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lunedì, 21 Luglio, 2025
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Il pontificato di Bergoglio, nel nome di Francesco per la difesa della natura e della terra

Roma, 21 apr. (askanews) – “Un’ Enciclica sull’ecologia integrale in cui la preoccupazione per la natura, l’equità verso i poveri, l’impegno nella società, ma anche la gioia e la pace interiore risultano inseparabili”. Con queste parole la Radio Vaticana sintetizzava l’uscita dell’enciclica “Laudato sì” di Papa Francesco pubblicata il 18 giugno 2015, la prima di un pontefice romano integralmente dedicata alla “cura della casa comune”. Un documento che ormai è divenuto un faro per tutto il mondo ambientalista ed un punto di riferimento anche fuori dal mondo cattolico per quanti si battono per la salvaguardia del bene più prezioso del pianeta terra, la sua integrità e biodiversità. Jorge Mario Bergoglio, scegliendo anche il nome di Francesco, ispirato alla figura del poverello di Assisi aveva dato fin da subito una indicazione delle sue priorità e questa è restata tale fino alla fine.

Suddivisa in sei capitoli, l’Enciclica raccoglie, in un’ottica di collegialità, diverse riflessioni delle Conferenze episcopali del mondo. Il Papa nel documento, mette in guardia dalle gravi conseguenze dell’inquinamento e da quella “cultura dello scarto” che sembra trasformare la terra, “nostra casa, in un immenso deposito di immondizia”. Dinamiche che si possono contrastare adottando modelli produttivi diversi, basati sul riutilizzo, il riciclo, l’uso limitato di risorse non rinnovabili. Anche i cambiamenti climatici sono “un problema globale”, spiega l’Enciclica, così come l’accesso all’acqua potabile, che va tutelato in quanto “diritto umano essenziale, fondamentale ed universale”, “radicato nell’inalienabile dignità” dell’uomo. Centrale, inoltre, la tutela della biodiversità perché ogni anno, a causa nostra, “scompaiono migliaia di specie vegetali e animali che i nostri figli non potranno vedere”. E “non ne abbiamo il diritto”, sottolinea Francesco, evidenziando poi l’esistenza di un “debito ecologico”, soprattutto tra il Nord e il Sud del mondo, connesso a squilibri commerciali. “Il debito estero dei Paesi poveri – infatti – si è trasformato in uno strumento di controllo, ma non accade la stessa cosa con il debito ecologico”.

La sua voce in difesa di una “ecologia integrale” è risuonata per tutti gli anni del suo pontificato senza stancarsi mai attirandosi all’inizio plausi e, insieme, diffidenza quando non ostilità ed, infìne, una sorta di indifferenza per la mancanza di una seria volontà politiche – come si dice in questi casi – di voler affrontare seriamente la questione.

In occasione delle ultime Giornate mondiali dell’ambiente, ricevendo in Vaticano i promotori del “Green and Blue Festival”, il Papa aveva avuto modo di tornare ad esprimere le sue preoccupazioni.

Il Papa citando il rapporto dell’IPCC sul clima, aveva detto in quella occasione che “le scelte e le azioni messe in atto in questo decennio avranno impatti per migliaia di anni”, in particolare per quanto riguarda gli effetti sul clima del pianeta. “Il fenomeno del cambiamento climatico ci richiama insistentemente alle nostre responsabilità: esso investe in particolare i più poveri e più fragili, coloro che meno hanno contribuito alla sua evoluzione. È dapprima una questione di giustizia e poi di solidarietà”, rilanciando l’approccio di “integralità” alla salvaguardia del Creato. Come mostrato dalla pandemia di Covid-19, ha concluso Francesco, “il nostro mondo è ormai troppo interdipendente e non può permettersi di essere suddiviso in blocchi di Paesi che promuovano i propri interessi in maniera isolata o insostenibile”.

La morte di Papa Francesco, il calcio si ferma: nessuna partita sarà giocata

Roma, 21 apr. (askanews) – E’ ufficiale. Con la morte di Papa Francesco oggi non si giocheranno le partite che erano in programma. La Lega Serie A prima ha comunicato il rinvio delle gare di Serie A e Primavera. “A seguito della scomparsa del Santo Padre, la Lega Nazionale Professionisti Serie A comunica che le gare previste nella giornata odierna di Campionato di Serie A Enilive e Primavera 1 sono rinviate a data da destinarsi”. Poi la FIGC ha chiarito che tutte le competizioni sono sospese: “La FIGC, d’intesa con tutte le componenti federali, sospende tutte le competizioni in programma nella giornata di oggi, dalla Serie A ai Dilettanti”. Le gare rinviate di Serie A Torino-Udinese Cagliari-Fiorentina Genoa-Lazio Parma-Juventus.

Le battaglie di Papa Francesco, la lotta agli abusi e il contrasto della pedofilia

Roma, 21 apr. (askanews) – Una delle spine (ereditata dal passato) del pontificato di Papa Bergoglio è stata certamente quella legata agli abusi e al contrasto della pedofilia. Una “battaglia” che Francesco ha combattuto con diverse armi, da quelle giuridiche a quelle pastorali. Una ferita non guarita nel corpo della Chiesa universale che ha trovato, tra le altre, una sua espressione quasi iconica nel caso legato al gesuita ed artista, padre Marko Rupnik accusato di aver perpetrato abusi fisici e psicologici su alcune religiose, con l’aggravante dell’aver sfruttato anche il suo ruolo di religioso. Una caso ancora aperto che ha messo in evidenza, se non omissioni, certamente sottovalutazioni e colpevoli superficialità. Tra gli strumenti messi in campo per la prevenzione quello della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, istituita presso il Dicastero per la Dottrina della Fede, alla quale proprio Francesco si è rivolto, nel corso di una udienza il 5 maggio 2023, chiedendo di “affrontare le sfide attuali con saggezza e coraggio”.

“Negli ultimi dieci anni abbiamo tutti imparato molto, me compreso! L’abuso sessuale di minori da parte del clero e la sua cattiva gestione da parte dei leader ecclesiastici sono stati una delle sfide più grandi per la Chiesa del nostro tempo”, non si è nascosto in quella occasione il Papa.Una crisi, che è stata messa in luce in ogni aspetto della vita sociale ma che, “però, è particolarmente grave per la Chiesa, perché mina – ha poi voluto sottolineare Francesco- la sua capacità di abbracciare in pienezza la presenza liberatrice di Dio e di esserne testimone. L’incapacità di agire correttamente per fermare questo male e di venire in aiuto alle sue vittime – è la portata della sfida – ha deturpato la nostra stessa testimonianza dell’amore di Dio”.

Da ricordare, tra le iniziative del pontefice argentino, anche l’emanazione del Motu Proprio “Vos estis lux mundi” (VELM), che ora è un regolamento permanente, nel quale si sollecita la predisposizione di luoghi deputati e strutturati per raccogliere le accuse e la cura di coloro che dicono di essere stati danneggiati da abusi. Strutture ormai partite in quasi tutte le diocesi del mondo.

Per comprendere la portata del problema ed il peso che lo steso Papa Francesco ne ha dato, basta ricordare gli innumerevoli interventi ed incontri fatti con le vittime di abusi in ogni parte del mondo e la coscienza, come da lui affermato, che “oggi nessuno può dire onestamente di non essere toccato dalla realtà degli abusi sessuali nella Chiesa, con la consapevolezza che “una cultura della tutela avrà luogo solo se ci sarà una conversione pastorale in tal senso tra i suoi leader”. Un impegno che Francesco ha reputato sempre da implementare “per migliorare le linee guida e gli standard di comportamento del clero e dei religiosi” su questo drammatico fronte.

Ma il pensiero “pastorale” del Papa argentino su questa ferita aperta nella Chiesa è stata forse spiegata ancora meglio, nel corso dell’incontro avuto con i confratelli gesuiti a Budapest in uno dei suoi viaggi pastorali, nell’aprile del 2023. Rispondendo ad una domanda di un padre gesuita sull’argomento, il Papa ha detto: “Come avvicinarci, come parlare agli abusatori per i quali proviamo ribrezzo? Sì, anche questi sono figli di Dio. Ma come si può amarli? La tua domanda è molto forte. L’abusatore va condannato, infatti, ma come fratello. – ha detto Francesco – Condannarlo è da intendere come un atto di carità. C’è una logica, una forma di amare il nemico che si esprime anche così. E non è facile da capire e da vivere”.

“L’abusatore è un nemico. Ciascuno di noi lo sente tale perché ci immedesimiamo nella sofferenza degli abusati. – ha quindi aggiunto Papa Francesco – Quando senti che cosa l’abuso lascia nel cuore delle persone abusate, l’impressione che ne ricevi è tremenda. Anche parlare con l’abusatore ci fa ribrezzo, non è facile. Ma anche loro sono figli di Dio. E ci vuole una pastorale. Meritano una punizione, – ha quindi concluso – ma insieme anche una cura pastorale. Come farlo? No, non è facile”.

Papa Francesco verrà sepolto nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Le tombe dei Papi fuori da San Pietro

Roma, 21 apr. (askanews) – Papa Francesco non sarà sepolto nelle Grotte Vaticane: la sua decisione, annunciata durante una intervista televisiva, è stata di voler essere sepolto nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. Papa Francesco non sarà l’unico Pontefice ad essere sepolto fuori dalla Città del Vaticano, anche se la Basilica Papale di Santa Maria Maggiore a Roma, dove – come ha voluto – sarà tumulato, nelle grotte sotto l’icona mariana della Salus Populi Romani, fa parte delle zone extraterritoriali della Santa Sede in Italia. La tradizione di seppellire i Papi nella Basilica di San Pietro è molto antica e risale al IV secolo: tuttavia, nel corso dei secoli, ci sono stati anche alcuni pontefici che hanno scelto di essere sepolti altrove. L’ultimo prima di Francesco era stato Leone XIII, sepolto a San Giovanni in Laterano a Roma nel 1903.

Diciotto papi che si sono succeduti dalla fine del Concilio di Trento (1563) ad oggi sono sepolti a Roma ma non in Vaticano: Zosimo (418) a San Lorenzo fuori le Mura; Sisto III (440) a San Lorenzo fuori le Mura; Ilario (468) a San Lorenzo fuori le Mura; Damaso II (1048) a San Lorenzo fuori le Mura; Clemente VII (1478-1534) a Santa Maria sopra Minerva; Pio IV (1559-1565) nella Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri; San Pio V (1566-1572) nella Basilica di Santa Maria Maggiore; Sisto V (1585-1590) nella Basilica di Santa Maria Maggiore; Urbano VII (1590) nella Basilica di Santa Maria Sopra Minerva; Clemente VIII (1592-1605) nella Basilica di Santa Maria Maggiore; Paolo V (1605-1621) nella Basilica di Santa Maggiore; Gregorio XV (1621-23) nella chiesa di Sant’Ignazio di Loyola al Campo Marzio; Innocenzo X (1644-1655) nella chiesa di Sant’Agnese in Agone; Clemente IX (1667-1669) nella Basilica di Santa Maria Maggiore; Benedetto XIII (1724-1730) nella Basilica di Santa Maria Sopra Minerva; Clemente XII (1730-1740) nella Basilica di San Giovanni in Laterano; Clemente XIV (1769-1774) nella Basilica dei Santi XII Apostoli; il Beato Pio IX (1846-1878) nella Basilica di San Lorenzo fuori le Mura; Leone XIII (1878-1903) nella Basilica di San Giovanni in Laterano.

Circa trenta Papi sui 266 che si sono finora succeduti poi non sono sepolti a Roma. Tra loro Gregorio XII (1406-1415) nella Concattredale di Recanati, nelle Marche; Benedetto XII (1334-1342) e Giovanni XXII (1316-1334) ad Avignone, Francia; San Celestino V (1294) nella Basilica di Collemaggio, L’Aquila; il Beato Gregorio X (1271-1276) ad Arezzo; San Gregorio VII (1073-1085) a Salerno; Sant’Adeodato I (615-618) a Cinto Euganeo, in Veneto; Giovanni XXI (1210-1277) Cattedrale di San Lorenzo, Viterbo; Martino IV (1210-1285) Cattedrale di San Lorenzo, Perugia; Urbano V (1310-1370): Abbazia di San Vittore, Marsiglia; Clemente V (1264-1314) nella Collégiale Notre-Dame d’Uzeste, Francia; Clemente VI (1291-1352) Abbazia di Chaise-Dieu, Francia; Innocenzo VI (1282-1362) chiesa della certosa di Notre-Dame-du-Val-de-Bénédiction, Francia.

Papa Francesco, il Vaticano: il Giubileo resta aperto, non ci sarà canonizzazione di Carlo Acutis

Città del Vaticano, 21 apr. (askanews) – “Il Giubileo è stato aperto, resta aperto. Le celebrazioni giubilari liturgiche continuano, il Giubileo degli Adolescenti ci sarà, ma non ci sarà la canonizzazione di Carlo Acutis”: lo ha riferito la sala stampa della Santa Sede.

“In seguito alla morte del Sommo Pontefice Francesco, si comunica che la Celebrazione Eucaristica e il Rito della canonizzazione del Beato Carlo Acutis, prevista il 27 aprile 2025, II domenica di Pasqua o della Divina Misericordia, in occasione del Giubileo degli Adolescenti, è sospesa”, ha comunicato il Vaticano.

Pace e immigrazione, due grandi battaglie di Papa Francesco

Roma, 21 apr. (askanews) – Non c’è dubbio che il pontificato di Papa Francesco sarà ricordato anche per due grandi battaglie (accanto a quella per l’ambiente e la cura del creato): la pace e l’accoglienza dei migranti che a rischio della vita continuano a cercare possibili vie di fuga da fame e conflitti. Due battaglia che spesso hanno rappresentato per il “Papa venuto da lontano” altrettante spine.

Il conflitto in Ucraina prima e il riesplodere della guerra israelo-palestinese in medio Oriente poi, con i tentativi anche diplomatici per porvi rimedio, lo scontro sotto-traccia contro gli imperialismi, che ancora dominano il mondo ha fatto da sfondo a moltissimi dei suoi interventi dallo scoppio del conflitto prima in Europa e poi in M.O. con una costante denuncia dell’industria bellica e di quanti si arricchiscono costruendo armi sempre più sofisticate e, quindi, costose. Spese miliardarie, ha sempre ricordato Papa Bergoglio, che se impiegate per il bene delle popolazioni mondiali avrebbero risolto quasi del tutto problemi legati a fame e malattie.

