Capire la destra per votare contro di essa

L’Europa che vuole l’ultra destra è quella del concetto semplice della competizione del “vinca il migliore” in tutti i settori della vita sociale. Tradotto, chi ha più risorse prende il piatto più grande.

Mancano tre settimane al voto di giugno per il Parlamento europeo e una cosa noi elettori l’abbiamo ben chiara dopo aver votato innumerevoli volete in questi ultimi 10 anni: non leggere i programmi elettorali. Non perché non siano una degna lettura, bensì perché sono la somma delle buone intenzioni che ciascuna forza politica vorrebbe fare ma che è certa di non poter portare avanti e che la realtà della gestione del potere sarà molto diversa. Però per legge bisogna presentarli e ciascun candidato di quella forza politica disegna il proprio programma secondo quella guida. 

Le elezioni europee non divergono da questo schema “virtuale” delle buone idee. Abbiamo imparato che conviene seguire le idee dei leader, quello che dicono nei comizi elettorali e farsi una idea propria, ma non  condivisa all’interno del gruppo appartenenza: in questa società “liquida” il potere non ama le aggregazioni, preferisce ed incoraggia sempre l’opinione del singolo elettore, facilmente controllabile. Proprio il contrario dell’identità sociale con cui sono costruiti i partiti. 

In queste elezioni la prima chiamata al voto è per l’elettorato di destra: per i conservatori moderati e per quelli ultra conservatori. È avviene nella convention di Madrid degli ultra conservatori – partito VOX – dove la leader italiana lancia la chiamata al voto delle destre tutte per costruire una “Europa migliore”. I distinguo sono subito arrivati dalla destra francese, non tanto per una possibile perdita di visibilità politica quanto per un modello di sviluppo economico e sociale differente. Il modello della destra ultra conservatrice è dal lato privato fortemente liberista: un “laissez faire” che  supera anche le più rose previsioni di Adam Smith (economista del XVIII sec.) e che ci proietterebbe in un far-West economico e sociale distruttivo. Bilancia questo principio la presenza dello Stato regolamentatore per i servizi essenziali (difesa, salute, economia pubblica, trasporti, istruzione, cultura, welfare, ecc) che controlla ma pure dirige l’economia e per mezzo di essa anche i suoi cittadini. 

In Francia lo Stato è ben presente nell’economia con il controllo pubblico sulle nazionalizzazioni e i settori csosiddetti strategici, ma il liberalismo non è così sfrenato anzi è regolamentato dallo Stato in un – senso come dire? – “ben temperato” tra l’interesse del singolo, il mercato e le esigenze pubbliche. Tuttavia l’Europa che vuole l’ultra destra è quella del concetto semplice della competizione del “vinca il migliore” in tutti i settori della vita sociale. Tradotto in pratica, chi ha più risorse prende il piatto più grande. E per gli altri ? Beh, pazienza! Per accettare un simile principio dovremo mettere mano al Trattato istitutivo, quello di Roma, dove all’art. 2 è previsto …uno sviluppo armonioso delle attività economiche nell’insieme della Comunità, un’espansione continua ed equilibrata, una stabilità accresciuta, un miglioramento sempre più rapido del tenore di vita…

Nella destra che va la voto lo sviluppo armonioso diventa invece “Nazioni più ricche e Nazioni meno ricche” (status disomogeneo); l’espansione continua ed equilibrata è lasciata al liberalismo che come è noto determina diseguaglianze profonde (andamento ciclico/ espansione/recessione); la stabilità non si accresce ma è garantita dalle Nazioni più forti (dunque instabilità politica economica e sociale per le Nazioni deboli); da ultimo il miglioramento del tenore di vita è per qualcuno ma non per tutti, come da liberalismo applicato. 

Quanto alle Istituzioni europee, la destra una volta che si sia assicurata la maggioranza nel Parlamento, preparando leggi in senso fortemente liberale e liberista (meno potere, per iniziare, alle autorità di garanzia) si giocherà la partita delle nomine nella Commissione, ovvero nel governo dell’Europa per settori chiave: economia, difesa/sicurezza, welfare, esteri. 

Non si sa quale possibile adesione di massa possa avere questa chiamata al voto per le destre europee, se saranno numeri alti o sotto le attese; in ogni caso, per gli elettori in quanto tali, specie se non sono di destra, sarà bene comprendere quello che si lascia e quello che rimane in termini di diritti e di prospettive di sviluppo.