Ora può decollare il ‘partito di centro’.

Dev’essere un “centro plurale”.

Come recita un vecchio proverbio, “non tutto il mal vien per nuocere”. L’azione destabilizzante ed  irresponsabile del partito personale di Renzi, com’è evidente a quasi tutti gli italiani, può essere la  scintilla decisiva che innesca la formazione di un nuovo soggetto politico. Una lista? Un partito?  Un movimento? Ad oggi non si sa. Saranno le condizioni politiche a dire come si potrà declinare  un rinnovato protagonismo di un’area che resta decisiva non solo per il sistema politico italiano  ma per la stessa qualità della nostra democrazia. Un’area politica, culturale e di governo che  dopo la fine della prima repubblica ha subito un’involuzione progressiva al punto che veniva  bistrattata prima ancora di poterne parlare in pubblico. Il dogma del bipolarismo prima e l’avvento  del populismo dopo hanno, di fatto, soppiantato non solo un eventuale partito di centro ma hanno  contribuito ad archiviare anche la stessa “politica di centro” che, come molti sanno, rappresenta  tuttora un elemento di garanzia, di stabilità e di buon governo. Come la concreta esperienza  storica ha ampiamente confermato.  

Ma un partito/lista/movimento di centro può decollare e deve decollare se ci sono due condizioni  preliminari e basilari. 

Innanzitutto va ripristinato un sistema elettorale proporzionale, seppur con qualche correzione  maggioritaria, che permetta a tutte le forze politiche di potere esprimere la propria ricetta  programmatica e il proprio progetto politico senza doverli ridurre a meri orpelli per non offuscare il  dogma del bipolarismo. Una sistema che, anche di fronte allo scenario politico emerso in questi  ultimi anni, si rende sempre più necessario. E questo anche per il progressivo superamento di  quel populismo di marca grillina che è stato determinante per radere al suolo le culture politiche  fondanti la nostra democrazia introducendo, al contempo, la prassi dell’”anno zero”, cioè  l’azzeramento di tutto ciò che ha preceduto l’avvento del populismo al potere. Un partito di centro  che sappia anche e soprattutto rideclinare una “politica di centro” che significa, in ultima analisi,  cultura di governo, cultura della mediazione, senso dello Stato, rispetto delle istituzioni,  composizione degli interessi contrapposti e rifiuto della radicalizzazione dello scontro e della  dialettica politica. Appunto, l’esatto opposto del populismo e delle sua versione italiana al potere.  

In secondo luogo dev’essere un “centro plurale”. Ovvero, non può essere il riflesso della sola  nostalgia democristiana ma neanche una formazione tecnocratica e sganciata da qualsiasi  riferimento culturale ed ideale. Certo, la tradizione e la storia del cattolicesimo politico, sociale e  popolare può e dovrà avere un ruolo decisivo in questa operazione almeno pari a quello di altre  culture e altre tradizioni ideali. Perchè quello che conta non è la identificazione di una sola cultura  politica con il partito/lista/movimento di centro. La vera sfida, semmai, è quella di costruire una  “politica di centro” con l’apporto di più culture politiche e di più tradizioni ideali, superando  definitivamente quella frammentazione e quella polverizzazione che sono stati il vero tallone  d’Achille per quella moltitudine di formazioni politiche che si sono richiamate genericamente al  centro in questi ultimi tempi e che si sono rivelate, come noto a tutti, veri e propri fallimenti politici  ed elettorali. 

Ecco perchè anche da questa crisi di governo, sperando che si risolva presto per il bene  dell’intero paese – soprattutto nel frangente drammatico che siamo vivendo – può decollare un  progetto politico capace anche di ridare prestigio, nobiltà e qualità alla stessa politica. Purchè  vengano rispedite al mittente alcuni disvalori e degenerazioni che hanno per troppo tempo  accompagnato il cammino della recente politica italiana: dal populismo al pressapochismo, dalla  rottamazione all’incompetenza, dalla superficialità all’improvvisazione, dall’aggressività alla voglia  di annientamento del nemico. Occorre ritornare alla “buona politica”. E la “politica di centro”, al  riguardo, ne è la condizione essenziale e qualificante.