Non che prima, Francesco non si fosse esposto in favore di una politica che finalmente ponesse fine alla logica dei conflitti come risoluzione delle dispute internazionali, denunciando con forza, appunto, i mercanti di morte e l’inerzia delle organizzazioni internazionali, prima fra tutte l’Onu, in difesa delle popolazioni civili, ormai le prime vittime degli interessi espansionistici dei nuovi imperi. Interventi in questo senso si sono susseguiti quasi senza sosta, nei discorsi al Corpo diplomatico e nei consessi internazionali, per chiedere un rilancio del peso e del senso stesso delle istituzioni internazionali, prima fra tutte le Nazioni Unite. In un messaggio del 2017 per la sessione Onu sulla non proliferazione delle armi nucleari, il Papa affermava che la stessa Carta delle Nazioni Unite indica quali sono “le fondamenta della costruzione giuridica internazionale: la pace, la soluzione pacifica delle controversie e lo sviluppo delle relazioni amichevoli tra le nazioni. Un’etica e un diritto basati sulla minaccia della distruzione reciproca – e potenzialmente di tutta l’umanità – sono contraddittori con lo spirito stesso delle Nazioni Unite”, osservava.

“Il compito delle Nazioni Unite, a partire dai postulati del Preambolo e dei primi articoli della sua Carta costituzionale, può essere visto come lo sviluppo e la promozione della sovranità del diritto, sapendo che la giustizia è requisito indispensabile per realizzare l’ideale della fraternità universale. In questo contesto, è opportuno ricordare che la limitazione del potere è un’idea implicita nel concetto di diritto”, ha, invece, ricordato Papa Francesco nel 2015 nel corso del suo discorso al Palazzo di vetro di New York.

“Dare a ciascuno il suo, secondo la definizione classica di giustizia, significa che nessun individuo o gruppo umano si può considerare onnipotente, autorizzato a calpestare la dignità e i diritti delle altre persone singole o dei gruppi sociali. – ha spiegato il Papa la sua posizione in quell’importante consesso internazionale – La distribuzione di fatto del potere (politico, economico, militare, tecnologico, ecc.) tra una pluralità di soggetti e la creazione di un sistema giuridico di regolamentazione delle rivendicazioni e degli interessi, realizza la limitazione del potere”. Parole che sono poi risuonate come profetiche negli anni successivi.

Una pace, quindi, che Francesco ha sempre legato (come i suoi predecessori) a questioni sociali e di giustizia internazionale che hanno negli ultimi decenni trovato una evidente valvola di sfogo nell’immigrazione. Un tema subito chiaro a Jorge Mario Bergoglio se si pensa che uno dei suoi primi viaggi è stato a Lampedusa in quell’isola di dolore ma anche di ospitalità. In quell’occasione i gesti parlarono più delle parole con la deposizione in mare di una corona di fiori nel ricordo delle tante vittime nel Mediterraneo.

Di migranti, Francesco ne ha parlato così tanto che sarebbe quasi impossibile farne una casistica. Ci limitiamo, per tutte, a citare la sua lettera inviata al Centro Astalli di Roma, gestito dai suoi confratelli Gesuiti, il 14 novembre del 2021 quando ha ricordato che “il numero delle persone costrette a fuggire dalla propria terra è in continua crescita”. Rivolgendosi poi agli ospiti (per lo più rifugiati e richiedenti asilo) del Centro, Francesco ha ricordato i motivi della loro fuga dettata da “condizioni di vita assimilabili a quelle della schiavitù”, quando non provocate “da terribili e spregevoli guerre”.

“Purtroppo il mettersi in cammino non ha costituito in molti casi una vera liberazione – è stata la sua triste considerazione – purtroppo spesso vi siete scontrati con un deserto di umanità, con l’indifferenza che si è fatta globale e che inaridisce le relazioni tra gli uomini. La storia di questi ultimi decenni ha dato segni di un ritorno al passato…”.

"Economy of Francesco": la lotta di Papa Francesco all’economia ‘che uccide’

Roma, 21 apr. (askanews) – Se Papa Wojtyla sarà ricordato come l’affossatore “morale” del sistema socialista, Papa Bergoglio lo sarà certamente per aver preso l’economia liberista ‘per le corna’, in un tentativo molto più titanico di “conversione” in un sistema in crisi più dal punto di vista morale e sociale che economico. Uno sforzo che Francesco ha voluto supportare con uno strumento tecnico, quell’ “Economy of Francesco” che portasse all’attenzione del mondo strade alternative al capitalismo liberistico, attraverso anche esperienze dal basso coinvolgendo le giovani generazioni. E’ così che il 1 maggio del 2019, Bergoglio prese carta e penna per scrivere un messaggio di chiamata a raccolta ad Assisi, sui difficili temi dell’economia. Uno sforzo dal basso, come è stato lo stile del pontificato, contrastato anche dallo scoppio della pandemia. Dopo tre anni, un pontefice già provato dagli anni, non ha fatto però mancare la sua presenza nella città di San Francesco, il 24 settembre del 2022, per incontrare i giovani esperti giunti da tutto il mondo. Nel suo discorso il Papa espresse il suo “sogno”. “Un giovane – disse in quella occasione – vede in un altro giovane la sua stessa chiamata, e poi questa esperienza si ripete con centinaia, migliaia di altri giovani, allora diventano possibili cose grandi, persino sperare di cambiare un sistema enorme, un sistema complesso come l’economia mondiale”.

Poi una constatazione: “Oggi parlare di economia sembra cosa vecchia: oggi si parla di finanza, e la finanza è una cosa acquosa, una cosa gassosa, non la si può prendere. Una volta, una brava economista a livello mondiale mi ha detto che lei ha fatto un’esperienza di incontro tra economia, umanesimo e religione. Ed è andato bene, quell’incontro. Ha voluto fare lo stesso con la finanza e non è riuscita. State attenti a questa gassosità delle finanze: voi dovete riprendere l’attività economica dalle radici, dalle radici umane, come sono state fatteà.”, il suo invito rivolto ai giovani.

“Una nuova economia, ispirata a Francesco d’Assisi, oggi può e deve essere un’economia amica della terra, e un’economia di pace. Si tratta di trasformare un’economia che uccide in un’economia della vita, in tutte le sue dimensioni. – ha detto il Papa con chiarezza in quell’occasione – Arrivare a quel ‘buon vivere’, che non è la dolce vita o passarla bene, no. Il buon vivere è quella mistica che i popoli aborigeni ci insegnano di avere in rapporto con la terra”. Insomma, una agenda ambiziosa dal punto di vista dell’umano, e quindi dell’approccio culturale delle società in cui viviamo, ancor prima che dei modelli economici che, secondo Francesco debbono modellarsi a questo e non viceversa. Ma, ha messo in guardia Francesco, “non basta fare il maquillage, bisogna mettere in discussione il modello di sviluppo” visto che “la situazione è tale che non possiamo soltanto aspettare il prossimo summit internazionale, che può non servire: la terra brucia oggi, ed è oggi che dobbiamo cambiare, a tutti i livelli”.

Ma, sempre da Assisi, la condanna del Papa argentino all’unico sistema economico sopravvissuto ed ormai universale è parso quasi senza appello: “c’è infine una insostenibilità spirituale del nostro capitalismo. – ha infatti detto – L’essere umano, creato a immagine e somiglianza di Dio, prima di essere un cercatore di beni è un cercatore di senso. Noi tutti siamo cercatori di senso. Ecco perché il primo capitale di ogni società è quello spirituale, perché è quello che ci dà le ragioni per alzarci ogni giorno e andare al lavoro, e genera quella gioia di vivere necessaria anche all’economia. Il nostro mondo sta consumando velocemente questa forma essenziale di capitale accumulata nei secoli dalle religioni, dalle tradizioni sapienziali, dalla pietà popolare”. Un’economia di Francesco, è stato quasi il suo mandato alle nuove generazioni, “non può limitarsi a lavorare per o con i poveri. Fino a quando il nostro sistema produrrà scarti e noi opereremo secondo questo sistema, saremo complici di un’economia che uccide. Chiediamoci allora: stiamo facendo abbastanza per cambiare questa economia, oppure ci accontentiamo di verniciare una parete cambiando colore, senza cambiare la struttura della casa? Non si tratta di dare pennellate di vernice, no: bisogna cambiare la struttura”.

Ecco come saranno le esequie di Papa Francesco, con le nuove norme da lui volute

Roma, 21 apr. (askanews) – I funerali di Papa Francesco e l’inumazione delle sue spoglie mortali saranno eseguite in Vaticano secondo il nuovo rito, più semplice e sobrio, voluto proprio dal pontefice argentino e che ha trovato il suo compimento con la redazione e la pubblicazione della seconda edizione tipica dell’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis, approvata il 29 aprile 2024 dallo stesso Papa scomparso e curata dall’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice. Era stato lo stesso Jorge Mario Bergoglio a riceverne la prima copia del volume, stampato il 4 novembre dell’anno scorso.

Tra le novità introdotte vi è la constatazione della morte non più nella camera del defunto ma nella cappella, la deposizione immediata dentro la bara, l’esposizione alla venerazione dei fedeli del corpo del Papa già dentro la bara aperta, l’eliminazione delle tradizionali tre bare di cipresso, piombo e rovere. Il libro liturgico viene presentato come nuova edizione del precedente, l’editio typica dell’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis approvata nel 1998 da san Giovanni Paolo II e pubblicata nel 2000, che è stata utilizzata nelle esequie dello stesso Pontefice nel 2005 e, con adattamenti, in quelle del Papa emerito Benedetto XVI nel 2023.

“Una seconda edizione si è resa necessaria -aveva spiegato ai media vaticani l’arcivescovo Diego Ravelli, Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie – anzitutto perché Papa Francesco ha chiesto, come dichiarato da lui stesso in diverse occasioni, di semplificare e adattare alcuni riti in modo che la celebrazione delle esequie del Vescovo di Roma esprimesse meglio la fede della Chiesa in Cristo Risortoà Il rito rinnovato, inoltre, doveva evidenziare ancora di più che le esequie del Romano Pontefice sono quelle di un pastore e discepolo di Cristo e non di un potente di questo mondo”.

L’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche, avvalendosi di diversi esperti, ha dunque provveduto a una revisione approfondita dell’intero libro, ed è poi intervenuto sul lessico, sui testi liturgici e sui singoli riti, adeguando l’intero rituale alla nuova Costituzione “Prædicate Evangelium” del marzo 2022 la quale, pur mantenendo in vigore l’ufficio del Camerlengo, abolisce la Camera Apostolica. Sono state mantenute, invece, le tre “stazioni” classiche, quella nella casa del defunto, quella nella Basilica Vaticana e al luogo della sepoltura. “Tuttavia – ha spiegato ancora l’arcivescovo Ravelli – la struttura interna delle stazioni e dei testi è stata rivista alla luce dell’esperienza maturata con le esequie di san Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, dell’attuale sensibilità teologica ed ecclesiale e dei libri liturgici recentemente rinnovati”. Tra le novità più rilevanti, sottolineate dallo stesso Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice, la semplificazione dei titoli pontifici: è stata ripresa la terminologia usata nella terza edizione del Missale Romanum (2008), cioè gli appellativi di Papa, di Episcopus e di Pastor, mentre nelle premesse generali e nelle rubriche si è optato per l’espressione Romanus Pontifex, in conformità al titolo del libro liturgico. Nella traduzione italiana è stato ripreso il lessico usato nella seconda edizione del Rito delle Esequie (2010) a cura della Conferenza Episcopale Italiana, a partire dalla quale è stata aggiornata gran parte della terminologia nella versione italiana del Rito, per esempio preferendo il termine feretro per indicare il corpo già chiuso nella bara. “La struttura del nuovo Ordo – ha aggiunto il Maestro delle Celebrazioni papali – è stata semplificata rivedendo o eliminando diversi elementi rituali difficili da coordinare o ritenuti ormai inadeguati. Inoltre ogni sequenza rituale è stata resa più chiara e precisa, così come sono state definite meglio le competenze e i ruoli di coloro che sono coinvolti nella preparazione e nello svolgimento dei riti”.

Come detto la prima stazione “nella casa del defunto”, prevede le novità della constatazione della morte nella sua cappella privata, anziché nella camera, e la deposizione della salma nell’unica bara di legno e in quella interna di zinco, prima di essere traslato in Basilica. È stata eliminata, quindi, la prima traslazione nel Palazzo Apostolico. Sono stati poi meglio precisati alcuni passaggi rimodulando anche la seconda stazione: poiché la deposizione nella bara è già avvenuta dopo la constatazione della morte, la sera prima della Messa esequiale si procede alla sua chiusura. La seconda stazione “nella Basilica Vaticana” considera un’unica traslazione in San Pietro, la chiusura della bara e la Messa esequiale. Nella Basilica Vaticana il corpo del Papa defunto è esposto direttamente nella bara e “non più su un alto cataletto”, inoltre, in conformità con quanto stabilisce il Caeremoniale Episcoporum per le esequie del vescovo diocesano, durante questa esposizione non sarà posto accanto alla bara il pastorale papale. Infine, la terza stazione “nel luogo della sepoltura” include la traslazione del feretro al sepolcro e la tumulazione. “Questa stazione – ha spiegato ancora Ravelli – ha subito un significativo snellimento a causa dell’eliminazione della deposizione e chiusura della bara di cipresso in una seconda di piombo e in una terza di rovere o di altro legno”. Un altro elemento di novità consiste nell’introduzione delle indicazioni necessarie per l’eventuale sepoltura in un luogo diverso dalla Basilica Vaticana.

La nuova edizione dell’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis è stata sottoposta a una revisione approfondita anche per quanto riguarda i testi per lasciare maggiore libertà nella scelta del repertorio da eseguire. Tra l’altro sono state aggiornate le Litanie dei Santi, cantate durante i riti delle esequie in due occasioni: mentre il corpo del Papa viene traslato in Basilica, nella forma più lunga, e durante la tradizionale supplica della Chiesa di Roma, al termine della Messa esequiale, per la quale è stata scelta la forma breve.

Un quarto e ultimo capitolo del libro liturgico è dedicato alle disposizioni per i cosiddetti “novendiali”, le Messe in suffragio del Papa defunto celebrate per nove giorni consecutivi a partire dalla Messa esequiale che sono state snellite e semplificate. Nel rituale sono riportati quattro – e non più tre – formulari di preghiere a scelta, in quanto sono stati ripresi tutti quelli offerti dal Missale Romanum per il Papa defunto e quello per il vescovo diocesano defunto.

A differenza dell’edizione precedente, vengono omessi i testi del Lezionario, di cui si offrono invece soltanto le indicazioni bibliche.

Francesco, il Papa della condivisione e della speranza

Francesco ha lasciato questo mondo dopo averlo benedetto, ieri a Pasqua, con la benedizione Urbi et Orbi. Lo avevamo visto sofferente, in Piazza San Pietro, ma come sempre aperto all’abbraccio dei fedeli.

La commozione dell’ora s’accompagna all’avviso della sua grandezza di Pastore. Ha voluto la Chiesa in uscita, alla ricerca di strade nuove e con lo sguardo sull’umanità bisognosa. Aveva esordito, appena eletto, con il richiamo alla necessità di comprendere i “lontani”, quelli non toccati dal messaggio evangelico o resi indifferenti alla testimonianza cristiana. 

Eppure, da gesuita, è stato uomo di battaglia: contro la guerra si è mostrato rigido, inflessibile, intransigente. La sua profezia ha sollevato il velo sulla terza guerra mondiale a pezzi. 

