pp) ed eurozona al +0,8% (-0,1 pp). In Europa, il Pil della Germania è stato rivisto al ribasso al +0,1% (-0,2 pp), quello dell’Italia al +0,5% (-0,1 pp). Stabili rispetto a marzo le previsioni per Francia (+0,7%) e Spagna (+2,6%), mentre il Pil Uk è stato rivisto al rialzo al +0,9% (+0,1 pp).

“I dazi del 2 aprile e le loro conseguenze ci hanno indotto a ridurre le nostre previsioni di crescita del Pil rispetto al nostro ultimo round sulle condizioni del credito di fine marzo”, si legge nell’ultimo rapporto dell’agenzia di rating. “Un cambiamento sismico e incerto nella politica commerciale degli Stati Uniti ha scosso i mercati, alimentando il timore di un rallentamento economico globale”. S&P ribadisce che “non ci sono vincitori in uno scenario di intensificazione delle politiche protezionistiche”.

“Molte cose sono cambiate dal nostro precedente giro di previsioni di fine marzo: il 2 aprile l’amministrazione statunitense ha annunciato un inatteso e forte aumento dei dazi doganali”, si legge. S&P ha quindi di nuovo rivisto al ribasso le proprie previsioni di crescita del Pil per la maggior parte dei Paesi e al rialzo le stime di inflazione per gli Stati Uniti. L’agenzia di rating “prevede un rallentamento significativo della crescita, ma al momento non si attende una recessione statunitense”, si legge nel report.

“L’aumento dei dazi da parte degli Stati Uniti, le ritorsioni da parte dei partner commerciali, le concessioni in corso e la conseguente turbolenza dei mercati rappresentano uno shock al sistema, con impatti concentrati sulla fiducia e sulla formazione dei prezzi”, spiega S&P. “L’economia reale ne sarà sicuramente influenzata, ma resta da capire in quale misura. I rischi per lo scenario di base restano fortemente orientati al ribasso, data la possibilità che l’impatto dello shock dei dazi sull’economia reale risulti più ampio del previsto. Anche la configurazione di lungo periodo dell’economia globale, e il ruolo degli Stati Uniti al suo interno, appare oggi più incerta”.

Le previsioni riviste contengono le seguenti ipotesi: un dazio lineare del 10% sulle importazioni da tutti i partner commerciali degli Stati Uniti, come annunciato il 2 aprile, ma non le tariffe specifiche per Paese, che sono state sospese per 90 giorni; dazi del 25% sulle importazioni di auto, acciaio, alluminio, prodotti farmaceutici e semiconduttori; sono inclusi i dazi aumentati tra Stati Uniti (145% sulle importazioni cinesi) e Cina (125% sulle importazioni statunitensi), al netto dell’esclusione per le importazioni di elettronica negli Usa.

Cinema, Timothée Chalamet riceverà il David di Donatello Speciale

Milano, 2 mag. (askanews) – Timothée Chalamet riceverà il David Speciale nel corso della 70ª edizione dei Premi David di Donatello. Il riconoscimento sarà assegnato mercoledì 7 maggio nell’ambito della cerimonia di premiazione in diretta, in prima serata su Rai 1, dagli studi di Cinecittà e trasmessa in 4K (sul canale Rai4K, numero 210 di Tivùsat). La conduzione dell’edizione 2025 è affidata a Elena Sofia Ricci e Mika. La serata sarà in diretta anche su Rai Radio2 – con la conduzione di Carolina Di Domenico e Claudio Santamaria – e sarà disponibile sulla piattaforma di RaiPlay.

“Le radici europee e l’educazione americana fanno di Timothée Chalamet uno dei protagonisti oggi più imprevedibili e talentuosi del cinema internazionale, in grado di proporsi allo stesso tempo come interprete d’autore e star capace di generare tendenze e stili – ha dichiarato Piera Detassis, Presidente e Direttrice Artistica dell’Accademia del Cinema Italiano – L’Accademia è felice di attribuirgli il David Speciale, che vuol essere il riconoscimento al grande attore di film di qualità e innovativi, e, insieme, al protagonista globale. È importante per noi ricordare come la sua affermazione sulla scena mondiale sia avvenuta proprio grazie a un meraviglioso film italiano, Chiamami col tuo nome, di uno dei nostri registi più apprezzati a livello internazionale, Luca Guadagnino. Incroci indispensabili e assolutamente contemporanei di culture e di visioni, un connubio che il David di Donatello è lieto di celebrare”.

Tra i riconoscimenti già annunciati della 70ª edizione dei Premi David di Donatello, il David alla Carriera a Pupi Avati, il David Speciale a Ornella Muti, il David dello Spettatore a Diamanti di Ferzan Özpetek e il David come Miglior Film Internazionale ad Anora di Sean Baker.

Rsf su libertà stampa: Italia scende al 49esimo posto

Roma, 2 mag. (askanews) – L’Italia arretra nel World Press Freedom Index 2025 pubblicato da Reporter Sans Frontières (RSF), scendendo al 49esimo posto su 180 Paesi, tre posizioni più in basso rispetto al 2024. Il punteggio complessivo del nostro Paese cala da 69,8 a 68,01 su 100, con criticità evidenziate nei settori politico, economico e sociale.

Secondo RSF, a pesare sul peggioramento sono l’ingerenza crescente della politica nei media pubblici: viene citata la cosiddetta “legge bavaglio”, che limita la pubblicazione di atti giudiziari, di pari passo con l’aumento delle pressioni economiche sui giornalisti, tra tagli, concentrazione della proprietà editoriale e precarietà diffusa.

L’indicatore politico cala a 58,69 punti, quello economico a 50,32, mentre l’indice sociale scende a 67,22, conseguenza secondo il rapporto Rsf di una persistente polarizzazione e di frequenti attacchi verbali e fisici ai giornalisti, spesso durante manifestazioni pubbliche. Nonostante il buon punteggio in materia di sicurezza (89,41 punti), il rapporto richiama il peso delle organizzazioni mafiose, in particolare nel Sud Italia, che continuano a intimidire, minacciare e talvolta aggredire fisicamente i giornalisti che si occupano di criminalità organizzata e corruzione. RSF ricorda che oltre 20 giornalisti vivono sotto scorta per aver ricevuto minacce o subito aggressioni legate a inchieste su mafia e corruzione.

Restano stabili invece gli indicatori legislativi (74,40) e quelli legati alla sicurezza, ma RSF evidenzia come la criminalizzazione della diffamazione e l’uso strumentale delle SLAPP (cause temerarie) continuino a rappresentare un freno per l’informazione libera e indipendente.

Dazi, S&P taglia le stime del Pil globale al 2,7%: Usa +1,5%, Italia +0,5%

Milano, 2 mag. (askanews) – S&P taglia le stime di crescita globale a seguito della guerra dei dazi innescati dall’amministrazione Trump. In particolare, il Pil globale è stato rivisto al 2,7% (-0,3 pp rispetto alle ultime previsioni di marzo), con Usa all’1,5% (-0,5 pp), Cina al 3,5% (-0,6 pp) ed eurozona al +0,8% (-0,1 pp). In Europa, il Pil della Germania è stato rivisto al ribasso al +0,1% (-0,2 pp), quello dell’Italia al +0,5% (-0,1 pp). Stabili rispetto a marzo le previsioni per Francia (+0,7%) e Spagna (+2,6%), mentre il Pil Uk è stato rivisto al rialzo al +0,9% (+0,1 pp).

