Editori e giornalisti, quale indipendenza?

Il rapporto tra gli editori e le rispettive testate giornalistiche di proprietà è molto semplice: le une rispondono agli altri. L’indipendenza, come ovvio e scontato, non esiste. Forse esiste solo nella testa di Molinari.

Dunque, Giorgia Meloni ha scoperto l’acqua calda o fatto una denuncia epocale alla trasmissione “Quarta Repubblica” di Nicola Porro? A risentirla con la dovuta sobrietà e senza alcuna faziosità, non si può che propendere per la prima ipotesi. Del resto, dire che “Repubblica” – ovviamente come “La Stampa” – scrivono articoli e articolesse che prescindono radicalmente da ciò che interessa gli editori di riferimento – e che riferimento – è un po’ come sostenere che si va allo stadio per godersi un po’ di tranquillità e di silenzio spirituale.

Ora, è un tema, questo, sufficientemente antico e vecchio per suscitare qualche interesse politico e anche giornalistico. Certo, quando un Presidente del Consiglio accusa il titolo di apertura di un giornale che è scientificamente contro le politiche del suo Governo – “L’Italia in vendita” – sostenendo che non prende lezioni da una testata il cui editore ha portato, invece, la sua corposa azienda all’estero diventa francamente difficile contestarne il merito. Dopodichè è del tutto comprensibile che il suo Direttore reciti il rosario che i giornalisti sono indipendenti, la redazione è indipendente, il Direttore è indipendente e i contenuti che vengono sfornati di giorno in giorno nonn hanno nulla a che vedere con gli interessi concreti dell’editore. Riflessione ineccepibile ma oggettivamente comica, per non dire imbarazzante, perchè si tratta di una affermazione a cui, a malapena, credono gli stessi estensori.

Ma, al di là di questi simpatici scambi di opinione, forse è arrivato il momento – per non apparire ridicoli se non addirittura grotteschi agli occhi di una opinione pubblica purtroppo sempre più disamorata nei confronti della carta stampata – per sciogliere un nodo che è molto più semplice di quel che appare. E cioè, ogni testata risponde ai propri editori o proprietari. Risponde alle loro sensibilità, ai loro interessi, alle loro istanze e alle loro legittime aspettative. Anche perchè, se la cosa non fosse vera, ci troveremmo di fronte ad incalliti ed indomiti benefattori dell’umanità e di apostoli del prossimo, che si permettono il lusso di scaraventare ingenti risorse finanziarie solo ed esclusivamente per coltivare e consolidare il pluralismo informativo nel nostro paese. Lo può pensare il direttore Molinari, ma credo siano pochi, per non dire pochissimi, i cittadini/lettori che realisticamente ci credono.

Ecco perchè, e senza ingigantire una polemica che francamente si regge sul nulla, diciamoci una verità semplice ma credo quasi unanimemente riconosciuta. E cioè, ogni editore persegue un suo legittimo interesse, ogni redazione giornalistica di riferimento difficilmente contrasta o contesta ciò che vuole o desidera l’editore e ogni polemica pro o contro il potere politico di turno è il frutto e la conseguenza di questo impasto. Punto. Tutto il resto appartiene al comprensibile e legittimo, ma spuntato, gioco fra le parti. Come si vede è tutto molto più semplice di quel che appare. Semprechè non si voglia credere alla favola, pre carnevalesca, che le singole redazioni giornalistiche sono del tutto esterne, estranee e addirittura oscure rispetto agli interessi concreti degli editori stessi.