Le prime reazioni all’annuncio della scomparsa parlano di un’eredità – le encicliche, i viaggi, i gesti grandi e piccoli – che si protende nella incessante domanda di futuro, per la Chiesa e per il mondo. 

Egli ci consegna il dovere della speranza.

Francesco, il Papa che ha abbracciato il mondo

La notizia della scomparsa di Papa Francesco ci riempie di profondo dolore. Il suo pontificato, un susseguirsi di gesti e parole che hanno saputo stupirci ogni giorno, lascia un vuoto incolmabile. La sua vitalità, la sua determinazione, la capacità di non arretrare di fronte a nessun ostacolo, hanno segnato un’epoca.

Francesco è stato il Papa degli ultimi, degli abbandonati, il paladino della giustizia e della pace. Ha incarnato la misericordia e la speranza, levandosi con forza contro ogni forma di sfruttamento, dell’uomo e dell’ambiente, denunciando la ferocia di un’economia che troppo spesso dimentica la sua anima.

Ha affrontato la malattia e la sofferenza con serena accettazione, abbracciando la croce come segno di libertà e di vita. Ci lascia un’eredità preziosa, lo sprone a continuare il cammino con una Chiesa accogliente, che guarda al futuro con speranza e affronta le sfide con fede e coraggio. Una Chiesa comunità, che nell’unità procede unita.

Francesco e i grandi dilemmi del nostro tempo

In relazione alla storia del mondo gli anni del pontificato di Francesco hanno finito  per coincidere con un tempo turbolento, il tempo in cui, in alcuni fra i potenti della terra sembra esser tornata la tentazione di ri- affidarsi alla guerra per dirimere le controversie.

All’inizio del suo magistero papa Bergoglio coniò l’estressione “terza guerra mondiale a pezzi” per designare lo stato di degrado che avevano assunto le relazioni internazionali in alcune cruciali aree del mondo.

Il primo anno del suo pontificato, il 2013, avrebbe potuto, e dovuto, essere l’anno delle grandi decisioni, per assicurare un futuro di pace in Medio Oriente, Ucraina e negli altri Paesi del Sud del Mondo, sconvolti da conflitti.

L’Occidente.(in particolare nelle sue componenti globalista, neocons, dei grandi poteri finanziari) scelse la via del confronto muscolare. Seguì l’anno successivo la destabilizzazione dell’Ucraina, per la quale, per stessa ammissione di Victoria Nuland, la diplomatica americana neoconservatrice che ha coordinato la sovversione a Maidan per cancellare la neutralità dell’Ucraina, furono investiti circa 5 miliardi di Dollari. Il 25 novembre 2013 il presidente russo Putin andò in udienza da papa Francesco per comunicargli che cosa sarebbe successo se l’Occidente fosse andato avanti con la prova di forza verso la Russia, archiviando una già avviata collaborazione che aveva portato ad allargare il G7 alla Russia ed a iniziare ad integrarla addirittura nella Nato, attraverso il Partenariato per la Pace.

E che cosa finirà per succedere alla fine di queste scelte sbagliate, compresa ovviamente la gravissima decisione della Russia di invadere l’Ucraina, non lo sappiamo ancora del tutto, stante la volontà anglo-francese di proseguire il conflitto, con o senza gli Stati Uniti e consentendo un pericoloso  riarmo della Germania, e stante la determinazione della Russia nel considerare la guerra in Ucraina come un conflitto da cui dipende non solo la sua sicurezza ma la sua stessa sopravvivenza come stato unitario.

In un tale contesto i dodici anni di pontificato di papa Francesco si sono caratterizzati soprattutto in due direzioni, quella diplomatica e quella pastorale-umanitaria. Nell’ultimo dodicennio, periodo in cui covavano i germi di conflitti peggiori, l’azione della Santa Sede si è caratterizzata nella condanna del ritorno al ricorso della guerra, fatta in ogni forma e in ogni sede, respingendo narrative funzionali allo scontro bellico. Una fra le ultime testimonianze di questo impegno è stata la lettera che papa Francesco ha scritto al direttore del Corriere della Sera, pubblicata lo scorso 18 marzo, nella quale ribadiva che «Dobbiamo disarmare le parole, per disarmare le menti e disarmare la Terra. C’è un grande bisogno di riflessione, di pacatezza, di senso della complessità». In assenza di ciò saranno innanzitutto le nostre parole a inchiodarci a prospettive infauste, come purtroppo sembra stia avvenendo, se si osserva il tenore di certi editoriali o di certe dichiarazioni, anche fra i massimi responsabili delle istituzioni comunitarie.

La seconda direttrice, che ha accompagnato l’incessante appello di papa Bergoglio a non cadere nell’inganno della guerra, che non risolve i problemi ma ne crea di più grandi, è stata quella umanitaria, intesa non solo ad alleviare le conseguenze dei conflitti armati ma a camminare insieme agli uomini e alle donne del nostro tempo mentre affrontano quelle prove che loro stessi hanno originato a causa della perseveranza in logiche di potenza e di violenza che si riteneva fossero d’altri tempi.

Sebbene il pontificato di Francesco rischi, dal punto di vista della politica internazionale, di passare alla storia come quello che poco ha potuto nel dissuadere i capi delle nazioni europee a preparare una nuova guerra fratricida fra l’Est e l’Ovest, limitandosi ad assistere spiritualmente i popoli europei mentre vanno incontro alle conseguenze dei propri reiterati errori, nel contempo è già affidata alla storia la lungimiranza delle sue parole, molto citate, assai meno ascoltate e praticate.

Fabrizia Abbate (Tempi Nuovi): “Francesco, il Papa dell’economia al servizio dell’uomo”

“Nel giorno della Resurrezione, ci lascia Papa Francesco, come a dire a noi credenti, ancora una volta, che siamo e saremo sempre Fratelli tutti, qui nel mondo e dopo la vita”: l’associazione Tempi Nuovi è unita nel dolore per la scomparsa di Jorge Maria Bergoglio. “Il Pontefice Gesuita venuto da lontano, come molti hanno sempre detto, ma a noi quella lontananza della provenienza geografica è sembrata da subito così vicina e indispensabile in ogni parola e atto del suo pontificato” – così la portavoce Fabrizia Abbate. “Si è trasformata in una vicinanza sociale alle questioni più urgenti di questo momento storico, le disuguaglianze, i conflitti, la solitudine e l’indifferenza, la trasformazione tecnologica dei rapporti di potere e delle relazioni sociali.

Come ultimo regalo, ci lascia le Meditazioni scritte per la Via Crucis al Colosseo del Venerdì Santo: nella tenerezza delle parole, nella spiritualità dell’affidarsi alla Grazia di Dio, c’era però la forza della denuncia di una “economia degli uomini” ormai davvero distante dalla “economia di Dio”, un’economia feroce che sta pian piano strozzando ogni forma di sensibilità e rispetto, minando al fondo la tenuta preziosa e fragile delle democrazie”.

Francesco voleva che i politici dessero esempi di speranza

Il ricordo di Papa Francesco, oggi, rievoca con forza il suo discorso a Trieste in occasione della Settimana Sociale dei cattolici italiani. Parole che, come un viatico, ci spronano a non disperdere il suo messaggio, specialmente ora che il dolore si mescola all’urgenza di agire.

Il suo appello a un laicato capace di “organizzare la speranza” risuona come un mandato per noi, impegnati nella politica. Un invito a formare una nuova generazione consapevole, pronta a costruire comunità e a riporre fiducia nel futuro.

“La democrazia non è una scatola vuota, ma vive della passione civile dei suoi cittadini”. Francesco ci ha ricordato che il cuore della politica e della fede è la partecipazione, la costruzione di processi duraturi. Un richiamo a tornare all’essenziale, alla giustizia e alla pace, valori che hanno guidato il suo pontificato – un pontificato immenso –  e che devono illuminare il nostro cammino.

La sua eredità è un invito a non arrenderci, a lavorare insieme per un mondo migliore, dove la speranza non sia piegata all’utopia, ma legata a una realtà aperta al futuro.

Luca Bedoni

Presidente del Consiglio del IX municipio di Roma (Eur)

La morte di Papa Francesco, il cordoglio dei leader mondiali

Roma, 21 apr. (askanews) – Messaggi di cordoglio per la morte di Papa Francesco sono arrivati da tutti i leader mondiali, anche dal presidente americano Donald Trump e da quello russo Vladimir Putin.

I primi, in ordine di tempo i vertici Ue. Il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, ha auspicato che le idee di Papa Francesco “continuino a guidarci verso un futuro di speranza”, esprimendo “tristezza” per la sua scomparsa. “Era profondamente compassionevole – ha scritto su X – aveva a cuore le grandi sfide globali del nostro tempo – migrazioni, cambiamenti climatici, disuguaglianze, pace – così come le lotte quotidiane di tutti. Nel suo ultimo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, aveva proposto tre azioni per un ‘cambiamento duraturo’: la cancellazione del debito internazionale, l’abolizione della pena di morte e la redistribuzione dei fondi militari per porre fine alla fame. Che le sue idee continuino a guidarci verso un futuro di speranza. Riposi in pace”.

“Oggi il mondo piange la scomparsa di Papa Francesco”, ha scritto su X la presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, sottolineando che “ha ispirato milioni di persone, ben oltre la Chiesa cattolica, con la sua umiltà e il suo amore così puro per i meno fortunati”. “Il mio pensiero va a tutti coloro che soffrono per questa profonda perdita – ha aggiunto – che possano trovare conforto nell’idea che l’eredità di Papa Francesco continuerà a guidarci tutti verso un mondo più giusto, pacifico e compassionevole”.

Il presidente israeliano Isaac Herzog ha espresso le proprie condoglianza ai cristiani “per la perdita del loro grande padre spirituale, Sua Santità Papa Francesco”, definito “un uomo di profonda fede e sconfinata compassione”, sottolineando che “aveva giustamente riconosciuto grande importanza nel promuovere forti legami con il mondo ebraico e nel promuovere il dialogo interreligioso come via verso una maggiore comprensione e rispetto reciproco”. “Spero davvero che le sue preghiere per la pace in Medio Oriente e per il ritorno sano e salvo degli ostaggi trovino presto risposta – ha aggiunto Herzog in una nota – che la sua memoria continui a ispirare atti di gentilezza, unità e speranza”.

Il presidente francese Emmanuel Macron ha espresso “il grande dolore condiviso dalla Francia e dal mondo intero” per la scomparsa di Papa Francesco, rendendo omaggio a un uomo che è sempre stato “al fianco dei più vulnerabili e fragili” e che “ha lottato tutta la vita per una maggiore giustizia”. “Durante tutto il suo pontificato è stato al fianco dei più vulnerabili, dei più fragili, con grande umiltà e con un sentimento molto speciale, in questi tempi di guerra e brutalità, dell’altro e dei più fragili – ha dichiarato Macron in un messaggio inviato da Mayotte, dove si trova in visita – questa è stata la vocazione di un uomo, di un religioso, di un vescovo, di un cardinale e poi di un papa, che per tutta la vita ha lottato per una maggiore giustizia. Per tutta la sua vita ha lottato per una certa idea di umanità, per un’idea fraterna. È un’idea in cui credo che molti si identifichino”.

“Piangiamo la scomparsa di Sua Santità Papa Francesco questa mattina”. Lo scrive il segretario generale della NATO Mark Rutte. “La sua dedizione alla pace e alla compassione è stata un’ispirazione per milioni di persone. Le più sentite condoglianze alla comunità cattolica e a tutti coloro che sono stati commossi dalla sua umanità”, aggiunge.

“Con la morte di Papa Francesco, la Chiesa cattolica e il mondo intero perdono un difensore dei deboli, un riconciliatore e una persona di gran cuore”, ha scritto su X il cancelliere tedesco Olaf Scholz, aggiungendo di aver “apprezzato molto la sua visione chiara delle sfide che ci troviamo ad affrontare”.

La Casa Bianca ha pubblicato su X le foto che ritraggono Papa Francesco con il presidente Donald Trump e con il vice presidente J.D. Vance, scrivendo: “Riposa in pace, Papa Francesco”. Trump incontrò il Papa in Vaticano nel 2017, durante il suo primo mandato alla Casa Bianca. Vance lo ha incontrato ieri.

Anche il presidente russo Vladimir Putin ha espresso le sue condoglianze per la scomparsa di Papa Francesco, “un uomo eccezionale” che durante il suo pontificato “ha promosso attivamente lo sviluppo del dialogo tra la Chiesa ortodossa russa e quella cattolica romana, così come una costruttiva cooperazione tra la Russia e la Santa Sede”. “Voglio esprimere le mie più sincere condoglianze per la scomparsa di Sua Santità Papa Francesco – recita il telegramma di condoglianze riportato dalle agenzie di stampa russe – durante tutti gli anni del suo pontificato, ha promosso attivamente lo sviluppo del dialogo tra la Chiesa ortodossa russa e quella cattolica romana, così come una costruttiva cooperazione tra la Russia e la Santa Sede”. “Ho avuto l’opportunità di parlare con quest’uomo eccezionale molte volte e ne conserverò sempre un ricordo molto caro”, ha aggiunto il leader russo.

“ADDIO”: inizia così il post pubblicato su X dal presidente argentino Javier Milei in ricordo di Papa Francesco, di cui pubblica una foto che lo ritrae con la bandiera dell’Argentina. “È con profondo dolore che questa mattina ho appreso che Papa Francesco, Jorge Bergoglio, è mancato oggi e ora riposa in pace. Nonostante le differenze che oggi sembrano irrilevanti, è stato per me un vero onore averlo potuto conoscere nella sua gentilezza e saggezza”, ha scritto Milei.

Arrivederci a Papa Francesco

Il mondo piange la scomparsa di Papa Francesco, spentosi alle 7.35 di Lunedì dell’Angelo nella dimora di Santa Marta. Aveva impartito il giorno di Pasqua la benedizione “Urbi et Orbi” e la sacralità di questo gesto, unito alla forza di volontà per essere presente in mezzo ad un popolo festante che lo aspettava in trepida attesa, passerà alla Storia come l’ultimo commovente atto pubblico – intimamente vissuto – di un grande Pontefice.

Si è fatto amare dalla gente per la sua immensa umanità, un tratto inconfondibile della sua personalità schietta e diretta, per 12 anni dal 13 marzo 2013 Francesco – primo Papa gesuita nella storia della Chiesa, primo Pontefice proveniente dal continente americano, primo extraeuropeo dai tempi di Gregorio III – ha sempre guardato al mondo con una visione davvero planetaria e in particolare agli ultimi, ai sofferenti, ai disagiati, ai bisognosi, agli emarginati, ai poveri, ai migranti, agli scartati in un mondo troppo spesso dominato dal dio denaro. Solo pochi giorni fa aveva visitato i carcerati a Regina Coeli e si era scusato per non aver fatto la lavanda dei piedi. Ogni sua parola, ogni omelia, ogni scritto, ogni lettera enciclica – a cominciare da La gioia del Vangelo, Laudato sì, Dilexit nos, Fratelli tutti fino alla recentissima autobiografia ‘Spera’ trasuda di amore e di speranza, di partecipe condivisione alle alterne vicende della vita terrena, di bellezza del creato ed esprime un’autorevolezza spontanea e mai ostentata. Ha saputo indicare la via da percorrere ad un mondo smarrito, lacerato dalle guerre e dalle piaghe del male, dagli interessi che offuscano i sentimenti, dagli egoismi, dall’indifferenza colpevole e spinta fino all’ignavia, dominato dai prepotenti e dalla violenza fisica e simbolica, con uno sguardo lungimirante e sempre ispirato da gesti di grande umiltà, di buon esempio, di misericordia non affettata, di affetto sincero.

