Riproponiamo per la sua attualità questo teso di Paolo Frascatore, apparso sulla rivista “Il Domani d’Italia”

Era la sera del 5 novembre 1989 e le Agenzie di Stampa batterono la notizia: il cuore del grande Zac si era fermato ed il Maestro di vita, prima ancora che di politica, era tornato alla Casa del Padre; quattro giorni più tardi (il 9 novembre) cadeva il Muro di Berlino.
Ricordo il grande vuoto che la scomparsa di Zaccagnini lasciava sia nei massimi esponenti della sinistra democristiana (Guido Bodrato, Giovanni Galloni, Luigi Granelli, Mino Martinazzoli, Marcello Pagani, Corrado Belci, Franco Salvi, Leopoldo Elia, Tina Anselmi, Maria Eletta Martini e tanti altri), che nell’animo di noi giovani impegnati sia nella rivista “Settantasei”, che in quella ufficiale della sinistra d.c. “Politica Oggi”.

La sinistra democristiana (che lui aveva voluto si chiamasse così e non “Area Zac” come molti giovani di allora volevano) aveva terminato da meno di un mese il Convegno Nazionale di Chianciano Terme, dove proprio Zaccagnini l’8 ottobre 1989 tenne il suo ultimo discorso (custodito da noi gelosamente in cassetta magnetica) che costituisce, senza dubbio, il suo testamento politico ed una lucida visione degli avvenimenti che si sarebbero realizzati in seguito nel nostro Paese.

A distanza di trent’anni, e soprattutto con un quadro politico nazionale profondamente mutato, è ancora attuale il pensiero politico di Benigno Zaccagnini? La domanda è d’obbligo, soprattutto per chi ha vissuto quelle vicende ed ha iniziato una militanza politica nel solco di quel cattolicesimo democratico, tanto caro proprio al vecchio Zac, che ancora oggi vive e si innerva di idee e di valori sempre originali che si accompagnano al mutare dei tempi.

Ma un’altra domanda più particolare oggi assilla (non certo noi) chi ha fatto dell’azione politica nei tempi nuovi un “arido” e “sterile” professionismo politico, dimenticando proprio la grande lezione di umiltà, di speranza e di coerenza che Zaccagnini ha sempre manifestato non solo a parole, ma con uno stile ed un comportamento di vita consoni agli ideali dei cattolici democratici: dove si collocherebbe politicamente oggi Benigno Zaccagnini? Non abbiamo dubbi: sul versante del centro sinistra ed in particolare (senza alcuna presunzione e senza alcuna mancanza di rispetto) per una ripresa degli ideali cattolico-democratici.

E queste nostre convinzioni non sono il frutto di un cinico professionismo politico, quanto invece una lucida riflessione ed una attenta analisi proprio del pensiero di Zaccagnini che certamente non potrà essere esaustivo con questo nostro contributo.
Su Benigno Zaccagnini esiste una bibliografia abbastanza soddisfacente (arricchita oggi dal contributo di un suo grande amico, Corrado Belci), anche se manca un’opera completa del suo pensiero politico che si è sviluppato sino all’anno della sua morte, se si escludono alcune riflessioni soprattutto di Giovanni Galloni apparse sul mensile dell’allora sinistra d.c. “Politica Oggi”. Certo, rileggere i discorsi di Zaccagnini a distanza di tanti anni provoca sempre una certa emozione e, soprattutto, considerazioni e problematiche ancora vive nell’attuale struttura sociale e politica (anche se profondamente mutate).

Si accennava prima alla scelta politica che oggi farebbe Zaccagnini, perché proprio dai suoi discorsi, soprattutto del periodo della solidarietà nazionale e della sua responsabilità alla guida della D.C., traspare non solo la sua impostazione politica, ma anche la sua collocazione. In uno dei suoi discorsi del 1976 al Consiglio Nazionale della D.C. egli affermava che “il contrasto tra i cattolici democratici e i comunisti non si sviluppa sul terreno economico-sociale, ma su quello della libertà e della organizzazione del potere”.
Verso una nuova Frontiera
È questo un passaggio fondamentale che segna il cammino dei cattolici democratici verso nuove frontiere, soprattutto con la fine del blocco comunista così forte proprio in Italia e, da un altro lato, definisce il nuovo ruolo politico che i cattolici democratici devono perseguire nella nuova fase della politica italiana che ha segnato la fine dei Partiti tradizionali di massa.

