La caratteristica del contributo dei cattolici alla rinascita della democrazia in Italia è emblematicamete rappresentata dalla vicenda politica di Giorgio La Pira, il quale ha espresso le tre linee fondamentali del contributo cattolico: centralità della persona; pluralismo politico e sociale e affidamento allo stato di un ruolo fondamentale nel superare le diseguaglianze sociali. Sono le tematiche, appunto, destinate a riassumere una lunga tradizione di pensiero politico che da Rosmini fino a Sturzo hanno trovato un punto di sintesi nei grandi messaggi degli anni di guerra di Pio XII, forieri degli sviluppi successivi anche in termini politici.
Queste linee di pensiero in qualche modo sono state recepite dalla Costituzione Repubblicana. Ad essa La Pira diede un contributo basilare con l’emergenza del valore della politica. La prima dimensione della sua esperienza politica è collegata al rapporto profondo tra valori politica e storia, con un altrettanto forte richiamo alla radice religiosa della politica, alla sua finalizzazione del bene dell’uomo nella sua totalità, intesa anche come contemplazione e preghiera. Nell’insieme realizzano l’uomo nella sua più profonda dimensione. Ora, quando parla di “architettura dello stato democratico”, La Pira non intende uno stato clericale, bensì che i valori evangelici sono di per se stessi il fondamento di una compiuta democrazia al servizio della persona.
Va comunque detto che tali valori religiosi non devono essere appariscenti, ma implicitamente concreti nell’azione politica, perché è il cristiano che deve renderli espliciti con la sua azione e il suo esempio. Quanta attualità di fronte a queste parole ci sovviene, specie quando la politica oggi sembra avvolgersi su se stessa di fronte alle sfide etiche, mentre i bisogni degli uomini restano esclusivamente “umani”, pur non restando esclusivamente materialisti. Secondo La Pira i veri materialisti sono i cristiani stessi che non diffidano della materia e non hanno timore del corpo; e prestano invece a ciò la dovuta attenzione, perché del resto, come ricorda il Vangelo, ”dar da mangiare agli affamati” non significa appiattire l’uomo sul bisogno fisiologico dell’alimentazione, bensì compiere una atto di misericordia spirituale. In effetti, lo Spirito Santo passa anche attraverso i bisogni umani da soddisfare!
La Pira ricorda in una famosa lettera a Pio XII che il politico che si impegna su questo terreno realizza il livello più elevato della sua vocazione al servizio della persona e di Dio. Per questo motivo le istituzioni ritrovano nella sua concezione politica tutta la loro importanza, la passione per gettare le basi prima della Costituzione e poi nel suo servizio come sindaco di Firenze. Creare la “casa comune” non rientra per lui in un opera seppur egregia di ingegneria costituzionale, ma vuol dire creare le premesse perché la convivenza civile possa realizzarsi nel modo più efficace. Quando la politica indica regole non esprime solo “leggi”, che sovente sono simulacri solitari, ma innerva in modo positivo il tessuto della convivenza civile, visto che offre alle relazioni umane regole sicure e condivise come punti di riferimento per costruire una società giusta. Le strutture “esteriori” devono essere piegate al servizio dei valori che esprimono, all’interno della coscienza dell’uomo, le sue vere ragioni, capaci di renderlo persona unica, irripetibile e inviolabile.
Il bagaglio culturale di Giorgio La Pira evidenziava il carisma specifico dei Figli del Santo Padre Domenico, nel cui Ordine religioso entrò come Terziario “donato”. Si tratta di una scelta che non consiste nella sequela di un santo, ma nella vivificazione di un ideale secondo il motto dell’Ordine “Contemplata aliis tradere”. Non deve apparire strano quindi il modo con cui egli seppe, con umile e disarmato atteggiamento, impensierire anche gli alti dignitari dell’allora gerarchia ecclesiastica e turbare le certezze dei grandi della terra.
La capacità profetica di La Pira non consisteva nel predire il futuro, ma nell’aver ricevuto il dono del discernimento che è proprio delle grandi vocazioni come quella domenicana. È lo Spirito Santo a suggerire al profeta il modo adatto e opportuno di trasferire i valori cristiani alle esigenze della storia vigente, essendo il profeta è anche apportatore di grandi novità. Il suo sguardo di studioso era sovente rivolto al passato, ma il suo animo guardava sempre al futuro, infondendo la mai perduta speranza; ecco perché ancor oggi diciamo che fu un “profeta” con un carisma autentico che si adatta alla complessità semplice dello spirito evangelico dell’Ordine Domenicano.
La maturazione politica del futuro sindaco di Firenze, si evince anche dailla corrispondenza epistolare tra lui, don Primo Mazzolari e mons.Giovanni Battista Montini, futuro Papa Paolo VI, oggi agli onori degli altari.