La gente, il suo popolo, ha colto con slancio emotivo e condivisione il suo messaggio d’amore dove la virtù della speranza si è incarnata nel cuore e nella mente di tutti: è stato un grande Papa che ha rimesso la Chiesa e il messaggio evangelico al crocevia dell’umanità dolente e bisognosa di attenzione.

Fin dal giorno della sua elezione al soglio pontificio avevano commosso le sue parole: “Fratelli e sorelle, buonasera! Voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo… ma siamo qui. Vi ringrazio dell’accoglienza. La comunità diocesana di Roma ha il suo vescovo: grazie! E prima di tutto, vorrei fare una preghiera per il nostro vescovo emerito, Benedetto XVI. Preghiamo tutti insieme per lui, perché il Signore lo benedica e la Madonna lo custodisca. […] E adesso vorrei dare la Benedizione, ma prima vi chiedo un favore: prima che il Vescovo benedica il popolo, vi chiedo che voi preghiate il Signore perché mi benedica. La preghiera del popolo, chiedendo la Benedizione per il suo Vescovo. Facciamo in silenzio questa preghiera di voi su di me”. 

Parole semplici e dirette ma gravide di condivisione perché ha sempre voluto una Chiesa povera e per i poveri (come aveva detto nella prima udienza generale, tenuta in Aula Paolo VI, pochi giorni dopo l’elezione, spiegando il motivo per cui aveva deciso di chiamarsi Francesco) composta di sacerdoti testimoni della pietas evangelica e che per questo odorassero di pecora, mescolati in mezzo alla gente e sempre umili pur senza rinunciare ad essere testimoni di Cristo e del Vangelo.

“Permesso, grazie, scusa”: queste sue parole lo avevano reso il Papa di tutti, perché la vera grandezza non è ispirata all’alterigia e al distacco ma alla condivisione della gentilezza e al rispetto degli altri.

Sofferente dal ricovero al Gemelli per la polmonite bilaterale si era fatto ancor più uomo tra gli uomini, la malattia lo aveva ancor più avvicinato al popolo che amava e che più delle gerarchie ecclesiastiche, dei rituali e degli aspetti formali Lui ha sempre considerato la vera spina dorsale della Chiesa universale.

La speranza (il sentimento più forte che ci ha insegnato) di una pur lenta guarigione ci animava nel desiderio di averlo ancora tra noi.

Ci mancherà e lo ricorderemo sempre perché era ormai diventato egli stesso una parte fondamentale della nostra intimità e dei nostri sentimenti ma la testimonianza di fede di cui ci ha fatto dono dovrà essere un viatico per il cuore e la mente. 

“Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza” (Atti degli apostoli, 2:28)

Grazie Francesco per aver illuminato il nostro cammino con la promessa di gioia eterna e non addio ma arrivederci.     

Bergoglio, un magistero sociale

Ogni magistero papale lascia un segno profondo nella cristianità mondiale. Una regola che vale soprattutto per gli ultimi Papi anche perché sono costretti a convivere con i bisogni e le domande che salgono dalla svariate opinioni pubbliche e a cui occorre dare riposte forti, coerenti e tempestive. E il pontificato di Francesco è destinato a segnare il cammino e il futuro del cattolicesimo mondiale anche per la sua instancabile, coraggiosa e coerente ‘mission’ sociale.

Una linea che non è mai stata vagamente populista o retorica. Ma, al contrario, ha sempre posto al centro dell’attenzione la difesa dei più deboli, degli ultimi e di tutti coloro che erano e e restano ai margini della società. E non solo nelle società opulente e, di conseguenza, cariche di disuguaglianze sociali. No, il magistero di Francesco ha saputo, con rara coerenza ed indomito coraggio, porre al centro di ogni sua predicazione la cosiddetta ‘questione sociale’. Cioè la condizione di vita, reale e non virtuale, di tutte quelle persone che nel mondo semplicemente non riescono a condurre una esistenza dignitosa ed umana. Ovvero nel rispetto delle regole più elementari e basilari che caratterizzano la vita concreta delle persone. E la questione sociale, appunto, era al centro di tutti i suoi incontri e dei confronti con i vari “potenti” della terra senza stancarsi mai di ripetere che la centralità della persona umana esiste solo quando le persone, tutte le persone, vivono un’esistenza dignitosa e nel pieno rispetto delle regole più elementari.

Certo, la predicazione di Francesco è stata molto più ampia ed articolata. A cominciare, come ovvio ed evidente a tutti, dai temi della pace, di una Chiesa più aperta al mondo, della concordia tra i popoli, dello sviluppo equilibrato ed armonioso, della difesa dei principi democratici e, infine, della uguaglianza. E, al riguardo, proprio il capitolo delle disuguaglianze sociali è stata la sua preoccupazione principale. Di qui la sua predilezione per gli ultimi, per i più poveri, per tutti coloro che vivono ai margini delle rispettive società. In ogni paese e in ogni parte del mondo. Ed è anche per questo motivo che la sua predicazione è stata, sempre, di una straordinaria modernità ed attualità. Scontrandosi anche, almeno sotto il profilo dei principi e dei valori richiamati, con molti paesi che scientificamente e quasi dogmaticamente non rispettano queste regole elementari di convivenza e di progressiva uguaglianza sociale. Un magistero, quindi, che ha spronato milioni di cattolici all’impegno sociale, politico, pubblico, culturale e pastorale nel promuovere e nel perseguire quella ‘dottrina sociale cristiana’ che era, e resta, uno dei caposaldi costitutivi della presenza nella Chiesa nel mondo sempre più globalizzato.

Ecco perché la venatura sociale del magistero di Francesco non solo resterà un punto decisivo e qualificante nella storia secolare della Chiesa cattolica ma è destinata, appunto, a segnare in profondità il cammino dei cattolici stessi nella società contemporanea e in quella del futuro.

Coerenti con la propria dottrina di riferimento ma anche consapevoli che senza il “coraggio” e la “coerenza” di Francesco difficilmente i cattolici stessi potranno giocare, laicamente, un ruolo importante e decisivo nelle dinamiche che caratterizzano l’attuale società. Locale e mondiale. 

Papa Francesco un riformatore "testardo" per una Chiesa "ospedale da campo" e in "uscita"

Roma, 21 apr. (askanews) – Il senso di un pontificato non può certo essere compreso in un tratto di vernice, ma una parte della sua immagine, ed in qualche modo la sintesi della sua essenza, forse sì. Ed ecco allora che il tratto di quei writers o ‘artisti di strada’, che hanno voluto ritrarre Papa Francesco per i vicoli di Roma, via via come un Superman ‘armato’ semplicemente della sua valigetta da viaggio, o con la faccia bonaria mentre fa l’ok col pollice in su, in una stazione metro, o ancora mentre gioca sulla difficile scacchiera della pace muovendo la sua pedina su quest’ultima, la dicono lunga sull’impatto di Jorge Mario Bergoglio sull’opinione pubblica mondiale o, come si afferma ‘canonicamente’, sul popolo di Dio.

Non che, soprattutto dopo il primo periodo di stupore o di studio critico, le parti più conservatrici della Chiesa e della società non si siano riorganizzate tessendo una vera e propria rete di ‘indietrisiti’, come Francesco li ha definiti, spingendo sempre a non ‘ideologizzare’ il messaggio evangelico guardandone, invece, al suo nucleo.

Ma la sostanza è stata la stessa: ‘Il Papa venuto dai confini del mondo’ ha avuto la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica dalla sua parte, fino a fargli da vero e proprio ‘scudo’ di fronte a resistenze all’interno di settori della Chiesa universale e della Curia spesso insofferenti alle riforme da lui abbozzate o portate a termine e ad una parte di apparato ecclesiastico poco propenso a mettersi sulla strada del cambiamento, abbandonando antichi schemi e posizioni di rendita ormai consolidati, se non stratificati, nei secoli. Una opposizione sempre foraggiata da quei settori della cattolicità (soprattutto statunitense, ma non solo) che ha visto in Francesco quasi un ‘nemico’, le sue posizioni opposte agli interessi che dominano il mondo, e le sue prassi un potenziale pericolo per il mainstream imperante.

Tutto questo in una situazione geo-politica che si è andata via via complicando ed ‘incattivendo’ negli anni di pontificato fino a sfociare nel dramma della guerra in Europa, del conflitto mondiale ‘a pezzi’, con il continuo dramma in Medio Oriente, con la costante aggressione alla madre terra ed il prosperare di populismi e nazionalismi, financo nella sua terra natia.

A queste sfide Francesco ha cercato di rispondere soprattutto con una ‘postura’, quella del pastore che tutti accoglie, e che è pronto a subire anche forti critiche pur di portare avanti quella svolta iniziata dal Vaticano II e da lui sintetizzata con una espressione che resterà appiccicata a questo pontificato a suo modo ‘rivoluzionario’: una Chiesa ‘ospedale da campo’ e in ‘uscita’. Sempre guidata dal metro della misericordia e con una opzione chiara per poveri e difesa del Creato.

Non c’è dubbio che il tratto riformatore è stato, dunque, quello dominante nel Pontificato di Jorge Mario Bergoglio. O meglio, il tentativo testardo di intraprendere la strada di una riforma nell’ambito della Chiesa cattolica, sospinta da una serie di accadimenti, sfociati nella rinuncia di Benedetto XVI al soglio di Pietro.

Una strada, quella della guida della più grande comunità cristiana del mondo, nel tracciato evangelico e alla luce del Concilio Vaticano II. Insomma alla radice della fede più che di una certa ‘Tradizione’, stratificatasi nei secoli. Un tentativo, concretizzato in passi e decisioni, che sono piaciuti o meno, ad una comunità composita e frastagliata secondo culture, sensibilità, storie ed emisferi spesso profondamente differenti tra loro. Un’idea chiara della visione bergogliana della Chiesa si ritrova in una sua catechesi, pronunciata durante l’udienza generale dell’8 marzo 2023, a pochi giorni dalla data del decennale del suo pontificato.

Parlando ai fedeli riuniti in piazza San Pietro sul tema dell’evangelizzazione, e citando proprio le intuizioni conciliari, Francesco ha detto in quella occasione che ‘c’è come un ponte tra il primo e l’ultimo Concilio, nel segno dell’evangelizzazione, un ponte il cui architetto è lo Spirito Santo’. Da qui l’invito a ‘non sclerotizzarci o fossilizzarci’ anche nell’annuncio e nella vita della Chiesa; anzi, aveva aggiunto ‘lo zelo missionario del credente si esprime anche come ricerca creativa di nuovi modi di annunciare e testimoniare, di nuovi modi per incontrare l’umanità ferita di cui Cristo si è fatto carico. Insomma, di nuovi modi per rendere servizio al Vangelo e all’umanità. L’evangelizzazione è un servizio e se uno si dice evangelizzatore ma non ha cuore di servizio, e si sente un padrone, è un poveraccio’.

Questo, senza dimenticare che proprio ‘la dimensione ecclesiale dell’evangelizzazione – aveva chiarito Francesco – costituisce perciò un criterio di verifica dello zelo apostolico. Una verifica necessaria, perché la tentazione di procedere ‘in solitaria’ è sempre in agguato, specialmente quando il cammino si fa impervio e sentiamo il peso dell’impegno. Altrettanto pericolosa è la tentazione di seguire più facili vie pseudo-ecclesiali, di adottare la logica mondana dei numeri e dei sondaggi, di contare sulla forza delle nostre idee, dei programmi, delle strutture, delle ‘relazioni che contano”. Il tutto alla prova, quindi, della ‘sinodalità’ e, nella sequela del Fondatore, sulla ‘strada della povertà, dell’obbedienza, del servizio e del sacrificio di sè stesso fino alla morte’, sempre citando il Papa.

Che queste strade e questa visione di Chiesa siano permeate o meno, e fino a che punto, in un ‘corpaccione’ che conta oltre Duemila anni di storia, è ancora tutto da stabilire e sarà forse materia per gli storici. Da qui la consapevolezza, rimasta fino alla fine viva nello stesso Francesco, che c’è ancora tutto un lavoro da compiere e realizzare all’interno della Chiesa. Il precario equilibrio tra innovatori e conservatori, tra coloro che reputano necessario un ridisegnare strutture e linguaggi per parlare con efficacia all’uomo di oggi e chi, invece, considera tutto ciò come un cedimento ad una società che va dritta verso la a-religiosità, sarà, quindi, la vera sfida che dovrà raccogliere il prossimo Romano Pontefice dopo quella che sembra essersi palesata come una profonda faglia aperta dopo la morte del papa emerito Joseph Ratzinger.

Da qui gli appelli a non perdersi dietro gli ‘indietrismi’ che sono stati rivolti a più riprese dallo stesso Papa argentino e inviti all’unità (non sempre accolti, per la verità) venuti anche da figure ‘terze’ come, ad esempio, quella del cardinale Raniero Cantalamessa che nel corso di una delle sue predicazioni, in Vaticano, per gli esercizi spirituali in preparazione della Pasqua, rivolgendosi a cardinali e figure apicali della Curia romana (una delle più soggette alle azioni di aggiornamento di Francesco, ndr) il 3 marzo 2023 lo ha sottolineato quasi ‘teologicamente’.

‘Ad una prima lettura, la recente costituzione sulla riforma della Curia ‘Praedicate Evangelium’ (pubblicata il 19 marzo 2022 da Papa Francesco, ndr) a me ha dato l’impressione di un passo avanti in questa direzione: cioè nell’applicare il principio sancito dal Concilio a un settore particolare della Chiesa che è il suo governo e a un maggiore coinvolgimento in esso dei laici e delle donne’, ha affermato il predicatore-cardinale rivolgendosi ai suoi ‘colleghi’ porporati.