“I dazi del 2 aprile e le loro conseguenze ci hanno indotto a ridurre le nostre previsioni di crescita del Pil rispetto al nostro ultimo round sulle condizioni del credito di fine marzo”, si legge nell’ultimo rapporto dell’agenzia di rating. “Un cambiamento sismico e incerto nella politica commerciale degli Stati Uniti ha scosso i mercati, alimentando il timore di un rallentamento economico globale”. S&P ribadisce che “non ci sono vincitori in uno scenario di intensificazione delle politiche protezionistiche”.

Governo, Meloni: voglio ricandidarmi con programma tutto realizzato

Roma, 2 mag. (askanews) – “Voglio realizzare per intero il programma del Centrodestra e potermi ripresentare agli elettori dicendo la cosa più banale su cui i politici andrebbero giudicati: ve lo avevamo promesso, lo abbiamo fatto”. Lo scrive su X la presidente del Consiglio Giorgia Meloni postando un’intervista all’agenzia AdnKronos in cui risponde alla domanda “Alla fine dei 5 anni per quali risultati vuole che il suo governo venga ricordato?”.

Secondo la premier la promessa su cui lei dovrà essere giudicata dagli elettori “vale per l’economia, per l’immigrazione, per la sicurezza, per il sostegno alla famiglia, per le riforme istituzionali, per la politica estera. E vale per il lavoro, perché vogliamo essere ricordati come il Governo che ha aumentato il lavoro, ridotto il precariato e messo al centro la sicurezza sul posto di lavoro. Proprio su questo sono fiera che il Governo abbia reperito, insieme all’Inail, ulteriori 650 milioni su questo tema, che sommati ai 600 milioni già previsti quest’anno, portano a oltre un miliardo e 250 milioni la dotazione disponibile. Ci confronteremo l’8 maggio con le parti sociali per discutere delle proposte del governo e ascoltare quelle che ci verranno sottoposte”.

Scossone politico nel Regno Unito: a Reform Uk di Farage un seggio laburista

Roma, 2 mag. (askanews) – Il partito populista e anti-immigrati di Nigel Farage, Reform Uk, è ampiamente in testa alle elezioni comunali nel Regno Unito ed è riuscito a conquistare un seggio parlamentare strappandolo al Partito Laburista vincendo per appena sei voti le elezioni comunali nel distretto di Runcorn, nell’area di Liverpool. Secondo i risultati ufficiali, le suppletive nella circoscrizione di Runcorn e Helsby, l’unica che metteva in palio un seggio parlamentare dopo le dimissioni del precedente rappresentante laburista, sono state vinte da Sarah Pochin sulla candidata Labour, Karen Shore, un successo seppur risicato che, per la stampa britannica, rappresenta una battuta d’arresto per il premier Keir Starmer, impattando anche sui Tory di Kemi Badenoch.

Questa vittoria “ispirerà il resto del Paese”, ha commentato Pochin, secondo la quale Reform Uk ha fatto la storia anche grazie a Farage, definito un “grande leader”. “E’ stata una notte grandiosa per Reform Uk, uno o due elezioni a sindaco perse per poco, ma una notte grandiosa”, ha commentato lo stesso Farage, dopo la vittoria di Pochin, che ha ottenuto il 38,7% delle preferenze, registrando il 20% in più rispetto alle ultime elezioni.

Ieri, gli elettori britannici hanno votato per aggiudicare 1.641 seggi degli enti locali, una piccola percentuale sui circa 17.000 complessivi. Reform Uk ha conquistato decine di seggi in consiglio sia tra i laburisti che tra i conservatori. Dopo l’arrivo dei risultati da 141 circoscrizioni, il partito di Farage ha ottenuto finora circa il 39% dei voti, con 11 punti di vantaggio sui Conservatori. A Reform Uk andrebbero così 79 seggi, più di qualsiasi altro partito.Il voto, al momento, registra un crollo proprio dei Tory, che sono riusciti a difenere solo 37 dei 99 seggi in loro possesso. I laburisti del premier Starmer invece hanno conquistato 11 seggi, perdendone due rispetto al 2021. “Abbiamo condotto una campagna elettorale forte. I due partiti principali temono i risultati più di noi”, ha dichiarato Farage, confermando la sua intenzione di “distruggere il sistema bipartitico”.

Il dato politico di fondo è che con questa vittoria, Reform UK entra in Parlamento con un quinto deputato e punta a rafforzare ulteriormente la propria presenza alle prossime elezioni generali, facendo leva sul crescente malcontento popolare e sull’erosione dei consensi sia del Labour che dei Conservatori.

Maltempo, verso il picco di caldo, ma temporali nel weekend

Roma, 2 mag. (askanews) – Ci aspetta un weekend con temperature estive in tutta Italia, ma l’instabilità atmosferica è dietro l’angolo. Dopo un avvio di Maggio caratterizzato da un’ondata di caldo africano, si prevede un brusco cambiamento a partire da domenica 4 maggio, con l’arrivo di temporali e il rischio di grandinate.

Antonio Sanò, fondatore del sito www.iLMeteo.it comunica che l’inizio del weekend sarà segnato da una forte pulsazione dell’anticiclone africano. Questo porterà non solo stabilità atmosferica e sole, ma anche un aumento significativo delle temperature. Sabato 3 e domenica 4 maggio si prevedono punte massime tra i 28 e i 31°C in molte città italiane. Il caldo si farà sentire in particolare nelle pianure del Nord, al Centro, in Puglia e nelle due Isole Maggiori, con un’atmosfera che ricorderà quella estiva: su alcuni angoli delle regioni meridionali si potranno raggiungere picchi fino a 34°C.

Tuttavia, l’alta pressione non sarà duratura. Già da domenica 4 maggio, correnti fresche e instabili provenienti dal Nord Europa inizieranno a farsi sentire. Questo causerà, tra il pomeriggio e la sera, lo sviluppo di imponenti celle temporalesche. I primi temporali interesseranno le Alpi, per poi estendersi rapidamente alle pianure di Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Qualche fenomeno piovoso potrebbe raggiungere anche Liguria, Toscana e alto Lazio.

A causa del forte contrasto tra le masse d’aria diverse – le correnti fresche in arrivo e il caldo preesistente – e l’elevata energia potenziale in gioco, non si esclude il rischio di grandinate localizzate. In sintesi, ci aspetta un weekend di caldo e sole, ma è bene prepararsi a un cambio repentino del tempo con l’arrivo dei temporali.

Venerdì 2. Al Nord: sole e caldo in ulteriore aumento. Al Centro: soleggiato, caldo in ulteriore aumento. Al Sud: bel tempo prevalente, caldo in aumento.

Sabato 3. Al Nord: sole e caldo. Al Centro: cielo sereno o poco nuvoloso. Al Sud: sole e caldo.

Domenica 4. Al Nord: nubi in aumento, rovesci sui settori alpini e prealpini. Al Centro: dapprima soleggiato, peggiora entro sera sul versante tirrenico. Al Sud: piogge sparse entro sera su Sicilia e Calabria.

