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martedì, 22 Luglio, 2025
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Calcio, classifica di serie A: Juve quarta, Monza quasi in B

Roma, 27 apr. (askanews) – Questi i risultati e la classifica di serie A dopo Juventus-Monza 2-0

Venezia-Milan 0-2, Como-Genoa 1-0; Fiorentina-Empoli 2-1, Inter-Roma 0-1; Juventus-Monza 2-0; ore 20.45 Napoli-Torino, Atalanta-Lecce. Lunedì 28 aprile, ore 18.30 Udinese-Bologna; ore 20.45 Verona-Cagliari, Lazio-Parma.

Classifica: Inter, Napoli 71, Atalanta 64, Juventus 62, Bologna, Roma 60, Lazio, Fiorentina 59, Milan 54, Torino 43, Como 42, Udinese 40, Genoa 39, Verona 32, Parma 31, Cagliari 30, Lecce 26, Empoli, Venezia 25, Monza 15.

Giornata 35. Venerdì 2 maggio, ore 20.45: Torino-Venezia. Sabato 3 maggio, ore 15 Cagliari-Udinese; ore 18 Lecce-Napoli; ore 20.45 Inter-Verona. Domenica 4 maggio, ore 12.30 Empoli-Lazio; ore 15 Monza-Atalanta; ore 18 Roma-Fiorentina; ore 20.45 Bologna-Juventus. Lunedì 5 maggio, ore 20.45 Genoa-Milan.

Ue, ieri sera telefonata Meloni-Von der Leyen sul dossier dazi

Roma, 27 apr. (askanews) – Ieri sera la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni hanno avuto una conversazione telefonica sui principali temi dell’attualità politica, tra cui spiccano la questione dei dazi Usa, imposti a mezzo mondo il 2 aprile e poi sospesi – tranne che alla Cina – per 90 giorni, e il sostegno all’Ucraina. Lo ha confermato ad Askanews il capo portavoce della Commissione Ue, Paula Pinho.

Ieri Von der Leyen e il presidente Usa Donald Trump, entrambi a Roma per i funerali di papa Francesco, hanno avuto un breve incontro nel quale si sono detti d’accordo per un vertice Usa-Ue per affrontare le dispute commerciali. La data ancora non è stata fissata ma si presume possa essere a ridosso o in concomitanza del vertice fra i capi di Stato e capi di governo dei Paesi Nato, che si terrà a L’Aia, nei Paesi Bassi, dal 24 al 26 giugno. Difficile che l’incontro tra Von Der Leyen e Trump possa slittare molto oltre quella data, visto che lo stesso Trump, a bordo dell’Air Force One, ha bollato come “improbabile” una proroga, decisa il 9 aprile, della sospensione dei dazi (a cui la Ue ha replicato con una analoga sospensione dei propri ‘controdazi’). Un dossier che tutti gli osservatori ritengono molto tecnico, complesso e dunque di non rapida soluzione affinché si arrivi, come dicono di auspicare entrambi le parti in causa, ad un accordo commerciale.

Calcio, classifica di serie A: Roma quarta in classifica

Roma, 27 apr. (askanews) – Questi i risultati e la classifica di serie A dopo Fiorentina-Empoli 2-1, Inter-Roma 0-1

Venezia-Milan 0-2, Como-Genoa 1-0; Fiorentina-Empoli 2-1, Inter-Roma 0-1; ore 18 Juventus-Monza; ore 20.45 Napoli-Torino, Atalanta-Lecce. Lunedì 28 aprile, ore 18.30 Udinese-Bologna; ore 20.45 Verona-Cagliari, Lazio-Parma.

Classifica: Inter, Napoli 71, Atalanta 64, Bologna, Roma 60, Juventus, Lazio, Fiorentina 59, Milan 54, Torino 43, Como 42, Udinese 40, Genoa 39, Verona 32, Parma 31, Cagliari 30, Lecce 26, Empoli, Venezia 25, Monza 15.

Giornata 35. Venerdì 2 maggio, ore 20.45: Torino-Venezia. Sabato 3 maggio, ore 15 Cagliari-Udinese; ore 18 Lecce-Napoli; ore 20.45 Inter-Verona. Domenica 4 maggio, ore 12.30 Empoli-Lazio; ore 15 Monza-Atalanta; ore 18 Roma-Fiorentina; ore 20.45 Bologna-Juventus. Lunedì 5 maggio, ore 20.45 Genoa-Milan.

I cardinali alla tomba di Francesco a Santa Maria Maggiore, basilica piena

Roma, 27 apr. (askanews) – Sono arrivati passando attraverso la Porta Santa e poi, in una Basilica colma di fedeli, hanno reso omaggio alla tomba di Francesco: i cardinali del Collegio cardinalizio sono a Santa Maria Maggiore per la recita dei secondi Vespri, presieduti dal cardinale Rolandas Makrickas. Prima della recita una preghiera dei porporati alla Salus Populi Romani.

Sono necessarie almeno due ore di coda per visitare e pregare sulla tomba di Papa Francesco a Santa Maria Maggiore. Un lungo serpentone attraversa tutta la piazza e gira fino a dietro. Il pellegrinaggio dei fedeli, infatti, si è spostato ora da San Pietro a Santa Maria Maggiore dove da ieri pomeriggio riposa Francesco.

Un Conclave breve o lungo? “Non lo so, dipenderà. C’è una atmosfera eccellente e amabile”. Lo afferma il cardinale Sean Brady, arcivescovo emerito irlandese, arrivando a Santa Maria Maggiore per l’omaggio del collegio cardinalizio alla tomba di Francesco che l’arcivescovo ricorda così: “Con grande gioia, felicità e gratitudine”.

Tennis, Cobolli si arrende a Nakashima a Madrid

Roma, 27 apr. (askanews) – Disco rosso a Madrid per Flavio Cobolli (n.36) contro Brandon Nakashima (n.32). Ad imporsi è stato l’americano in due set col punteggio di 75 63, ma il confronto – al di là di quanto dica il risultato – è stato acceso ed equilibrato almeno fino alla fine del primo parziale.

L’azzurro fin dall’avvio aveva confermato la buona intesa con le condizioni madrilene: l’altura, il caldo, la propensione a doversi costruire il punto colpo dopo colpo. E di buon auspicio era sembrato il break messo a segno nel terzo game grazie a un gran lungolinea di rovescio scagliato dal fondo. A metà parziale invece, inattesi, due fisioterapisti hanno fatto visita a Cobolli, apparso stanco e fiacco e – come da lui spiegato – incapace di recuperare a dovere le energie tra un game e l’altro.

MotoGp, Alex Marquez: "Vincere qui un sogno"

Roma, 27 apr. (askanews) – Festeggia Alex Marquez dopo aver centrato il successo nel Gran Premio di Spagna, quinto appuntamento del Mondiale di MotoGP 2025. “Penso sia il miglior regalo di compleanno che potessi sognare – dice lo spagnolo a Sky – Vincere qui, a Jerez de la Frontera, è letteralmente un sogno per me. Già questa notte ho vissuto tutto in maniera particolare. Ho voluto riposare nel migliore dei modi perchè volevo presentarmi al massimo al via, convinto di potermi giocare la gara”.

Ultima battuta su quanto avvenuto in pista: “La gara? Penso di essere stato molto intelligente nella gestione di tutti i momenti. All’inizio ho spinto forse un po’ troppo e, per un errore in curva 6, ho perso qualche posizione e diversi decimi. A quel punto ho cercato di gestire moto e gara e, quando sono salito in vetta, ho provato a scavare un vantaggio solido per non dare opportunità agli altri di avvicinarsi ed attaccarmi. Nel complesso una gara quasi perfetta”.

Tennis, Jasmine Paolini si arrende alla greca Sakkari a Madrid

Roma, 27 apr. (askanews) – Maria Sakkari è tornata decisa a riprendersi un ruolo da protagonista. Se n’è accorta Jasmine Paolini, uscita di scena al terzo turno del “Mutua Madrid Open”, WTA 1000 dotato di un montepremi di 7.854.000 euro che si sta disputando sulla terra rossa della Caja Magica di Madrid, in Spagna (combined con un Masters 1000 Atp).

La 26enne di Bagni di Lucca, n.6 WTA e sesta favorita del seeding, reduce dalla semifinale di Stoccarda (stoppata da Sabalenka), dopo il netto successo all’esordio sulla britannica Boulter, n.40 WTA, ha ceduto per 62 61, in un’ora e 19 minuti di partita, alla greca Maria Sakkari, n.82 WTA, subendo l’ottava sconfitta in stagione (a fronte di 16 vittorie).

Prestazione maiuscola quella offerta dalla 29enne di Atene, arrivata fino al terzo gradino del podio mondiale a marzo del 2022 ed ancora tra le top ten fino a settembre dello scorso anno, che è stata semifinalista a Madrid nel 2023 (stoppata da Sabalenka, poi vincitrice del torneo): per lei è il primo successo su una top ten da un anno a questa parte.

MotoGP, a Jerez prima vittoria in carriera di Alex Marquez

Roma, 27 apr. (askanews) – Prima vittoria in MotoGP per Alex Marquez, che trionfa a Jerez, quinto appuntamento del motomondiale e torna in testa alla classifica generale piloti. Ora lo spagnolo del Team Gresini ha 1 punto di vantaggio su suo fratello Marc, scivolato nel corso del terzo giro e 12° al traguardo con la moto danneggiata. Sul podio anche Quartararo e Pecco Bagnaia (che si porta a -20 dal leader del mondiale). 4° Vinales, seguito da Di Giannantonio e Binder. Out Aldeguer, Morbidelli, Mir, Miller e Chantra.

Gara in salita per Marc Marquez superato da Bagnaia in curva 2 alla partenza dietro il leader Quartararo che conserva la leadership. Marquez alle spalle di Pecco Bagnaia al terzo giro scivola ed è penultimo. Alex Marquez passa Bagnaia e si prende la 2^ posizione. Quartararo continua a spingere. A 15 giri dalla fine Alex Marquez passa Quartararo e si prende la prima posizione. A questo punto tra Marquez e la sua prima vittoria in MotoGP non c’è più distanza con il pilota del Team Gresini che si limita a controllare Quartararo e Bagnaia che chiudono nell’ordine

Calcio, classifica di serie A: Milan continua la rincorsa Europa

Roma, 27 apr. (askanews) – Questi i risultati e la classifica di serie A dopo Venezia-Milan 0-2, Como-Genoa 1-0;

Venezia-Milan 0-2, Como-Genoa 1-0; ore 15 Fiorentina-Empoli, Inter-Roma; ore 18 Juventus-Monza; ore 20.45 Napoli-Torino, Atalanta-Lecce. Lunedì 28 aprile, ore 18.30 Udinese-Bologna; ore 20.45 Verona-Cagliari, Lazio-Parma.