‘Ma adesso dobbiamo fare un passo avanti – aveva subito aggiunto nell’Aula Paolo VI nella meditazione Quaresimale – L’esempio della Chiesa apostolica non ci illumina soltanto sui principi ispiratori, cioè sulla dottrina, ma anche sulla prassi ecclesiale. Ci dice che non tutto si risolve con le decisioni prese in un sinodo, o con un decreto. C’è la necessità di tradurre nella pratica tali decisioni, la cosiddetta ‘recezione’ dei dogmi. E per questo occorrono tempo, pazienza, dialogo, tolleranza; a volte anche il compromesso’. Quest’ultimo, non interpretato come un ‘cedimento o uno sconto fatto sulla verità’. Cantalamessa, proseguendo nella sua riflessione, aveva poi detto che ‘il ruolo di mediatore che Pietro esercitò tra le opposte tendenze di Giacomo e di Paolo continua nei suoi successori. Non certo (e questo è un bene per la Chiesa) in modo uniforme in ognuno di essi, ma secondo il carisma proprio di ognuno che lo Spirito Santo (e si presume i cardinali sotto di lui) hanno ritenuto il più necessario in un dato momento della storia della Chiesa. Davanti agli eventi e alle realtà politiche, sociali ed ecclesiali, noi siamo portati a schierarci subito da una parte e demonizzare quella avversa, a desiderare il trionfo della nostra scelta su quella degli avversari’. Il riferimento ai fatti più recenti, seguiti proprio alla morte di Benedetto è apparso ai più del tutto evidente.

‘Non dico che sia proibito avere preferenze: in campo politico, sociale, teologico e via dicendo, o che sia possibile non averle. – aveva, quindi, voluto spiegare il card. Cantalamessa ai suoi illustri ascoltatori – Non dovremmo mai, però, pretendere che Dio si schieri dalla nostra parte contro l’avversario. E neppure dovremmo chiederlo a chi ci governa. È come chiedere a un padre di scegliere tra due figli; come dirgli: ‘Scegli: o me o il mio avversario; mostra chiaramente da che parte stai!’. Dio sta con tutti e perciò non sta contro nessuno! È il padre di tutti’.

Parole chiare che hanno fatto pensare proprio a quelle crepe, dai toni spesso aspri, che si sono aperte, e soprattutto sono state date in pasto all’opinione pubblica, ed indirizzate senza tanti nascondimenti verso l’azione di Papa Bergoglio e il suo magistero.

Fare qui l’elenco dei passi compiuti negli anni di governo ‘bergogliano’ sarebbe difficile. In uno schematico e non completo elenco si può però ricordare alcuni dei gesti che hanno segnato il pontificato sin dal primo giorno. La scelta di lasciare il Palazzo apostolico per risiedere nella struttura alberghiera di Santa Marta, all’interno del Vaticano, e l’indossare segni esteriori, come la croce pettorale, non d’oro, dal viaggiare a bordo di utilitarie, all’adottare una versione più confacente alla lingua attuale della Preghiera per eccellenza del cristiano, il ‘Padre nostro’, dal non assegnare più automaticamente sedi tradizionalmente cardinalizie a porporati, fino allo spazio dato a laici e donne nei dicasteri vaticani. La sua instancabile lotta alla pedofilia e agli abusi nella Chiesa, all’intrduzione forte di una prassi di governo ecclesiale più collegiale come la ‘sinodalità’ e il quasi relativizzare il peso del Pontefice romano nel governo ecclesiale o, nell’indiscussa opera di decentramento del governo universale con più spazio a Chiese non europee o, comunque, della parte ricca ed Occidentale del pianeta.

Questo senza tacere le prese di posizioni poco ‘clericali’ o mediane, nei confronti di temi sociali come quelli dei migranti, delle diseguaglianze sociali nel mondo, nella difesa dell’ambiente fino a promuovere quella ‘Economy of Francesco’, una sorta di officina del pensiero per una economia fuori dagli schemi del puro capitalismo e all’aver promosso ed ospitato in Vaticano summit dei movimenti popolari mondiali e riflessioni sulle nuove frontiere della scienza come l’Intelligenza artificiale.

Infine, da menzionare in questo sbrigativo elenco, l’aver messo mano a quello che di stava delineando come il ginepraio delle finanze vaticane, una riforma della Curia romana che si aspettava da anni, il non essersi opposto anche a procedimenti penali verso casi discussi come quello della vendita dell’ormai noto immobile londinese di Sloane Avenue con condanne che hanno fatto il giro del mondo come quella del card. Angelo Becciu, il primo porporato ad essere condannato da laici. O aver affrontato con il metro della carità e della misericordia temi etico-morali come quelli legati alle coppie omosessuali o l’accesso ai sacramenti per le coppie divorziate. Ed ancora aver battagliato contro una ‘piaga’ purulenta, quale quella degli abusi sui minori compiuti da rappresentanti del clero.

Tutti passi, che come appare evidente, non sono piaciuti ad alcuni ambienti, per la verità più clericali che ‘di popolo’ ma che, come ha ripetuto e spiegato a più riprese papa Francesco in questi anni, hanno fatto parte integrante del mandato affidatogli quel 13 marzo del 2013, giorno della sua elezione, dai cardinali nel corso delle Congregazioni generali che hanno fatto da base programmatica al Conclave che lo elesse in due giorni e solo cinque scrutini.

In una intervista per i dieci anni di pontificato, era stato lo stesso Francesco a stilare un bilancio della sua missione di questi anni alla guida della barca di Pietro: ‘le cose che ho fatto non le ho inventate né sognate dopo una notte di indigestione. – aveva tenuto a ripetere – Ho raccolto tutto ciò che i cardinali avevano detto nelle riunioni pre-conclave che il prossimo Papa avrebbe dovuto fare. Poi abbiamo detto le cose che dovevano essere cambiate, i punti che dovevano essere toccati. Quello che ho messo in moto è stato quello che mi è stato chiesto. Non credo che ci sia nulla di originale da parte mia, ma ho avviato ciò che avevamo deciso tutti insieme’.

Francesco portò ad esempio la Riforma della Curia conclusa con la nuova Costituzione Apostolica ‘Praedicate Evangelium’. Una riforma, spiegò il Papa in quella occasione, ‘con la quale, dopo otto anni e mezzo di lavoro e consultazioni, siamo riusciti a mettere in atto ciò che i cardinali avevano chiesto, cambiamenti che già si stavano mettendo in pratica. Oggi c’è un’esperienza di tipo missionario. ‘Praedicate Evangelium’, cioè ‘siate missionari’. Predicate la Parola di Dio. In altre parole, l’essenziale è uscire. Curioso: in quegli incontri – aveva poi rivelato – c’era un cardinale che ricordava che nel testo dell’Apocalisse Gesù dice: ‘Sto alla porta e busso. Se qualcuno apre, io entrerò’.

Per poi affermare: ‘Gesù continua a bussare, ma affinché lo lasciamo uscire, perché lo abbiamo imprigionato’. Questo è ciò che è stato chiesto in quelle riunioni di cardinali. -aveva ripetuto – E quando sono stato eletto, l’ho messo in moto. Dopo alcuni mesi, si sono tenute consultazioni fino alla stesura della nuova Costituzione. E nel frattempo si stavano apportando dei cambiamenti. Cioè non sono idee mie. Che sia chiaro. Sono le idee di tutto il Collegio Cardinalizio che ha chiesto questo’.

Evidentemente parole che non sono bastate a quella parte di chiesa, fatta di movimenti ultra-consevatori, a una parte del clero ‘nostalgico’ ma anche a personaggi apicali, uno tra tutti l’ex prefetto della Dottrina della Fede, il porporato tedesco Gerhard Ludwig Muller che ben presto non ha nascosto fino a farsi punto di coagulo degli insofferenti alle scelte e direzioni prese dal pontificato, come la decisione assunta dal Papa argentino di una stretta sulla pratica della messa in latino. Tra loro, un manipolo di cardinali (per lo più ultraottantenni) ed il segretario del suo predecessore, mons. Georg Ganswein.

Jorge Mario Bergoglio, nel suo primo discorso dopo la fumata bianca nel conclave del 2013 si presentò come il ‘papa venuto da lontano’. Nato in Argentina da emigranti piemontesi, è stato, infatti, il primo papa latinoamericano eletto al ministero petrino, nonché il primo gesuita ad assumere tale carica. Dopo essersi diplomato come tecnico chimico, ha poi scelto il sacerdozio ed ha studiato in seminario, nel 1958 è entrato a far parte come novizio della Compagnia di Gesù. Dopo gli studi in Cile ed esserectormneto in Argentina dove è stato ordinato sacerdote, Bergolio il 20 maggio 1992 è stato nominato vescovo ausiliare di Buenos Aires e titolare di Auca. Il 3 giugno 1997 è stato, quindi, nominato Arcivescovo Coadiutore di Buenos Aires e il 28 febbraio 1998 Arcivescovo di Buenos Aires per successione, alla morte del Cardinale Quarracino. Nel 2001 è stato creato cardinale da Giovanni Paolo II.

Il 13 marzo del 2013 è stato eletto papa al quinto scrutinio da 115 elettori, in un conclave durato meno di ventisei ore, dopo la rinuncia al ministero petrino di Benedetto XVI avvenuta il mese precedente. Del luglio dello stesso anno è la sua prima delle quattro enciclica del suo pontificato: la ‘Lumen fidei’, dedicata al tema della fede come dono divino da nutrire e rafforzare. La seconda è, invece, del maggio del 2015 la ‘Laudato si”, dedicata ai temi dell’ambiente e dell’ecologia, e dell’ottobre del 2020 la terza ‘Fratelli tutti’, dedicata ai temi della fraternità e dell’amicizia sociale e la quarta la ‘Dilexit nos’ dell’ottobre 2024. Papa Francesco ha poi pubblicato ben 40 Costituzioni apostoliche e 7 Esortazioni apostoliche.

Il 15 dicembre del 2024 Papa Francesco si era recato ad Ajaccio in Corsica per la conclusione del Congresso sulla religiosità popolare nel Mediterraneo, per quello che è stato il suo 47.mo Viaggio pastorale fuori dall’Italia.

Papa, Fratoianni: ci lascia uomo di pace, giustizia e di ponti

Roma, 21 apr. (askanews) – “Ci ha lasciato Papa Francesco, uomo di pace e di giustizia. È stato, in questi tempi difficili devastati dalla diseguaglianza e dalla violenza, un esempio di tolleranza e amore verso i più deboli”. Lo ha dichiarato il leader Avs Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana.

“Questo Pontefice- ha sottolineato- non ha mai smesso di ricordarci quanto sia preziosa la pace e quanto sia importante salvare il pianeta dalla devastazione ambientale. Così come sia importante costruire ponti e non muri fra gli esseri umani, che siano migranti o che siano di orientamento religioso diverso. Tutti noi, non importa se credenti o atei, lo abbiamo sempre ascoltato con la consapevolezza che il suo pensiero sarebbe stato un importante monito in un epoca in cui l’umanità pare aver imboccata la strada sbagliata. Non dimenticheremo le sue parole e il suo esempio. Ci stringiamo intorno alla comunità cattolica in questo momento di dolore ed esprimiamo tutto il nostro cordoglio”, conclude.

Papa, Bonelli: Francsco ha lavorato fino all’ultimo per la pace

Roma, 21 apr. (askanews) – “Ci lascia il Papa che ha lavorato fino all’ultimo per la pace, per gli ultimi, opponendosi con forza al riarmo che porta solo a guerre e distruzione. Con grande dolore esprimo profonda gratitudine per quello che Papa Francesco ha fatto, lasciandoci una preghiera di fraternità e pace che continuerà a ispirare credenti e non credenti. Ricordo con particolare emozione la sua enciclica Laudato Si’, in difesa del creato e del nostro pianeta. Papa Francesco mancherà immensamente: è una perdita enorme per il mondo e per la nostra umanità”. Lo dichiara il leader Avs Angelo Bonelli, co portavoce dei Verdi europei.

Papa, Calenda: con la morte di Francesco il mondo perde guida spirituale

Roma, 21 apr. (askanews) – “Con la scomparsa di Papa Francesco ilmondo perde una guida spirituale capace di parlare a credenti e non credenti, un Pontefice che ha incarnato con semplicità e determinazione i valori della giustizia sociale, della pace e della dignità umana. Il suo impegno per i più deboli, per il dialogo tra i popoli e per un cristianesimo autentico resterà un esempio per tutti. Alla Chiesa cattolica e ai fedeli di tutto il mondo va il cordoglio mio e di tutta la comunità di Azione”. Lo dichiara il segretario di Azione Carlo Calenda.

Papa, Renzi: grazie a Francesco per significato suo Pontificato

Roma, 21 apr. (askanews) – “Francesco ci lascia nell’abbraccio di ieri di Piazza San Pietro. Ieri il suo ultimo viaggio con la Papamobile è il simbolo del suo vivere in mezzo alla sua gente, al suo popolo. Sia in chi crede, sia in chi non crede il Papa argentino lascia una traccia profonda. Nel cuore di chi lo ha incontrato rimane soprattutto il tratto di una affettuosa umanità e di una vivace curiosità per il mistero dell’altro. Pasqua significa Passaggio. E mai come oggi, lunedì dell’Angelo, avvertiamo il valore di questa espressione. Vedremo che cosa cambierà per questo pazzo mondo con il Conclave. Ma adesso, intanto, è tempo di dire grazie a Papa Francesco per ciò che ha rappresentato, non solo in questi dodici anni di pontificato”. Lo dichiara via social il segretario di Italia Viva Matteo Renzi.

Papa Francesco, Meloni: ho avuto il privilegio della sua amicizia, fino all’ultimo ha voluto esserci

Roma, 21 apr. (askanews) – “Papa Francesco è tornato alla casa del Padre. Una notizia che ci addolora profondamente, perché ci lascia un grande uomo e un grande pastore. Ho avuto il privilegio di godere della sua amicizia, dei suoi consigli e dei suoi insegnamenti, che non sono mai venuti meno neanche nei momenti di prova e di sofferenza”. Così la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.

“Nelle meditazioni della Via Crucis, ci ha ricordato la potenza del dono, che fa rifiorire tutto ed è capace di riconciliare ciò che agli occhi dell’uomo è inconciliabile. E ha chiesto al mondo, ancora una volta, il coraggio di un cambio di rotta, per percorrere una strada che ‘non distrugge, ma coltiva, ripara, custodisce’. Cammineremo in questa direzione, per ricercare la strada della pace, perseguire il bene comune e costruire una società più giusta e più equa. Il suo magistero e la sua eredità non andranno perduti. Salutiamo il Santo Padre con il cuore colmo di tristezza, ma sappiamo che ora è nella pace del Signore”, ha aggiunto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, dopo la notizia della morte di papa Francesco, sottolineando: “Il fatto che se ne vada il lunedì dell’Angelo. E’ come se lui avesse potuto assolvere al suo compito. Anche in questi ultimi giorni, l’ho incontrato, era affaticato, però voleva esserci, c’era e c’è stato fino all’ultimo. Ci mancherà molto”, ha poi aggiunto Meloni, intervenendo al TG1 e parlando commossa della sua relazione con Papa Francesco.

Con il “suo pontificato” ha dato “voce a chi non aveva una voce e mi mancherà perché avevamo uno straordinario rapporto personale, era un pontefice con cui si poteva parlare di tutto, con cui ho avuto il privilegio di potermi confrontare su tutto. Era una persona” di “grande semplicità. Un po’ come il proprio parroco, ti sentivi a tuo agio”, ha aggiunto ricordando la sua “particolarità, un carattere molto forte ma sempre accompagnato da senso dell’umorismo”.