TENDENZA: impulso perturbato in azione sull’Italia, avvio di settimana con forte maltempo specie al centro-nord.

Lavoro, l’Istat: a marzo la disoccupazione sale al 6%, per i giovani al 19%

Roma, 2 mag. (askanews) – A marzo il tasso di disoccupazione sale al 6% (+0,1 punti), quello giovanile al 19% (+1,6 punti). E’ la stima provvisoria dell’Istat.

L’aumento delle persone in cerca di lavoro (+2,1%, pari a +32mila unità) si osserva soltanto per gli uomini e i minori di 50 anni d’età.

Il calo degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-0,1%, pari a -11mila unità) coinvolge gli uomini e i 35-49enni a fronte di un aumento tra le donne e nelle altre classi d’età, con l’eccezione dei 15-24enni che registrano una stabilità. Il tasso di inattività è invariato al 32,9%.

Kiev: "Intesa storica con Usa" sui minerali. Ecco cosa prevede

Roma, 2 mag. (askanews) – Kiev e Washington hanno firmato “un accordo minerario storico sull’uso congiunto delle risorse ucraine con gli Stati Uniti”. E’ questa la valutazione del capo dell’Ufficio del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Mikhailo Podolyak, dopo che le due parti hanno ufficializzato l’intesa sulle terre rare e altre risorse ucraine. “Questo risultato strategico conferma che l’Ucraina si è letteralmente guadagnata il diritto di parlare alla pari con le superpotenze”, ha scritto su X, aggiungendo che il testo non prevede alcun “debito”, “alcun obbligo di compensazione per il costo dei precedenti aiuti militari statunitensi”. Secondo quanto affermato da Podolyak, inoltre, “le severe richieste delle precedenti bozze di accordo sono state respinte con successo”. Il funzionario ucraino ha quindi confermato un orizzonte temporale di “10 anni per la ripresa” del Paese, con “tutti i profitti derivanti dagli investimenti” che “saranno reinvestiti in Ucraina almeno fino al 2034” e “miliardi” di dollari destinati “allo sviluppo infrastrutturale e tecnologico”.

L’accordo è stato raggiunto nella tarda serata di mercoledì, dopo settimane di tese trattative che hanno temporaneamente bloccato gli aiuti di Washington a Kiev. L’Ucraina è riuscita a ottenere condizioni più favorevoli dagli Stati Uniti prima di firmare l’intesa sui minerali. Kiev ha infatti convinto il presidente Trump ad abbandonare alcune delle sue richieste chiave, ma non è riuscita a includere le garanzie di sicurezza americane nell’accordo. Dalla capitale ucraina hanno quindi pubblicizzato il documento finale come una partnership paritaria tra Kiev e Washington, un netto cambiamento rispetto ad alcune delle bozze precedenti, descritte dal presidente Volodymyr Zelensky, come una richiesta degli Stati Uniti di “vendere il Paese”. L’accordo firmato, visionato dalla Cnn, sembra effettivamente essere più favorevole all’Ucraina rispetto ad alcune delle versioni precedenti. Zelensky ha dichiarato ieri che la firma dell’accordo sui minerali è stata “il primo risultato dell’incontro in Vaticano”. “Il presidente Trump e io abbiamo sfruttato al massimo ogni minuto del nostro tempo. Ne sono grato”, ha detto. Ecco i punti principali dell’intesa.

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Fondamentalmente, l’accordo non prevede che Kiev rimborsi gli Stati Uniti per gli aiuti già ricevuti – una concessione fondamentale da parte di Trump, che da tempo inquadra l’intesa come un “rimborso” da parte dell’Ucraina agli Stati Uniti. Inizialmente Washington aveva chiesto una quota di 500 miliardi di dollari delle terre rare e di altri minerali ucraini in cambio degli aiuti già forniti a Kiev. Quando Zelensky ha respinto l’idea, Trump lo aveva definito “un dittatore”.

Al contrario, l’accordo siglato mercoledì prevede che la futura assistenza militare americana all’Ucraina sarà considerata parte degli investimenti statunitensi in un fondo congiunto per la ricostruzione, che verrà utilizzato per investire nelle risorse naturali dell’Ucraina. Una impostazione comunque senza obblighi messi nero su bianco, ma contemporaneamente alla firma dell’accordo è arrivato il via libera dell’amministrazione americana a forniture di armamenti per almeno 50 milioni di dollari.

RISORSE NATURALI

L’accordo conferisce agli Stati Uniti diritti preferenziali, ma non esclusivi, sull’estrazione mineraria in Ucraina e stabilisce che Kiev avrà l’ultima parola su cosa e dove verrà estratto. L’Ucraina manterrà inoltre la proprietà del sottosuolo. “Tutte le risorse sul nostro territorio e nelle nostre acque territoriali appartengono all’Ucraina. È lo Stato ucraino a determinare dove e cosa estrarre”, ha dichiarato la ministra dell’Economia ucraina Yulia Svyrydenko, che ha firmato l’accordo a nome del suo Paese. E sebbene Trump abbia definito l’accordo un’intesa sulle “terre rare”, esso va ben oltre, includendo altre risorse naturali come petrolio, gas naturale, oro e rame.

RISORSE ESISTENTI E NUOVI PROGETTI

L’accordo è limitato ai nuovi progetti, il che significa che Stati Uniti e Ucraina dovranno investire per ottenere profitti. Sono escluse le attività minerarie esistenti che già generano entrate per il governo ucraino. Questa clausola mette in discussione i benefici dell’accordo per gli Stati Uniti. Sebbene l’Ucraina disponga di ingenti riserve di diversi materiali preziosi, il processo per estrarne alcuni è costoso e tecnicamente difficile. Gavin Mudd, direttore del Critical Minerals Intelligence Centre presso il British Geological Survey, ha dichiarato all’organizzazione no-profit Science Media Center che la produzione di alcuni minerali, come titanio, litio o grafite, potrebbe essere realizzata rapidamente, se le regioni in cui si trovano i giacimenti fossero sicure. “Tuttavia, nel caso delle terre rare, ci vorranno anni per aumentare la capacità produttiva”, ha detto. “Saranno necessari studi per valutare e determinare il modo migliore per estrarre i giacimenti, processare i minerali e produrre un concentrato ricco, e sarà necessaria una nuova raffineria per produrre metalli e ossidi ad alta purezza da utilizzare in numerose tecnologie. Tutto ciò si accompagna alla necessità di estrarre effettivamente i minerali”.

Il TONO DEL TESTO: LA RUSSIA E’ L’AGGRESSORE

A vantaggio dell’Ucraina, l’accordo adotta anche un linguaggio forte sulla guerra con la Russia. Indica Mosca come aggressore nel conflitto, discostandosi da alcune delle precedenti dichiarazioni di Trump sulla responsabilità dell’Ucraina e di Zelensky per la guerra. L’accordo definisce inoltre l’obiettivo di “un’Ucraina pacifica, sovrana e resiliente” – un passo notevole rispetto alle affermazioni di Trump di inizio anno, secondo cui “un giorno l’Ucraina potrebbe essere la Russia”.

