Via da Azione Gelmini, Carfagna e Versace. In bocca a… Lupi!

Le tre parlamentari si sono congedate con cortesia e forse Calenda avrebbe potuto replicare secondo le parole di Flaiano: “Ci sono molti modi di arrivare, il migliore è di non partire”.

In questi giorni potrebbe girare una poesiola di questo tipo:” Geme la Gelmini, la Carfagna ad ogni ora si lagna e la Versace non si tace”. Le tre donne hanno deciso di lasciare Azione per non aver condiviso le scelte ultime di Calenda. 

Forse hanno compreso che la formazione di un centro politico è di là da venire e che la novità di quel partito ha già esaurito la sua spinta propulsiva. Se un centro ci sarà non sarà per mano sua. Quel partito suona già di vecchio e superato da qualcosa che ancora deve nascere.

Azione è un fare che non ha sfondato nel panorama politico attuale e le tre donne sanno leggere il calendario romano con lucidità. Il tempo è scaduto e il calendario greco, quello che non segna il primo giorno del mese, non è più un punto di riferimento. Le calende greche non si addicono alla concretezza dell’agone in cui ci si muove. 

Temono di finire forse in una tristis calendae, la data in cui si pagano rate ed interessi. Kaléo, la chiamata ad essere uniti nel cimento è caduta nel vuoto; non c’è più il tempo per aspettare la luna nuova e le idi della luna piena non hanno dato il frutto sperato.

C’è stato un caleidoscopio di ipotesi che non si sono tradotte in alcuna significativa sostanza. Quindi per le tre esponenti politiche, due delle quali provenienti da Forza Italia, non è da battere il “campo largo” della opposizione e neppure amano i campetti della periferia del potere. Quindi, hanno preferito abbandonare un campo di battaglia che, giorno dopo giorno, potrebbe solo sfiancarle.

Par proprio si siano mosse per un diverso sentiero ispirandosi al motto “Larga è la strada, stretta è la via, voi dite la vostra che io dico la mia”. 

Dal loro ingresso in Azione non hanno preso campo ed avranno avuto il timore di restare in quella terra scavandosi la fossa del loro destino pubblico. Tanto meno, mai rassegnate, hanno scelto di tirare a campare. 

Da qui la determinazione nel giocare un’altra partita e altro giro o forse sarebbe meglio dire altro partito ed altro giro. Già la cronaca si sta preoccupando quale sarà la loro prossima destinazione. 

Qualcuno penserà che siamo all’ennesima giravolta di chi non stenta a girovagare da una formazione politica all’altra, a seconda di come tira il vento. Cambiar casacca ormai non dà più scandalo a nessuno. 

Volendosi divertire con le parole potrebbe dirsi che siamo all’ennesima presa in giro nei confronti dell’elettorato, che occorrerebbe un giro di vite per evitare facili traslochi, che la sensibilità politica di questo paese ha dato ancora una volta dimostrazione di andare fuori giro. 

Gelmini, Carfagna e Versace si sono congedate con cortesia e forse Calenda avrebbe potuto replicare secondo le parole di Flaiano: “Ci sono molti modi di arrivare, il migliore è di non partire”. 

Comunque se ne sono andate con una asciutta dichiarazione di commiato, senza eccessivi giri di parole. Ora faranno un giro d’orizzonte per capire come nuovamente orientarsi, forse sperando di non ripetere ancora un ennesimo giro di valzer. Il giro è un cerchio, chissà che un giorno non si ritorni a bomba. Tutto è possibile in questa Italia dalla sbrandellata tenuta di divise politiche o dalle sbrindellate tenute di partito.

Girano voci che la Gelmini e la Carfagna potrebbero tornare a Forza Italia che è diventato ormai la terra di accoglienza dei transfughi che da esso erano dipartiti. “Torna, sta casa aspetta te” è la canzone che va di moda da quelle parti, Letizia Moratti docet. Può darsi che la parabola del figliol prodigo abbia fortemente inciso nel cuore di Tajani e compagni di avventura. Cambiar casacca e riaccostarsi alla terra d’origine non Costa poi così caro.

C’è ci ipotizza anche un ingresso nei moderati di Maurizio Lupi. In bocca al lupo è l’augurio che si potrebbe fare perché non vadano a Ramengo.

Prima del grande passo può darsi abbiano già trattato per un nuovo approdo. I loro simpatizzanti sperano qualcuno le seduca a militare con lui, che trovino finalmente quiete e zucchero per i loro denti. “Donne in cerca di guai, donne a un telefono che non suona mai” è il timore che potrebbe cogliere le nostre protagoniste. C’è un dilemma che gira in questa eventuale campagna acquisti: “Porta aperte per chi porta, chi non porta, parta pur”. Occorrerebbe poi comprendere chi effettivamente conferisce cosa, ma sono dettagli.

Eppure, se si chiudessero loro le porte, forse un certo dinamismo manovriero si arresterebbe. Il malcostume è di chi dismette la militanza in un partito ma anche in chi è pronto ad abbracciare il viandante di turno. In politica come negli affari ogni scelta comporta un rischio. Se si sbaglia, si paga il prezzo dovuto. Evitare il dazio sembra essere troppo comodo e troppo facile.

In ogni caso siamo di fronte ad un nuovo film da un copione già visto. Un regista, pratica di queste faccende, senza troppe storie può spicciamente gridare: Azione, si gira!