Le campane a San Pietro suonano a lutto per la morte del Papa

Citt del Vaticano, 21 apr. (askanews) – Le campane a San Pietro suonano a lutto per la morte del Papa. In piazza stanno arrivando tanti fedeli dopo l’annuncio della scomparsa del Pontefice.

La morte di Papa Francesco, Mattarella: grande vuoto e dolore, viene meno un punto di riferimento

Roma, 21 apr. (askanews) – “Ho appreso con grande dolore personale la notizia della morte di Papa Francesco, avvertendo il grande vuoto che si crea con il venire meno del punto di riferimento che per me ha sempre rappresentato. La morte di Papa Francesco suscita dolore e commozione tra gli italiani e in tutto il mondo. Il suo insegnamento ha richiamato al messaggio evangelico, alla solidarietà tra gli uomini, al dovere di vicinanza ai più deboli, alla cooperazione internazionale, alla pace nell’umanità. La riconoscenza nei suoi confronti va tradotta con la responsabilità”. Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in una nota del Quirinale.

Papa,Schlein: Francesco è stato il Papa degli ultimi e degli emarginati

Roma, 21 apr. (askanews) – “È stato il Papa degli ultimi, degli emarginati, il Papa della giustizia sociale e dell’impegno per il Pianeta: il suo potente messaggio di pace e di fraternità resterà un’impronta durevole di vicinanza, compassione, amore per il prossimo che continuerà a lasciare il segno. Di fronte a questa dolorosa perdita, la nostra vicinanza va alla comunità cattolica e a tutte e tutti coloro che nel mondo lo piangeranno e ne porteranno avanti l’impegno per i più poveri.” Lo dichiara la segretaria del Pd Elly Schlein.

Ecco perché il venture capital è così poco sviluppato in Italia

Roma, 21 apr. (askanews) – Nel triennio 2021-23 gli investimenti nel mercato del venture capital italiano sono stati appena un quinto di quelli di Francia e Germania. E’ quanto rileva uno studio, intitolato “Il mercato italiano del venture capital”, pubblicato dalla Banca d’Italia nella collana “Questioni di Economia e Finanza”.

Le ragioni di questo divario derivano principalmente da tre caratteristiche del mercato italiano: il numero di progetti innovativi che danno vita a start up è relativamente basso, il settore dei fondi di venture capital è poco sviluppato e le difficoltà nella fase di uscita dagli investimenti sono elevate.

Secondo l’analisi, è importante che le iniziative a sostegno della crescita del mercato agiscano sugli ostacoli individuati nelle diverse fasi di sviluppo delle start up.

Il lavoro descrive le principali caratteristiche e la recente evoluzione del mercato del venture capital in Italia, un importante segmento del sistema finanziario volto a favorire la nascita e lo sviluppo di imprese con elevato potenziale di crescita (start up).

Nello studio, una ventina di pagine e pubblicato in lingua inglese, si discutono, in particolare, le possibili cause del suo minore sviluppo rispetto agli altri principali paesi dell’area dell’euro e le iniziative in corso per sostenerne la crescita, anche a livello europeo.

Cordoglio del Presidente Mattarella per la morte di Papa Francesco

Riportiamo le Parole del Presidente della Repubblica dopo l’annuncio della Morte di Papa Francesco.

“Ho appreso con grande dolore personale la notizia della morte di Papa Francesco, avvertendo il grave vuoto che si crea con il venire meno del punto di riferimento che per me ha sempre rappresentato.

La morte di Papa Francesco suscita dolore e commozione tra gli italiani e in tutto il mondo.
Il suo insegnamento ha richiamato al messaggio evangelico, alla solidarietà tra gli uomini, al dovere di vicinanza ai più deboli, alla cooperazione internazionale, alla pace nell’umanita’.
La riconoscenza nei suoi confronti va tradotta con la responsabilità di adoperarsi, come lui ha costantemente fatto, per questi obiettivi”.

L’ultimo "Urbi et Orbi" di Papa Francesco: il messaggio integrale pieno di pace e speranza

Milano, 21 apr. (askanews) – Pubblichiamo il messaggio integrale dell’ultima benedizione “Urbi et Orbi” di Papa Francesco per la Pasqua 2025.

“Cristo è risorto, alleluia! Fratelli e sorelle, buona Pasqua! Oggi nella Chiesa finalmente risuona l’alleluia, riecheggia di bocca in bocca, da cuore a cuore, e il suo canto fa piangere di gioia il popolo di Dio nel mondo intero. Dal sepolcro vuoto di Gerusalemme giunge fino a noi l’annuncio inaudito: Gesù, il Crocifisso, ‘non è qui, è risorto’ (Lc 24,6). Non è nella tomba, è il vivente! L’amore ha vinto l’odio. La luce ha vinto le tenebre. La verità ha vinto la menzogna. Il perdono ha vinto la vendetta. Il male non è scomparso dalla nostra storia, rimarrà fino alla fine, ma non ha più il dominio, non ha più potere su chi accoglie la grazia di questo giorno. Sorelle e fratelli, specialmente voi che siete nel dolore e nell’angoscia, il vostro grido silenzioso è stato ascoltato, le vostre lacrime sono state raccolte, nemmeno una è andata perduta! Nella passione e nella morte di Gesù, Dio ha preso su di sé tutto il male del mondo e con la sua infinita misericordia l’ha sconfitto: ha sradicato l’orgoglio diabolico che avvelena il cuore dell’uomo e semina ovunque violenza e corruzione. L’Agnello di Dio ha vinto! Per questo oggi esclamiamo: ‘Cristo, mia speranza, è risorto!’ (Sequenza pasquale). Sì, la risurrezione di Gesù è il fondamento della speranza: a partire da questo avvenimento, sperare non è più un’illusione. No. Grazie a Cristo crocifisso e risorto, la speranza non delude! Spes non confundit! (cfr Rm 5,5). E non è una speranza evasiva, ma impegnativa; non è alienante, ma responsabilizzante. Quanti sperano in Dio pongono le loro fragili mani nella sua mano grande e forte, si lasciano rialzare e si mettono in cammino: insieme con Gesù risorto diventano pellegrini di speranza, testimoni della vittoria dell’Amore, della potenza disarmata della Vita. Cristo è risorto! In questo annuncio è racchiuso tutto il senso della nostra esistenza, che non è fatta per la morte ma per la vita. La Pasqua è la festa della vita! Dio ci ha creati per la vita e vuole che l’umanità risorga! Ai suoi occhi ogni vita è preziosa! Quella del bambino nel grembo di sua madre, come quella dell’anziano o del malato, considerati in un numero crescente di Paesi come persone da scartare. Quanta volontà di morte vediamo ogni giorno nei tanti conflitti che interessano diverse parti del mondo! Quanta violenza vediamo spesso anche nelle famiglie, nei confronti delle donne o dei bambini! Quanto disprezzo si nutre a volte verso i più deboli, gli emarginati, i migranti! In questo giorno, vorrei che tornassimo a sperare e ad avere fiducia negli altri, anche in chi non ci è vicino o proviene da terre lontane con usi, modi di vivere, idee, costumi diversi da quelli a noi più familiari, poiché siamo tutti figli di Dio! Vorrei che tornassimo a sperare che la pace è possibile! Dal Santo Sepolcro, Chiesa della Risurrezione, dove quest’anno la Pasqua è celebrata nello stesso giorno da cattolici e ortodossi, s’irradi la luce della pace su tutta la Terra Santa e sul mondo intero. Sono vicino alle sofferenze dei cristiani in Palestina e in Israele, così come a tutto il popolo israeliano e a tutto il popolo palestinese. Preoccupa il crescente clima di antisemitismo che si va diffondendo in tutto il mondo. In pari tempo, il mio pensiero va alla popolazione e in modo particolare alla comunità cristiana di Gaza, dove il terribile conflitto continua a generare morte e distruzione e a provocare una drammatica e ignobile situazione umanitaria. Faccio appello alle parti belligeranti: cessate il fuoco, si liberino gli ostaggi e si presti aiuto alla gente, che ha fame e che aspira ad un futuro di pace! Preghiamo per le comunità cristiane in Libano e in Siria che, mentre quest’ultimo Paese sperimenta un passaggio delicato della sua storia, ambiscono alla stabilità e alla partecipazione alle sorti delle rispettive Nazioni. Esorto tutta la Chiesa ad accompagnare con l’attenzione e con la preghiera i cristiani dell’amato Medio Oriente. Un pensiero speciale rivolgo anche al popolo dello Yemen, che sta vivendo una delle peggiori crisi umanitarie ‘prolungate’ del mondo a causa della guerra, e invito tutti a trovare soluzioni attraverso un dialogo costruttivo. Cristo Risorto effonda il dono pasquale della pace sulla martoriata Ucraina e incoraggi tutti gli attori coinvolti a proseguire gli sforzi volti a raggiungere una pace giusta e duratura. In questo giorno di festa pensiamo al Caucaso Meridionale e preghiamo affinché si giunga presto alla firma e all’attuazione di un definitivo Accordo di pace tra l’Armenia e l’Azerbaigian, che conduca alla tanto desiderata riconciliazione nella Regione. La luce della Pasqua ispiri propositi di concordia nei Balcani occidentali e sostenga gli attori politici nell’adoperarsi per evitare l’acuirsi di tensioni e crisi, come pure i partner della Regione nel respingere comportamenti pericolosi e destabilizzanti. Cristo Risorto, nostra speranza, conceda pace e conforto alle popolazioni africane vittime di violenze e conflitti, soprattutto nella Repubblica Democratica del Congo, in Sudan e Sud Sudan, e sostenga quanti soffrono a causa delle tensioni nel Sahel, nel Corno d’Africa e nella Regione dei Grandi Laghi, come pure i cristiani che in molti luoghi non possono professare liberamente la loro fede. Nessuna pace è possibile laddove non c’è libertà religiosa o dove non c’è libertà di pensiero e di parola e il rispetto delle opinioni altrui”.

A Pasqua l’ultima benedizione Urbi et Orbi di Papa Francesco e l’abbraccio con i fedeli in Piazza San Pietro

Roma, 21 apr. (askanews) – Solamente ieri, in occasione della celebrazione della Pasqua, Francesco aveva voluto affacciarsi dalla Loggia delle Benedizioni per impartire quella che sarebbe stata la sua ultima benedizione Urbi et Orbi. Francesco era apparso stanco e provato, ma non si poteva immaginare che la situazione precipitasse nel giro di così poche ore.

Poco prima il Pontefice aveva incontrato il vicepresidente Usa JD Vance con il quale si era intrattenuto per qualche minuto. Francesco non aveva voluto mancare nemmeno il giro sulla “Papamobile” in mezzo a 35mila fedeli: era la prima volta dopo tanto tempo che il papa tornava nella “sua” piazza.

Papa Francesco è morto. Il cardinale Farrell: alle 7:35 di questa mattina è tornato alla casa del Padre

Roma, 21 apr. (askanews) – “Papa Franesco è tornato alla casa del padre”. Così il Vaticano ha dato la notizia della morte del Pontefice. L’annuncio della morte di Papa Francesco è stato dato dal Card. Farrell, con queste parole: “Carissimi fratelli e sorelle, con profondo dolore devo annunciare la morte di nostro Santo Padre Francesco. Alle ore 7:35 di questa mattina il Vescovo di Roma, Francesco, è tornato alla casa del Padre. La sua vita tutta intera è stata dedicata al servizio del Signore e della Sua chiesa. Ci ha insegnato a vivere i valori del Vangelo con fedeltà, coraggio ed amore universale, in modo particolare a favore dei più poveri e emarginati. Con immensa gratitudine per il suo esempio di vero discepolo del Signore Gesù, raccomandiamo l’anima di Papa Francesco all’infinito amore misericordioso di Dio Uno e Trino”.

Basket Nba, Golden State vince a Houston con Curry

Roma, 21 apr. (askanews) – Golden State esce vincente da gara-1 sul campo di Houston, resistendo al tentativo di rimonta degli ospiti grazie ai 31 punti di uno strepitoso Steph Curry e i 25 di Jimmy Butler per prendersi subito il fattore campo nella serie. Nelle altre tre gare della notte vince sempre la squadra di casa: Cleveland scappa via nel quarto periodo e batte Miami grazie alle sue guardie (30 di Mitchell, 28 di Jerome e 27 di Garland), Boston travolge Orlando nel secondo tempo con 30 punti di Derrick White, OKC ne rifila 51 a Memphis in una gara-1 senza storia.

Oklahoma City Thunder-Memphis Grizzlies 131-80 (serie 1-0) Boston Celtics-Orlando Magic 103-86 (serie 1-0) Cleveland Cavaliers-Miami Heat 121-100 (serie 1-0) Houston Rockets-Golden State Warriors 85-95 (serie 0-1)

Tabellone playoff NBA, la Eastern Conference

Primo turno Cleveland Cavaliers (1)-Miami Heat (8), serie 1-0 Indiana Pacers (4)-Milwaukee Bucks (5), serie 1-0 Boston Celtics (2)-Orlando Magic (7), serie 1-0 New York Knicks (3)-Detroit Pistons (6), serie 1-0

Tabellone playoff NBA, la Western Conference

Primo turno Oklahoma City Thunder (1)-Memphis Grizzlies (8), serie 1-0 Denver Nuggets (4)-Los Angeles Clippers (5), serie 1-0 Houston Rockets (2)-Golden State Warriors (7), serie 0-1 Los Angeles Lakers (3)-Minnesota Timberwolves (6), serie 0-1

Calcio, classifica di serie A: Napoli in testa con l’Inter

Roma, 21 apr. (askanews) – Questi i risultati e la classifica di serie A dopo Empoli-Venezia 2-2, Bologna-Inter 1-0, Milan-Atalanta 0-1

33esima giornata Lecce-Como 0-3, Monza-Napoli 0-1, Roma-Verona 1-0; Empoli-Venezia 2-2, Bologna-Inter 1-0, Milan-Atalanta 0-1, lunedì 21 aprile ore 12.30 Torino-Udinese, ore 15 Cagliari-Fiorentina, ore 18 Genoa-Lazio, ore 20.45 Parma-Juventus.

Classifica: Inter, Napoli 71, Atalanta 64, Bologna 60, Juventus 59, Roma 57, Lazio 56, Fiorentina 53, Milan 51, Udinese, Torino 40, Genoa, Como 39, Verona 32, Cagliari 30, Parma 28, Lecce 26, Empoli, Venezia 25, Monza 15.

34esima giornata Venerdì 25 aprile, ore 20.45: Atalanta-Lecce. Sabato 26 aprile, ore 15 Como Genoa; ore 18 Inter-Roma; ore 20.45 Lazio-Parma. Domenica 27 aprile, ore 12.30: Venezia-Milan; ore 15 Fiorentina-Empoli; ore 18 Juventus-Monza; ore 20.45 Napoli-Torino. Lunedì 28 aprile, ore 18.30 Udinese-Bologna; ore 20.45 Verona-Cagliari.