GARANZIE UE

L’accordo mantiene aperta la porta a una potenziale futura adesione dell’Ucraina all’Unione Europea, affermando che gli investimenti devono essere effettuati in conformità con gli obblighi dell’Ucraina in quanto Stato candidato all’Ue. L’intesa aggiunge che, se l’Ucraina dovesse aderire all’Unione in futuro, questo accordo verrebbe rinegoziato “in buona fede”. Kiev ha invece abbandonato la sua richiesta fondamentale che gli Stati Uniti forniscano garanzie di sicurezza nell’ambito di questo accordo. È stata proprio questa richiesta a portare al fallimentare incontro tra Zelensky e Trump nello Studio Ovale a febbraio.

LA VALUTAZIONE USA

I termini dell’accordo dimostrano anche che gli Stati Uniti si sono assicurati una serie di vantaggi. Il segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent lo ha definito una “partnership economica storica”, affermando in una dichiarazione che “segnala chiaramente alla Russia che l’amministrazione Trump è impegnata in un processo di pace incentrato su un’Ucraina libera, sovrana e prospera a lungo termine”. L’accordo specifica che i guadagni e gli altri pagamenti effettuati nell’ambito dell’intesa saranno esenti da imposte e non soggetti ad alcun prelievo o dazio da parte dell’Ucraina.

Conclave, prove di fumata sulla Sistina. Montato comiglolo

Città del Vaticano, 2 mag. (askanews) – Una squadra di Vigili del fuoco dello Stato della Città del Vaticano è in questo momento sul tetto della Cappella Sistina intenta nei lavori di montaggio del comiglolo che servirà per le fumate durante il Conclave che si aprirà il 7 maggio per l’elezione del nuovo pontefice.

In mattinata, da quanto si apprende, saranno anche effettuate alcune prove per le stesse fumate che, come noto saranno di colore nero o bianco in corrispondenza della non elezione o dell’elezione del Pontefice.

Tajani, il doppio volto dell’europeista: tra Bruxelles e Roma vince l’ambiguità

Al congresso del PPE di Valencia, chiuso da pochi giorni, Antonio Tajani è stato riconfermato vicepresidente del partito. Un tributo alla sua lunga militanza nel campo del moderatismo europeo e alla sua coerente difesa dell’Ucraina contro l’aggressione russa. Meriti, questi, che nessuno contesta. Anzi, rappresentano la parte migliore del suo impegno pubblico.

E tuttavia, proprio quando il Partito popolare europeo avrebbe bisogno di una guida salda e coerente, Tajani rappresenta un paradosso difficile da giustificare. Non è solo questione del Green Deal, sul quale il leader di Forza Italia ha espresso l’auspicio di una “correzione” che sa troppo di scetticismo destrorso: la vera anomalia sta nei suoi rapporti con la destra italiana e, per riflesso, con quella europea.

Mentre la CDU tedesca chiude con nettezza alla AfD e sceglie l’alleanza con i socialdemocratici, Tajani governa in Italia fianco a fianco con Lega e Fratelli d’Italia: due partiti che, con sfumature diverse, ammiccano da anni ai sovranisti d’Europa. Salvini abbraccia Le Pen, Meloni strizza l’occhio a Orbán. È questo l’asse che sorregge il governo italiano, con Forza Italia dentro, senza distinguo né distanze. Anzi, con una lealtà che ha il sapore dell’acquiescenza.

In questo scenario, l’ambiguità di Tajani non è un dettaglio: è il segno di una certa confusione politica, mista a opportunismo, che indebolisce il PPE perché mina la credibilità del suo europeismo democratico. Il tandem Weber-Tajani sposta il baricentro popolare a destra, ben oltre il limite tracciato dalla tradizione democristiana europea. Si legittimano, così, forze che fino a ieri venivano considerate incompatibili con il progetto europeo.

Tajani parla come un europeista, ma agisce come un garante dell’unità della destra italiana, anche la più radicale. Il suo doppio volto è ormai evidente. E il PPE, se non vuole smarrire la propria vocazione originaria, dovrà scegliere se seguire la linea di centro (almeno in chiave tedesca) o quella di chi, come Tajani, predica in un modo a Bruxelles e pratica in altro modo a Roma.

La forza dell’unità sindacale per la difesa dei lavoratori

La difesa del lavoro, dei lavoratori, del ruolo delle organizzazioni sindacali sono temi che erano e restano centrali non solo per i cattolici impegnati in politica ma, semmai, per tutti coloro che hanno tra i propri obiettivi la difesa e la promozione dei ceti popolari da un lato e salvaguarda della qualità della democrazia dall’altro. Qualità della democrazia che individua proprio nel ruolo e nella mission del sindacato una delle sue ragioni centrali e decisive.

Ora, tutti noi conosciamo l’andamento delle relazioni tra le diverse sigle sindacali. E sappiamo anche che i rapporti sono sempre stati condizionati dalle singole leadership delle varie organizzazioni. Certo, lo storico sindacato rosso, ovvero la Cgil, ha sempre individuato nell’ormai collaudata “cinghia di trasmissione” con il partito di riferimento la sua ragion d’essere. Ma è altresì necessario sottolineare che grandi leader del passato della Cgil come Lama e Trentin non avevano la concezione del sindacato che oggi ha, per esempio, Landini, cioè una sorta di “partito ombra” o, meglio ancora, un luogo che raccoglie le svariate sinistre presenti nel nostro paese. Da quella radicale e massimalista della Schlein a quella estremista del trio Fratoianni/Bonelli/Salis, a quella populista dei 5 Stelle. Come conferma puntualmente, e quasi scientificamente, la concreta gestione della prossima partita referendaria, per fermarsi all’ultima occasione utile.

Come, d’altro canto, non sono lontanamente paragonabili le gestioni di Franco Marini o di Pierre Carniti alla guida della Cisl con l’attuale gestione del “sindacato bianco”.

Comunque sia, e al di là delle diverse personalità e dei molteplici stili di governo di una grande organizzazione sindacale, è indubbio che l’unità sindacale resta un caposaldo essenziale per la credibilità dell’intero sindacato nel nostro paese. E, del resto, senza un sindacato consapevolmente e responsabilmente unito è la stessa difesa delle ragioni dei lavoratori che entra in crisi. E non è un caso che, vista la posizione pregiudizialmente ideologica della Cgil, si rende di conseguenza quasi obbligatorio un dialogo differenziato con il Governo da parte del sindacato. Ben sapendo che quando prevale e persiste un pregiudizio di natura politica ogni confronto è destinato ad essere sacrificato sull’altare dell’interesse e della convenienza di natura politica.

Tocca, quindi, ai dirigenti sindacali delle altre organizzazioni intensificare tutte le iniziative finalizzate a costruire le condizioni ottimali per riavere una vera e forte unità sindacale. Seppur nella diversità politica e soprattutto culturale delle varie sigle, deve sempre prevalere una ragione superiore. E cioè, un sindacato forte e libero dai condizionamenti politici ed ideologici è in grado di confrontarsi altrettanto liberamente con il governo e le altre parti sociali puntando a risultati significativi e convincenti per le reali condizioni di vita dei lavoratori. Oltre, come ovvio, a costruire una cornice democratica complessiva che riesce a contenere le sacrosante proteste in una dimensione estranea alla violenza e ad ogni sorta di deriva populista e demagogica.

