Lo abbiamo già detto ma è bene ripeterlo. L’onda lunga del populismo demagogico,  profondamente antiparlamentare e radicalmente anti politico non si è affatto esaurito nel  nostro paese. Anzi, continua a correre con potenza e con straordinario vigore nel  sottosuolo degli umori popolari, checchè ne dicano i vari commentatori ed opinionisti  nostrani che, dopo aver supportato e predicato la demolizione di tutto ciò che era  riconducibile ai canoni e ai metodi della politica del passato adesso, misteriosamente, ne  riscoprono le virtù e le qualità. Ma tant’è. 

Ma proprio nel momento in cui l’ansia e la domanda populista trovano conferma nella  massa dei Sì che hanno accompagnato il cammino del referendum sul taglio dei  parlamentari, noi prendiamo atto – con soddisfazione e anche con gioia – che si sta  progressivamente, ma credo irreversibilmente, chiudendo la parabola politica ed elettorale  del grillismo. Come lo definiscono comunemente in rete e nei vari conciliaboli, il “grillismo  delle macchine blu”. Ovvero, il grillismo di potere e al potere. Che ormai è diventato la cifra  distintiva di questo strano e singolare partito politico. Ora, però, il tema si sposta sulla  cosiddetta idedntità di questo partito accompagnato anche, e soprattutto, dalla sua strana  e altrettanto singolare organizzazione. Tutti conosciamo ormai, almeno dopo averlo  appreso dagli organi di informazione, il profilo organizzativo di questo movimento.  Radicalmente estraneo a qualsiasi impostazione democratica e collegiale dei partiti che  abbiamo conosciuto nel corso degli anni. Prima che facessero irruzione, come ovvio, i  partiti personali, del capo e i cartelli elettorali a cui ormai siamo abituati da tempo.

Ma  adesso, per i 5 stelle c’è di più. Dopo la sberla elettorale, ormai l’ennesima e puntuale  come l’arrivo delle stagioni meteorologiche delle recenti regionali, questo partito è giunto  ad un bivio. E cioè, o conferma la sua storica natura di partito anti sistema, demagogico,  populista, antipolitico e antiparlamentare – cioè il cosiddetto partito “anti casta” – oppure  asseconda la nuova versione che ormai lo caratterizza da tempo. Cioè un normale,  nonchè irriducibile partito di potere. Aggrappato alle poltrone, e soprattutto a tutti i benefit e  ai privilegi – compresi soprattutto gli stipendi e gli emolumenti – che lo accompagnano. In  sintesi, il totale rinnegamento di tutto ciò che hanno detto, scritto, predicato e sbandierato  per anni. Da qui nasce l’ostilità e la profonda sfiducia nei confronti del partito dei 5 stelle.  E, non a caso, non può spiegarsi altrimenti il crollo verticale dei consensi nel breve volgere  di due anni. E, accanto al ritorno o meno della vocazione originaria del partito, c’è anche il  tema del progetto politico di un partito che sino ad oggi nessuno sa in che cosa si  sostanzia concretamente. Se non nella difesa e nel consolidamento del potere raggiunto  miracolisticamente e trasformisticamente in questi ultimi due anni. 

Ecco perchè, al di là delle baruffe persin imbarazzanti di questi giorni tra i vari capi e  capetti del partito/movimento, adesso siamo arrivati ad un punto di non ritorno. Perchè  come per tutti i partiti populisti e demagogici arriva sempre, prima o poi, il momento della  verità. E per i 5 stelle è arrivato dopo questa doppia consultazione elettorale.  Paradossalmente dove i cittadini italiani hanno premiato, a larghissima maggioranza, un  loro cavallo di battaglia populista e demagogico e, al contempo però, sancendo una  sconfitta politica ed elettorale senza precedenti alle elezioni regionali.  

Un dibattito, comunque sia, che non può non interessare tutti. Compresi anche coloro che  hanno una storica vocazione politica democratica e riformista e una profonda aderenza  alle culture politiche costituzionali.