Nel 2024 il Giappone ha registrato appena 686.061 nascite. È la prima volta, dal 1899, che il numero annuo di nuovi nati scende sotto le 700mila unità. Il calo, pari al 5,7% rispetto al 2023, è arrivato con ben 14 anni d’anticipo rispetto alle previsioni ufficiali. Il National Institute of Population and Social Security Research stimava infatti di toccare questa soglia solo nel 2038.
Non si tratta solo di un dato simbolico: il declino demografico accelera, aggrava la crisi del welfare, svuota le campagne, mette sotto pressione la produttività e alimenta un senso diffuso di incertezza sul futuro.
Meno nascite, più decessi: la popolazione si restringe
A peggiorare il quadro contribuisce il continuo aumento dei decessi. Nel 2024, il Giappone ha contato 1.605.298 morti, il 1,9% in più rispetto all’anno precedente. Il saldo naturale della popolazione, ossia la differenza tra nascite e decessi, ha raggiunto il record negativo di -919.237 unità. Un vuoto demografico che nessun rimbalzo congiunturale può più colmare.
Il matrimonio non basta a invertire la rotta
Un lieve segnale positivo è arrivato dal numero dei matrimoni, saliti nel 2024 a 485.063, con un +2,2% sull’anno precedente. Ma anche questo dato, pur in ripresa rispetto alla flessione causata dalla pandemia, resta tra i più bassi del dopoguerra. Per il secondo anno consecutivo i matrimoni sono rimasti sotto quota 500mila.
E l’Italia? Un ammonimento da ascoltare
Questi numeri, pur riferiti al Giappone, parlano anche a noi. L’Italia condivide molti tratti con il modello giapponese: un invecchiamento rapido, un calo delle nascite strutturale, un crescente squilibrio tra generazioni. Le politiche annunciate restano timide, frammentate, incapaci di incidere sulle cause profonde del declino demografico.
Serve un cambio di paradigma: non bastano gli incentivi economici, se non si costruisce un contesto favorevole a chi vuole mettere al mondo figli. Le crisi di natalità non si affrontano con spot, ma con scelte lunghe. Prima che anche per noi, come per il Giappone, diventi semplicemente troppo tardi.