Classifica: Inter, Napoli 71, Atalanta 64, Bologna 60, Juventus, Lazio 59, Roma 57, Fiorentina 56, Milan 54, Torino 43, Como 42, Udinese 40, Genoa 39, Verona 32, Parma 31, Cagliari 30, Lecce 26, Empoli, Venezia 25, Monza 15.

Giornata 35. Venerdì 2 maggio, ore 20.45: Torino-Venezia. Sabato 3 maggio, ore 15 Cagliari-Udinese; ore 18 Lecce-Napoli; ore 20.45 Inter-Verona. Domenica 4 maggio, ore 12.30 Empoli-Lazio; ore 15 Monza-Atalanta; ore 18 Roma-Fiorentina; ore 20.45 Bologna-Juventus. Lunedì 5 maggio, ore 20.45 Genoa-Milan.

In Italia è emergenza inquinamento da amianto, allarme in scuole e ospedali

Milano, 27 apr. (askanews) – L’emergenza inquinamento da amianto in Italia è drammatica con un preoccupante ritardo delle bonifiche: più di 40 milioni di tonnellate di amianto e materiali contenenti amianto, assenza di una mappatura completa, mancata attuazione per larga parte della legge 257/92. Sono stati censiti ufficialmente in Italia circa 100 mila mila siti. Secondo le stime diffuse dall’Osservatorio Nazionale Amianto, sono invece circa 1 milione i siti e i micro siti con amianto, e ci sono ancora 58 milioni di mq di coperture in cemento-amianto.

L’amianto è ancora tra noi: presente in migliaia di edifici pubblici e privati, scuole, ospedali, treni, tetti, tubature. Ed è allarme scuola: l’Ona continua a ricevere segnalazioni di nuove scuole con amianto, perfino asili nido, scuole materne ed elementari. Nel passato è stato usato DAS con amianto, e questo ha esposto ancor di più, in particolare le maestre di asilo e elementari fino al 1993, contenente il 30% di crisotilo. Sono arrivate le segnalazioni di 4 casi di mesotelioma nel personale docente solo in queste ultime settimane, e per di più altri casi di segnalazioni di tecnici ovvero professori di educazione tecnica e/o similari per l’uso del minerale all’interno degli strumenti dei laboratori, specialmente nelle scuole di avviamento professionale. Emergenza anche negli ospedali: l’Osservatorio ha ricevuto segnalazione per la presenza di amianto in più di 250 ospedali (stima per difetto, perché la mappatura è ancora in corso). Ed ancora la nostra rete idrica rivela presenza di amianto per ben 300.000 km di tubature (stima ONA), inclusi gli allacciamenti, con presenza di materiale contenenti amianto rispetto ai 500 mila totali (tenendo conto che la maggior parte sono stati realizzati prima del 1992 quando il minerale veniva utilizzato in tutte le attività edili e costruttive).

Sparatoria per futili motivi a Monreale, 3 giovani morti

Milano, 27 apr. (askanews) – E’ di 3 il numero dei ragazzi morti nella sparatoria avvenuta la notte scorsa, per futili motivi dalle prime informazioni, in piazza Duomo a a Monreale, nel cuore della provincia di Palermo. Riferisce il sito del Quotidiano di Sicilia, è morto anche uno dei tre feriti, un 26enne che era stato ricoverato in ospedale a Palermo. Le altre due vittime avevano 24 e 26 anni ed erano entrambe di Monreale. Restano gravi le condizioni degli altri due feriti di 33 e 16 anni.

Folla di fedeli a Santa Maria Maggiore sulla tomba di Francesco

Città del Vaticano, 27 apr. (askanews) – Il pellegrinaggio dei fedeli per pregare sulla tomba di Papa Francesco da oggi si è spostato, con l’apertura di Santa Maria Maggiore, nella Basilica papale che dista circa sei chilometri da quella di San Pietro e dove, da ieri, riposano le spoglie mortali del pontefice.

Anche oggi si prevede un flusso massiccio di quanti si recheranno a dare l’ultimo saluto a Papa Frncesco la cui tomba, di sempice marmo bianco, secondo le foto diffuse dopo la tumulazione dal Vaticano, è adornata solo al centro, dalla riproduzione della sua croce pettorale illuminata da un piccolo fascio di luce, e, quasi sul pavimento, dalla scritta “Franciscus”. Nel pomeriggio i cardinali che sono a Roma per i funerali e poi per il Conclave, si recheranno anche loro nella basilica.

Papa Francesco, Parolin: ci sentiamo orfani e smarriti

Città del Vaticano, 27 apr. (askanews) – La Chiesa ed il mondo intero si sente orfano e smarrito per la morte di Papa Francesco ma, come cristiani, certi che la vita risorge e che Dio salva. Questo il messaggio dell’ex Segretario di Stato, card. Pietro Parolin che stamane ha tenuto l’omelia della messa per la II domenica di Pasqua o della Divina Misericordia, nel secondo giorno dei Novendiali che ha coinciso anche con il Giubileo degli adolescenti.

Una messa, anche questa molto partecipata (stime arrivano a contare in circa 100 mila le presenze), celebrata sul sagrato della Basilica di San Pietro, e che ha avuto il suo cuore nel ricordo e nel suffragio per Francesco.

Facendo riferimento al brano evangelico letto nella messa, il porporato ha ricordato le porte sbarrate del cenacolo dopo la morte e la risurrezione del Cristo “perché – ha detto – il Maestro e Pastore che avevano seguito lasciando tutto era stato inchiodato sulla croce. Hanno vissuto cose terribili e si sentono orfani, soli, smarriti, minacciati e indifesi. L’immagine iniziale che il Vangelo ci offre in questa domenica può rappresentare bene – ha poi detto Parolin – anche lo stato d’animo di tutti noi, della Chiesa e del mondo intero. Il Pastore che il Signore ha donato al suo popolo, Papa Francesco, ha terminato la sua vita terrena e ci ha lasciati. Il dolore per la sua dipartita, il senso di tristezza che ci assale, il turbamento che avvertiamo nel cuore, la sensazione di smarrimento: stiamo vivendo tutto questo, come gli apostoli addolorati per la morte di Gesù”. Eppure, il Vangelo insegna che proprio “in questi momenti di oscurità il Signore viene a noi con la luce della risurrezione, per rischiarare i nostri cuori. Papa Francesco ce lo ha ricordato fin dalla sua elezione e ce lo ha ripetuto spesso, mettendo al centro del pontificato quella gioia del Vangelo che – come scriveva in ‘Evangelii gaudium’ – ‘riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia’”, citando l’esortazione apostolica.

Difesa e sicurezza: la realtà che i facili slogan dei populisti non raccontano

“No alle armi”: chi non sarebbe d’accordo, emotivamente? Eppure, la realtà impone di chiarire un equivoco. Ieri a San Pietro, durante i funerali del Papa, si è consumata una delle più eccezionali prove di sicurezza mai viste. Una folla immensa, un parterre di autorità unico, una occasione irripetibile per chi avesse voluto colpire il cuore della cristianità e delle istituzioni mondiali.

Lo Stato italiano ha risposto schierando 10.000 uomini delle forze dell’ordine, ma questo è solo l’aspetto visibile. Intorno e sopra Roma si è mosso un sofisticato apparato militare: controllo dello spazio aereo, sistemi antimissile, difesa contraerea, radar avanzati, sottomarini pronti a reagire a ogni minaccia.

Un dispiegamento silenzioso ed efficiente che ha garantito a milioni di persone un momento di raccoglimento senza paura.

Tutto questo si chiama capacità di difesa e forza di dissuasione. Non un’idea astratta: senza queste misure, la cerimonia sarebbe stata esposta a qualunque azione di uno Stato canaglia o di terroristi suicidi.

La difesa costa, richiede investimenti aggiornamenti, comporta un’immane attività di “manutenzione”: non è mai superflua, come si vorrebbe far credere, perché serve a tutelare la nostra libertà e la nostra stessa vita.

Se allarghiamo lo sguardo, la domanda è inevitabile: possiamo davvero permetterci, in un mondo carico di minacce e tensioni, di rinunciare alla nostra sicurezza? O vogliamo continuare a chiudere gli occhi, cullandoci nell’illusione degli slogan facili contro le armi, come fanno certi populismi di destra e di sinistra?

P.S. Un applauso va a tutte le forze di sicurezza, che ieri hanno dato prova concreta di efficienza, intelligenza e dedizione, assicurando il pacifico svolgimento di un evento di portata storica.

Marx: “Un Papa credibile e universale. Il Conclave sarà breve”

“Non è una questione di conservatori o progressisti. Conta la credibilità e la capacità di dialogare”. Con queste parole il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga, ha indicato i criteri che, a suo giudizio, guideranno l’elezione del nuovo Papa. In un incontro con la stampa a Villa Mater Dei, a Roma, Marx ha escluso logiche di contrapposizione ideologica nella scelta del futuro Pontefice: “Tutto è aperto. Non è una questione di lingua, di Paese o di cultura. È la persona che conta”.

Secondo il porporato tedesco, uno dei tre elettori del suo Paese, il Conclave che si prepara in Vaticano sarà caratterizzato da una volontà chiara: scegliere un Papa capace di proseguire nel solco di Francesco, mettendo al centro “la credibilità del Vangelo” e mantenendo “una visione universale”. “Il nuovo Papa – ha spiegato – dovrà sapere comunicare con la gente. È una questione di saper guardare al Vangelo in modo autentico”.

Marx ha anche offerto una previsione sulla durata del Conclave: “Durerà pochi giorni”, ha detto con convinzione, sottolineando che “i cardinali non possono ignorare il sentimento del popolo di Dio”, visibile in queste settimane di preghiera e di commozione popolare per la morte di Francesco.

