Lo diciamo da tempo e, del resto, risponde ad una prassi consolidata e ad una costante della storia politica italiana dal secondo dopoguerra in poi. E cioè, il Centro è quasi la casa naturale per la cultura del cattolicesimo politico italiano. Sia nella versione del cattolicesimo popolare e sia per quella del cattolicesimo sociale. Certo, l’evoluzione politica italiana è rapida e a volte anche tumultuosa. Soprattutto dopo l’irruzione nella cittadella politica italiana della sub cultura populista con il suo carico di demagogia, anti politica, qualunquismo e giustizialismo. Ma, con il ritorno – seppur tenue e complesso – della politica coinciso con le elezioni del 25 settembre scorso, forse è possibile che ritornino in campo i partiti politici – popolari e democratici – e anche, e soprattutto, le rispettive culture politiche. Non a caso, dopo l’affermazione politica, culturale ed elettorale della destra, è del tutto comprensibile e legittimo che rinasca anche la sinistra italiana lungo la filiera storica e politica del Pci/Pds/Ds/Pd.
Ed è proprio lungo questo percorso che si inserisce il ruolo, la funzione e la nuova “mission” dei Popolari nella fase politica contemporanea dopo la sostanziale chiusura di quella esperienza nel nuovo e futuro Partito democratico. E il processo di ricomposizione politico ed organizzativo, dal basso, che si sta costruendo da alcuni mesi a livello nazionale dell’area Popolare e che culminerà in una ‘convention’ nazionale nelle prossime settimane a Roma, conferma la scommessa di intraprendere il cammino per ricostruire, seppur con altre culture politiche, una ‘politica di Centro’ nel nostro paese. Ricostruire, cioè, un Centro dinamico, moderno, riformista e di governo recuperando, al contempo, quei tasselli che sono e restano decisivi anche per declinare una vera e credibile cultura di governo. Elemento, questo, che continua ad essere importante per la stessa qualità della nostra democrazia.
Ed è per questi motivi che il progetto politico centrista, democratico e riformista deve vedere anche e soprattutto i Popolari in prima linea. Nè in ordine sparso e nè in quanto singole “personalità”. Perché, per dirla con Donat-Cattin, la “democrazia delle persone è incompatibile con la democrazia dei partiti”. E questo perché con la “democrazia dei partiti” popolari vince la partecipazione, la libertà e la democrazia. Mentre con i singoli, o con le personalità o con i notabili, vince semplicemente l’oligarchia, l’arroganza e la sola personalizzazione della politica. Oltre alla degenerazione dei partiti in cartelli elettorali e in meri e grigi partiti “personali”.
Ecco perché attorno alla ricostruzione del Centro, di una ‘politica di Centro’ e di una ricetta programmatica riformista e democratica nel nostro paese, si gioca anche la capacità dei Popolari di ritornare protagonisti nello scenario politico nazionale attraverso la riscoperta di quei tasselli che storicamente hanno caratterizzato le migliori stagioni della democrazia italiana.