Ecco perché l’unità del sindacato è importante e decisiva. Per il futuro dei lavoratori e anche, e soprattutto, per la conservazione e il rilancio della nostra democrazia.

Franceschini, i brigatisti e la morte di spalle

Giorni fa è morto Alberto Franceschini, esponente di prima fila delle Brigate Rosse di un tempo. Pace all’anima sua, anche se tutti i protagonisti dell’epoca dovrebbero consumarsi la vita nel prendere le misure al delirio di cui furono in preda.

Per loro, tranne quelli afflitti da idiozia o ignoranza, non c’è scampo alla revisione delle loro imprese, ferma peraltro la consapevolezza di essere stati soltanto dei desolanti strumenti in mano ad altri di cui non si saprà mai. Per questo dovrebbero ancor più tormentarsi e smontare la presunzione e il super ego di cui erano afflitti.

Rileggendo i “Ritratti del coraggio, lo Stato italiano e i suoi magistrati” a cura di Stefano Amore, Nuova Scienza casa editrice, si ha un quadro impressionante dei magistrati che hanno dato la vita per difendere la loro fedeltà allo Stato e ai valori a cui hanno giurato fedeltà.

Nel libro è stata riportata la storia di 28 magistrati che dal 1960 fino al 1993 sono stati giustiziati da mano mafiosa o di terrorismo. Ciascuno di questi eroi è stato raccontato da altri colleghi magistrati che ne hanno descritto la condotta in vita oltre al carattere della persona e le qualità professionali.

In corso di lettura c’è un dato che impressiona e che costituisce un discrimine tra i morti per mafia e quelli per chi aspirava a sovvertire l’ordinamento democratico dello Stato, immaginando chissà quale rivoluzione da parte del popolo.

SI tratta di numeri che malgrado la loro aridità possono dire qualcosa e far riflettere. Su 28 figure descritte nel testo, solo 2 magistrati sono stati uccisi da uno squilibrato o per vendetta a causa di una sentenza ritenuta ingiusta.

Per il resto, ben 21 magistrati si sono mossi senza scorta, rinunciando alla protezione, così come il caso di Girolamo Tartaglione perché diceva “è come viaggiare a 150 all’ora in autostrada e se scoppia una gomma sei morto, non c’è niente che si possa fare”; un modo articolato per non esporre al pericolo il personale addetto alla sicurezza che avrebbe dovuto proteggerlo. Ancora, si contano 3 toghe che si sono semplicemente avvalse di un agente o di un autista che li conducesse al lavoro.

Delle 14 vittime di mafia o di ‘ndrangheta solo 2 sono state eliminate con colpi di mitra o lupara vilmente alla schiena. In una qualche misura anche da quelle parti si è tradito uno spietato codice d’onore.

Discorso diverso per chi è caduto per mano del terrorismo. C’è chi ha trovato la morte da azione brigatista mentre era a bordo di un autobus, come nel caso di Girolamo Minervini, o ne attendeva uno alla fermata, come accaduto a Mario Amato, giustiziato dal terrorismo nero. Si andava insomma al lavoro senza fanfare e senza auto blu, con la semplicità di qualunque uomo di strada.

Nell’elenco delle figure prese in esame dal libroin argomento, si legge che sul fronte del terrorismo Prima Linea si è distinta per 2 uccisioni, i Comunisti Combattenti per 1 assassinio al pari di Ordine Nuovo e NAR.

Menzione speciale meritano però in questa tragica scia di sangue le Brigate Rosse.

Delle 5 loro spietate esecuzioni, ben 3, oltre dunque la metà, sono state compiute facendo fuoco alle spalle del magistrato individuato come servo dello Stato e quant’altro ancora riconducibile alla retorica rozza e farneticante dell’epoca.

Hanno sparato alle spalle, sparpagliando bossoli e morte con la vigliaccheria di squallidi criminali, spargendo ovunque il loro triste fanatismo ed un odio insensato a cui si è opposta la società civile di allora.

Anni prima una canzone recitava: “Guardati alle spalle c’è qualcuno che ha un pugnale in mano per colpire te, sai come si chiama quel pugnale lì, si chiama amore…”. Non è stato l’amore ma la follia e la pochezza intellettiva e culturale ad ispirare quei rivoluzionari da strapazzo, responsabili di indecenti gesta di mattanza di uomini innocenti.

Pallottole arrivate alla schiena del bersaglio, perché quella era il codardo ardire di cui disponevano gli autori per schienarlo, per schierarsi così in più dalla parte degli infami. Ecco dunque il coraggio di quanti volevano essere i paladini di una sorta di un nuovo mondo che evidentemente sapevano descrivere unicamente di spalle, procedendo in vita, per la maggior parte, senza mai guardare in faccia il prossimo e tantomeno guardare in faccia la realtà di un Paese che li rifiutava e che non si sollevò affatto contro il potere costituito.

Lo spessore di questi rivoluzionari va tutta letta in quello che hanno combinato durante e dopo la stagione di sangue posta in essere. Senza un’arma in mano è venuta fuori ancor più tutta la inconsistenza e miseria delle loro persone. Colpisce in particolare come uno di essi, ad esempio, prima di essere arrestato in Thailandia, campava lavorando squallidamente nel mondo del porno. Non merita neanche ne sia citato il nome.

Il 1 maggio è appena stato il giorno dei Lavoratori. Non potranno festeggiarlo quei magistrati che hanno pagato con la vita la loro dedizione al lavoro. Sta a noi ricordarli con la gratitudine che meritano.

La Voce del Popolo | Il richiamo alla sobrietà delle date altrui

L’invito del governo affinché le celebrazioni del 25 aprile fossero “sobrie” appariva come una via di mezzo tra una ovvietà e un’offesa. È del tutto scontato infatti che i giorni del lutto per la scomparsa del Pontefice debbano essere improntati al rispetto del dolore collettivo.

Ma è anche assai probabile che quel richiamo alle buone maniere venuto da Palazzo Chigi voglia essere un modo, non proprio disinteressato, per derubricare i “festeggiamenti” antifascisti. Quasi che quei raduni, quei discorsi, quei cortei avessero in sé qualcosa di ludico. O di troppo divisivo. In quel richiamo alla “sobrietà” delle date altrui sembra di ravvisare una volta di più quella sorta di doppiezza con cui la nuova destra vive il passato alla vecchia maniera. Pagando l’obolo di una doverosa presa d’atto. Ma contemporaneamente insinuando il dubbio che dietro il tripudio per la liberazione del paese al tempo che fu si nasconda qualcosa d’altro. O meglio, qualcosa che appartiene solo agli “altri”.

Restiamo così ancora una volta in sospeso tra due modi antitetici di vedere le cose. Quelle di allora e tanto più quelle di oggi. Il governo non sembra rendersi conto che quel suo stare in sospeso tra i doveri e i sentimenti non giova alla sua stessa causa. E tuttavia, dato che viviamo tempi difficili, cerchiamo di prendere per il verso giusto anche l’invito alla sobrietà. A patto che diventi un vincolo per tutti. Inducendo anche la destra a darsi una misura e un contegno diversi da quelli che tende ad usare nella sua quotidiana battaglia politica.