Card. Pizzaballa: “Il Vangelo parla di pietra ribaltata”

“Siamo Chiesa viva che non si arrende di fronte ai macigni che sono posti di fronte a noi”. È racchiuso in questo passaggio tutto il significato della Pasqua per la Chiesa di Gerusalemme nel contesto storico “drammatico” attuale. A ricordarlo è stato il patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa, nell’omelia della messa di Pasqua, celebrata questa mattina nella Basilica del Santo Sepolcro, a Gerusalemme. 

Commentando le letture il cardinale ha detto: “Il Vangelo ci chiede di non rinchiuderci nei nostri cenacoli e di non misurare la nostra vocazione sulle tante paure, personali o collettive che siano, ma ci invita a leggere la realtà della nostra Chiesa, alla luce dell’incontro con il Risorto”. Da qui lo spunto per rimarcare che sì, è vero, “siamo la Chiesa del Calvario” ma anche che “Cristo crocifisso non è solo simbolo di sofferenza, ma innanzitutto di amore e perdono. Siamo dunque anche la Chiesa dell’amore che sa perdonare e donare la vita, sempre, senza condizioni. Siamo la Chiesa che custodisce il Cenacolo, ma non quello con le porte sbarrate e con i discepoli paralizzati dalla paura. E ci chiede, perciò, di essere una Chiesa che supera muri e porte chiuse, barriere fisiche e umane. 

Che crede, annuncia, costruisce la pace, ma ‘non come la dà il mondo’. Abbiamo visto come il mondo ragiona, pensa, valuta. E quanto povera sia l’idea di pace del mondo, oserei dire anche offensiva! Abbiamo assistito già troppe volte ad annunci di pace traditi e offesi. La Chiesa dovrà costruire la pace che è frutto dello Spirito e che alle logiche umane di potere, alle dinamiche di violenza e di guerra, oppone dinamiche di vita, di giustizia e di perdono”. 

Per il patriarca “la risurrezione è annuncio di una vita nuova, luminosa, che emerge dalle ceneri della morte e dei suoi pungiglioni. La risurrezione è il ‘si’ di Dio anche quando il mondo grida ‘no’. L’annuncio di risurrezione non è un optional, diventa un dovere. La tomba vuota di Cristo è per noi segno e prova che vedremo la giustizia, si compirà la speranza, si affermerà la pace”. 

“Non siamo degli illusi” ha affermato il cardinale ricordando quanto sta accadendo “tra noi e nel mondo”. Poi un’ammissione: “non abbiamo molte speranze sulla capacità dei governanti di individuare soluzioni, che purtroppo appaiono sempre più lontane. E non possiamo non esprimere la nostra preoccupazione per un possibile ulteriore deterioramento della situazione politica e dell’aggravarsi del disastro umanitario che si sta compiendo, soprattutto a Gaza. Penso in particolare alla nostra piccola comunità che da molti mesi ormai, è diventata segno e simbolo di solidarietà e speranza, una piccola barca ancorata alla vita, in un mare di dolore e di sofferenza”. 

Da qui l’esortazione a farsi “madri, Veroniche, Simoni di Cirene” per chi è in difficoltà: “Ricordiamoci di offrire gesti di dignità e di cura a chi sta in mezzo a noi. Anche se ci sembra di essere ancora nella Via Dolorosa, sappiamo però che la conclusione è qui, all’incontro con la Tomba vuota di Cristo”. Perché, ha spiegato il patriarca, “il Vangelo parla di pietra ribaltata. Anche se sono tanti i problemi e le difficoltà che ci affliggono, dunque, vogliamo affermare che siamo Chiesa viva, che non si arrende di fronte ai macigni che sono posti di fronte a noi. Non c’è niente di più bello che vivere con Cristo Risorto, anche oggi, ovunque, e nonostante tutto: a Gerusalemme, a Betlemme, a Nazareth, ad Amman, a Nicosia, e anche a Gaza”.

Pasqua di pace? Le profetiche parole di Mounier

In questo tempo di grande incertezza e di grande disorientamento, caratterizzato da vicende e approcci inediti, fare riferimento alle posizioni assunte da illustri persone del passato non è sempre convincente, troppe essendo le diversità di contesto.

In qualche caso, tuttavia, un tale riferimento può servire, purché vi sia la consapevolezza di dovere comunque sempre tenere conto della diversità di tempi e di luoghi.

Per questa ragione, vi propongo per questa Pasqua di Resurrezione alcune riflessioni di Emmanuel Mounier, situate nei mesi immediatamente successivi agli Accordi di Monaco del settembre 1938, con cui Francia e Inghilterra sperarono di arginare le mire imperialistiche di Hitler, umiliando la Cecoslovacchia e consegnando al nazismo la regione dei Sudeti.

Proprio all’indomani degli Accordi, Mounier percepisce il “tradimento” rispetto agli ideali di libertà e democrazia, ma evita di tirarne tutte le conseguenze: pur sottolineando che, si des hommes résolus à ne pas tuer, à imposer un ordre d’ou l’homicide direct et indirect soit éliminé peuvent être une force inestimable de résistance, des hommes résolus à ne pas se battre ne font que surexciter les guerriers, egli confida ancora che si possano creare le condizioni per un disarmo. Già un mese dopo, egli abbandona tuttavia la via del pacifismo globale, fa appello al risanamento politico e spirituale e, contro la convergenza che intravede tra l’imperialismo nazista e quello sovietico, propone profeticamente di costruire la realtà federale dell’Europa, capace di mobilitare i valori spirituali autentici, risvegliando il suo cristianesimo: insomma, un’Europa contro le egemonie (la vicenda è stata bene sintetizzata da J. M. Domenach, Emmanuel Mounier, 1972, trad. it. 1996, Bari, Ecumenica, pp. 131 ss.).

E l’anno successivo, in un volumetto dal titolo Pacifistes ou Bellicistes, edito dalle Éditions du Cerf, immagina che la Chiesa si rivolga a un uomo di Stato dell’epoca in questi termini: “Vous voici placé dans une situation fatale où il semble que vous n’ayez plus à choisir qu’entre la guerre et le déshonneur spirituel. Vous ne devez choisir ni l’un ni l’autre. Vous n’avez pas le droit d’écarter la guerre à tout prix (…) Je ne vous dit pas: acceptez-la. Je vous dis: déployez des trésors d’énergie et d’ingéniosité politique pour retourner la situation comme des grands caractères peuvent toujours le faire, afin de sauver à toute force et la paix et l’honneur”. Per Mounier, in un mondo in cui alcuni vogliono la guerra, o almeno non escludono il ricorso ad essa, rifiutare ogni azione che possa correrne il rischio, significa in realtà rifiutare qualunque forma di resistenza, “car le risque est partout, sauf dans l’avilissement ou dans le suicide délibéré. Ce risque est à courir en même temps qu’un effort d’autant plus héroïque doit être déployé pour le conjurer. Dieu décidéra de l’issue” (ora in E. Mounier, Œuvres, t. 1, Paris, Seuil, 1961, p. 836).

Ecco, in questo giorno di Pasqua 2025, e nella consapevolezza che i temi attuali del disarmo, del riarmo e del transarmo si pongono in termini evidentemente molto differenti rispetto al 1938-1939, queste riflessioni di Mounier mi sono parse degne di considerazione e pertanto le affido alla meditazione di ciascuno e di ciascuna di noi, non senza sottolineare due aspetti: la necessità di avere statisti che siano grands caractères, e la fiducia in un Oltre che, alla fine, décidéra de l’issue.

Renato Balduzzi, professore di diritto costituzionale (Università Cattolica)

L’Italia festaiola di Pasquetta

Mentre la domenica di Pasqua riverbera di solennità e riti antichi, il lunedì dell’Angelo, ribattezzato con affettuosa familiarità “Pasquetta”, si ritaglia uno spazio di spensierata convivialità. Ma chi, oltre ai confini italiani, conosce e celebra questa appendice festiva?

La Pasquetta, con la sua vocazione gita fuori porta e scampagnata, è un’usanza prettamente italiana. Non troverete celebrazioni specifiche con questo nome e queste modalità in gran parte del mondo. Tuttavia, l’idea di un giorno successivo alla grande festa religiosa, dedicato allo svago con i propri cari serpeggia, seppur con forme diverse.

Nei paesi a maggioranza protestante, come Germania, Regno Unito e Stati Uniti, la Pasqua è certamente una festività importante, spesso caratterizzata da tradizioni come la caccia alle uova e la presenza del coniglietto pasquale. Tuttavia, non esiste un corrispettivo diretto della nostra Pasquetta come giorno festivo aggiuntivo dedicato specificamente alle attività all’aperto. Il focus rimane concentrato sulla domenica di Resurrezione.

Curiosamente, l’origine del termine “Pasquetta” è piuttosto semplice e affonda le radici nel linguaggio popolare. Non c’è un inventore ufficiale del nome. Deriva naturalmente dall’essere un “dopo Pasqua” che piega nel diminutivo affettuoso, esaltando la sua natura di “eco” più rilassata della Pasqua.

Aneddoti legati alla Pasquetta sono infiniti e intrisi di quella tipica atmosfera fatta di grigliate improvvisate, esodo biblico verso mete bucoliche, partite a carte sotto un albero fiorito e immancabili “resti” del pranzo pasquale consumati all’aria aperta. Si narra di Pasquette memorabili sotto la pioggia, trasformando la gita in un’epica battaglia contro gli elementi, o di incontri inaspettati durante le scampagnate che hanno dato vita a nuove amicizie o nuovi amori.

Un risvolto più “colto” potrebbe riguardare la sua qualificazione liturgica: il Lunedì dell’Angelo ricorda l’incontro con le donne giunte al sepolcro vuoto di Gesù. Un fatto non meno “centrale” rispetto a quello della Domenica perché innerva la gioia e la dirompente novità della Resurrezione (come d’altronde avviene durante tutto il periodo dell’Ottava, da domenica a domenica, quando per la liturgia ogni giorno è Pasqua).

In ogni caso, l’usanza popolare vuole che la Pasquetta sia un’occasione per prolungare la gioia pasquale in modo informale e godere delle prime tiepide giornate primaverili. Un giorno in cui la solennità lascia il posto alla leggerezza e la tradizione si rinnova nel semplice piacere di stare insieme, celebrando la vita che rinasce, proprio come la primavera.

Expo Osaka, l’Italia protagonista sul piano culturale e tecnologico

Expo Osaka si configura come un crocevia globale, ben oltre una semplice vetrina espositiva. È l’agorà del mondo, dove le nazioni si incontrano, si confrontano e narrano la propria identità attraverso l’innovazione, la cultura, la visione del futuro e la diplomazia. In questo spazio dinamico e denso di significato, l’Italia, guidata con lungimiranza dal Ministro degli Esteri Antonio Tajani e con la leadership incisiva dell’ambasciatore Mario Vattani, ha scelto un ruolo da protagonista nel dialogo internazionale. Il Padiglione Italia, con la sua architettura elegante e il messaggio profondo che veicola, rappresenta concretamente un Paese che non teme il confronto, anzi, lo ricerca come motore di crescita, fonte di ispirazione e guida. In un contesto mondiale in rapida evoluzione, Expo Osaka diviene il palcoscenico dove idee e identità si misurano e si confrontano. L’Italia ha scelto di parteciparvi con stile, sostanza e strategia, dimostrando che anche in un’arena competitiva è possibile primeggiare investendo su cultura, bellezza e diplomazia.

L’Expo di Osaka, inaugurata il 13 aprile con un palpabile entusiasmo internazionale, si è immediatamente affermata come vetrina d’eccellenza per il talento, la creatività e la visione dell’Italia contemporanea. Al centro di questa brillante partecipazione emerge la figura dell’ambasciatore Mario Vattani, Commissario Generale per l’Italia a Expo Osaka, il cui impegno e acume diplomatico hanno plasmato un progetto che trascende la mera rappresentanza nazionale. Sotto la sua guida, il Padiglione Italia si è metamorfosato in un’opera d’arte viva, dove l’estetica del design architettonico ideato da Mario Cucinella – che incarna il tema “L’arte rigenera la vita” – si fonde con la profondità dei contenuti culturali, scientifici e tecnologici. Vattani ha saputo interpretare l’essenza più autentica dell’Expo: non una semplice esposizione, ma un fertile dialogo tra nazioni, un ponte ideale tra passato e futuro, tra radici e innovazione. Con uno stile sobrio ma incisivo, ha tessuto una narrazione capace di esprimere la pluralità e il dinamismo di un’Italia attenta alla sostenibilità.

In questo scenario internazionale, spicca l’azione propulsiva del governo italiano, che ha impresso un’accelerazione decisiva al ruolo del Paese come protagonista autorevole nel panorama globale. Un filo conduttore valorizza l’Italia non solo per le sue eccellenze tradizionali – arte, cultura, enogastronomia – ma anche come interlocutore affidabile nei settori tecnologico, industriale e scientifico. Con un approccio pragmatico e improntato al multilateralismo, il governo ha sostenuto una partecipazione italiana all’Expo che è espressione dell’intero Paese: dalle imprese alle regioni, dal mondo accademico a quello creativo. L’azione sinergica del Ministro Tajani e dell’ambasciatore Vattani ha così elevato la partecipazione italiana a Osaka a qualcosa di più di un evento: un vero e proprio gesto politico e culturale che riafferma il ruolo dell’Italia nel mondo, ponendo la bellezza, la competenza e la visione come pilastri di una rinnovata proiezione internazionale. Al riguardo, è cruciale sottolineare come le esposizioni universali non siano semplici vetrine di progresso, bensì ponti tra culture, dove al centro di ogni innovazione rimane l’individuo, con i suoi sogni, il suo ingegno e la sua capacità di immaginare un futuro condiviso.

L’Ottava di Pasqua è un periodo di otto giorni, dalla domenica di Pasqua alla domenica successiva (Domenica in Albis o della Divina Misericordia), durante i quali la liturgia celebra con particolare solennità la Resurrezione di Gesù.

In un certo senso, l’Ottava di Pasqua può essere vista come un’estensione della domenica di Pasqua stessa. Ecco perché:

 * Solennità continua: Ogni giorno dell’Ottava è celebrato con la stessa solennità della domenica di Pasqua.

 * Liturgia festiva: Le letture bibliche e le preghiere durante le messe dell’Ottava continuano a focalizzarsi sul mistero della Resurrezione, come se fosse un unico, grande giorno di festa prolungato.

 * Prolungamento della gioia: L’Ottava serve a prolungare la gioia e la celebrazione della vittoria di Cristo sulla morte.

Tuttavia, è importante ricordare che ogni giorno dell’Ottava ha una sua specificità liturgica, con letture del Vangelo che narrano le diverse apparizioni di Gesù risorto.

Quindi, pur mantenendo un carattere unitario di celebrazione della Pasqua, ogni giorno dell’Ottava ha la sua importanza nel dispiegare il mistero della Resurrezione. Si può dire che l’Ottava è come un unico giorno di festa “dilatato” per permettere ai fedeli di meditare e interiorizzare più profondamente il significato della Pasqua.

