Referendum, c’è anche un voto “contro” e non solo “per”.

Il Sì rischia, almeno in questa occasione, di trasformarsi in un potenziale boomerang.

In ogni contesa referendaria – e la concreta esperienza storico e politica italiana lo conferma persin platealmente – si vota per riaffermare la propria posizione con forza ed intransigenza ma, al contempo, si vota anche “contro” qualcuno o qualcosa.

Insomma, c’è sempre una miscela permanente e strutturale tra voto “per” e voto “contro”. E questo vale anche, se non soprattutto, per il voto sul taglio dei parlamentari del prossimo 21/22 settembre. Gli organi di informazione, ormai quotidianamente, sviscerano e spiattellano i vari retroscena che giustificano questo assunto. Ma su tutti gli elementi che si vogliono o si possono accampare, ce n’è uno che svetta su tutti gli altri. Senza concorrenza. E cioè, per chi voterà No, si tratta anche e soprattutto di un voto contro l’antipolitica, contro l’antiparlamentarismo, contro la demagogia, contro il populismo, contro i detrattori della democrazia rappresentativa, contro l’ipocrisia dei predicatori della casta.

E quindi, contro i detrattori della rappresentanza democratica parlamentare. E cioè, per sintetizzare, contro il progetto politico e l’esperienza politica dei 5 stelle. Perchè è inutile girarci attorno. Se vince il Sì, come è evidente a tutti, vince il progetto populista, demagogico e antipolitico dei 5 stelle. E basta. Con tanti saluti a quel 95% che ha votato, irresponsabilmente ed ipocritamente, Sì al quarto passaggio parlamentare. Non a caso stanno progressivamente, ed esponenzialmente, aumentando tutti quelli che rivedono la propria posizione al punto che la fatidica “libertà di coscienza” sta diventando la parola d’ordine che i partiti lanceranno ai propri elettori, pur sostenendo molto timidamente un Sì burocratico e protocollare.

Una posizione tipicamente ed autenticamente pilatesca, nonchè irresponsabile e anche un po’ squallida perchè tutti ben sappiamo che la libertà di coscienza centra poco, se non nulla, con i processi di revisione costituzionale e con la visione della democrazia e delle istituzioni repubblicane che ogni partito, almeno per decenza, dovrebbe avere senza appellarsi qualunquisticamente alla coscienza dei singoli. Ma, al di là di questo malcostume politico, è indubbio che il voto “contro” in questo mese può innescare un meccanismo politico ed elettorale difficilmente controllabile e verificabile. Anche perchè il voto cosiddetto “anti casta ed antiestablishment” esaltato e teorizzato dai 5 stelle per giustificare il Sì rischia, almeno in questa occasione, di trasformarsi in un potenziale boomerang. E questo per un semplice motivo.

Di norma, chi conta il maggior numero di parlamentari, di ministri, di sottosegretari, di membri dei più importanti consigli di amministrazione del potere nazionale, difficilmente può continuare a fare battaglie contro la casta e contro l’establishment. Perchè, come dovrebbe essere noto un po’ a tutti, la casta coincide con chi detiene il potere e con chi è al potere in quel particolare momento storico. Per questo il voto “contro” la propaganda populista, demagogica e anti politica dei 5 stelle entra a pieno titolo nella battaglia referendaria del prossimo 21/22 settembre