Infine, il cardinale ha respinto ogni suggestione che lo vedrebbe come possibile “kingmaker” del prossimo Papa: “Non cerchiamo un re”, ha detto sorridendo. “Sono un semplice membro del Collegio cardinalizio. Questa settimana servirà per conoscersi meglio”. Un richiamo sobrio e determinato al senso autentico del Conclave: non una competizione, ma un discernimento comunitario nello spirito del Vangelo.

L’equilibrio della Chiesa servirebbe anche alla politica

Facciamo subito una premessa d’obbligo per non ingenerare equivoci e fraintendimenti vari. Non esiste affatto una correlazione tra un Centro – meglio definirlo come un ipotetico ed ancora indefinito Centro – nella politica italiana e un centro di governo nella Chiesa cattolica. Ma questo tema, piaccia o non piaccia, ha iniziato a far breccia in questi giorni su molti organi di informazione del nostro paese, per non dire su tutti, parlando dell’eredità di Papa Francesco. E, di conseguenza, della individuazione della nuova guida spirituale della Chiesa cattolica a livello mondiale. Certo, parliamo prevalentemente di quello che comunemente viene definito come “fantapapa” ma che, tuttavia, interessa non solo i cattolici ed i credenti di tutto il mondo ma anche, e soprattutto, i credenti e i non credenti del nostro paese.

Ora, se è vero com’è vero che in Italia, anche in una fase caratterizzata da una forte polarizzazione ideologica e radicalizzazione della lotta politica, si continua a sostenere – e giustamente – che si può e si deve governare “dal centro e al centro”, comincia a farsi largo, almeno stando alle più diverse interpretazioni, che anche nella individuazione del successore di Francesco è sempre più necessaria una figura che sappia rappresentare le diverse e molteplici anime presenti oggi nella Chiesa cattolica universale e che, probabilmente, si può tranquillamente definire come una figura “che si colloca al centro” nel panorama composito e articolato della Chiesa stessa. Centro, in questo caso, che non coincide affatto con le categorie politiche a noi

consuete ma che, semmai, individua nel futuro Pontefice una guida che sia in grado di farsi carico di tutte le diverse sensibilità che compongono l’arcipelago cattolico mondiale. Una complessità che, come tutti ben sappiamo e non solo i cattolici e i credenti, richiede una figura apicale fortemente carismatica e, al contempo, in grado di rappresentare le varie anime nella concreta declinazione del messaggio evangelico e nella predicazione teologica e pastorale.

Certo, le dinamiche che precedono l’elezione di un Papa non sono minimamente paragonabili rispetto a quelle che vengono scelte per la guida politica di un partito o di una coalizione. Ma è pur vero che, seppur in assenza dello Spirito Santo per quanto riguarda le concrete scelte della politica, ci sono delle modalità organizzative che non appaiono poi così distanti. Mi riferisco, almeno sotto il profilo del metodo, al dibattito, al confronto e agli accordi che necessariamente precedono l’elezione del Pontefice e alle dinamiche concrete che sono sotto gli occhi di tutto il mondo e di cui ci deliziano propio le cronache giornalistiche quotidiane.

Ecco perché, tanto nella politica quanto nella Chiesa cattolica, le categorie che appaiono così desuete, antiche o addirittura fuori moda, a volte ritornano protagoniste e di grande attualità. E, nel caso specifico, la ricchezza, la mission e il ruolo specifico che possono rivestire il centro o la politica di centro o una figura di centro nella capacità di sciogliere nodi che apparentemente appaiono insolubili. Ieri come oggi e come sempre.

Francesco, il Papa degli ultimi: un addio che abbraccia il mondo

Non è stata quella di ieri a Roma una giornata particolare e basta, ma la manifestazione del legame profondo tra un “capo” religioso e il popolo. Tanta gente a Roma, per i funerali di un pontefice, non si era mai vista: non solo piazza San Pietro e via della Conciliazione, ma una marea umana, accorsa da tutto il mondo, che cresceva man mano che il corteo funebre procedeva verso Santa Maria Maggiore.

Un fiume infinito di persone ha riconosciuto in Francesco l’esempio più autentico, più sincero, più vicino a quello del Cristo, incarnato secoli fa dal poverello di Assisi, San Francesco.

Nessuno, prima di lui, tra i pontefici, aveva assunto il nome di Francesco come programma e simbolo di una Chiesa che si fa povera e ritorna ai poveri, secondo il messaggio originario di Cristo.

Papa Francesco è stato capace di risvegliare le coscienze autentiche del cristianesimo, riportando alle origini il messaggio di attenzione verso gli ultimi, i diversi, coloro che oggi, in una società materialistica e consumistica, sono trattati come scarti.

Ieri l’Italia e il mondo intero hanno vissuto un evento straordinario: quello di un uomo che si è speso per il riscatto dei poveri e degli esclusi, ricordando che il dovere di ogni buon cristiano (e non solo) è quello di orientare la vita e la politica su schemi diversi da quelli dell’economicismo, dell’affarismo, del profitto fine a sé stesso.

È possibile continuare l’opera e il magistero di Francesco?

Il popolo accorso a Roma dimostra che non solo è possibile, ma anche doveroso, per evitare alla Chiesa una triste chiusura nei confronti di quella società che Francesco ha saputo comprendere e aiutare.

Tornare indietro sarebbe deleterio, non solo per la Chiesa ma per il popolo di Dio; sarebbe un passo inconsueto e incomprensibile per un’istituzione religiosa chiamata a camminare con il suo popolo e ad affrontare le sfide del Terzo millennio.

Certo, il Conclave, libero da influenze esterne, saprà trovare la soluzione migliore per questa fase cruciale non solo della Chiesa universale, ma dell’umanità intera. Papa Francesco è stato la meteora che ha saputo risvegliare una coscienza cristiana assopita dalla consuetudine, dalla tradizione, dalla liturgia chiusa e inconcludente. È stato il Papa di tutti, e il bagno di folla ai suoi funerali ne è la testimonianza più viva e concreta.

Testimonianza ed eredità di Francesco

Papa Francesco ci ha lasciato in un modo molto coerente con il senso del suo pontificato. Già con la scelta del nome aveva risvegliato in molti cuori una fede tiepidamente presente. Fino all’ultimo è stato in mezzo al suo popolo impartendo la benedizione “Urbi et orbi” per ribadire che l’amore per le persone – per il nostro prossimo – non può conoscere confini o barriere di tipo geografico o politico, né di tipo etnico o culturale. Francesco se ne è andato senza risparmiarsi, seppure in una condizione di oggettiva e visibile difficoltà di salute, senza rinunciare fino alle ultime ore di vita al contatto con le persone; quel contatto che ha sempre considerato importante e che – lo ha detto più volte – nobilita qualunque gesto di donazione materiale.

Francesco è stato probabilmente il papa più anticlericale della storia, nel senso che può avere l’anticlericalismo per un pontefice chiamato a guidare la Chiesa di Cristo nel mondo; ma comunque fortemente non-clericale, per non aver difeso una condizione da “casta” nella quale una parte della gerarchia ecclesiastica ha spesso la tentazione di rifugiarsi per evitare il confronto con la modernità e con la società che inevitabilmente (e in alcuni casi anche fortunatamente) cambia e si evolve. I suoi richiami al clero, avvolte anche ruvidi, hanno sempre avuto l’obiettivo di mettere la Chiesa in uscita per non farla rimanere chiusa e relegata tra le mura del tempio. Una chiesa come “ospedale da campo” che come tale si deve occupare di chi ha maggiormente bisogno di cura; ecco la chiesa di Francesco che va incontro agli ultimi, agli esclusi e ai dimenticati da una società che pensa a correre e accelerare senza occuparsi di chi non riesce a tenere il passo e si ritrova sospinto in una periferia esistenziale.

Anche la volontà testamentaria di essere sepolto a Santa Maria Maggiore e quindi fuori dal perimetro di San Pietro-Vaticano conferma la sua unicità e il suo voler essere cristiano tra i cristiani, prima ancora che Vescovo di Roma e Pontefice. Così anche con il suo ultimo “atto terreno” ha confermato di essere il Papa dei gesti più che delle parole, delle azioni più che dei proclami. E ci tornano alla mente i paradigmi espressi nella “Evangelii gaudium”, l’Esortazione apostolica che è considerata il programma del pontificato di Francesco: “Il tempo è superiore allo spazio”-“l’unità prevale sul conflitto”-“la realtà è più importante dell’idea”-“il tutto è superiore alla parte”.

Fino all’ultimo Francesco ha mostrato la sua coerenza con questi principi per la convivenza sociale, che ha indicato come necessari per “la costruzione di un popolo in cui le differenze si armonizzino all’interno di un progetto comune”. Francesco ha lasciato un altro importante segno con la Laudato Sì, prima enciclica di un papa dedicata all’ambiente e ai danni che può provocare l’uomo con un uso sbagliato delle risorse disponibili; con quel documento scritto nel 2015 introdusse i concetti di “ecologia integrale” e “conversione ecologica”; un forte richiamo all’intera umanità affinché il pianeta giunga alle future generazioni in condizioni di decenza ambientale, anziché di totale e irreversibile degrado.

A ben guardare, l’immagine iconica del pontificato di Francesco potrebbe essere – quasi paradossalmente – proprio quella delle sue spoglie che a bordo della papamobile traversano Ponte Vittorio Emanuele II lasciandosi alle spalle il cosiddetto “Oltretevere”. Un’immagine suggestiva e significativa quella del Papa che, terminata la sua missione terrena, lascia la Santa Sede per tornare nella città tra gli uomini e le donne del suo e del nostro tempo.

Il Patto Educativo Globale di Papa Francesco: un’eredità da non dimenticare

La società della conoscenza globale, contaminata dalle tecnologie emergenti nelle sue diverse declinazioni, cambia lo scenario e muta la prospettiva del ruolo dell’educazione nel senso più ampio del termine: una metamorfosi della “quarta missione” del sistema della conoscenza scientifica e didattica.

Parlo di “quarta missione”: quella che, agendo tra input e output, interviene per superare le disuguaglianze sociali e combattere la povertà educativa.

Fine ultimo è la piena realizzazione dello sviluppo umano integrale della persona.

L’Enciclica Laudato si’ e la Fratelli tutti di Papa Francesco ci consegnano quotidianamente idee, pensieri, riflessioni su quella “mistica che ci anima”, rispetto all’impegno delle persone nelle dimensioni più alte dell’umanesimo contemporaneo.