Il trait d’union è il problema della pace che tutti e tre cercano come metodologia, quasi grammatica – mi sia consentito dire. Essi avevano già presente il problema della pace in modo “scientifico”, quasi da profeti.
Emmanuel Mounier (1905/1950) aveva anticipato quanto i cattolici democratici avrebbero realizzato nella costituzione italiana, perché aveva caratterizzato il percorso democratico secondo alcuni punti fissi: riteneva indispensabile operare la creazione di una rappresentanza diversificata e reale dei cittadini da promuovere attraverso una coscienza dell’interesse comune. Tale coscienza, che laicamente definiamo in Scienza Politica come “cultura civica”, doveva concorrere al servizio della persona, la quale poteva così opporsi al culto indiscusso del leader a detrimento delle identità. È ciò che invera le matrici del pensiero lapiriano e la rivoluzione che negli anni ’30 rappresentò il personalismo.
In effetti il personalismo che La Pira rielabora e propone nei suoi contributi alla Costituente consiste in una operatività rinnovata del cristianesimo, lontano dal clericalismo ottocentesco, ma anche antitetico all’agnosticismo pragmatico che porta alla dittatura del relativismo, sclerotizza il panorama politico, inaridisce la proposta politica dei partiti, senza i quali una vera democrazia non può funzionare. A La Pira del personalismo mouneriano interessava l’opposizione al disordine costituito, incarnato dalla falsità della democrazia borghese, che non rende possibile radicare la giustizia sociale perché incapace di esprimere un’alternativa al valore antipersona del capitalismo consumistico, essendo vincolato a un “diritto” di proprietà assolutamente astratto, ingiusto e avverso alla dignità della persona.
La libertà è la disposizione della volontà ad attuare equilibri tra atti interni ed esterni dell’uomo ed è ciò che gli inglesi definiscono “freedom”, indicando la libera esperienza morale. La dignità della persona umana nasce dal rispetto dei valori valutati dalla ragione e dal sentimento con l’espressione delle virtù come equilibrio tea indole ed atti, per cui la legge diventa ordine della convivenza, così da realizzare il bene quale perfezionamento delle virtù attraverso la ragione.
La volontarietà che implica sempre l’assenza dell’ignoranza, manifesta come ancora oggi non abbia funzionato la cosiddetta “opzione fondamentale”,perchè attribuisce valore solo a ciò che si vuole, mentre sussiste già un implicito indirizzo al bene morale, attraverso la ragione pratica che conduce alle azioni. Il personalismo di Mounier che La Pira incontra negli anni ’40, scopre e valorizza l’uomo come soggetto, attento al pericolo sempre latente di identificare il mezzo col fine, eliminando ogni possibile mediazione con esiti tradizionalistici estremi.
La Pira coglie allora nel personalismo l’avversione alla mediocrità, al compromesso spicciolo,ma soprattutto all’egoismo rappresentato dalla borghesi. Dunque, avanza in questo modo l’idea di persona nella quale Mounier quanto La Pira avvertivano il respiro dell’eternità vittoriosa sul tempo e sulla storia.
In questo senso l’attualità di La Pira rappresenta ancor oggi il lucido tentativo di recuperare e saldare – ma al tempo stesso superandola – la tradizione individualistica dei diritti dell’uomo, senza cedere alla suggestione collettivistica. E questo sforzo ha condotto, proprio nella costituzione italiana, al riuscito collegamento etico di tutte le libertà, non limitandosi a riconoscerle, ma unendole all’insegna dell’eminente libertà dell’uomo, perché uno stato democratico ha il compito di ordinarsi in tal modo da agevolare il libero sviluppo interiore ed esteriore della persona.
Di conseguenza la comunità nazionale non è un assoluto; essa piuttosto fa parte organicamente della comunità internazionale che immunizza ogni tentativo sovranista e ogni tentazione di ricorrere alla violenza per risolvere le controversie.
In sostanza l’attualità dell’opera di La Pira emerge nella costruzione della pace, per cui il naturale referente non è neanche più lo stato, ma il tentativo di recuperare il senso profondo della civiltà umana e il valore etico e spirituale della comunità civile. Soltanto grazie all’incontro tra “civilitas” e “civitas” si potrà pervenire ad un mondo di giustizia e di pace, e quindi a nuovi rapporti di solidarietà tra gli uomini. Per costruire la pace bisogna operare tanto sul piano della formazione delle coscienze, quanto su quello delle istituzioni in cui la politica si svolge, ovvero nella pratica della giustizia nata dalla fraternità.
È su questo crinale che il ricordo di La Pira si rivolge anche ai giovani del nostro non facile tempo, perchè la lezione che se ricava ruota intorno al problema assai sentito, dopo le emergenze planetarie recentemente vissute, di come annunciare il Vangelo nelle coordinate della storia in cui il Signore ci ha fatto vivere.
Prof. Giulio Alfano
Presidente Istituto Emmanuel Mounier – Italia