Guerra e pace, Berlusconi sconfessato sull’Ucraina: i Popolari europei fanno muro.

Le inopportune dichiarazioni del fondatore di Forza Italia consentono di puntualizzare come si debba sempre mantenere coscienza della distinzione fra verità politica (la Russia è l'aggressore, l'Ucraina l'aggredito) e la verità dei fatti, e l'intreccio degli interessi, che sono molto più complessi.

L’uscita di Silvio Berlusconi, a urne regionali aperte, sull’Ucraina ha senz’altro creato dei problemi al nostro Paese, ma ha anche dato l’occasione al governo e alle varie articolazioni dello stato di ribadire la posizione inequivocabile dell’Italia al fianco dell’Ucraina. Ieri è giunta anche la netta presa di distanza del gruppo parlamentare del Ppe dalle affermazioni di Berlusconi su Zelensky. All’attuale premier, come fu per Draghi, va riconosciuta una linea chiara di aiuto all’Ucraina, umanitario ma anche militare, al fine di giungere al più presto a una soluzione diplomatica del conflitto.

Le dichiarazioni del Cavaliere, per quanto dettate da un disinvolto opportunismo di partito e politicamente alquanto inopportune, riflettono tuttavia un’altra parte di quella che è la verità storica sull’Ucraina. Il presidente ucraino Zelensky deve la sua ascesa al potere al legame con oligarchi ucraini molto legati ai neocons americani. Questo ultimi non si sono fatti scrupoli nell’usare un personaggio politico che in fondo avevano contribuito a creare per proseguire il loro piano di armare l’Ucraina e scagliarla contro la Russia, durante gli anni delle trattative sugli accordi di Minsk, colloqui di pace sabotati anziché sfruttati per una soluzione politica che appariva a portata di mano, attraverso garanzie sulle neutralità dell’Ucraina e sul rispetto della popolazione russofona attraverso anche l’autonomia da accordare ai territori del Donbass. Soggetti esterni all’Ucraina hanno svolto un ruolo decisivo nello spingere Zelensky a proseguire l’opera del precedente presidente Porosenko, che ha contemplato anche, nel silenzio della comunità internazionale, la pulizia etnica della popolazione russofona per 8 lunghi anni, a partire da quel fatto orrendo del rogo della casa dei sindacati di Odessa con le persone dentro nel maggio del 2014, notizia censurata in Occidente.

Per questo credo si debba sempre mantenere coscienza della distinzione fra verità politica (la Russia è l’aggressore, l’Ucraina l’aggredito) e la verità dei fatti, e l’intreccio degli interessi, che sono molto più complessi. Accontentarsi dellla narrazione ufficiale della Nato, anziché considerarla una posizione necessaria per rafforzare la compattezza del sistema di alleanze di cui l’Italia convintamente fa parte, senza mantenere coscienza di come stanno realmente le cose, ci espone al rischio di una escalation senza fine.

Il problema è come uscirne, non continuare a gettare l’Ucraina nel tritacarne dell’apparato bellico russo. Discutendo attorno a un’idea di che ruolo, di che status riconoscere alla Russia (e alla Cina) dopo la guerra. Perché lì sta la ragione di questa guerra, nella pretesa di alcuni gruppi di potere occidentali (neanche gli stati in quanto tali) di poter continuare a fare a meno della partecipazione con pari dignità del resto del mondo nella gestione della politica mondiale. Se l’Occidente crede di poter “liberare” l’Ucraina, ovvero, secondo il fronte opposto, minare la sicurezza della Russia, ci attendono anni, forse decenni di aspri confronti bellici.  Il riconoscimento di una qualche forma di influenza della Russia sull’Ucraina, o almeno sui territori rivendicati da Mosca,  appare una condizione imprescindibile per la pace, e un passo necessario in avanti per stabilire, riconoscere o concedere un generale ordine multipolare del mondo a tutela di una duratura era di pace e di sviluppo.