La lezione di Maritain, che aleggia in questi testi, rievoca una profonda riflessione: “Considerato in sé stesso, l’insegnamento non è opera di contemplazione”. È impegno, è l’umanesimo dell’impegno.

In questa lineare “algebra sociale” si alza il grido del Global Compact on Education lanciato nel 2019 dallo stesso Papa Francesco, oggi troppo spesso dimenticato.

Un Patto Educativo Globale come leva di dialogo tra popoli e generazioni, davanti alle sfide dei conflitti, del cambiamento climatico e della transizione digitale.

“Il Global Compact on Education può essere paragonato a quelle piante che si rigenerano continuamente, come una foresta che cresce e si allarga sempre più” (José Tolentino de Mendonça).

Mettere al centro la persona, ascoltare le nuove generazioni, promuovere la donna, aprire all’accoglienza, rinnovare l’economia e la politica, custodire la casa comune, valorizzare la cultura: sono solo alcuni dei punti da cui ripartire, proposti dal Patto Educativo Globale.

È l’intuizione straordinaria di creare una prima “Università del Senso”: un organismo educativo civile, pubblico e universale, per formare le leadership di domani.

È lo stimolo rivolto non solo alle università e alla ricerca, ma anche alla società civile, alle parti sociali, al terzo settore e alle istituzioni, affinché diventino autentici civic, open e soprattutto engaged networks.

“La governance glocale deve tradursi in reti innovative – human grids – di persone, saperi e dispositivi tecnologici per connettere in modo virtuoso partecipazione e stili di vita, gestione dei bisogni e risorse ambientali, dignità umana e comunicazione” (Pierluigi Malavasi).

Una sfida ineludibile: costruire un patto globale che unisca nella conoscenza le persone di tutte le età, per sostenere la speranza e promuovere una generatività sociale senza tempo e senza limiti, in una rifondata alleanza per il progresso.

Francesco ha seguito le orme del Signore

In questa maestosa piazza di San Pietro, nella quale papa Francesco tante volte ha celebrato l’Eucarestia e presieduto grandi incontri nel corso di questi 12 anni, siamo raccolti in preghiera attorno alle sue spoglie mortali col cuore triste, ma sorretti dalle certezze della fede, che ci assicura che l’esistenza umana non termina nella tomba, ma nella casa del Padre in una vita di felicità che non conoscerà tramonto. A nome del Collegio dei Cardinali ringrazio cordialmente tutti per la vostra presenza. Con intensità di sentimento rivolgo un deferente saluto e vivo ringraziamento ai Capi di Stato, ai Capi di Governo e alle Delegazioni ufficiali venute da numerosi Paesi ad esprimere affetto, venerazione e stima verso il Papa che ci ha lasciati.

Il plebiscito di manifestazioni di affetto e di partecipazione, che abbiamo visto in questi giorni dopo il suo passaggio da questa terra all’eternità, ci dice quanto l’intenso Pontificato di papa Francesco abbia toccato le menti ed i cuori. La sua ultima immagine, che rimarrà nei nostri occhi e nel nostro cuore, è quella di domenica scorsa, Solennità di Pasqua, quando papa Francesco, nonostante i gravi problemi di salute, ha voluto impartirci la benedizione dal balcone della Basilica di San Pietro e poi è sceso in questa piazza per salutare dalla papamobile scoperta tutta la grande folla convenuta per la Messa di Pasqua. Con la nostra preghiera vogliamo ora affidare l’anima dell’amato Pontefice a Dio, perché Gli conceda l’eterna felicità nell’orizzonte luminoso e glorioso del suo immenso amore. Ci illumina e ci guida la pagina del Vangelo, nella quale è risuonata la voce stessa di Cristo che interpellava il primo degli Apostoli: “Pietro, mi ami tu più di costoro?”. E la risposta di Pietro era stata pronta e sincera: “Signore, Tu conosci tutto; Tu sai che ti voglio bene!”. E Gesù gli affidò la grande missione: “Pasci le mie pecore”. Sarà questo il compito costante di Pietro e dei suoi Successori, un servizio di amore sulla scia del Maestro e Signore Cristo che “non era venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per tutti” (Mc.10,45).

Nonostante la sua finale fragilità e sofferenza, papa Francesco ha scelto di percorrere questa via di donazione fino all’ultimo giorno della sua vita terrena. Egli ha seguito le orme del suo Signore, il buon Pastore, che ha amato le sue pecore fino a dare per loro la sua stessa vita. E lo ha fatto con forza e serenità, vicino al suo gregge, la Chiesa di Dio, memore della frase di Gesù citata dall’Apostolo Paolo: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere” (Atti, 20,35). Quando il Card. Bergoglio, il 13 marzo del 2013, fu eletto dal Conclave a succedere a papa Benedetto XVI, aveva alle spalle gli anni di vita religiosa nella Compagnia di Gesù e soprattutto era arricchito dall’esperienza di 21 anni di ministero pastorale nell’Arcidiocesi di Buenos Aires, prima come Ausiliare, poi come Coadiutore e in seguito, soprattutto, come Arcivescovo.

La decisione di prendere il nome Francesco apparve subito come la scelta di un programma e di uno stile su cui egli voleva impostare il suo Pontificato, cercando di ispirarsi allo spirito di San Francesco d’Assisi. Conservò il suo temperamento e la sua forma di guida pastorale, e diede subito l’impronta della sua forte personalità nel governo della Chiesa, instaurando un contatto diretto con le singole persone e con le popolazioni, desideroso di essere vicino a tutti, con spiccata attenzione alle persone in difficoltà, spendendosi senza misura, in particolare per gli ultimi della terra, gli emarginati. È stato un Papa in mezzo alla gente con cuore aperto verso tutti. Inoltre è stato un Papa attento al nuovo che emergeva nella società ed a quanto lo Spirito Santo suscitava nella Chiesa. Con il vocabolario che gli era caratteristico e col suo linguaggio ricco di immagini e di metafore, ha sempre cercato di illuminare con la sapienza del Vangelo i problemi del nostro tempo, offrendo una risposta alla luce della fede e incoraggiando a vivere da cristiani le sfide e le contraddizioni di questi nostri anni di cambiamenti, che amava qualificare “cambiamento di epoca”. Aveva grande spontaneità e una maniera informale di rivolgersi a tutti, anche alle persone lontane dalla Chiesa.
Il libretto della messa per i funerali di papa Francesco: la traduzione e i testi delle preghiere Ricco di calore umano e profondamente sensibile ai drammi odierni, Papa Francesco ha realmente condiviso le ansie, le sofferenze e le speranze del nostro tempo della globalizzazione, e si è donato nel confortare e incoraggiare con un messaggio capace di raggiungere il cuore delle persone in modo diretto e immediato. Il suo carisma dell’accoglienza e dell’ascolto, unito ad un modo di comportarsi proprio della sensibilità del giorno d’oggi, ha toccato i cuori, cercando di risvegliare le energie morali e spirituali.
Il primato dell’evangelizzazione è stato la guida del suo Pontificato, diffondendo, con una chiara impronta missionaria, la gioia del Vangelo, che è stata il titolo della sua prima Esortazione Apostolica Evangelii gaudium. Una gioia che colma di fiducia e speranza il cuore di tutti coloro che si affidano a Dio.

Filo conduttore della sua missione è stata anche la convinzione che la Chiesa è una casa per tutti; una casa dalle porte sempre aperte. Ha più volte fatto ricorso all’immagine della Chiesa come “ospedale da campo” dopo una battaglia in cui vi sono stati molti feriti; una Chiesa desiderosa di prendersi cura con determinazione dei problemi delle persone e dei grandi affanni che lacerano il mondo contemporaneo; una Chiesa capace di chinarsi su ogni uomo, al di là di ogni credo o condizione, curandone le ferite. Innumerevoli sono i suoi gesti e le sue esortazioni in favore dei rifugiati e dei profughi.

Costante è stata anche l’insistenza nell’operare a favore dei poveri. È significativo che il primo viaggio di papa Francesco sia stato quello a Lampedusa, isola simbolo del dramma dell’emigrazione con migliaia di persone annegate in mare. Nella stessa linea è stato anche il viaggio a Lesbo, insieme con il Patriarca Ecumenico e con l’Arcivescovo di Atene,
come pure la celebrazione di una Messa al confine tra il Messico e gli Stati Uniti, in occasione del suo viaggio in Messico. Dei suoi 47 faticosi Viaggi Apostolici resterà nella storia in modo particolare quello in Iraq nel 2021, compiuto sfidando ogni rischio. Quella difficile Visita Apostolica è stata un balsamo sulle ferite aperte della popolazione irachena, che tanto aveva sofferto per l’opera disumana dell’Isis. È stato questo un Viaggio importante anche per il dialogo interreligioso, un’altra dimensione rilevante della sua opera pastorale. Con la Visita Apostolica del 2024 a quattro Nazioni dell’Asia-Oceania, il Papa ha raggiunto “la periferia più periferica del mondo”. Papa Francesco ha sempre messo al centro il Vangelo della misericordia, sottolineando ripetutamente che Dio non si stanca di perdonarci: Egli perdona sempre qualunque sia la situazione di chi chiede perdono e ritorna sulla retta via. Volle il Giubileo Straordinario della Misericordia, mettendo in luce che la misericordia è “il cuore del Vangelo”.

Misericordia e gioia del Vangelo sono due parole chiave di Papa Francesco. In contrasto con quella che ha definito “la cultura dello scarto”, ha parlato della cultura dell’incontro e della solidarietà. Il tema della fraternità ha attraversato tutto il suo Pontificato con toni vibranti. Nella Lettera Enciclica “Fratelli tutti” ha voluto far rinascere un’aspirazione mondiale alla
fraternità, perché tutti figli del medesimo Padre che sta nei cieli. Con forza ha spesso ricordato che apparteniamo tutti alla medesima famiglia umana.

Nel 2019, durante il viaggio negli Emirati Arabi Uniti, Papa Francesco ha firmato un documento sulla “Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune”, richiamando la comune paternità di Dio. Rivolgendosi agli uomini e alle donne di tutto il mondo, con la Lettera Enciclica Laudato si’ha richiamato l’attenzione sui doveri e sulla corresponsabilità nei riguardi della casa comune. “Nessuno si salva da solo”. Di fronte all’infuriare delle tante guerre di questi anni, con orrori disumani e con innumerevoli morti e distruzioni, papa Francesco ha incessantemente elevata la sua voce implorando la pace e invitando alla ragionevolezza, all’onesta trattativa per trovare le soluzioni possibili, perché la guerra – diceva – è solo morte di persone, distruzioni di case, ospedali e scuole. La guerra lascia sempre il mondo peggiore di come era precedentemente: essa è per tutti sempre una dolorosa e tragica sconfitta.