Certo, nelle posizioni di Zaccagnini hanno giocato un ruolo fondamentale non solo la sua formazione culturale e religiosa in quella terra di Romagna dove l’antifascismo era forte e dove la Reistenza al regime fascista condannò molte coscienze autenticamente cattoliche (basti pensare solo a Dossetti e allo stesso Zaccagnini) a definirsi “ribelli per amore” al fine di poter usare l’unico mezzo allora valido contro la dittatura fascista, cioè la forza.
In questo ambiente così invaso di antifascismo, Zaccagnini sperimentò le prime collaborazioni con i comunisti sulla base, certo, dell’emergenza di liberare l’Italia dal fascismo e far nascere una Repubblica autenticamente democratica e libertaria.
Una coscienza quella della Resistenza e dell’antifascismo che lo accompagneranno lungo l’intero tragitto politico, sino al suo ultimo discorso tenuto a Chianciano ad ottobre del 1989, quando tracciava la strada dei cattolici democratici con lucida visione per il futuro, ma anche non abbandonando i valori del passato che proprio i cattolici democratici dovevano conservare gelosamente e proseguire sulla strada della costruzione di un partito che fosse “popolare, democratico e antifascista.

So che quest’ultimo aggettivo – diceva Zac nel 1989 – da un po’ di tempo è fuori moda, ma io lo uso lo stesso; perché l’antifascismo non è soltanto la passione giovanile che ci rese ribelli per amore (secondo la definizione di Olivelli), ma il rifiuto permanente e quindi sempre attuale di una posizione elitaria ed arbitraria della politica e del potere che deve essere sempre contrastata ovunque serpeggi e ovunque e comunque si travesta”.
Un monito, quest’ultimo, che ha segnato il futuro politico delle coscienze limpide del cattolicesimo democratico a scegliere senza tentennamenti la collocazione politica progressista, rispetto ad una concezione liberista del centrodestra e oggi anche di buona parte dell’UDC.
Un presa di coscienza che si ispira costantemente proprio alle riflessioni politiche di Zaccagnini allorquando ammoniva che “l’economia deve restare nella nostra concezione uno strumento, non un fine, ed uno strumento di sviluppo dell’uomo e di sviluppo sociale”.

La centralità dell’uomo

Sarebbe a dire che la cultura autentica dei cattolici democratici non potrà mai abbracciare i principi del liberismo e del profitto come motore dell’economia, ma invece quelli dell’uomo al centro non solo del sistema politico, ma soprattutto dell’economia e del sistema sociale che dobbiamo ancora faticosamente costruire.
Perché per noi è sempre valido un altro grande monito che Zac ci ha lasciato: “la politiùca, in perfetta sintonia con il proprio carattere, non sarà mai contenibile nella classica definizione di arte del possibile.
Essa non è e non può essere concepita che come tensione all’impossibile e testimonianza di volontà che tende al superamento di ogni condizionamento del reale”.
Vi è in quest’ultima riflessione anche un sottile ma significativo riferimento a quel principio del “non appagamento” teorizzato da Aldo Moro a cui Zaccagnini faceva costantemente riferimento: cioè sentire al tempo stesso tutta la positività delle azioni politiche compiute sul terreno della democrazia, della libertà e di un ordine sociale più giusto, ma anche il tormento per tutto ciò che occorre ancora fare per sconfiggere la povertà e portare tutti ad un livello di vita dignitoso per una persona umana.
Benigno Zaccagnini ha sempre lottato per questi valori; forte non solo della sua profonda fede religiosa, ma anche di quella laicità della politica che i cattolici democratici hanno sempre dichiarato e perseguito nei fatti come autonomia dai principi propri della religione cristiana.

A vent’anni dalla morte di Zaccagnini, con i profondi mutamenti avvenuti nel sistema politico italiano e nell’economia mondiale, sembra che la strada dei cattolici democratici sia sempre più in salita e, spesso, lo sconforto prende il sopravvento, soprattutto se si analizzano le vicende contemporanee di uomini politici del centrodestra (lontani anni luce dall’onestà politica ed intellettuale di Zac) e di certa stampa asservita a chi oggi detiene non solo il potere politico, ma anche quello economico del nostro Paese.
Un intreccio quest’ultimo che non deve farci solo riflettere, ma deve spronarci a romperlo con la forza delle idee, con la persuasione e con quell’ottimismo della volontà che hanno sempre accompagnato tutta la vita politica di Zaccagnini.
Dobbiamo continuare (proprio perché forti degli insegnamenti di Zac) il nostro percorso politico, ripartire dalla base, dai cittadini, da coloro cioè che sono ancora gli unici depositari del potere politico, senza paura, con tenacia, con la forza proprio di quella tradizione dei “ribelli per amore”.
Perché anche quando sembra che le tenebre ci avvolgono e non vogliono lasciarci, prima o poi la luce arriverà; basta crederci e continuare a lottare con umiltà e con grande onestà politica.

Zaccagnini oggi ci direbbe nel suo dialetto romagnolo: “s’ l’ è not, u s’ farà dè” (se è notte, poi si farà giorno).