La volubilità dell’elettorato parte anche dalla incapacità di individuare con chiarezza le linee di demarcazione fra ideali e proposte concrete. La personalizzazione dei partiti è il virus della democrazia. Riscopriamo, allora, l’«interesse beninteso» secondo la felice espressione di Tocqueville.
Mariapia Garavaglia
Le recenti tornate elettorali amministrative e referendarie hanno segnalato la stanchezza di un elettorato che assiste a continue contorsioni delle forze politiche circa le maggioranze future invece di proporre – adesso! – soluzioni per superare le difficoltà che il Paese attraversa.
L’assenteismo oramai non è più solo un sintomo ma malattia, che si insinua nel sistema e che va aggredita subito perché non diventi purulenta. Un qualche rimedio si trova analizzando la vittoria dei sindaci di centro sinistra. Ricordo che a Verona, cui mi sono dedicata, Parma, Piacenza, Catanzaro e Monza, abbiamo incontrato candidati che hanno saputo unire, che sono stati lontani da polemiche volgari, che hanno parlato agli elettori presentando la città del loro sogno e, infine, hanno fatto squadra. Si sono realizzate ipotesi di “campo largo” ma non senza confini: un profilo che distingua, non una accozzaglia. Gli alleati sono stati coinvolti sulle sfide e non per le percentuali che avrebbero potuto far confluire.
Per Letta ci sono indicazioni da tenere in considerazione anche per la scelta dei candidati futuri. Non sono state le primarie a indicare i possibili vincenti. Con le primarie si fanno i giochi in casa e si favoriscono ‘correntine’ interne in base alle percentuali, anche zero virgola… Piuttosto i partiti devono riconquistare la visibilità con la organizzazione, il senso di appartenenza, la disciplina interna. I partiti sono le fondamenta della casa democratica e infatti la Costituzione assegna loro un preciso ruolo, dichiarando che “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” (art. 49). Articolo per altro non attuato con una legge ordinaria organica per il loro funzionamento.
I partiti devono intestarsi la selezione dei candidati ai diversi livelli elettivi e devono crearela classe dirigente attraverso gli strumenti democratici previsti dai loro statuti. La volubilità dell’elettorato parte anche dalla incapacità di individuare con chiarezza le linee di demarcazione fra ideali e le proposte nonché i programmi dei partiti. La personalizzazione dei partiti è il virus della democrazia. In questa legislatura è apparsa con grande evidenza la malattia: oltre 300 cambi di casacca. Il gruppo parlamentare più numeroso è quello misto! Quale rapporto di fidelizzazione fra gli eletti e gli elettori, qual senso di appartenenza a una squadra che dovrebbe giocare per far prosperare la democrazia, per affermare l’idea di “interesse beninteso”, secondo la bella espressione di Tocqueville?
Invece l’interesse narcisistico del leader e del gruppo stanca alla lunga e non attrae partecipazione perché lo si vede ondivago secondo l’opportunità del momento. Così sta accadendo in questa legislatura: secondo la geometria dei tre governi, abbiamo assistito a più o meno populismo, sovranismo, europeismo…