Elezioni europee, a lungo andare gli slogan svuotano la politica.

Finora la campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo presenta forme deprimenti di azione da parte di troppe formazioni politiche, se non tutte. Non si tratta di avere ragione o torto, ma di ciò che si dice e che dovrebbe determinare l’orientamento degli elettori o colpirne la fantasia e l’attenzione.

Si ha la sensazione che fino ad oggi dell’Europa non ci sia particolare traccia. È messa sul fondo di scontri tutti di carattere nazionale tirando in ballo temi generici senza alcuno sforzo per una decente e articolata riflessione. Di esempi potrebbero essercene a bizzeffe, c’è veramente l’imbarazzo della scelta. Sul fronte sinistro, la Schlein punta ossessivamente, per attrarre consensi, sui temi della sanità e dei diritti sociali, forse dimenticando che sono questioni da affrontare all’interno del confine nazionale, di una caratura senza passaporto.

Sulla barricata opposta si agita Salvini che sui manifesti si dice a difesa della casa e dell’auto. Qualcosa di troppo ridotto respiro a fronte dell’ampia prateria europea. Ce ne sarebbero di temi più scottanti e di sostanza su cui misurarsi. Una politica estera, una difesa e una tassazione comune a tutti i paesi europei sarebbero argomenti forse più centrati e pertinenti. Eppure, i partiti hanno scelto di adottare il vecchio motto del “parva sed apta mihi” per non sbilanciarsi a prendere impegni che in futuro potrebbero rinnegarsi, o semplicemente perché, peggio ancora, si è a corto di idee o più aulicamente di visione.

Leggendo la Treccani, il motto per esteso, posto da Ariosto all’ingresso della sua casa, recitava: “Parva, sed apta mihi, sed nulli obnoxia, sed non sordida: parta meo sed tamen aere domus” (Casa piccola, ma adatta a me, su cui nessuno può vantare diritti, decorosa e comprata con denaro mio). Sembra difficile che l’Italia di oggi possa vantare particolari check up, ma è sempre meglio non perdere la fiducia, malgrado l’ascensore sociale ci dice di un paese gravemente in panne e di giovani, non soli ricercatori, che muovono per l’estero puramente alla ricerca di un futuro.

A dirla tutta, sembrava poterci essere un po’ di possibile sana animazione, una scossa che rivitalizzasse la competizione per l’Europa. L’emozione tutta concentrata sul confronto diretto tra la Meloni e la Schlein e sulla stanca primizia di due donne l’un contro l’altra a dibattere. Questa dunque la grande occasione che è andata perduta ed ha gettato nello sconforto ed in uno stato di prostrazione l’intera società italiana, aggrappata ad una speranza venuta crudelmente meno.

Slogan è una espressione che serve a entrare nella guardia dell’ascoltatore in modo da impadronirsene e condizionarne le azioni. Parrebbe che la parola provenga dal gaelico scozzese sluagh-ghairm, pronunciato slogorm, quindi la sintesi di una moltitudine di spiriti e di urlo, insomma un grido di battaglia di quelle popolazioni. Gli slogan, da sempre, servono alla politica per vincere la loro guerra quotidiana. “Better dead than red” fu un diffuso ritornello anticomunista negli Stati Uniti, durante il tempo di McCarthy. Andrebbe anche detto che lo “Sloganeering” indica un giudizio dispregiativo verso tutto ciò che fa scadere un ragionamento, riducendolo appunto a mero slogan. È proprio quello che sta accadendo in questo tempo di votazioni.

Slog è una parola dai più significati. Ci dice quando si vuole colpire con forza qualcuno e nel contempo significa anche sgobbare o arrancare. La nostra politica appare in grado di fare una sintesi di tutto questo. Si vuole colpire l’avversario, si sgobba per rastrellare un voto in più degli altri, si arranca perché non si sa bene come fare o cos’altro fare. “Slog it out” si traduce con lo sfidarsi. “Mancò la fortuna, non il valore” dissero i nostri eroici Bersaglieri nella battaglia di El Alamein. Così i partiti sognano di potersi rincuorare ogni giorno fino ai giorni dell’8 e del 9 giugno per andare a mettere la propria scheda nelle urne.

Da slogan a sloggiare il passo è breve. C’è ancora modo per cambiare rotta e recuperare il nuovo che manca.