Nati dall’intuizione di un comico intelligente e dalla strategia di una società di comunicazione, affidato alla guida di un giovane senz’arte né parte, il M5S è ora in balia di un saltimbanco della politica, quel Gianluigi Paragone, che sta creando un movimento di transumanti pentastellati verso la Lega, col rischio di far saltare il governo.

Oggi la politica italiana è rappresentata da alcune forze politiche in preda a una grande confusione culturale e strategica, espressione della deriva che si trascina dalla fine della prima repubblica e dalla scomparsa delle culture politiche che furono alla base del patto costituzionale.

Una crisi della politica che: nel PD fa i conti con un processo di lunga e complessa trasformazione del vecchio PCI ( PDS,DS, PD), nel quale non si è potuto realizzare quella corretta sintesi tra le aree culturali di provenienza social comunista e democratico cristiana, aggravata dal caso Renzi, alla ricerca di una leadership perduta col suo nuovo partito della secessione. Nella Lega, si è consumato  il passaggio da quella secessionista padana di Bossi, alla nuova realtà di un partito a guida solitaria del conducator Salvini, capace di acquisire consensi dal Nord al Sud dell’Italia; una destra italiana, che si compatta sempre di più attorno a Giorgia Meloni su posizioni estreme nazionaliste e antieuropee e, infine, il M5S che corre velocemente verso la sua dissoluzione.

Al centro è rimasta Forza Italia, guidata da una leadership consunta e sempre meno efficace del Cavaliere, in preda a un processo inarrestabile di disgregazione. Alla sinistra estrema sopravvive la LEU, in attesa di  come meglio orientarsi a misura che detterà la nuova o vecchia legge elettorale.

Manca in tutta questa rappresentazione l’espressione politico culturale dell’area cattolico democratica  e cristiano sociale che, dopo la lunga stagione della diaspora ( 1994-2019) è ridotta alla condizione di pressoché totale irrilevanza sul piano istituzionale. Unica eccezione, il caso del Presidente Mattarella, punto di riferimento essenziale per la nostra democrazia.

Non è un caso se la condizione di anomia vissuta dalla società civile e dal divario esistente tra quest’ultima e la classe dirigente del Paese, abbia preso forma e sostanza rilevante il fenomeno delle “sardine” che riempiono le piazze in tutte le più importanti città italiane. Esse sono sostenute dalla volontà di ritornare a una convivenza civile fondata sulla tolleranza e sulla solidarietà organica propria di una comunità, in alternativa alla condizione di rissa e di scontro permanente indotte dalla deriva nazionalista e populista del duo di destra Salvini-Meloni.

L’elemento che meglio caratterizza il caso delle “sardine” è la loro conclamata fedeltà alla Costituzione repubblicana e, al di là dei sei punti programmatici delineati nella loro recente assemblea romana (punti sicuramente condivisibili nella loro elementare semplicità, come fondamentali della convivenza civile e politica) ed  è proprio da questa loro conclamata fede costituzionale repubblicana che bisogna ripartire, per avviare un dialogo costruttivo con una nuova generazione di italiani cui guardare con interesse anche da parte di noi popolari.

Tornando alla situazione di casa nostra, due sono le iniziative che meglio esprimono lo stato dell’arte: quella avviata dagli amici che hanno dato vita alla Federazione popolare dei DC, che punta a ricomporre l’unità delle diverse schegge ex democratiche cristiane insieme a numerosi gruppi, associazioni e movimenti dell’area cattolico popolare e quella degli amici che hanno sottoscritto “il Manifesto Zamagni”, nel quale si riconoscono anche tutti gli amici della Federazione popolare DC.

Se, da un lato, abbiamo la situazione espressa dai partiti oggi rappresentati in parlamento in preda alle loro convulsioni interne e alla ricerca di un difficile equilibrio attorno a quella che sarà la prossima legge elettorale, e, dall’altro, quella di un’area cattolica e popolare in movimento che punta alla ricomposizione politica, ciò che distingue nettamente tutte le forze in campo e in qualche modo è destinata a ricomporle, è la distinzione profonda che passa tra chi si pone in alternativa sovranista e isolazionista rispetto all’Unione europea e chi, invece, come noi dell’area popolare, si batte per più Europa. Un’Europa certamente da riformare nella sua governance, per farla tornare ai principi e ai valori dei padri fondatori DC: Adenauer, De Gasperi, Monnet, Schuman, ahimè, superati dal prevalere dei valori relativistici propri del “manifesto di Ventotene” che, alla fine, sono quelli che hanno finito col prevalere nell’Unione europea.

Contro l’attuale confusione e frammentazione politica serve allora un colpo d’ala delle due parti più importanti di quest’area, entrambe impegnate a inverare nella città dell’uomo i principi della dottrina sociale cristiana che, con le ultime encicliche sociali della Chiesa cattolica, costituiscono la fonte principale di indicazione pastorale e politico culturale in questa complessa fase della globalizzazione. Un’età, quella che stiamo vivendo, dai profondi sconvolgimenti sul piano antropologico, ambientale, economico, finanziario e sociale, che, come in quella della prima rivoluzione industriale, richiede l’impegno dei cattolici sul piano politico e istituzionale, sia in Italia, sia nel resto dell’Europa e del mondo, insieme agli altri uomini di buona volontà che credono nel valore della pace e della giustizia nella libertà.

Abbiamo una data importante davanti a noi: 18 Gennaio 2020. Mancano poche settimane alla celebrazione del 101 esimo anniversario dell’”Appello ai Liberi e Forti” di Luigi Sturzo e della nascita del PPI. Ritroviamoci dunque al convento della Minerva, a due passi dal luogo in cui Sturzo redasse il suo appello, e tutti insieme impegniamoci a costruire il Partito Popolare Europeo in Italia, dando fine alla lunga e suicida stagione della diaspora,  per un nuovo inizio e per dare, finalmente, una nuova speranza agli italiani.