Fontana: il mondo ha urgente bisogno di una speranza concreta di pace

Roma, 21 apr. (askanews) – “In questo giorno di rinascita, il mio augurio è che la luce della Pasqua porti speranza concreta di pace, in un mondo che ne ha urgente bisogno. Un particolare messaggio di affetto e vicinanza va al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al Santo Padre, al quale si uniscono le nostre preghiere”. Lo afferma in un messaggio di auguri pasquali il Presidente della Camera Lorenzo Fontana,

“Esprimo gratitudine a chi oggi è al lavoro per garantire servizi essenziali alle comunità e un pensiero speciale a quanti vivono momenti di sofferenza o solitudine. Che la Pasqua possa essere per tutti un tempo di conforto, forza e rinnovata fiducia”, ha affermato ancora. il Presidente della Camera.

Giobbe, Gesù e la strada della redenzione

Sembra che Dio abbia creato il tempo solo per gli uomini, una dimensione necessaria per misurare un disordine che tracima anche nello spazio, dando un quadro completo del loro procedere.

Per Lui è diverso. Ogni storia potrebbe svolgersi anche al contrario perché comunque è sua la vittoria e non si darebbe affanno se i demoni mischiassero le carte mettendo i millenni sottosopra.

Giobbe aveva una vita di tutto conforto, legato al Creatore non per riconoscenza ma per fede. Era un fatto che faceva impazzire Satana che disse all’Altissimo che, andandosene a zonzo per il mondo, aveva visto quell’uomo felice nel suo cuore con il cielo e scommise che lo avrebbe rinnegato se solo gli fosse stato inflitto qualche tormento.

Fu questione di un paio di chiacchierate fatte tra Dio e Satana come due che si trovano al bar per scambiare le opinioni su una competizione sempre in corso. Nessun tono minaccioso o rivendicazione di primato dell’uno o dell’altro, soltanto qualche battuta di quando ci si conosce bene e si decide che si può continuare così come fatto in un infinito braccio di ferro.

Forse una delle poche volte che Dio accettò di essere sullo stesso piano del suo interlocutore. Passeggiò nell’Eden con Adamo ed Eva, discorse con Mosè per un bel po’ di tempo ma questa di spendere parole con il nemico fu la trovata che non ti aspetti.

Si parlarono come tra due vecchie conoscenze che ne sanno lunga di ogni fatto e per un attimo smettono il confronto per dirsi di un’altra prova con il sottofondo di una antica confidenza. Il patto fu che Giobbe non ci lasciasse la pelle.

Il pover’uomo era ignaro di essere stato prescelto come un motivo di contesa delle cose di lassù e si ritrovò d’improvviso povero in canna con addosso tutte le malattie del mondo.

Solo e abbandonato non gli restarono che tre pallidi amici. Questi, invece di consolarlo, giudicavano quelle sciagure figlie delle conseguenze di chissà quali peccati commessi, dando scandalo al cuore di Dio ora prodigo di conseguenze.

Durante quel tempo di infamia c’era un pensiero che ossessionava Giobbe e che contemporaneamente lo sosteneva permettendogli di resistere in vita ancora un giorno dopo e poi così avanti ancora. Aveva in animo di chiamare Dio al suo cospetto per dirgli quattro parole come si deve.

Ad un certo punto, senza farsi scoprire, forse fu anche felice delle sventure che gli si abbatterono addosso, perché lo indussero a sbraitare a squarciagola verso le nuvole per invitare l’Invisibile e Presente a farsi vivo smettendo di essere schivo con le sue creature.

Per esortarlo ad uscire dal suo guscio, gli ricordò che non era in ballo una questione di fede. Troppo facile credere se hai un Dio di fronte. Giobbe già da sempre era in relazione con Colui che è.

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Papa: la luce lentamente risplende anche se siamo nelle tenebre

Roma, 19 apr. (askanews) – “Facciamo germogliare la speranza della Pasqua nella nostra vita e nel mondo! Quando sentiamo ancora il peso della morte dentro il nostro cuore, quando vediamo le ombre del male continuare la loro marcia rumorosa sul mondo, quando sentiamo bruciare nella nostra carne e nella nostra società le ferite dell’egoismo o della violenza, non perdiamoci d’animo, ritorniamo all’annuncio di questa notte: la luce lentamente risplende anche se siamo nelle tenebre; la speranza di una vita nuova e di un mondo finalmente liberato ci attende; un nuovo inizio può sorprenderci benché a volte ci sembri impossibile, perché Cristo ha vinto la morte”. Lo scrive Papa Francesco nell’omelia per la veglia pasquale in Vaticano letta dal delegato del Santo Padre, il cardinale Giovanni Battista Re.

Calcio, classifica di serie A: Napoli aggancia l’Inter in testa

Roma, 19 apr. (askanews) – Questi i risultati e la classifica di serie A dopo Monza-Napoli 0-1.

33esima giornata Lecce-Como 0-3, Monza-Napoli 0-1, ore 20.45 Roma-Verona; domenica 20 aprile ore 15 Empoli-Venezia, ore 18 Bologna-Inter, ore 20.45 Milan-Atalanta, lunedì 21 aprile ore 12.30 Torino-Udinese, ore 15 Cagliari-Fiorentina, ore 18 Genoa-Lazio, ore 20.45 Parma-Juventus.

Classifica: Inter, Napoli 71, Atalanta 61, Juventus 59, Bologna 57, Lazio 56, Roma 54, Fiorentina 53, Milan 51, Udinese, Torino 40, Genoa, Como 39, Verona 32, Cagliari 30, Parma 28, Lecce 26, Empoli, Venezia 24, Monza 15.

34esima giornata Venerdì 25 aprile, ore 20.45: Atalanta-Lecce. Sabato 26 aprile, ore 15 Como Genoa; ore 18 Inter-Roma; ore 20.45 Lazio-Parma. Domenica 27 aprile, ore 12.30: Venezia-Milan; ore 15 Fiorentina-Empoli; ore 18 Juventus-Monza; ore 20.45 Napoli-Torino. Lunedì 28 aprile, ore 18.30 Udinese-Bologna; ore 20.45 Verona-Cagliari.

Calcio, Lecce-Como 0-3: SuperDiao affonda i salentini

Roma, 19 apr. (askanews) – Vittoria che ha il sapore della salvezza quella del Como (3-0) a Lecce con la formazione lariana trascinata dalla solita coppia Paz-Diao. Il primo, tornato titolare dopo la panchina col Torino, illumina e serve l’assist, il secondo segna ancora, settimo centro in stagione. I padroni di casa però non sono rimasti a guardare e hanno impegnato Butez, soprattutto con Tete Morente. Nella ripresa raddoppio con il colpo di testa di Goldaniga ed ancora il gol di Diao che chiude con l’ottava segnatura personale.

Calcio, classifica di serie A: il Como brinda alla salvezza

Roma, 19 apr. (askanews) – Questi i risultati e la classifica di serie A dopo Lecce-Como 0-3.

33esima giornata Lecce-Como 0-3, ore 18 Monza-Napoli, ore 20.45 Roma-Verona; domenica 20 aprile ore 15 Empoli-Venezia, ore 18 Bologna-Inter, ore 20.45 Milan-Atalanta, lunedì 21 aprile ore 12.30 Torino-Udinese, ore 15 Cagliari-Fiorentina, ore 18 Genoa-Lazio, ore 20.45 Parma-Juventus.

Classifica: Inter 71, Napoli 68, Atalanta 61, Juventus 59, Bologna 57, Lazio 56, Roma 54, Fiorentina 53, Milan 51, Udinese, Torino 40, Genoa, Como 39, Verona 32, Cagliari 30, Parma 28, Lecce 26, Empoli, Venezia 24, Monza 15.

34esima giornata Venerdì 25 aprile, ore 20.45: Atalanta-Lecce. Sabato 26 aprile, ore 15 Como Genoa; ore 18 Inter-Roma; ore 20.45 Lazio-Parma. Domenica 27 aprile, ore 12.30: Venezia-Milan; ore 15 Fiorentina-Empoli; ore 18 Juventus-Monza; ore 20.45 Napoli-Torino. Lunedì 28 aprile, ore 18.30 Udinese-Bologna; ore 20.45 Verona-Cagliari.

Ucraina, Zelensky denuncia attacco russo dopo l’annuncio di tregua di Putin

Roma, 19 apr. (askanews) – Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha riferito di “allarmi antiaerei” entrati in azione in tutto il paese poco dopo l’annuncio del presidente russo Vladimir Putin di una tregua per Pasqua.

“Per quanto riguarda l’ennesimo tentativo di Putin di giocare con vite umane, in questo momento gli allarmi antiaerei stanno entrando in funzione in tutta l’Ucraina – ha scritto su X – alle 17:15, droni russi sono stati rilevati nei nostri cieli. La difesa aerea e l’aviazione ucraine hanno già iniziato a lavorare per proteggerci. I droni Shahed nei nostri cieli rivelano il vero atteggiamento di Putin nei confronti della Pasqua e della vita umana”.

Motori, Valentino Rossi in pole nella Sei ore di Imola

Roma, 19 apr. (askanews) – E’ Festa italiana a Imola. Sul circuito del Santerno, per la Sei ore di Imola, Valentino Rossi coglie la prima pole position nel Mondiale Endurance, in classe LMGT3, con la BMW #46 del Team WRT. In classe Hypercar Ferrari dominante. Antonio Giovinazzi chiude al comando entrambe le sessioni con un ampio margine sulla concorrenza. La numero 51 scatterà davanti alla numero 83 di Robert Kubica, terzo posto per la BMW #15 staccata di quasi un secondo. Seguono le due Toyota e l’Alpine di Mick Schumacher. Settimo posto per la migliore delle Peugeot, solo decima la Porsche con la numero 6.

Tennis, Rune in finale a Barcellona

Roma, 19 apr. (askanews) – Holger Rune travolge il russo Karen Khachanov nella prima semifinale dell’Atp 500 di Barcellona: 6-3 6-2 per il giovane danese che si assicura dopo un anno il ritorno nella top10 mondiale ai danni di Lorenzo Musetti che grazie all’exploit di Monte Carlo ci era entrato solo virtualmente durante questa settimana di inattività (il toscano è fermo ai box per una piccola elongazione alla coscia destra, ma è pronto per tornare al Masters 1000 di Madrid). Rune attende ora il vincente della seconda semifinale che si giocherà in Catalogna, quella tra il padrone di casa e n° 2 del mondo, Carlos Alcaraz, e il francese Arthur Fils.

Colloqui Iran-Usa a Roma, "clima costruttivo". Un altro round sabato prossimo

Roma, 19 apr. (askanews) – Il secondo round di colloqui tra Iran e Stati Uniti sul programma nucleare iraniano, tenuto oggi all’ambasciata dell’Oman a Roma, è durato 4 ore. Lo ha riferito ad Axios una fonte americana. Colloqui indiretti. Secondo quanto rimarcato dai media iraniani, infatti, le delegazioni iraniana e americana, guidate rispettivamente dal ministro degli Esteri Abbas Araghchi e dall’inviato speciale Usa per il Medio Oriente Steve Witkoff, erano in stanze separate. I colloqui sono stati mediati dal ministro degli Esteri dell’Oman, Badr bin Hamad Al Busaidi. E l’emittente iraniana Press Tv ha fatto sapere che i colloqui si sono svolti in un “clima costruttivo”.

Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Esmeail Baqaei, ha riferito di “colloqui proficui” tenuti oggi con gli Stati Uniti a Roma, annunciando che “le due parti hanno concordato di proseguire i colloqui indiretti tra qualche giorno a livello tecnico” prima di un “nuovo round al proprio livello sabato prossimo”.

“Oggi si sono tenuti proficui colloqui indiretti tra Iran e Stati Uniti, condotti dal ministro degli Esteri dell’Oman, in un clima costruttivo – ha scritto su X – le due parti hanno concordato di proseguire i colloqui indiretti tra qualche giorno a livello tecnico, a cui seguirà un altro round al proprio livello sabato prossimo”.

Ucraina, Putin annuncia: tregua per Pasqua

Roma, 19 apr. (askanews) – Il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato una tregua nel conflitto in Ucraina in occasione della Pasqua. Lo ha reso noto il Cremlino, precisando che la tregua entrerà in vigore oggi alle 18 (ora di Mosca , le 17 in Italia) e durerà fino alla mezzanotte di domani. “Sulla base di considerazioni umanitarie, dalle 18 di oggi alla mezzanotte di domenica la parte russa dichiara una tregua pasquale. Ordino che tutte le azioni militari siano fermate per questo periodo”, ha detto Putin incontrando il Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate russe, Valerij Gerasimov.

Il Vaticano: il Papa desidera essere presente domani all’Urbi et Orbi

Milano, 19 apr. (askanews) – “Il Papa desidera essere presente domani all’Urbi ed Orbi e portare il suo saluto ai fedeli”. Lo riferisce la sala stampa della Santa Sede. Sarà naturalmente necessario verificare domani le effettive condizioni di salute del Pontefice e valutare il fattore meteo. Intanto Papa Francesco, a sorpresa, si è recato alla Basilica di San Pietro, intorno alle 17,40, in sedia a rotelle, senza le cannule per l’ossigeno, per pregare prima dell’inizio della veglia pasquale.

L’Iran: l’unico ostacolo a un Medio Oriente libero da armi nucleari è il regime israeliano

Roma, 19 apr. (askanews) – Nell’incontro avuto oggi con il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, il capo della diplomazia iraniana, Abbas Araghchi, ha ribadito “la natura pacifica” del programma nucleare iraniano e l’opposizione di Teheran alle armi di distruzione di massa, “in linea con i suoi valori religiosi e nazionali e con la sua dottrina di difesa”, affermando che “l’unico ostacolo a un Medio Oriente libero da armi nucleari è il regime israeliano”. Lo riporta l’agenzia di stampa Irna.

Il ministro degli Esteri iraniano ha quindi invitato “la comunità internazionale e i paesi europei ad adottare posizioni responsabili contro gli atti genocidari, le violazioni del diritto e gli atti di aggressione del regime israeliano, volti ad aggravare l’insicurezza in Medio Oriente e a promuovere l’iranofobia”.

Calcio, De Laurentiis a Conte: "Certe espressioni creano disagio"

Roma, 19 apr. (askanews) – “Le valutazioni in itinere possono creare anche un disagio, è sempre meglio farle alla fine. Tutte le squadre di calcio sono in evoluzione fino alla fine: l’unico copione che non si può scrivere è la partita di calcio e il relativo campionato. Abbiamo una squadra forte e muscolosa, nei prossimi anni ci divertiremo molto”. Non tarda ad arrivare la replica del presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, ad Antonio Conte. Il tecnico partenopeo ieri aveva detto nella conferenza stampa alla vigilia del match con il Monza: “Non rinnego nulla, ma ho capito che a Napoli tante cose non si possono fare”. Oggi, ai microfoni di Radio Crc, la risposta del presidente del Napoli.