“Costruire ponti e non muri” è un’esortazione che egli ha più volte ripetuto e il servizio di fede come Successore dell’Apostolo Pietro è stato sempre congiunto al servizio dell’uomo in tutte le sue dimensioni. In unione spirituale con tutta la Cristianità siamo qui numerosi a pregare per Papa Francesco perché Dio lo accolga nell’immensità del suo amore. Papa Francesco soleva concludere i suoi discorsi ed i suoi incontri dicendo: “Non
dimenticatevi di pregare per me”.

Caro papa Francesco, ora chiediamo a Te di pregare per noi e che dal cielo Tu benedica la Chiesa, benedica Roma, benedica il mondo intero, come domenica scorsa hai fatto dal balcone di questa Basilica in un ultimo abbraccio con tutto il popolo di Dio, ma idealmente anche con l’umanità che cerca la verità con cuore sincero e tiene alta la fiaccola della speranza.

Tennis, Djokovic: "Tornerò a Madrid, non so se come giocatore"

Roma, 26 apr. (askanews) – Novak Djokovic perde un’altra partita nata male e finita peggio. Stavolta dice bene agli azzurri, in particolare a Matteo Arnaldi, autore di una prestazione eccellente. Ma non c’è dubbio che le ombre attorno al serbo, ex numero 1 del mondo, stiano diventando sempre più lunghe.

“Ovviamente – spiega Nole – dopo aver perso una partita non ti senti mai bene, ma quest’anno mi è accaduto diverse volte al primo turno, purtroppo. Sapevo che sarebbe stata una partita d’esordio dura per me in questo torneo. Arnaldi è un giocatore davvero forte, di qualità. E io non ho giocato molte partite sulla terra battuta. Mi sono allenato bene, ma è completamente diverso quando scendi in campo per un match ufficiale. Penso che la cosa positiva sia che mi sono divertito molto di più che a Monte-Carlo o in qualche altro torneo. Ma ovviamente il livello del tennis non è ancora quello che vorrei. Stavolta ho perso contro un giocatore migliore di me”.

“Nemmeno per Madrid – continua Djokovic – avevo aspettative. Speravo di poter giocare una partita in più che a Monte-Carlo. Devo dire che è una realtà nuova per me, cercare di vincere una partita o due, senza pensare ad andare lontano nel torneo. È una sensazione completamente diversa da quella che ho provato in oltre 20 anni di tennis professionistico, quindi è una specie di sfida mentale affrontare questo tipo di sensazioni in campo, uscendo presto regolarmente nei tornei. Ma questo è, immagino, il cerchio della vita e della carriera (sorride, ndr), alla fine prima o poi sarebbe successo. Ora sto cercando di usare questo come forza trainante per il futuro. Ovviamente i tornei del Grande Slam, l’ho detto molte volte, sono i più importanti per me. Il che non significa che non voglia vincere qui, certo che lo volevo, ma gli Slam sono dove voglio davvero giocare il miglior tennis. Non so se riuscirò a farlo al Roland Garros, ma farò del mio meglio”. E ancora, su queste nuove sensazioni: “Potete immaginare: in 20 anni non ho vissuto quello che sto vivendo negli ultimi 12 mesi. Ma fa parte dello sport, devi accettare le circostanze e cercare di trarne il massimo a tuo favore, qualunque cosa accada. Non posso stare qui a lamentarmi della mia carriera o di qualsiasi altra cosa, e non lo farò. Ma è una sensazione diversa che devo semplicemente accogliere, accettare e gestire in un modo speciale”. “Io cerco sempre di essere ottimista e so di cosa sono capace. Ma ripeto, le cose sono diverse, ovviamente, con i miei colpi, con il mio corpo, con i miei movimenti, è la realtà che devo accettare. Cercherò di sfruttare al meglio queste nuove sensazioni, soprattutto nei tornei del Grande Slam, dove conta di più per me, o almeno dove vorrei dare il massimo. Quindi vedremo cosa succederà”. Ma in tutto questo, una qualche forma di pressione esiste ancora? “Insomma, la pressione fa parte dello sport e di ciò che facciamo ai massimi livelli, quindi non se ne andrà mai del tutto, è solo un tipo di pressione diverso. Ma ogni volta che scendo in campo sento il nervosismo, provo stress, provo tutto quello che immagino provino tutti gli altri giocatori, inclusa l’eccitazione. Quindi mi piace ancora competere, è diventato un po’ più impegnativo per me, a dire il vero. Ma ovviamente, come ho detto, farò del mio meglio per il futuro. Per quanto riguarda i tornei del Grande Slam, non affronterò il Roland Garros da favorito, forse questo potrà persino aiutare. Non so, vedremo”. Sarà stato quello contro Arnaldi il suo ultimo match a Madrid? “Potrebbe essere. Potrebbe essere. Non sono sicuro se tornerò. Quindi, non so, non so cosa dire. Voglio dire, tornerò, forse non come giocatore, ovviamente. Spero di no, ma potrebbe essere così”.

MotoGP, Marquez: "Non amo le Sprint ma vincere è bellissimo"

Roma, 26 apr. (askanews) – “Non è stata una gara facile per le alte temperature, che hanno un po’ cambiato le carte in tavola. Ho sofferto un po’ alla fine, ma ho controllato”. Così Marc Marquez dopo la quinta vittoria, su altrettante gare nella Sprint del Sabato a Jerez de la Frontera, prologo del Gp in programma domani. “Non sono un grande amante della Sprint Race – continua . ma alla fine ho sempre vinto quest’anno e non posso che essere contento. Competere davanti a questo pubblico è sicuramente un fattore”.

Ai microfoni di Sky Sport MotoGP ha aggiunto: “Vivere il podio in curva 9-10 è stato qualcosa di straordinario. Ho deciso di attaccare subito Quartararo perché avevo più passo e l’avevo realizzato dopo essere stato dietro di lui. Ho preparato il sorpasso dalla curva 2 e poi ho sfruttato il motore della Ducati. Poi ho controllato il mio vantaggio. Domani sarà una gara comunque complicata e dovrò fare attenzione a Bagnaia, Quartararo e a mio fratello. Nel mio box ci sarà una sorpresa, ovvero la presenza di Carlos Alcaraz”.

Tennis, impresa Arnaldi: batte Djokovic, è al terzo turno a Madrid

Roma, 26 apr. (askanews) – Matteo Arnaldi si regala una vittoria memorabile contro il 24 volte campione Slam, Novak Djokovic, nel primo confronto in assoluto tra i due. L’azzurro si è imposto per 6-3 6-4, centrando i sedicesimi del Masters 1000 di Madrid dove sfiderà il bosniaco Dzumhur. Per Djokovic è un’altra sconfitta bruciante all’esordio, dopo il ko contro Tabilo a Monte Carlo. Ecco le parole di Arnaldi a fine match: “È un sogno che si avvera, Djokovic è sempre stato il mio idolo e per me era già un sogno poterlo affrontare, mi ero allenato con lui soltanto una volta. Poi è arrivata la vittoria, quindi meglio ancora! So che al momento non è al meglio, ma ho dovuto giocare il mio miglior tennis per vincere. Non so nemmeno cosa dire. All’inizio ho cercato solo di non farmela sotto! Non sai nulla di come andrà. Ho cercato di farlo scambiare un po’, poi una volta a partita inoltrata ti senti meglio e ti calmi. Sono contento di aver preso il break subito, perchè sapevo che avrei perso il servizio anche io, ma almeno siamo rimasti in parità. Lo vedo giocare da quando avevo 9-10 anni. Cerco sempre di giocare come lui. È andato tutto perfettamente, è incredibile essere qui”.

Palazzo Grassi si trasforma con il lavoro di Tatiana Trouv

Venezia, 26 apr. (askanews) – Palazzo Grassi trasformato in un labirinto di segni e oggetti, in un intreccio di narrazioni, attraverso una serie di opere e interventi che intrecciano mondi interiori ed esteriori, reali e immaginari, nei quali il disegno e la scultura si scambiano continuamente di ruolo. La mostra “Tatiana Trouv – La strana vita delle cose” un’occasione per vedere come anche la scultura trova il modo di fare risuonare le sale del palazzo veneziano, normalmente pensato per accogliere soprattutto la pittura.

“Allestendo la mostra – ha detto ad askanews Tatiana Trouv – ho iniziato a lavorare lo spazio e ho iniziato anche a capire che forse le mie sculture, le mie installazioni le stavo lavorando un po’ come dei disegni o un po’ come se il primo piano fossero gli spazi nei quali il visitatore entra in modo pi fisico all’interno dei miei disegni. anche un po’ come il viaggio, un viaggio tra le diverse memorie, i diversi ricordi di una vita o di quello che si fa in una vita”.

Muovendosi nel museo si percepisce come lo spazio espositivo stato in qualche modo piegato, per aprire possibilit diverse, per indagare la forma scultorea come matrice di pi vasta portata. “Ha usato il palazzo come una sua scultura – ci ha spiegato Caroline Bourgeois, curatrice della mostra insieme a James Lingwood – ha cambiato il percorso e proprio anche il sentimento del palazzo, partendo da questo pavimento che diventato a sua volta una scultura e rappresenta la citt e la sua laguna, ma se lo si osserva dall’alto ecco che diventa come una cosmogonia”.

E la parola cosmogonia ha senso, perch la mostra sembra ogni volta ricreare dall’inizio la dimensione fisica degli oggetti, che diventano, sia nei disegni sia nelle opere tridimensionali, delle proiezioni della vita, del tempo, delle possibilit. “Si pu ben vedere – ha aggiunto Trouv – una categoria di oggetti che prediligo, che sono le scarpe, le borse, i cuscini, che fanno parte di un universo molto narrativo nel mio lavoro”.

E se al primo piano le installazioni creano quasi un mondo alternativo, al secondo piano i disegni, alcuni dei quali mai esposti prima, sono una potentissima finestra sull’universo di Tatiana Trouv, per molti versi sorprendente nella sua misteriosa chiarezza. “Le sculture diventano disegni i disegni diventano sculture e si ritrovano echi in tutte le stanze”, ha concluso Caroline Bourgeois. E proprio la ricerca di questi echi forse rappresenta bene il senso della presenza dello spettatore nella mostra.

