Popolari, si è aperta la nuova fase politica.

Occorre uscire dalle ‘casematte’ che da troppo tempo rinchiudono e quasi annullano le potenzialità della cultura politica popolare.

C’è un solo modo per recuperare, rilanciare e riattualizzare il patrimonio politico, culturale, programmatico e forse anche etico del popolarismo di ispirazione cristiana: uscire dal gregariato e dall’anonimato. Detto in altri termini, non c’è nulla da inventare o, peggio ancora, da pianificare a tavolino. Molto semplicemente, e qui il magistero e la testimonianza pubblica di chi ci ha preceduto in stagioni storiche ancor più drammatiche e difficili continuano ad essere un faro che illuminano le nostre coscienze giocano un ruolo fondamentale e decisivo. Ovvero, il coraggio delle proprie azioni da un lato e la coerenza con la propria storia dall’altro. A volte, è molto più semplice di quel che appare. Certo, occorre uscire dalle ‘casematte’ che da troppo tempo rinchiudono e quasi annullano le potenzialità di questa cultura politica. Casematte che, rispondendo ad altre “ragioni sociali”, sono radicalmente indifferenti ed estranee alla sensibilità, ai valori, alla cultura e allo stesso progetto del popolarismo. 

Per fare tre soli esempi concreti, nel campo della attuale destra si tratta di una presenza – quella Popolare, si intende – del tutto personale e dichiaratamente testimoniale destinata a non incidere per nulla nell’elaborazione del progetto politico complessivo di quello schieramento. Sul fronte della sinistra radicale, massimalista e libertaria della Schlein, il ruolo dei Popolari o dei cattolici democratici o dei cattolici sociali è quasi strutturalmente ornamentale e pleonastico, con buona pace di chi si riconosce in quella cultura e che si deve accontentare – e questo, del resto, è l’obiettivo – di una manciata di seggi parlamentari a conferma della natura “plurale” di quel partito. Ed è, infine, inutile parlare del populismo anti politico e demagogico dei 5 stelle o dell’esperienza tardo repubblicana e laicista dell’ondivago Calenda perché, da quelle parti, parlare di popolarismo di ispirazione cristiana equivale a tifare Toro nella curva della Juventus, per usare una metafora calcistica.

Eppure, oggi, esiste uno spazio politico, culturale e programmatico che si apre per questa cultura politica e per questo filone di pensiero. È uno spazio politico che si apre e che si gioca al centro della geografia politica italiana. Uno spazio che, però, esige e richiede, appunto, coraggio civico e coerenza politica e culturale. Certo, ad oggi non esistono ancora le condizioni – è persin troppo evidente sottolinearlo che non richiede neanche di essere ricordato ed approfondito – per una presenza politica autonoma ed esclusiva del mondo popolare e dell’area cattolico democratica nella cittadella politica italiana. Solo un ingenuo, un irresponsabile o un ipocrita può pensare una cosa del genere. Ma, al contempo, esiste lo spazio pubblico per giocare un ruolo politico, culturale ed anche organizzativo decisivo ed essenziale per riaffermare le ragioni di fondo che storicamente caratterizzano i valori e la stessa storia del popolarismo di ispirazione cristiana. Esiste nell’area – articolata e ancora frammentata – centrista, moderata e riformista e in tutti quei luoghi che vedono nel “civismo” uno spazio di impegno concreto e di presenza politica, sociale ed amministrativa.

Ecco perché siamo giunti ad un bivio. Ovvero, si è aperta una nuova stagione e in questa fase politica occorre ritornare a giocare un ruolo di sano protagonismo. Ne va del nostro orgoglio, della nostra personalità e, soprattutto, della nostra antica e storica onestà intellettuale e coerenza politica e culturale.