 

Fonte – La Voce del Popolo – 30 aprile 2025

[Articolo qui riproposto per gentile concessione del direttore del settimanale della Diocesi di Brescia]

Da Valencia a Roma: dai Popolari europei una spinta a cambiare

Foto di Alexander Gresbek da Pixabay
Foto di Alexander Gresbek da Pixabay

Si è concluso l’altro ieri il congresso del Partito Popolare Europeo, tenutosi a Valencia. Nonostante il blackout che lunedì ha colpito la penisola iberica, raggi di luce politica hanno illuminato l’appuntamento cruciale che ha delineato l’assetto dei Popolari negli anni a venire. Confermato Weber, si registrano passi avanti importanti per i Paesi del Mediterraneo, con ala spagnola Dolors Montserrat, già ministra della salute in Spagna, eletta nuova segretaria generale. Il francese François Xavier Bellamy è il nuovo tesoriere. Dei 10 vicepresidenti, 4 sono del sud Europa, il portoghese Paulo Rangel, la croata Dubravka Suica, il greco Kostis Hatzidakis. Straconfermato anche Antonio Tajani, secondo nelle preferenze dietro al premio finlandese Petteri Orpo, ma primo per applausi e cori all’annuncio della rielezione.

La delegazione italiana si è contraddistinta anche per aver promosso un documento intitolato “Il patto sulla competitività del PPE per l’Europa: un nuovo impulso per occupazione e crescita”, a prima firma proprio del ministro degli esteri, che tanto successo ha riscosso tra i delegati. Alcuni, maliziosamente hanno fatto notare come l’argomento non sia stato scelto a caso e serva a controbilanciare a livello europeo quello proposto da Draghi, tanto stimato in casa PPE, a partire da Ursula, quanto temuto come competitor in una futura corsa alla successione di Sergio Mattarella. Tajani non ha perso l’occasione di marcare il territorio, continuando la tradizione di utilizzare lo scenario europeo per rinforzarsi in casa.

Ci si augura che questo percorso prosegua con coerenza e che, di conseguenza, Forza Italia sappia aprirsi per diventare quella vera forza moderata e popolare di cui l’Italia ha urgente bisogno, o che possa contribuire a guidarne il processo di creazione.

La guerra in Ucraina, il conflitto a Gaza, la questione dazi e i rapporti complessi con gli Usa, le relazioni con Cina ed India, le tensioni nel continente asiatico e le criticità in Africa e Sudamerica, l’urgenza di un’Europa forte con programmi chiari come quelli elaborati dal congresso PPE affermano di nuovo la necessità di una politica estera credibile e seria. Mai come oggi è l’agenda internazionale a dettare quella nazionale. Questo vale a maggior ragione in Italia, dove la componente leghista, storicamente vicina a Putin e che ha difeso Trump anche sui dazi, prima che cambiasse idea, sembra voler trovare ogni giorno dei nuovi motivi per mettere in discussione la posizione internazionale di Roma.

È chiaro che serva un riequilibrio che dia stabilità, non soltanto in termini numerici ma soprattutto di contenuti. Spetta, come sempre, ai moderati e popolari trovare le forme e i modi per coinvolgere società civile e allargare la base di consenso. I tempi sono già stretti.

Dopo il Canada, una riflessione per l’Italia sulle orme di Polito

Nel suo commento di ieri sul Corriere della Sera, Antonio Polito ha colto nel voto canadese un segnale da non sottovalutare: la vittoria dei liberali sui conservatori, favorita anche dalle improvvide parole di Donald Trump sull’ipotetica “annessione” del Canada agli Stati Uniti, indica che una parte significativa dell’opinione pubblica continua a credere nei valori del libero scambio, della cooperazione internazionale e della democrazia liberale.

Un viaggio in Canada – negli anni giovanili – mi ha aiutato a comprendere molto di questo (sconfinato) Paese. La bontà della sua gente, così diversa dalla “ruvidezza” di una certa America profonda. Il controllo (efficace) delle armi, un Welfare costruito sul modello europeo. Il cosmopolitismo è sostanzialmente riuscito, nelle grandi città come nei piccoli borghi. L’orientamento del nuovo governo di Ottawa verso la UE non sorprende: a giudizio di chi scrive, la ‘special relationship’ con Bruxelles appare oggi una via quasi obbligata.

Ma torniamo a Polito. «L’irruzione di Trump sulla scena della politica nelle democrazie occidentali – scrive l’editorialista del Corriere – ha […] polarizzato e radicalizzato lo scontro politico, apparentemente favorendo dunque uno schema destra contro sinistra e viceversa. Ma lascia anche uno spazio crescente a quelle fette di opinione pubblica e di classi dirigenti che scommettono ancora sul libero scambio e sulla globalizzazione come occasioni di prosperità, e propongono le liberaldemocrazie come sistemi migliori delle “democrature”».

Proviamo a trarre le conclusioni, ovviamente le nostre. Quel che emerge dal voto canadese è uno spunto prezioso anche per l’Italia. In un clima segnato da opposti estremismi, cresce (nel mondo) l’esigenza di una proposta politica capace di ricomporre le fratture, recuperando il senso della misura e della responsabilità. Non si tratta di evocare nostalgicamente il passato, ma di costruire una nuova centralità fondata sulla cultura della mediazione e del bene comune.

In questo quadro, l’apporto dei cattolici democratici non è solo auspicabile: è necessario. La loro tradizione – ispirata al personalismo, alla solidarietà, alla sussidiarietà – rappresenta ancora oggi una risorsa per rigenerare la democrazia e contrastare la deriva delle passioni tristi.

O si sta in questo sforzo di ricomposizione, oppure si accetta la logica della frammentazione. E sarebbe una resa, non solo politica ma civile.

Perché una legge proporzionale elettorale

La nostra storia politica è iniziata con i Popolari di Sturzo, grazie all’estensione del voto varata dal governo Giolitti e all’introduzione del sistema elettorale proporzionale puro (Legge 1401/1919). Questo sistema fu superato dall’infame Legge Acerbo del 1923 (proporzionale con premio di maggioranza, che permise la legittimazione della vittoria del fascismo), cui seguirono le leggi 122/1925 e 1019/1928 a sostegno del sistema plebiscitario. Fu con la legge 74/1946 che fu ripristinato il sistema proporzionale classico, come indicato dalla Costituzione Italiana.

L’amico On. Giorgio Pizzol, con una nota del 3 ottobre 2020, ha ben riassunto le ragioni di questa scelta con queste chiare indicazioni:

Gli articoli 48 e 51 della Costituzione recitano rispettivamente:

“Sono elettori tutti i cittadini, il voto è personale ed eguale, libero e segreto”;

“Tutti i cittadini possono accedere alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza”.

Queste norme dispongono precisamente:

* che il voto di ciascun elettore deve avere lo stesso valore, lo stesso peso;

* che il voto deve poter essere espresso secondo la libera scelta di ciascuno;

* che il risultato del voto deve rispettare le scelte di tutti gli elettori;

* che a tutti i cittadini è consentito di candidarsi alle elezioni in condizioni di pari opportunità di essere eletti.

Date le norme costituzionali sopra citate, vi è un solo sistema elettorale che le può rispettare integralmente: il proporzionale puro (senza sbarramenti e senza premi di maggioranza).

