Articolo già apparso sulle pagine di Servire l’Italia
A Mosca il Primo Ministro Giuseppe Conte si è dichiarato ottimista sul futuro dell’Italia, sostenendo che “i fondamentali della nostra economia sono solidi”, con ciò riconoscendo implicitamente il buon lavoro svolto dai governi del recente passato… Ma non si capisce come possa ritenersi solida un’economia, dove gli investimenti pubblici e privati continuano a scarseggiare, dove il debito pubblico continua ad aumentare, dove l’importo tra evasione, elusione e corruzione si stima tra i 300 e i 400 miliardi all’anno, e dove gli investitori stranieri latitano, perché ritengono che in Italia ci sia non solo troppa corruzione, ma anche un fisco e una burocrazia soffocanti.
In queste condizioni è difficile creare solidità. Il Presidente Sergio Mattarella auspica una forte sinergia tra settore pubblico e settore privato, con il convinto sostegno di Conte, che anche a Mosca ha fatto appello a fare squadra tra i due settori. Ma ormai sono decenni che la squadra non funziona per il mancato rispetto dei rispettivi ruoli, con la politica che dovrebbe essere di sostegno all’economia e che invece si è spesso dimostrata di ostacolo al suo sviluppo. La scorretta “sinergia” tra politica ed economia, fatta di favori e di sfavori, ha talvolta prodotto più lavoro alla magistratura che non alle PMI, proprio nel Paese – ed è paradossale – dotato di una forte componente di piccoli e medi imprenditori, che non hanno così potuto esprimere in pieno il loro notevole potenziale, né sfruttare le maggiori opportunità di lavoro offerte dalla straordinaria (e ormai irreversibile) apertura dell’economia mondiale.
In un suo profondo documento sul pensiero economico-sociale di don Luigi Sturzo, pubblicato sulla rivista della Banca Popolare di Sondrio, il Prof. Marco Vitale ha ricordato il seguente ammonimento di Francesco Guicciardini (1483-1540), certamente un po’ “datato”, ma sempre di grande verità e attualità: “Quanto uno privato erra verso el principe e committe crimen laese maiestatis, volendo fare quello che appartiene al principe, tanto erra uno principe e committe crimen laesi populi, facendo quello che appartiene a fare al popolo e a’ privati; però merita grandissima riprensione el Duca de Ferrara faccendo mercatantia, monopoli e altre cose meccaniche che aspettano a fare a’ privati”.
Negli ultimi decenni il nostro Stato (“el Duca de Ferrara”) ha certamente esagerato nel “crimen laesi populi e privati”, tanto da meritare “grandissima riprensione”. Ora non può continuare a fare tanta “mercatantia, monopoli e altre cose meccaniche” (vedi Alitalia), anziché consentire all’iniziativa privata di fare le cose che le spettano. Né può permettersi il lusso di isolarsi dall’Unione Europea. La corretta sinergia tra pubblico e privato richiede soprattutto al “Duca de Ferrara” l’intelligenza e l’umiltà di riconoscere i tanti errori del passato nel pieno rispetto dei rispettivi ruoli. Utopia? Certamente, se continua il dannoso litigio nel parco giurassico della sinistra e della destra. È un litigio non più sostenibile. È tempo di parlare anche di sostenibilità culturale