Trump vede Zelensky e alza la voce con Putin. Meloni: giorno storico

Roma, 26 apr. (askanews) – “Una giornata storica per l’Italia e per il mondo intero”, ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni mentre leader e personalità da tutto il mondo cominciavano a lasciare Roma a conclusione delle esequie di Papa Francesco e all’inizio, forse, di una nuova fase dei negoziati per arrivare alla fine della guerra in Ucraina. “Vedere Donald Trump e Volodymyr Zelensky che parlano sulla pace al funerale del ‘Papa della pace’ ha un significato enorme”, ha riassunto sempre la premier italiana. La foto del presidente americano e di quello ucraino seduti a colloquio nella Basilica di San Pietro ha fatto il giro del mondo, “un buon incontro”, ha scritto su Telegram il leader ucraino, “altamente simbolico e che potrebbe diventare storico se si raggiungessero risultati congiunti”.

La Casa Bianca ha parlato di una interlocuzione “molto produttiva”. Ma, soprattutto, ripartendo da Roma Donald Trump ha lasciato intendere di essere ora pronto ad alzare il tiro con la Russia. “Non c’è alcun motivo per cui Putin debba aver lanciato missili contro aree civili, città e paesi, negli ultimi giorni. Mi fa pensare che forse non vuole fermare la guerra, mi sta solo prendendo in giro, e che debba essere trattato diversamente, con “sanzioni secondarie” o “bancarie”. Troppe persone stanno morendo!!!”, ha scritto sul suo social Truth dopo il faccia a faccia con Zelensky. Negli stessi minuti il Cremlino faceva sapere che durante l’incontro con l’inviato speciale del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, Steve Witkoff, ha confermato ieri la disponibilità a negoziare con l’Ucraina senza precondizioni.

Tra il Vaticano e Roma, la giornata dell’estremo saluto a Papa Fracesco è diventata un crocevia di incontri internazionali: veloci bilaterali, un informalissimo incontro in piedi sempre a San Pietro tra Trump, Zelensky, Macron e il primo ministro del Regno Unito Keir Starmer, che l’Eliseo ha segnalato come “incontro positivo”. Macron ha fatto capolino anche quando Trump stava salutando Zelensky ma il confronto è poi continuato solo tra i leader americano e ucraino. Confronti brevi, ma che esprimono il senso dell’urgenza di trovare una soluzione accettabile a tutte le parti per porre fine alla guerra scatenata dall’invasione russa di febbraio 2022, che Trump oggi ha descritto come “il peggio mai visto dopo la Seconda Guerra Mondiale”. Nel suo post, il presidente americano definisce “ridicole” richieste come quella di restituire all’Ucraina la Crimea. E nelle controproposte presentate da Kiev al documento americano in sei punti l’aspetto territoriale non contiene espliciti riferimenti al recupero di tutti i territori occupati né a un’immediata adesione alla NATO.

Secondo il documento in cinque punti, anticipato ieri da alcuni media e rilanciato oggi dal New York Times, Kiev richiede che non vengano imposte limitazioni sulle dimensioni delle sue forze armate, che sia dispiegato un “contingente di sicurezza europeo” sostenuto dagli Stati Uniti, stanziato sul territorio ucraino per garantire la difesa del Paese e che i beni russi congelati vengano utilizzati per riparare i danni causati dalla guerra. Tali punti rischiano di essere inaccettabili per il Cremlino, fa notare il New York Times, ma ci sono aperture significative: insomma, una base per trattare, anche in forma diretta tra Ucraina e Russia.

Zelensky ha avuto un breve colloquio anche con il presidente francese Emmanuel Macron e poi è stato ricevuto da Giorgia Meloni. Nel corso del colloquio, fa sapere Palazzo Chigi, i leader hanno ribadito il sostegno agli sforzi del Presidente Trump per il raggiungimento di una pace giusta e duratura, capace di garantire un futuro di sicurezza, sovranità e libertà all’Ucraina. La premier ha espresso, anche a nome del Governo, le proprie condoglianze per le vittime dei recenti attacchi russi, rinnovando la ferma condanna di tali atti e sottolineando l’urgenza di un cessate il fuoco immediato e incondizionato, nonché della necessità di un impegno concreto da parte di Mosca per l’avvio di un processo di pace. Meloni ha salutato positivamente la piena disponibilità dell’Ucraina per un immediato cessate il fuoco. Ora ci si attende che anche la Russia dimostri concretamente la propria volontà di perseguire la pace.

Meloni ha visto brevemente anche il presidente Trump e la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Alla fine l’incontro Trump-Von der Leyen non c’è stato, come prevedibile, ma c’è stato un accordo tra i due per vedersi prossimamente, ha annunciato la portavoce europea, Paula Pinho. Senza precisare alcuna data.

Ucraina, Meloni incontra Zelensky: sostegno agli sforzi di Trump. Mosca dimostri che vuole la pace

Roma, 26 apr. (askanews) – Nel corso del colloquio di oggi a Palazzo Chigi, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky “hanno ribadito il sostegno agli sforzi del Presidente Trump per il raggiungimento di una pace giusta e duratura, capace di garantire un futuro di sicurezza, sovranità e libertà all’Ucraina”. E’ quanto si legge in una nota di Palazzo Chigi. Nel suo incontro a Palazzo Chigi con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni “ha salutato positivamente la piena disponibilità dell’Ucraina per un immediato cessate il fuoco. Ora ci si attende che anche la Russia dimostri concretamente la propria volontà di perseguire la pace”. Nel corso del colloquio con Volodymyr Zelensky, Meloni inoltre “ha espresso, anche a nome del Governo, le proprie condoglianze per le vittime dei recenti attacchi russi, rinnovando la ferma condanna di tali atti e sottolineando l’urgenza di un cessate il fuoco immediato e incondizionato, nonché della necessità di un impegno concreto da parte di Mosca per l’avvio di un processo di pace”.

Ucraina, Trump: Putin forse mi prende in giro e non vuole la fine della guerra, servono più sanzioni

Roma, 26 apr. (askanews) – “Non c’è alcun motivo per cui Putin debba aver lanciato missili contro aree civili, città e paesi, negli ultimi giorni. Mi fa pensare che forse non vuole fermare la guerra, mi sta solo prendendo in giro, e che debba essere trattato diversamente, con “sanzioni secondarie” o “bancarie”. Troppe persone stanno morendo!!!”. Lo scrive sul suo social Truth il presidente Usa Donald Trump, che stamani ha incontrato a San Pietro il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. “Questa è la guerra di Sleepy Joe Biden, non la mia. È stata una guerra persa fin dal primo giorno, e non sarebbe mai dovuta accadere, e non sarebbe accaduta se fossi stato presidente all’epoca. Sto solo cercando di rimediare al disastro che mi hanno lasciato Obama e Biden, e che disastro” aggiunge Trump.

Intanto è durato circa tre quarti d’ora, l’incontro a Palazzo Chigi tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

Papa, i polacchi in sondaggio apprezzano via scelta da Francesco

Milano, 26 apr. (askanews) – La valutazione del pontificato di Francesco in Polonia è ampiamente positiva. Lo dice un sondaggio pubblicato dall’agenzia di stampa polacca Pap e condotto dall’istituto di ricerca IBRiS, dove il 74,1 per cento degli intervistati ha dichiarato che il Papa ha svolto bene il suo ufficio: di questi, il 22,6 per cento ha risposto “decisamente bene” e il 51,5 per cento “abbastanza bene”.

Insomma una piena adesione da una delle comunità cattoliche più importanti al mondo, nonché patria di Papa Giovanni Paolo II (Karol Jozef Wojtyla) primo Pontefice non italiano dopo quasi 500 anni, la cui canonizzazione avvenne il 27 aprile 2014, celebrata in piazza San Pietro proprio da Papa Francesco.

“Il pontificato di Papa Francesco gode di un notevole riconoscimento nella società polacca e, sebbene ciò sia più visibile tra i polacchi più anziani, anche i giovani lo valutano positivamente. Le sue azioni, come la lotta agli abusi sessuali e l’apertura verso le persone divorziate, sono apprezzate, il che potrebbe significare che la direzione di sviluppo della Chiesa cattolica scelta da Francesco è apprezzata dai polacchi e dovrebbe essere proseguita”, ha detto Kamil Smogorzewski, direttore della comunicazione dell’IBRiS alla PaP che in questi giorni pubblica listata a lutto per la morte del Santo Padre.

Secondo gli intervistati in Polonia la riforma più importante di Papa Francesco è stata la lotta contro gli abusi sessuali nella Chiesa, indicata dal 64,1 per cento. Al secondo posto si colloca l’ammissione dei divorziati alla Santa Comunione (47,2%).

Secondo IBRiS, le riforme successive godono di un sostegno significativamente inferiore: il consenso alla benedizione delle coppie dello stesso sesso (al di fuori del rito) è stato indicato dal 26,1% , l’aumento della presenza delle donne nelle posizioni dirigenziali in Vaticano dal 23,9%, una maggiore partecipazione dei laici ai processi decisionali nella Chiesa cattolica dal 22%, la riforma della Curia romana dal 10%, la condanna della pena di morte dal 12% e il coinvolgimento nelle questioni climatiche dal 10,3% e dal 12%. Gli intervistati non ritengono che nessuna di queste riforme sia la più importante.

Il tentativo di combattere gli abusi sessuali nella Chiesa cattolica ha riscontrato il massimo consenso tra i trentenni (75%), gli abitanti delle città polacche di medie dimensioni (50-250 mila abitanti) (72%) e tra i credenti e i praticanti irregolari (81%). Il 60 percento degli intervistati ha ritenuto che consentire ai divorziati di ricevere la comunione sia una delle riforme più importanti di Francesco.

Ucraina, Trump: Putin forse non vuole fine guerra, servono sanzioni

Roma, 26 apr. (askanews) – “Non c’è alcun motivo per cui Putin debba aver lanciato missili contro aree civili, città e paesi, negli ultimi giorni. Mi fa pensare che forse non vuole fermare la guerra, mi sta solo prendendo in giro, e che debba essere trattato diversamente, con “sanzioni secondarie” o “bancarie”. Troppe persone stanno morendo!!!”. Lo scrive sul suo social Truth il presidente Usa Donald Trump, che stamani ha incontrato a San Pietro il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. “Questa è la guerra di Sleepy Joe Biden, non la mia. È stata una guerra persa fin dal primo giorno, e non sarebbe mai dovuta accadere, e non sarebbe accaduta se fossi stato presidente all’epoca. Sto solo cercando di rimediare al disastro che mi hanno lasciato Obama e Biden, e che disastro” aggiunge Trump.

