Il mondo di Schlein, il mondo dei Popolari.

La cultura di riferimento della candidata movimentista ha già vinto su quasi tutti i fronti: nelle università, nei media, nei posti-chiave di potere, nazionali e internazionali. Ebbene, perché l'auspicio di una sua vittoria? Perché, in effetti, renderebbe più evidente la vera natura del Pd come partito radicale di massa.

Al di là dei tatticismi legati alla conservazione di pezzi di potere, che contraddistinguono i posizionamenti tra la componente popolare rimasta nel Pd, verso Stefano Bonaccini o verso Elly Schlein, tra i Popolari sembra crescere la consapevolezza che una vittoria nella corsa alla segreteria del Pd da parte della candidata movimentista, sia preferibile a quella del presidente dell’Emilia Romagna. Perché la Schlein lungi dall’essere quello che appare, ovvero più “a sinistra”, è in realtà la candidata che meglio rappresenta la cultura radical chic ormai dominante in un Partito Democratico sempre più inadeguato a costituire la sintesi delle diverse culture riformatrici.

E questo anche nel caso non dovesse vincere le primarie del prossimo 26 febbraio. Infatti la  cultura di riferimento di Elly Schlein ha già vinto su quasi tutti i fronti: nelle università, nei media, nei posti-chiave di potere (nazionali e internazionali) che spesso contano molto più di quelli elettivi. E se non si sta più che attenti, Schlein può vincere anche nelle menti dei cattolici democratici e popolari, vanificando così la nostra specificità culturale. Per evitare un tale rischio occorre mai delegare e subappaltare la formazione, mai prendere il programma a scatola chiusa da altri, ma definire entrambe le cose in autonomia e con metodo sturziano. Perché il mondo della Schlein non è il mondo del popolo. Se il cattolicesimo democratico, sociale e popolare, non solo nei suoi esponenti nei partiti, ma nelle svariate forme di associazionismo civile e di ispirazione religiosa, si dimostra capace di autonomia culturale, può ritrovare una sintonia che non esclude la dialettica e financo una pedagogia, con dei ceti intermedi sempre più spaesati e allibiti di fronte al modello di società che viene calato dall’alto in Occidente e in modo sostanzialmente non democratico. Una sintonia che invece al mondo della Schlein risulta preclusa per strutturale incapacità di aprirsi a ciò che non rientra nei suoi schemi.

In questa prospettiva appare giustificato l’auspicio di una vittoria di Elly Schlein alle primarie. Renderebbe più evidente la vera natura del Pd come partito radicale di massa e dunque come forza strutturalmente indigesta – Ricolfi direbbe invotabile – per le classi popolari e lavoratrici. Compito delle forze che si richiamano al popolarismo sturziano, anche attraverso un opportuno processo di riaggregazione (come quello intrapreso dai comitati territoriali dei Popolari in Rete, che terranno la loro prima assemblea sabato prossimo a Roma), appare allora quello di proporsi di colmare questo vuoto di rappresentanza. Si avverte la carenza di una mediazione tra i grandi processi di cambiamento connessi alla transizione ambientale e alla transizione digitale, e le reali esigenze dei territori, dei ceti sociali più fragili, addirittura rispetto alle normali dinamiche di mercato. La cultura politica popolare ha le caratteristiche e la coscienza storica adeguata per riannodare i fili del dialogo fra mondi che sembrano non incontrarsi più, che la grata ideologica del politicamente corretto sembra aver   nascosto reciprocamente, e che ha trovato una preoccupante manifestazione nel voto alle scorse regionali del Lazio e della Lombardia con le Ztl in prevalenza votati e le periferie largamente astenute.

Saper guardare ai limiti del mondo della Schlein può divenire uno stimolo in più per riscoprire il compito storico dei Popolari nella nostra epoca.