Pietro Scoppola, qualificato ed autorevole storico cattolico, amava dire che nella politica sono due le categorie che devono sempre accompagnare l’impegno attivo di un cattolico. E cioè, “la cultura del progetto” e “la cultura del comportamento”. Ovvero, un progetto politico non è credibile, e neanche serio, se non viene affiancato da una rigorosa e altrettanto coerenza personale e, di conseguenza, di partito.
Ora, per uscire dalla metafora ma tenendo comunque bene a mente il severo monito di Scoppola, non possiamo non rilevare che il progetto politico di un Centro dinamico, innovativo, riformista, plurale e di governo è legato, oggi, quasi esclusivamente alla categoria del comportamento. E cioè, di come viene concretamente declinato nel contesto politico contemporaneo. Che è quello, per intenderci, dei partiti e dei movimenti che si candidano ad occupare e soprattutto ad interpretare quello spazio politico sempre più indispensabile e necessario per la stessa qualità della nostra democrazia.
E, al riguardo, sarebbe ridicolo, nonchè addirittura grottesco, che partiti – mi riferisco ad Italia Viva e ad Azione – che riconducono la propria azione politica, seppur con sfumature diverse, a quel campo politico, non facessero la lista insieme e di comune accordo per il rinnovo del Parlamento europeo. Perchè nella politica, come nella vita, c’è un solo modo per perdere definitivamente la credibilità anche e soprattutto nei confronti della pubblica opinione, e quindi e a maggior ragione del proprio elettorato. E cioè, quello di annunciare solennemente e pubblicamente un progetto politico e poi minarlo concretamente attraverso comportamenti sconclusionati e del tutto incoerenti. Anche perché quando prevalgono atteggiamenti dettati unicamente da pregiudiziali personali e dalla logica della vendetta e del rancore, la politica stessa cessa di esistere a
vantaggio della sub cultura dell’anti politica.
Per queste semplici ragioni, e senza scomodare i comportamenti della classe dirigente della prima repubblica nei grandi partiti popolari e di massa e dove c’era una spiccata e vivace dialettica interna come, ad esempio, nella esperienza della Democrazia Cristiana, si tratta anche e soprattutto di credibilità e di serietà della classe dirigente. Ed è perfettamente inutile continuare a blaterare di discontinuità, di modernità e di cesura rispetto al passato, recente o mento recente, e poi assumere atteggiamenti infantili ed adolescenziali che fanno veramente e realmente
rimpiangere le classi dirigenti di quel passato. E quando in ballo, e a maggio ragione, c’è il profilo e la natura di un progetto politico è ancora più nefasto registrare comportamenti dettati unicamente dal rancore. Anche perchè, e infine, la stessa battaglia contro il cosiddetto ‘bipolarismo selvaggio’ e la contemporanea assenza di una vera e credibile ‘politica di centro’, verrebbero definitivamente compromessi e messi in discussione proprio dai comportamenti infantili di alcuni leader politici. Elemento, questo, che non può essere assolutamente preso in considerazione quando si tratta di elaborare e ricostruire un progetto politico di lunga durata. Ecco perchè, dunque, la “cultura del progetto” era, e resta, strettamente intrecciata con la “cultura del comportamento”. Ieri come oggi l’insegnamento di Pietro Scoppola conserva la sua straordinaria attualità e modernità.