Campo largo e salario minimo, perché scatenano la opposizione di Renzi?

La posizione politica assunta dal leader di Italia Viva coglie nel segno. Evidenzia ancora una volta le contraddizioni che agitano e attraversano lo schieramento della sinistra italiana nelle sue multiformi espressioni.

 

Il confronto sul cosiddetto “salario minimo” ci offre l’opportunità per chiarire ed approfondire alcuni aspetti decisivi sulle attuali dinamiche politiche nel nostro paese. E, per fermarsi al “patto” sottoscritto da quasi tutte le forze dell’opposizione su questa tematica peraltro importante, abbiamo anche la possibilità di sottolineare che la posizione politica assunta da Matteo Renzi coglie nel segno per almeno tre ordine di motivi.

 

Innanzitutto, come giustamente ha evidenziato l’ex Premier, non far parte di una maggioranza di governo non significa automaticamente e meccanicamente riconoscersi nel cosiddetto schieramento alternativo. E questo per una ragione persin troppo semplice da spiegare. E cioè, chi non cavalca volgarmente la radicalizzazione della lotta politica e la polarizzazione ideologica tra i vari schieramenti in campo, non può rinunciare alla poltica, alla sua coerenza e alla sua credibilità programmatica ed ideale solo perchè l’obiettivo è quello di criminalizzare ed annientare politicamente l’avversario/nemico giurato. È una logica, questa, riconducibile alla sub cultura degli “opposti estremismi” e non ispirata ai canoni di una seria e credibile democrazia dell’alternanza.

 

In secondo luogo, chi vuol costruire nell’attuale scenario pubblico italiano un polo di centro, o meglio una moderna ed intelligente “politica di centro”, non può lanciarsi in modo irresponsabile e spericolato a costruire una alleanza con forze politiche che individuano proprio nel centro, nel suo progetto riformista, nella “politica di centro” e nel mondo moderato l’avversario/nemico irriducibile ed implacabile da battere e da sconfiggere. Non a caso, l’alleanza ormai granitica – anche se politicamente ingarbugliata e largamente minoritaria – tra la sinistra radicale e massimalista della Schlein, la sinistra populista e demagogica di Conte e di Grillo e la sinistra estremista e fondamentalista di Fratoianni e di Bonelli è semplicemente alternativa a tutto ciò che anche lontanamente è riconducibile al Centro. Un motivo in più, quindi, per tenersi distinti e distanti da quella prospettiva politica.

 

In ultimo il merito della vicenda. Al di là delle diverse interpretazioni che ogni partito contraente questo singolare accordo offre – è appena sufficiente scorrere le dichiarazioni dei vari capi dello schieramento di sinistra per rendersene conto – non possiamo non evidenziare che anche nel sindacato esistono posizioni profondamente diverse al riguardo. Perchè un conto è la tesi della Cgil – fortemente impegnata a liquidare al più presto questo governo attraverso un’azione squisitamente e lucidamente politica – che, come quasi sempre nella sua lunga storia, antepone logiche di schieramento al merito delle singole questioni, altra cosa è invece la tesi dalla Cisl che storicamente, culturalmente e politicamente resta legata alla strategia della “contrattazione”. Una cultura, questa, che confligge con chi ha del sindacato una concezione puramente politica e che stenta a recidere definitivamente quella logica della “cinghia di trasmissione” che periodicamente riemerge come un fiume carsico e che, di conseguenza, è destinato a caratterizzare il rapporto tra il partito e il sindacato all’interno di quel campo politico. Ed è proprio il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra a dirlo in modo chiaro e trasparente.

 

Ovvero, “Noi della Cisl pensiamo che il salario minimo in questo paese vada fatto ma con i contratti e non con la legge. Perchè – ha aggiunto sempre Sbarra – altrimenti rischiamo di creare alibi e pretesti ad imprese che a quel punto possono decidere di uscire dall’applicazione dei contratti e attestarsi rigorosamente sul rispetto della eventuale legge e determinare una spirale verso il basso della dinamica delle retribuzioni”. Appunto, priorità della contrattazione e non di una legge astratta che non tiene conto della complessità e della articolazione del tessuto produttivo del nostro paese.

 

Ecco perchè la posizione politica assunta da Renzi merita di essere richiamata. Perchè oltre ad essere politicamente coerente e coraggiosa, evidenzia – ancora una volta – le profonde contraddizioni che agitano e attraversano lo schieramento della sinistra italiana nelle sue multiformi espressioni. Uno schieramento che, se permangono queste lacune storiche e politiche, è destinato a radicalizzare sempre di più la sua posizione coprendo il campo dell’opposizione ma senza alcuna speranza di trasformarsi in una cultura di governo e, soprattutto, di diventare maggioritario nel contesto politico italiano.