Ogni volta che emergono difficoltà nel bipolarismo, alcuni ambienti politico-culturali mostrano interesse nel concepire un’alternativa. Tuttavia, non bastano le buone intenzioni, né nuovi soggetti con gli stessi opportunismi e manchevolezze del sistema che criticano.
Parliamo della galassia delle presenze politiche e prepolitiche comunemente chiamate centriste: cattoliche, socialiste, liberali. Queste rispecchiano le idee di una parte consistente degli elettori, ma la loro forza si disperde in tre direttrici finora votate a vicoli ciechi. Alcuni si turano il naso e si accomodano a sinistra o a destra tra mille tormenti; altri costituiscono formazioni politiche che vanno in rotta di collisione con altre di simile cultura per contendersi l’egemonia di un’area ancora da costruire; altri ancora sono rappresentati da elettori sfiduciati sulle sorti future.
I primi due gruppi hanno fallito per opportunismo, cercando di bruciare le tappe convinti del mito premiante di chi è in campo a prescindere da ogni altro requisito. In tale situazione, è chiaro che si imprigionano in un contesto dominato da populisti e demagoghi, senza progredire tra i cittadini che votano o tra quelli che non votano, ormai più del 50% dell’elettorato.
Nel nostro sistema politico manca l’apporto dei centristi, forze inclini al buon senso nell’economia, nel governo delle istituzioni, nei costumi, disposte a compromessi per raggiungere larghe intese e non aduse al muro contro muro o alle facili invettive. Queste forze basilari in politica ostacolano gli eccessi e tendono a stroncarli nelle parti estreme.
Oggi, le due estreme si sono congiunte e hanno occupato lo spazio più ampio nella politica e nelle istituzioni, orientando la spesa pubblica improduttiva alla continua rincorsa elettorale. A dispetto della dinamica governo-opposizione, le estreme sono accomunate dall’incustodia dell’economia, dall’equilibrio del funzionamento del Welfare, dalla demolizione della terzietà delle funzioni dello Stato, e dall’indifferenza e ostilità verso le storiche alleanze con i Paesi democratici.
Se i centristi vogliono cambiare, devono smettere di pensare ai tempi brevi per la loro fortificazione, testimoniare la loro alternatività al sistema bipolare per apparire credibili a chi attende cambiamento, ripudiare drasticamente i partiti personali e rendere democratici e scalabili gli organismi dirigenziali. La loro credibilità e alternatività dovrà manifestarsi nel rigore verso le politiche di bilancio, nei sostegni mirati ai settori di eccellenza delle produzioni e dei servizi, nelle politiche energetiche che superino quelle fossili a favore di quelle pulite e nucleari per ridurre i costi e conquistare autonomia, nel cambiamento dell’educazione e nelle politiche incentivanti per la produttività e il merito.
Anche l’organizzazione dello Stato nella nostra Repubblica e nella prospettiva dell’evoluzione dell’Unione Europea merita una battaglia culturale e politica per ripristinare la piramide naturale statale nella ricerca dell’efficienza e dello snellimento. La logica della sussidiarietà verticale deve svilupparsi dall’Europa allo Stato nazionale per poi procedere verso gli enti locali. Stato ed enti locali dovranno snellirsi per efficienza e per raggiungere costi minori rispetto alla situazione attuale, che vede ogni articolazione straripare nei costi e richiedere sempre più tasse ai contribuenti.
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