Ha vinto la Schlein, ora il Pd è un altro partito.

Il nuovo Pd è radicalmente diverso da quello del passato. Va dato atto alla Schlein di avere modificato la sua “ragione sociale” riattivando un patrimonio culturale alternativo al riformismo.

Premetto subito che non condivido affatto la tesi di coloro che individuano nel progetto politico della Schlein una sorta di tradimentorispetto alle ragioni originarie del Partito democratico. Per la semplice ragione che la piattaforma politica con la quale la Schlein si è presentata alle primarie per guidare il Pd era radicalmente diversa, se non addirittura alternativa, rispetto al Pd nato con Veltroni, Marini, DAlema, Rutelli, Parisi e molti altri leader di quella nuova formazione che superava e inglobava le esperienze politiche della Margherita e dei Ds. E, non a caso, la Schlein ha dato immediatamente una sterzata decisiva rispetto a quella intuizione originaria.

Il Pd, oggi, è un partito con una netta, precisa e forte identità politica e culturale, al di là delle chiacchiere e della propaganda. Si tratta, cioè, di un partito dichiaratamente e autenticamente di sinistra. Una sinistra, come dice la sua segretaria, radicale, con una fronte impronta massimalista, estremista e libertaria. Un partito con una predisposizione, quasi naturale, a giocare un ruolo minoritario e di opposizione nel paese. E, infatti, oggi il Pd è un partito che raccoglie le istanze e le esigenze di quasi tutte le minoranze. Una strategia, di conseguenza, che ha scarsa cultura di governo perchè è destinato a declinare un ruolo di marcata e forte opposizione anche rispetto a ciò che il Pd ha rappresentato sin dalla sua nascita, e cioè, il partito per eccellenza dellestablishment e del potere costituito. Inoltre, il profilo del partito della Schlein è anche dichiaratamente movimentistacon una conseguente e fisiologica predisposizione alla piazza e a tutto ciò che invoca e richiede la piazza.

Insomma, un partito che sotto questo versante si sposa perfettamente con il rampante populismo antico politico ed qualunquista dei 5 Stelle e con una strategia sindacale, quella della Cgil, votata alla permanente protesta di piazza e pregiudizialmente destinata a coltivare una opposizione barricadera e urlata con una cifra politica marcatamente estremista e massimalista. È persin ovvio ricordare che in un contesto del genere le correnti e gli infiniti gruppi di potere allinterno del Pd – che cerano, ci sono e ci saranno a prescindere – sono destinati ad avere un altro ruolo rispetto alle stagioni politiche che hanno preceduto lavvento della Schlein alla segreteria del partito. E, non a caso, per il momento sono tramontati i caminetti, le riunioni fra gli innumerevoli capi corrente e la gestione oligarchica del partito. Certo, è quasi inutile ricordare che – essendo nota e collaudata lesperienza del Pd – saranno solo i risultati delle europee a dirci se la Schlein può continuare tranquillamente la sua navigazione alla guida del partito, dopo le ripetute batoste elettorali registrate in tutte le ultime consultazioni amministrative.

Comunque sia e al di là di ciò che capiterà nel futuro, è indubbio che il nuovo Pd è radicalmente diverso da quello del passato e va dato atto alla Schlein di avere modificato la sua ragione socialee di aver cambiato profondamente la sua stessa identità politico e culturale. Piaccia o non piaccia, è una semplice verità che emerge da fatti oggettivi e non dalle opinioni.

Certo, è di tutta evidenza che si tratta di un partito che ha archiviato, almeno per il momento, lantica prassi di una convergenza tra le diverse culture riformiste del paese. A cominciare dalla presenza della cultura cattolico popolare e cattolico sociale. Solo gli eletti nelle varie istituzioni, per ragioni umanamente comprensibili, e tutti gli amici che continuano – del tutto legittimamente – ad auspicare che prima o poi si possa tornare a ciò che il Pd era prima della Schlein, possono continuare a militare e a riconoscersi in un partito autenticamente di sinistra. E di una sinistra libertaria, massimalista ed estremista. Ma è chiaro che chi crede in un Centro dinamico, riformista e plurale; chi persegue una politica di centro; chi non rinuncia a declinare anche nellattuale contesto politico italiano le ragioni e i valori del cattolicesimo popolare, democratico e sociale e chi non si riconosce in un partito che ha riscoperto la sua natura movimentista, radicale e populista, difficilmente è compatibile con il nuovo corsodel Pd della Schlein. Anche se, lo ripeto, va dato atto alla Schlein di aver dato un profilo molto chiaro, molto netto e molto preciso al principale partito della sinistra italiana che ha recuperato un patrimonio culturale alternativo al riformismo ma perfettamente in linea con le pulsioni di una strategia estremista, libertaria, di opposizione e populista.