Il democristiano Junker denuncia il pericolo della destra in Europa

Che dire invece dei sedicenti «popolari» nostrani, indifferenti ai rischi di contaminazione con quelle forze che Junker giudica pericolose? Forza Italia e i centristi moderati vanno tranquillamente a braccetto con i sovranisti.

È passata purtroppo inosservata l’intervista concessa il 24 marzo scorso al quotidiano della Confindustria, Il Sole 24 Ore, dal lussemburghese Jean-Claude Juncker, già presidente della Commissione europea. L’intervistatore, Beda Romano, lo definisce un «democristiano del nord»: sebbene non stia più alla ribalta, esercita ancora un ruolo influente nell’ambito del Ppe.

Le sue affermazioni sulla crescita della destra, in Germania e altrove, dovrebbero far riflettere. «In realtà il fenomeno – dice a Romano – non è solo nazionale o tedesco ma riguarda più o meno tutti i Paesi membri. Ciò accade perché la situazione politica è confusa e perché i partiti politici tradizionali resistono male alla tentazione di affermare in altro modo ciò che già dicono i partiti di estrema destra. Non si combatte l’estrema destra ripetendo le sue parole, molto spesso inaccettabili, ma affermando il loro contrario. Altrimenti corriamo alla rovina».

Ma perché avanza questa corrente estremista? «I motivi del successo dei partiti estremisti – spiega – non dipendono dall’assetto incompiuto dell’Unione. In realtà, i problemi affrontati dalle nostre società sono crescenti, il mondo non è mai stato così complicato, le vecchie certezze cadono una dopo l’altra». E continua: «Per fermare il discorso dell’estrema destra bisognerebbe che i governanti dicessero ai governati la cosa seguente: se l’estrema destra dovesse governare ovunque, con i concetti che le sono propri, quale sarebbe l’Europa nella quale vivremmo? Non sarebbe l’armonia europea, ma la discordia dichiarata, perché se coloro che promuovono il rigetto dell’altro guidassero tutti i Paesi europei sarebbe il caos».

Per questo, a suo giudizio, non bisogna abbassare la guardia. «L’estrema destra agli occhi di alcuni ingenui appare come un pericolo minore perché altre forze politiche fanno da contrappeso. E se l’estrema destra dovesse vincere su tutta la linea quale sarebbe l’identità dell’Europa, e quale sarebbe l’immagine che l’Europa darebbe sulla scena internazionale? E su questo punto che dobbiamo attaccare l’estrema destra. Supponiamo che abbia ragione e che vincesse ovunque, in che situazione saremmo? Una situazione che ricorderebbe molto rapidamente le nefaste esperienze del passato».

In ultimo, il dialogo si ferma sul perché l’euroscetticismo abbia messo radici anche in Italia. La risposta mette freddamente a nudo il fatto che si nascondono «le debolezze autobiografiche del Paese, e con questo termine intendo dire nazionali, con degli attacchi incessanti contro l’Unione».

Fin qui Junker, lucido testimone del’europeismo di antica matrice cristiano sociale. E invece, cosa dire dei sedicenti «popolari» nostrani, indifferenti ai rischi di contaminazione con quelle forze che Junker giudica pericolose? Come valutare cioè l’alleanza organica di Forza Italia con la destra di Salvini e Meloni, per giunta in posizione subordinata? Quale coerenza può sussistere tra l’adesione al Ppe, impegnato a difendere una linea di resistenza nei riguardi del sovranismo, e l’abbraccio in Italia con i partiti, in specie la Lega, che del sovranismo menano vanto? Si fa presto a dire che il problema non esiste perché a vigilare sull’ortodossia europeista – ma quale? – ci pensa il ministro Tajani e l’area moderata della coalizione governativa.

I conti non tornano, se di conti possiamo parlare quando è in ballo la credibilità di una linea politica.

 

P.S. E sull’accordo tra Cesa e Salvini, meglio stendere un velo pietoso.