MotoGP, Marc Marquez vince la sprint di Jerez

Roma, 26 apr. (askanews) – Marc Marquez padrone del motomondiale. Quinta sprint, quinta vittoria per l’otto volte campione del mondo che vince anche a Jerez per la gara veloce del Gp di Spagna, quinto appuntamento del motomondiale. La pole di Quartararo dura un amen. Bastano pochi giri allo spagnolo, infatti, per attaccare il francese che non regge l’assalto e scivola a undici tornate dalla fine. Poi diventa un monologo per il pilota Ducati che all’arrivo precede il fratello Alex Marquez del Team Gresini, Pecco Bagnaia e Morbidellim poi Aldeguer e Di Giannantonio. Domani gara lunga a partire dalle 14

Papa, Meloni: straordinaria prova di efficienza, grazie per impegno

Roma, 26 apr. (askanews) – “Al termine della cerimonia funebre a San Pietro e del corteo che ha accompagnato il feretro di Papa Francesco lungo le strade di Roma fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore, desidero sottolineare il grande impegno profuso e la straordinaria prova di efficienza dimostrata sotto il coordinamento del Dipartimento della Protezione Civile”. Lo afferma la presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

“Esprimo il mio sentito ringraziamento – aggiunge in una nota – a tutte le amministrazioni coinvolte, tra cui il Ministero dell’Interno, la Prefettura e la Questura di Roma, le Forze di Polizia, i Vigili del Fuoco, le Forze Armate, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, le strutture sanitarie e di protezione civile della Regione Lazio e delle altre Regioni, Roma Capitale, le aziende municipali responsabili della gestione dei servizi essenziali, l’ENAC, l’ENAV, il Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, i gestori delle infrastrutture di trasporto, mobilità e telecomunicazioni, nonché le donne e gli uomini del volontariato. A tutti va il grazie del Governo e mio personale per aver garantito con professionalità, dedizione e spirito di servizio il sereno svolgimento di una giornata storica per l’Italia e per il mondo intero”.

Nove giorni di celebrazioni per Papa Francesco e dal 5 maggio si può aprire il Conclave

Roma, 26 apr. (askanews) – Celebrato questa mattina il funerale di Papa Francesco, e tumulata la salma nella tomba a Santa Maria Maggiore, domani – domenica 27 aprile, II domenica di Pasqua o della Divina Misericordia – si tiene la messa di suffragio prevista per il secondo giorno dei Novendiali.

Secondo un’antica consuetudine della Chiesa, per nove giorni consecutivi si svolgono particolari celebrazioni dell’Eucaristia in suffragio del Pontefice defunto, a partire dai funerali. Si tratta di celebrazioni aperte a tutti i fedeli, nelle quali ogni giorno è prevista la partecipazione di un gruppo diverso, “tenuto conto dei suoi legami con il Romano Pontefice”.

La messa di suffragio di domani si svolgerà alle ore 10.30, sul sagrato della Basilica di San Pietro, e sarà presieduta dal card. Pietro Parolin, già Segretario di Stato vaticano. Sono stati invitati a partecipare, in modo particolare, i dipendenti e i fedeli della Città del Vaticano. La messa, però, in questa occasione vedrà anche la presenza di numerosi adolescenti arrivati a Roma per il Giubileo a loro dedicato, già in programma appunto dal 25 al 27 aprile.

Da lunedì 28 aprile, alle ore 9, riprendono i lavori delle Congregazioni generali con i cardinali elettori, che si svolgono ogni giorno in Vaticano nell’aula nuova del Sinodo.

L’ultima messa dei Novendiali è in programma il 4 maggio, poi dal 5 è teoricamente possibile l’inizio del conclave per l’elezione del nuovo Papa, data che sarà decisa nelle Congregazioni verosimilmente durante la prossima settimana.

I poveri accolgono il feretro di Papa Francesco a Santa Maria Maggiore

Città del Vaticano, 26 apr. (askanews) – Il corteo che ha condotto il feretro di Papa Francesco verso la sua ultima destinazione, quella della Basilica di Santa Maria Maggiore dove verrà tumulato, è giunto alla Basilica romana dopo aver percorso i quasi sette chilometri di distanza dalla Città del Vaticano tra una unica ala di folla che lo ha praticamente ininterrottamente accompagnato tra costanti applausi e grida di “viva il Papa”, “bravo” e “grazie Francesco”. Ad accoglierlo davanti all’ingresso principale della basilica i canonici con i ceri e il crocifisso. Tre drappi rossi adornano la facciata. Ad accoglielo alcuni cardinali. Tra i presenti anche un gruppo di poveri, come annunciato nei giorni scorsi.

Il Papa vene sepolto in una nicchia tra la Cappella Sforza e la Cappella Paolina, luogo che ospita l’icona Salus Populi Romani, tanto cara a Bergoglio. Qui il Papa si è sempre recato prima e dopo ogni viaggio internazionale. E lo ha fatto anche dopo il ricovero al Gemelli. Fu l’ultima volta. Oggi il suo viaggio terreno termina qui.

Piazza San Pietro si riempie di fedeli per Francesco

Roma, 26 apr. (askanews) – L’alba sorta su Piazza San Pietro in piena attivit con i preparativi per i funerali di Papa Francesco; poi il flusso dei fedeli che popolano l’enorme piazza per assistere alle esequie, abbracciati dal colonnato del Bernini. Chi non riesce ad accedere potr seguire la cerimonia e poi la traslazione del feretro verso Santa Maria Maggiore attraverso i maxischermi sistemati in alcune grandi piazze cittadine.

25 aprile 2025 | La nostra Costituzione è nata dalla Resistenza

Ottanta anni fa l’Italia è tornata libera e da allora il 25 aprile ha segnato la nostra storia. Se oggi siamo qui è perché la Resistenza riuscì a sconfiggere la dittatura del nazi-fascismo e le successive elezioni premiarono le forze democratiche. Grazie alla liberazione dalla dittatura, oggi è possibile essere qui a parlare, al contrario ciò non sarebbe avvenuto.  

Quello che venne vissuto in Italia e terminò il 25 aprile aveva radici lontane. Fatte di soprusi, violenza, regole calpestate, voci critiche messe a tacere. Era il metodo attraverso il quale il fascismo usava controllare chi dissentisse. 

Giacomo Matteotti, nel suo ultimo discorso alla Camera il 30 maggio 1924, disse chiaramente: “Se la libertà è data, ci possono essere errori, eccessi momentanei, ma il popolo italiano, come ogni altro, ha dimostrato di saperseli correggere da sé medesimo.  Noi deploriamo invece che si voglia dimostrare che solo il nostro popolo nel mondo non sa reggersi da sé e deve essere governato con la forza. Noi difendiamo la libera sovranità del popolo italiano”. 

Matteotti venne rapito e ucciso alcuni giorni dopo. 

Circa un anno dopo, il 30 marzo 1925, parlando dall’esilio nel quale era costretto don Luigi Sturzo affermò che i cattolici popolari non potevano aderire al fascismo “per ragioni etiche” e disse: “a stare alla storia degli Stati moderni, anche i governi assoluti più paternalistici e più legalitari, non ebbero mai uno sbocco verso la libertà senza che agitazioni di popolo o fatti di guerra non avessero spinto gli uomini responsabili a mutare gli antichi regimi… Per noi l’attuale battaglia per la libertà è come un secondo Risorgimento: ha le sue fasi e le sue difficoltà e avrà il suo epilogo; non sappiamo quando né come; ma abbiamo fede che lo avrà: non può mancare, e l’epilogo sarà la riconquista della libertà…”. 

Ci vollero 20 anni con in mezzo la Seconda guerra mondiale, ma l’Italia ottenne la liberazione.

Cito ancora don Sturzo e il suo discorso al Senato il 20 febbraio 1954, quando ricordava che “due sono gli elementi fondamentali che classificano come tale ogni democrazia: la libertà che si oppone al dispotismo e alla dittatura; la socialità che si oppone al particolarismo delle classi, categorie ed interessi. Possiamo affermare senza difficoltà che l’Italia, dopo avere provato la dittatura, non vuole affatto ricadervi sotto nessun titolo (…) La dittatura è negazione di libertà e quindi negazione di democrazia, non potendosi dare democrazia senza libertà”.

La nostra Costituzione, nata dalla Resistenza, è lì a ricordarcelo. Il compianto Presidente Sandro Pertini sottolineava che “La Costituzione è un buon documento, ma spetta ancora a noi fare in modo che certi articoli non rimangano lettera morta, inchiostro sulla carta. In questo senso la Resistenza continua”. 

Non dimentichiamolo.  

Un anno fa è stato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a sottolineare che in questo giorno ci incontriamo “per ricordare e rivendicare le origini della nostra libertà e della nostra democrazia. Per questo, nella storia della nostra Repubblica, il 25 aprile è una ricorrenza sempre attuale e unificante”.  

A maggior ragione lo è 80 anni dopo, con il mondo che purtroppo è ancora funestato dalle guerre e dalla mancanza di libertà di intere popolazioni, di giovani che perdono la vita come quelli uccisi su questo fronte per restituirci la libertà. Ma anche di civili inermi trucidati e di dissidenti eliminati, come accadde ai cittadini e alle cittadine anziati – nella Seconda guerra mondiale – che ricordiamo nelle nostre vie.  

 Il Santo Padre Papa Francesco – al quale mandiamo un deferente pensiero – lo aveva ricordato dopo l’Angelus del primo novembre scorso “la guerra è sempre una sconfitta, sempre! Ed è ignobile, perché è il trionfo della menzogna, della falsità: si cerca il massimo interesse per sé e il massimo danno per l’avversario, calpestando vite umane, ambiente, infrastrutture, tutto; e tutto mascherato di menzogne. E soffrono gli innocenti!” 

Quindi, nella sua ultima uscita pubblica, il giorno di Pasqua, aveva ribadito come: “Nessuna pace è possibile laddove non c’è libertà religiosa o dove non c’è libertà di pensiero e di parola e il rispetto delle opinioni altrui. Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo!”. 

