De Gasperi l’Europa la pace: Europa, principessa della Fenicia e figlia del re di Tiro.

Il mito della principessa fenicia è una lezione di rivalsa, di speranza e di forza di volontà, è una storia di trasformazione e di adattamento, di scoperta. L’Europa non è una fatalità.

Cecilia Lavatore

Di seguito il testo che lautrice ha proposto ieri in occasione del convegno di Tempi Nuovi-Piattaforma popolare su De Gasperi lEuropa la pace.

Tra gli alberi di cedro libanese e gli oleandri in fiore c’è una ragazza con la veste celeste piena di vento. Ha gli occhi verdi assolati, i piedi nudi posati piano sulla sabbia calma della macchia mediterranea, le mani piccole piccole come conchiglie: ossia ci puoi sentire dentro il dolore del mare, il lamento del tempo, la malinconia. Ci puoi sentire la sete del sale, le alghe stanche del male, il fondo del cuore, le lische del corpo, le branchie anche sul fondo, il respiro dei giusti. Il solco dell’onda, l’abisso dell’odio, l’idea ostinata di una destinazione.

Il suo nome è Europa, principessa della Fenicia, figlia di Agenore, re di Tiro, amata, ammirata e rispettata dal popolo tutto della sua terra bella che è d’oro e d’Oriente. Che è di riti e di miti, di reti e di rotte. Di rive, di vele e relitti.

Europa è una perfetta adolescente modello, raccoglie boccioli di panna e schiuma tra la battigia e le dune con le sue amiche adorate per le tavolate di sogni a venire, si nutre solo dei raggi che le spettano, siede composta e degna di grazia, conosce assai le regole degli dèi, le loro preghiere, le loro storie a memoria. Sa la strada di casa e non quella sbagliata, sa quando parlare o se sia meglio tacere. I gesti da fare, cosa guardare. Infila i pensieri nell’orizzonte come carta da lettere. Chiede dei figli sani, un marito fedele, un re suo soltanto, di crescere.

Ma tutto questo prima che Zeus se ne innamori.

Il dio degli dèi la trova così, incantevole, in un giorno di fine estate, con i tramonti a picco sul manto del mondo che bagnano i mortali di meraviglia senza serbare per loro alcuna pietà.

Zeus la nota e la sceglie  con la stessa leggerezza con cui indovinerebbe un frutto più buono tra i tanti fatti apposta dai rami.

Europa è ingenua, candida, vergine. E diversa.

Non sa di Olimpo, né di Grecia, sa della pelle morbida che abita, dell’odore di datteri e agrumi e di piogge di lidi lontani.

Per questo Zeus chiede a Ermes di spingere i buoi del re di Tiro, padre di Europa, vicino alla giovane. Poi si trasforma in uno di loro, diventa un toro bianco, un toro mansueto. Un toro tenero.

Europa affascinata dalla forza serena di quell’animale inizia ad accarezzarlo lentamente dalla testa alla schiena, lo accarezza e lo accarezza ancora, fino a che decide incautamente di salire sul suo dorso.

Si ritrova così pelle a pelle con il suo destino, in sella a una Metamorfosi ingannevole che la rapirà in un attimo tra lo stupore delle presenti per portarla a Cnosso, sull’isola di Creta.

Lì il dio Zeus le rivelerà la sua identità e proverà a usare violenza su Europa la quale coraggiosissima gli resisterà strenuamente.

Qualche tempo dopo, tuttavia, in un bosco di salici piangenti verrà aggredita di nuovo, stavolta Zeus scenderà a comandare nelle sembianze di un’aquila e avrà la meglio sulla fanciulla.

Europa, sola, terrorizzata ma resiliente ad ogni avversità, sposerà Asterio, il re di Creta, diventando la prima regina della Storia dell’isola e nel castello partorirà il figlio della violenza di Zeus, Minosse, capostipite della civiltà minoica, tra i padri del nostro Occidente.

Omero nell’Iliade ed Esiodo nella Teogonia raccontavano questa vicenda già nel lontano VIII sec a.C. Ripresa da Ovidio in epoca romana, dal Rinascimento in poi diventa il soggetto di molti splendidi dipinti.

Un pittore per tutti è l’olandese Rembrandt che nel 1662 realizza il Rapimento di Europa oggi custodito nel Nuovo Mondo, al Paul Getty Museum di Los Angeles.

Il mito della principessa fenicia è una lezione di rivalsa, di speranza e di forza di volontà, è una storia di trasformazione e di adattamento, di scoperta.

Quando racconto questa storia nelle mie classi penso che gli studenti in Europa hanno ancora bisogno di riconoscersi in un nome. E in un nome che significhi tanto.

Quando racconto questa storia nelle mie classi penso che fatta l’Europa dobbiamo fare ancora gli europei.

L’Europa va agita come una missione, va agita nelle scuole, nelle Università, nei teatri e nei cinema, nelle strade delle nostre capitali.

Dobbiamo fare capire ai giovani che l’Unione Europea è nata dalle ceneri delle guerre che l’hanno devastata e non va data per scontata.

L’Europa va ancora espressa e realizzata, come un desiderio e non come una fatalità.

Quando arrivo ai capitoli di educazione civica sull’ordinamento europeo e le nostre istituzioni racconto sempre ai miei studenti che ho imparato ad essere europea con i miei viaggi, con il mio lavoro nel turismo, con le amicizie che ho coltivato, con i romanzi che ho letto, i film che ho visto e la musica che ho ascoltato molto più che con i capitoli didattici di quei libri.

Non vogliamo provare a convincerli di nulla quando dedichiamo almeno 40 pagine del libro di GeoStoria alla formazione dell’Unione Europea, ma piuttosto stiamo provando a proporgli una versione più sicura di futuro, nata da grandi ideali e da sofferenze indicibili.

Il resto dovranno farlo loro.

Sull’Europa il nostro Papa ha detto: “La creatività, l’ingegno, la capacità di rialzarsi e di uscire dai propri limiti appartengono all’anima dell’Europa. Nel secolo scorso, essa ha testimoniato all’umanità che un nuovo inizio era possibile. Le ceneri delle macerie non poterono estinguere la speranza e la ricerca dellaltro, che arsero nel cuore dei Padri fondatori del progetto europeo. Essi gettarono le fondamenta di un baluardo di pace, di un edificio costruito da Stati che non si sono uniti per imposizione, ma per la libera scelta del bene comune, rinunciando per sempre a fronteggiarsi. L’Europa, dopo tante divisioni, ritrovò finalmente sé stessa e iniziò a edificare la sua casa”.

Oggi con in grembo tanti figli ancora di quei tori del passato forieri di inganni, ricominciamo ogni giorno nell’Antico Continente a costruire la nostra casa sulle fondamenta del nostro inesauribile e indiscusso amore per la vita.