Una legge proporzionale pura funziona in questo modo:

Si presentano alle elezioni diverse liste di partiti: A, B, C, ecc. La lista A ottiene il 40% dei voti e avrà il 40% dei seggi; la lista B ottiene il 20% dei voti e avrà il 20% dei seggi; la lista C ottiene il 3% dei voti e avrà il 3% dei seggi; e così via.

Con questo sistema, ogni elettore ottiene che il suo voto sia “uguale” a quello degli altri “in entrata”, ossia quando vota, e anche “in uscita”, ossia nel risultato delle assegnazioni dei seggi. Quindi, ogni elettore sarà rappresentato nei seggi del Parlamento in proporzione esatta al numero di voti ottenuti dalla lista per cui ha votato. Se la lista per la quale ha votato, da sola o in accordo con altre, andrà a costituire la maggioranza che darà vita al Governo, sarà rappresentato nella maggioranza; diversamente, sarà comunque rappresentato in una delle liste che hanno ottenuto seggi in Parlamento come minoranze.

Qualsiasi altro sistema elettorale va giudicato come incostituzionale.

Vediamo come funzionano altri sistemi.

Caso del sistema maggioritario “all’inglese”: In ogni collegio elettorale solo il candidato della lista che ottiene il maggior numero di voti ottiene il seggio. Il voto degli elettori che hanno votato per i candidati delle altre liste va disperso. Dunque, per loro, il principio di “uguaglianza” del voto viene clamorosamente violato. All’esito delle elezioni con questo sistema, solo una “minoranza” di elettori è rappresentata in Parlamento.

Caso del sistema proporzionale con “premio di maggioranza”: La lista (o il gruppo di liste) che ottiene una maggioranza relativa di una certa percentuale (mettiamo il 40%) prende comunque il 51% o il 55% dei seggi. In questo caso, gli elettori che hanno votato per le altre liste hanno “regalato” il loro voto alla lista vincente.

Caso del proporzionale con sbarramento: Le liste che non ottengono la percentuale di voti fissata come sbarramento non ottengono alcun seggio. Gli elettori di queste liste hanno “regalato” il loro voto alle altre.

Conclusione: la nostra è una Costituzione democratica “pura” ed esige una legge proporzionale “pura”. A rafforzare la conclusione sopra esposta aggiungeremo che l’articolo 49 della Costituzione dice: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Il senso dell’articolo è intuitivo e lo riassumeremo così: ogni partito ha diritto di essere rappresentato in Parlamento in proporzione esatta dei voti che riesce ad ottenere dagli elettori.

Tale sistema fu abbandonato nel 1993 con l’approvazione del Mattarellum, un sistema misto proporzionale-maggioritario, superato nel 2005 dal Porcellum, un sistema proporzionale con premio di maggioranza (dichiarato parzialmente incostituzionale), sostituito dall’Italicum nel 2015 (proporzionale con premio di maggioranza e sbarramento) sino all’attuale Rosatellum del 2017, con il ritorno a un sistema misto proporzionale-maggioritario, tuttora vigente.

Il compianto Guido Bodrato, profondo intenditore della materia, nel settembre 2019 sottolineava che: “I proporzionalisti sono convinti di respingere, con la proporzionale, l’ondata sovranista, che si fonda sul maggioritario. I maggioritari sono convinti di poter mettere in campo una coalizione di destra più forte di quella organizzabile del fronte di sinistra. Decideranno gli elettori…In realtà, continuava Bodrato, l’uninominale a un solo turno non garantisce una maggioranza parlamentare e, nello stesso tempo, minaccia un potere senza limiti… E se si dovesse varare una legge a doppio turno, sarebbero le coalizioni che si confrontano nel secondo turno a decidere la geografia del Parlamento. Come in Francia, dove il nazional-populismo di Le Pen, pur essendo la maggioranza relativa, si è visto sbarrare la strada da coalizioni europeiste….”. Per concludere che: “sono favorevole a una riforma caratterizzata da una “proporzionale corretta”: da una clausola di esclusione non superiore al 3 per cento e – se possibile – da un premio di maggioranza che permetta alla lista (o alla coalizione) che supera il 45 per cento dei voti di diventare maggioranza di governo. Di un governo che potrà essere messo in crisi solo quando esista – come prevede il sistema tedesco – un’altra maggioranza parlamentare.”

Un’analisi perfetta di ciò che sarebbe accaduto, se consideriamo che l’On. Meloni, espressione della maggioranza relativa di una coalizione votata da meno della metà del corpo elettorale, con il 23% dei voti dell’elettorato avente diritto, detiene un potere prevalente nel governo e, timorosa del possibile formarsi di una coalizione alternativa, sta già meditando un cambiamento ancor più favorevole dell’attuale legge elettorale (una nuova legge Acerbo?).

Il comitato referendario per la rappresentanza, guidato dall’Avv. Enzo Palumbo, ha tentato senza successo la strada della legge di iniziativa popolare per il superamento del Rosatellum e il ritorno alla proporzionale, con l’obiettivo di superare il Rosatellum che costringe all’attuale bipolarismo forzato. Un sistema di cui godono la rendita di posizione Fratelli d’Italia e PD e che impedisce la nascita di un centro politico in grado di raccogliere il consenso di quella vasta platea di elettori renitenti al voto. Tale obiettivo è stato ripreso dal movimento di Iniziativa Popolare che, nella riunione del comitato direttivo del 29 aprile, ha concordato di presentare entro la metà di giugno la richiesta di avvio della raccolta firme presso la Corte di Cassazione. Questo è il momento per trovare le indispensabili condivisioni con quanti (partiti, movimenti e associazioni) sono interessati a concorrere insieme a detta presentazione e a sostenerne il perseguimento con la raccolta delle 50.000 firme online.

Calcio: Barcellona-Inter 3-3, i nerazzurri sognano la finale

Roma, 30 apr. (askanews) – Finisce 3-3 tra Barcellona e Inter l’andata delle semifinali di Champions League al Montjuic. Gara bellissima: l’Inter gioca con coraggio, segna 3 gol e si giocherà l’accesso alla finale a San Siro partendo alla pari con i blaugrana. Al primo affondo nerazzurri avanti con un gol di tacco di Thuram. Dumfries fa 2-0 al 21′. Il Barça si scuote e accorcia immediatamente con Yamal e prima del break trova il 2-2 con Torres. Nella ripresa, ancora Dumfries riporta avanti l’Inter, Raphinha dopo 2′ costringe Sommer all’autogol. Rete annullata a Mkhitaryan e traversa di Yamal nel finale. Si decide tutto il 6 maggio a San Siro.

