De Gasperi uomo di centrodestra? Il giudizio di Cazzullo non regge.

Una delle firme più prestigiose della nostra carta stampata offre un’immagine deformata dello statista trentino. Il giudizio perentorio da lui fornito sul “Corriere della Sera” è frutto nel migliore dei casi di un abbaglio.

A distanza di qualche giorno, una riflessione sulle ultime uscite di Aldo Cazzullo a proposito di De Gasperi, da lui considerato un esempio di moderatismo inclinante a destra, è quanto mai opportuna. Non si tratta di puntiglio, ma di legittimo scrupolo nel mettere a fuoco, nel modo più corretto possibile, la figura dello statista trentino. A un lettore che chiedeva lumi, Cazzullo rispondeva il 26 luglio, nella sua rubrica delle lettere sul “Corriere della Sera”, che De Gasperi era un politico di centrodestra, anche se di un centrodestra rispettabile (a differenza di quello odierno?); poi il 31 luglio, a un altro lettore che in contraddittorio riproponeva la vexata quaestio del “partito di centro che guarda a sinistra”, replicava con fermezza che De Gasperi non aveva mai pronunciato quella frase (né in pubblico né in privato).

Ora, la stima per il giornalista e scrittore, una delle firme più autorevoli della nostra carta stampata, non è assolutamente in discussione. Per altro, alla stima si associa la simpatia, se si ricorda ad esempio che in un dibattito all’Istituto Sturzo ebbe a dire che il popolarismo è l’unica dottrina politica sopravvissuta al crollo delle ideologie nel passaggio di secolo e di millennio. Un riconoscimento che rivela onestà intellettuale e finanche ammirazione – così parrebbe – per la storia del cattolicesimo politico. Tuttavia, nel caso della pubblica corrispondenza sul “Corriere”, l’acume cede il passo alla semplificazione. Spiace dirlo, ma è così.    

E veniamo al merito. A ben vedere, la risposta del 31 luglio al secondo lettore vuole andare al cuore della questione. In realtà, sbagliando mira, essa finisce per distorcere gravemente l’immagine di De Gasperi; il quale, il 17 aprile del 1948, alla vigilia quindi delle fatidiche elezioni, aveva riassunto il suo pensiero in un’intervista a “Il Messaggero” affermando, senza giri di parole, che la Dc era “un partito di centro che cammina verso sinistra”. Cammina, non guarda: il verbo è ancora più impegnativo. Come si può negare l’evidenza?

Tanta sicurezza ha solo un punto di giustificazione. Cazzullo rimanda a una smentita di Andreotti, che però non a quella frase, tanto citata e tanto contestata, si deve applicare. Andreotti, per la precisione, dichiarava che mai aveva ascoltato De Gasperi esprimersi nei termini trascritti da Mons. Pavan nel suo diario dopo un colloquio con l’allora Presidente del Consiglio, ovvero che la Dc fosse “un partito di centro sinistra con apertura verso destra”. Ecco l’equivoco, sono due le frasi da prendere in esame, tutt’e due convergenti nel significato ultimo, ma non sovrapponibili alla perfezione. Nella convergenza può anche rintracciarsi una diversità, magari non da poco. Ad ogni buon conto, acquisita la correzione di Andreotti, non ne deriva tuttavia che si possa negare un’esigenza di orientamento a sinistra presente nel dispositivo strategico della politica degasperiana. 

“In qualsiasi altro Paese al mondo, De Gasperi sarebbe considerato per quello che fu: un uomo di centrodestra”. Questa la conclusione di Cazzullo. Eppure, se nella sua azione di leader di partito e di governo, De Gasperi ha inventato una coalizione che prevedeva l’apporto essenziale dell’area socialista di Saragat e quella della “sinistra democratica” dei repubblicani, lasciando ai liberali una specifica e circoscritta funzione di copertura sul versante moderato, soprattutto per il contributo di Einaudi, come regge a questo punto il giudizio perentorio di Cazzullo? Ebbene, ci permettiamo di sostenere che non regge: nel migliore dei casi è frutto di un abbaglio.