Sánchez abbraccia gli indipendentisti catalani scatenando la reazione anche nel Psoe

L’accordo con Puigdemont dovrebbe aprire la strada alla formazione del nuovo governo. Decisivo sarà il voto del Partito nazionalista basco. I Popolari insorgono, ma lo stesso ex premier Gonzales contesta l’intesa.

La Spagna potrebbe avere un nuovo governo dopo due elezioni nello stesso anno e una lunga fase di stallo. Il condizionale è d’obbligo perché piovono critiche sull’operato del premier uscente, il socialista Pedro Sánchez, pronto a guidare un esecutivo che nasce sulla base di una trattativa a dir poco disinvolta con Puidgemont. “Stiamo parlando della stabilità istituzionale della quarta economia dell’euro: mai prima d’ora abbiamo vissuto una situazione simile”. Lo ha denunciato al Tg2 il presidente del Partito Popolare, Alberto Núñez Feijóo, commentando l’accordo, dopo settimane di negoziati, tra il Psoe e gli indipendentisti catalani di Junts.

“Il candidato socialista che ha perso le elezioni”, ha proseguito nell’intervista, “sta cercando di diventare premier negoziando con gli indipendentisti che hanno come primo obiettivo quello di mutilare una parte del territorio spagnolo. È una ferita allo stato di diritto ed è una cosa senza precedenti nell’Unione Europea”.

Quanto all’amnistia, ovvero la base dell’accordo tra i socialisti di Sánchez e gli indipendentisti, Feijóo ha ricordato che “nel codice penale c’è il reato di attentato contro l’integrità territoriale della nazione spagnola: Carles Puigdemont è fuggito dalla giustizia spagnola e oggi (ieri per chi legge, ndr) a Bruxelles negoziava con il socialista Pedro Sánchez per la sua investitura. Non accetteremo mai l’amnistia per gli indipendentisti, questa è una frode elettorale priva di consenso politico e un attacco allo stato di diritto e alla democrazia della Spagna”.

Anche tra i socialisti si levano forti voci di critica. L’ex premier Felipe González lancia l’alternativa di nuove elezioni affinché siano gli spagnoli a decidere se accettare o meno l’amnistia per il leader della tentata secessione catalana. “Dico davvero a tutti i cittadini, a partire dai miei compagni, che non ne vale la pena”. La via d’uscita è quella di “vincere le elezioni”, da ripetere a breve. Certi “cambiamenti nella posizione del partito non sono giustificati”, ha sottolineato con forza Gonzales nella sua dichiarazione.

Da notare anche l’unanime condanna delle Associazioni dei magistrati: l’accordo con Puigdemont – sostengono in una dichiarazione – rappresenta un grave atto d’ingerenza parlamentare nelle decisioni giudiziarie, violando la separazione dei poteri. Anche questo rende meno sicure le previsioni di successo attribuite a Sánchez.

Ma qual è il quadro dei rapporti di forza? Il Psoe ha 121 seggi, ai quali vanno aggiunti i 31 della coalizione di sinistra Sumar, i 7 di Erc, il partito catalanista di sinistra, i 6 di Bildu, il partito radicale basco, quello del deputato di Bng, il partito galiziano e i 7 di Junts. Nel complesso raggiungono 173 seggi. Per arrivare alla maggioranza di 176, Sánchez dovrà ottenere anche i 5 voti del Pnv, il partito nazionalista basco, i socialisti danno per scontato di poter raggiungere facilmente quest’ultimo accordo. Se ciò non fosse, lo sbocco traumatico di un nuovo ricorso alle urne sarebbe inevitabile.