Calcio, Palladino: "Sogniamo di arrivare in finale"

Roma, 30 apr. (askanews) – Giornata di vigilia per la Fiorentina, che domani alle 21 scenderà in campo a Siviglia contro il Real Betis per l’andata delle semifinali di Conference League. “Kean è rientrato ieri, si è allenato regolarmente – le parole di Palladino a Sky alla vigilia – Sta bene, abbiamo parlato, è sereno e carico per poter giocare. Devo fare tante considerazioni perché è stato lontano dal campo per una settimana, però è rientrato con grande voglia. Abbiamo una partita molto importante sia domani che domenica contro la Roma, poi avremo il ritorno giovedì prossimo. Sono tante gare, devo gestire un gruppo che mi sta dando grandi soddisfazioni. Stiamo bene tutti, siamo carichi, ovviamente per domani abbiamo grandi motivazioni per fare una prestazione importante”. Sul Real Betis dice: “Il valore degli avversari è assoluto: una squadra matura, composta da grandi campioni che hanno calcato palcoscenici importanti e con un grande allenatore. Ci sono tante insidie: giochiamo nel loro stadio, fanno tanto possesso palla, sono a 1 punto dalla Champions League in campionato. Non dobbiamo commettere l’errore di entrare in campo senza coraggio e personalità. Giochiamo davanti a un pubblico molto caldo, lo sappiamo e abbiamo preparato bene la partita. Vogliamo fare la nostra prestazione”.

Quanto mancherà Dodò? “Tanto, perché ha fatto e sta facendo un grandissimo campionato. Sta riprendendo, oggi ha iniziato a correre e valutiamo giorno per giorno. Chi l’ha sostituito l’ha fatto alla grande, Folorunsho e Parisi hanno fatto un grande lavoro in quella posizione contro l’Empoli. Siamo coperti in assenza di Dodò”. Infine la vigilia: “Sinceramente non sono emozionato, sono molto orgoglioso e felice di questo percorso che stiamo facendo con i ragazzi. Sono felice per loro, dopo un annata molto avvincente e difficile si sono meritati di giocarsi questa semifinale contro una squadra molto forte. Sarà difficile, lo sappiamo bene e siamo pronti. Il nostro sogno è quello di arrivare fino in fondo e siamo qui per questo”.

Il museo come opera d’arte, il Correr di Carlo Scarpa

Venezia, 30 apr. (askanews) – Il Museo Correr di Venezia vive della visione allestitiva di Carlo Scarpa, della sua capacit di creare spazi contemporanei all’interno dei quali ospitare capolavori antichi, come il “Cristo morto sostenuto dagli angeli” di Antonello da Messina oppure le due “Dame veneziane” di Carpaccio. Ora, per mettere ancora pi in luce il valore degli interventi dell’architetto e la sua eredit verso il futuro del museo, stata allestita nella Sala delle quattro porte la mostra “Il Correr di Carlo Scarpa”.

“Abbiamo cercato – ha detto ad askanews Mariacristina Gribaudi, presidente della Fondazione Musei Civici Venezia – di avere di nuovo Carlo Scarpa tra di noi, che era un uomo visionario, era un uomo ancora totalmente presente. Tutto il museo Correr, il primo e il secondo piano parlano di Carlo Scarpa. Quindi da parte nostra c’ stato proprio questo desiderio di poterlo riportare nel museo e spiegare tutte le attivit che ha fatto e il suo modo di pensare, soprattutto alle nuove generazioni”.

La mostra propone una restituzione dell’architettura e degli arredi scarpiani del Correr, attraverso fotografie d’epoca dell’Archivio Fotografico MUVE ed esemplari originali degli oggetti di design creati da Scarpa per il museo: vetrine e teche, il famoso cavalletto, supporti, snodi e incastri. Che osservati oggi fanno capire quanto l’allestimento sia esso stesso opera d’arte. “Non mai un elemento esterno – ha aggiunto la presidente Gribaudi – ma fa parte del museo stesso, fa parte dell’opera, si fonde nell’opera con questa capacit di adattamento che noi troviamo meravigliosa e che proprio emerge in ogni angolo e in ogni sala del Museo Correr”.

L’obiettivo del progetto il recupero filologico mediante restauro o manutenzione di quanto conservato: al primo piano, alcune sale modificate nel tempo, con il ripristino di vari elementi museografici originali; al secondo piano, l’intero apparato allestitivo ancora pressoch integro e, viene da dire, ormai parte essenziale della stessa identit del Correr.

Stellantis ricavi I trim -14%, sospesi guidance ed export Ue-Usa per dazi

Milano, 30 apr. (askanews) – Stellantis chiude il primo trimestre con ricavi netti in calo del 14% a 35,8 miliardi di euro a causa del calo delle consegne (-9% a 1,217 milioni di auto) e di un mix prodotto e prezzi sfavorevoli. Alla luce delle incertezze legate ai dazi, il gruppo ha deciso di sospendere la guidance finanziaria per il 2025, con l’obiettivo di diffonderla quando lo scenario sarà più chiaro. In calo il titolo in Borsa, -1,9% a 8,1 euro, a fronte di un -0,7% del Ftse Mib.

Sempre a causa dei dazi, Stellantis ad aprile ha sospeso “temporaneamente” l’esportazione di auto dall’Europa agli Stati Uniti. Dall’Italia nel 2024 sono stati esportati circa 20mila veicoli negli Usa dei marchi Fiat (la 500e prodotta a Mirafiori), Alfa Romeo, Dodge e Maserati, ma diversi modelli sono oggi fuori produzione.

I veicoli assemblati da Stellantis negli Usa (soggetti a dazi solo su alcuni componenti) rappresentano il 58% degli 1,2 milioni importati nel 2024. Della quota restante, il 95% sono prodotti in Canada e Messico e sono conformi all’accordo di libero scambio Usmca.

“Negli Usa metteremo in campo azioni per salvaguardare la redditività, compresi temporanei aggiustamenti della produzione e riduzioni di posti di lavoro. Siamo impegnati in un confronto costante con l’amministrazione Usa”, ha spiegato il Cfo, Doug Ostermann, che giudica positivamente l’allentamento dei dazi sull’auto annunciato dal presidente Trump.

Lo stock di veicoli nuovi, fra le cause dei guai negli Usa, è sostanzialmente stabile rispetto a dicembre a 1,21 milioni di mila unità (333mila di proprietà).

“Abbiamo avuto un primo trimestre sfidante, ma siamo incoraggiati dai progressi della ripresa commerciale. Ci concentriamo sull’esecuzione della nostra strategia”, ha detto il Cfo di Stellantis, Doug Ostermann, durante la call con gli analisti.

In Europa Stellantis ha lanciato nuovi modelli nello strategico segmento B (C3 Aircross, Opel Frontera e Fiat Grande Panda), i cui effetti saranno più evidenti nel secondo trimestre, e diversi modelli aggiornati, registrando una crescita della quota di mercato (17,3%, +1,9 pp rispetto al quarto trimestre 2024). In aumento anche gli ordini al dettaglio negli Stati Uniti (+82%, livello più alto da giugno 2023), con le vendite di Jeep Grand Cherokee e Compass in crescita di oltre il 10% su base annua. La quota di mercato è pari al 7,1% rispetto all’8% di fine 2024. Anche il ‘terzo motore’ del gruppo ha registrato una crescita, confermando la leadership del gruppo in Sud America (quota 23,8%, +1,5pp). Nella Regione del Medio Oriente e Africa, alla prese con restrizioni alle importazioni in alcuni Paesi, il gruppo “continua a focalizzarsi su sforzi di localizzazione per migliorare i volumi nel medio termine”.

Infine riguardo il futuro Ceo, il processo di selezione è “a buon punto” e si concluderà, come annunciato, entro la prima metà del 2025.