Abbiamo appreso con stupore, ma con grande rispetto, che il simpatico Delrio farà nelle prossime settimane “un tour in tutto il paese per parlare con la periferia del Pd e in particolare con i cattolici” per invitarli a continuare a restare nel partito che, dice sempre il Nostro, “è l’unico partito in grado di interpretare le attese dei riformisti”.
Ora, su un punto dobbiamo essere onesti. E lo dico senza alcuna polemica politica o, men che meno, personale. Ovvero, Delrio è un politico coraggioso e ama, almeno in questa stagione politica, andare controcorrente e contro vento. E questo per la semplice ragione che andare in giro per l’Italia a convincere i cattolici ad aderire ad un partito come il Pd, con un profilo politico e culturale – con la guida Schlein – chiaramente e coerentemente massimalista, estremista, libertario e radicale ci vuole francamente un grande coraggio e una grande volontà.
Certo, tutti sappiamo poi in cosa consistono questi incontri: confrontarsi con la propria corrente in alcune grandi città. Dove l’incontro è con tutti quelli che già fanno parte del Pd e che non se ne andrebbero neanche con le cannonate. Ma, al di là di questo dettaglio, è indubbio che la volontà e l’ottimismo di Delrio vanno apprezzati e comunque non sottovalutati. A conferma che la passione politica e la volontà di dare sempre un respiro culturale ed ideale all’azione politica contribuisce al rinnovamento stesso della politica e anche alla credibilità della sua classe dirigente.
Resta un però, come si suol dire. E cioè, com’è possibile rendere compatibile – anche in un partito plurale e composito com’era un tempo il Pd – una corrente cosiddetta “cattolica” con un soggetto politico che, francamente, è alternativo rispetto a quei valori, a quella cultura, a quei principi e a quella tradizione politica? E, ancora, com’è possibile rendere compatibile una corrente cosiddetta “cattolica” con un partito che persegue un progetto politico che individua nel populismo demagogico, qualunquista e anti politico dei 5 Stelle l’interlocutore privilegiato e principale per costruire una visione di società e una prospettiva di governo? E, in ultimo, com’è possibile rendere compatibile una corrente cosiddetta “cattolica” con chi fa della prassi e della cultura libertaria l’asset culturale e valoriale decisivo per orientare le scelte e le proposte dell’intero partito nel campo dove sono in discussione i valori di fondo della nostra società?
Ecco perché, senza ergersi a giudici di nessuno, senza distribuire pagelle di coerenza a chicchessia – come fa ogni giorno il prode Calenda – e senza alimentare polemiche sterili e moralistiche, è abbastanza evidente che si tratta di un’impresa, quella di Delrio, utile più per giustificare la propria presenza negli organigrammi del partito e nelle sedi istituzionali sempre per conto del partito che non per rilanciare l’esperienza, la cultura, la tradizione, i valori e il patrimonio del cattolicesimo popolare, sociale e democratico del nostro paese.
Comunque sia, saranno incontri importanti ma del tutto autoreferenziali perché la “mission” culturale, il progetto politico e la stessa visione della società incarnati oggi dal Pd della Schlein, che ha vinto legittimamente le primarie di quel partito, sono semplicemente alternativi rispetto a tutto ciò che è anche solo lontanamente riconducibile alla tradizione del popolarismo. Lo ricordiamo sottovoce anche al simpatico Delrio.