Prima ancora, nell’udienza generale   del 6 ottobre    2021 ricordava che “La libertà è un tesoro che si apprezza realmente solo quando la si perde. Per molti di noi, abituati a vivere nella libertà, spesso appare più come un diritto acquisito che come un dono e un’eredità da custodire”. 

Dobbiamo pertanto impegnarci a custodirla questa eredità, tutti noi, ciascuno nel suo piccolo, nelle istituzioni e non solo. Dobbiamo farlo ogni giorno.

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Exposed, il mondo in cinque mostre all’Accademia Albertina

Torino, 26 apr. (askanews) – Cinque fotografi per raccontare cinque mondi: l’Accademia Albertina di Belle Arti una delle sedi di Exposed Torino Foto Festival pi cariche di progetti.

Si parte con l’installazione di Georges Senga “Dcalquer” che su grandi pannelli sospesi ritrae i figli, oggi diventati adulti, degli operai giapponesi che tra il 1968 e il 1982 erano andati nella regione del Katanga per lavorare nelle miniere del Congo. Fuggiti durante la dittatura di Mobutu avevano abbandonato tutto, compresi i loro figli. Che il fotografo ritrae in studio con tutti i canoni dell’estetica africana.

Dall’Africa all’America, con le piccole, ma potenti, immagini di Gregory Halpern che nel suo “Omaha Sketchbook” racconta la psicologia della provincia degli Stati Uniti con scatti che sono una via di mezzo tra la documentazione e il sogno, e che lasciano allo spettatore il ruolo di dare un’interpretazione, forse perfino di ricostruire le storie.

Lisa Barnard, con la mostra “Running Fast – Senses Off”, esplora invece la relazione sempre pi inestricabile e problematica con la tecnologia che pervade ogni aspetto della nostra vita: guerra dei droni, veicoli autonomi, mondo sensoriale dei pipistrelli, schermi onnipresenti, cambiamento climatico. Temi complessi che la fotografa traduce in immagini affascinanti.

La quarta mostra si intitola “Disintegrata” e la fotografa Silvia Rosi ragiona sulle immagini in relazione ai concetti di memoria e diaspora, per raccontare una storia di mobilit familiare. Con uno stile forte, Rosi ci parla di sradicamento e rappresentazione, ma anche di un passato che non mai stato vissuto.

L’ultimo progetto in Accademia Albertina di Valeria Cherchi: “RE:Birth”, e qui il tema la violenza ostetrica e ginecologica, che riguarda anche la vita personale dell’artista la cui sorella omonima morta a sei mesi proprio per un caso non denunciato. Ci sono testimonianze di donne, ma anche il racconto subacqueo della perdita dal punto di vista dei padri. Ci sono denunce di un potere opprimente, ma anche spazi di solidariet e supporto.

Papa, maxischermi a San Pietro. La piazza continua a riempirsi

Città del Vaticano, 26 apr. (askanews) – Piazza San Pietro continua a riempirsi grazie a un flusso continuo di fedeli che stanno giungendo nell’area per le solenni esequie di Papa Francesco, presieduti dal cardinale Giovanni Battista Re. Cinque i maxischermi allestiti: due sotto al sagrato, altri due ai lati del colonnato, e uno prima di via della Conciliazione.

Tra i leader mondiali, il presidente ucraino Volodymyr  Zelensky e la meglie Olena Zelenska sono arrivati a Roma, erano in “forse”. Mentre è “possibile” un incontro bilaterale tra Zelensky e Trump a margine del funerale di Papa
Francesco.

Massima allerta sicurezza in Vaticano per i funerali di Papa Francesco: cecchini piazzati sui palazzi intorno a piazza San Pietro, ingenti le forze dell’ordine in campo. Sui cieli volano droni ed elicotteri. Tutta l’area intorno al Vaticano è stata chiusa al traffico.

Il cardinale Camillo Ruini, ex presidente della Conferenza episcopale italiana, è tra i primi porporati arrivati sul sagrato di piazza San Pietro.

La segretaria del Pd, Elly Schlein, è giunta a San Pietro per partecipare ai funerali.

L’ex presidente degli Stati Uniti Joe Biden è giunto nella basilica di San Pietro.

Papa, Zelensky e la moglie Olena arrivati a Roma per i funerali

Roma, 26 apr. (askanews) – Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e la First Lady Olena Zelenska sono arrivati a Roma per partecipare ai funerali di Papa Francesco in Vaticano, riferisce RBK-Ucraina citando il portavoce di Zelensky.

E’ “possibile” un incontro bilaterale tra il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il presidente americano Donald Trump a Roma, a margine del funerale di Papa Francesco, ha detto una fonte qualificata all’agenzia AFP.

Secondo quanto riportato, le delegazioni dei due leader sarebbero in contatto per valutare l’opportunità e le modalità di un faccia a faccia, anche se al momento non vi sono conferme ufficiali né da parte della Casa Bianca né dall’ufficio del presidente ucraino.

Trump ai funerali del Papa: "vedrò Meloni", ma avere incontri oggi "irrispettoso"

Roma, 26 apr. (askanews) – Donald Trump è con la moglie Melania a Roma per partecipare ai funerali di Papa Francesco e nella brevissima visita – riparte oggi dopo le esequie – intende vedere la presidente del Consiglio Giorgia Meloni “e alcuni altri”. Organizzare incontri a margine della cerimonia funebre “francamente è un po’ mancare di rispetto”, ha fatto notare alla stampa imbarcata sull’Air Force. Insomma, “colloqui brevi”, con la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen candidata a una interlocuzione quantomeno di contatto, che già sarebbe un grosso segnale, e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky che ieri ha messo in forse la sua presenza ai funerali, citando l’urgenza di “incontri militari”.

Il presidente americano ha fatto a modo suo il punto sulla situazione negoziale riguardo il conflitto in Ucraina, postando su Truth appena arrivato a Roma un messaggio in cui parla di “una buona giornata di colloqui e incontri con Russia e Ucraina”, a suo avviso vicine a un accordo, con “gran parte dei punti principali concordata”. Ieri il suo inviato speciale Steve Witkoff ha incontrato per la quarta volta il presidente russo Vladimir Putin, mentre Trump ha riservato al leader ucraino un monito a non rinviare ulteriormente la firma di un accordo sullo sfruttamento di risorse minerarie e terre rare. Mosca ha ribadito la teorica disponibilità ad avviare contatti diretti con l’Ucraina, che ha fatto pervenire agli Usa delle controproposte rispetto al piano americano per porre fine alla guerra.

Escludendo vertici veri e propri oggi, cosa che ieri ha esplicitato da parte sua il presidente francese Emmanuel Macron, restano le strette di mano e gli scambi di battute sul sagrato di San Pietro. E un paio di ore stamattina, prima della partenza da Villa Taverna per il Vaticano. Il presidente americano di prassi inizia presto le sue attività, social compresi, e non si può qualche colloquio prima dei funerali, “veloce”, come suggerito dallo stesso Trump.

La libertà non è scontata: il monito del 25 Aprile

[…] Non solo tutti i partiti, ma tutte le componenti della società concorsero dunque all’agognato obiettivo della libertà. Penso ai sacerdoti che protessero, difesero e sostennero le formazioni partigiane, oltre che difendere la propria gente: a Imponzo, don Giuseppe Treppo venne brutalmente ucciso perché si opponeva alle violenze che venivano commesse dai cosacchi e per salvare alcune donne dai tentativi di stupro.

Penso alle tante donne che si spesero a costo di rischi enormi e sacrifici innominabili come combattenti nelle formazioni militari; come staffette; per soccorrere, confortare, aiutare le migliaia di deportati che transitavano da Udine verso i campi di internamento in Germania; come mogli e madri di case rimaste senza figli e mariti, per cercare di mandare avanti, nelle difficoltà della guerra, le loro famiglie.

Tutti noi abbiamo la fortuna di aver conosciuto e di poter ancora abbracciare Paola Del Din “Renata”, medaglia d’oro al valore militare, alla quale va il nostro saluto e il nostro eterno grazie.

Ma lasciatemi qui, oggi, ricordare anche alcune altre grandi protagoniste della nostra Resistenza. La medaglia d’oro Cecilia Deganutti “Giovanna d’Arco”, della Brigata Osoppo-Friuli, torturata dalle SS, deportata e uccisa nella Risiera di San Sabba a Trieste. Qui venne bruciata viva dai fascisti anche un’altra medaglia d’oro al valor militare, Virginia Tonelli “Luisa”. Infine – ma la lista delle nostre partigiane sarebbe lunga – Jole De Cillia “Paola”, medaglia d’argento al valor militare, che al termine di uno scontro a fuoco preferì suicidarsi con il suo compagno, piuttosto che cadere nelle mani di chi l’avrebbe fatta parlare torturandola, gli uomini del Battaglione Valanga della Decima Mas. Quella Decima Mas di cui adesso – in modo vergognoso – si loda il patriottismo! Furono Jole De Cillia e tutti quanto coloro che combatterono la Decima Mas i veri patrioti, non gli scherani di Hitler e di Mussolini!

In questi tempi tornano in auge in Italia e nel mondo i gesti, i simboli, le idee e i principi del fascismo e del nazismo. Vediamo i nuovi fascisti sedersi nei parlamenti democratici e in quello europeo, ed esprimere senza timore le stesse parole d’ordine xenofobe, violente, razziste di cento anni fa.

L’Unione Europea, nata per scongiurare il ritorno delle dittature e delle guerre, si trova per la prima volta di fronte ad un attacco a tenaglia che punta a destabilizzarla e a indebolirla. Ad est si deve difendere dall’espansione russa, e a ovest deve reagire alla guerra dei dazi, figlia di una narrazione rancorosa che incolpa l’Europa di aver derubato l’America.

A ciò si aggiunga il sostegno – sia della Russia che degli Stati Uniti d’America – a tutte le forze politiche nazionaliste dei singoli Paesi Europei. Si pensi al legame tra Putin e Orbán, e al fatto che la prima visita del vicepresidente USA Vance in Germania è stata organizzata per incontrare non già il capo del Governo o il Presidente della Repubblica, ma la leader del partito neonazista Alice E. Weidel.

In un contesto nel quale forze politiche euroscettiche e nazionaliste guadagnano terreno, in cui i valori di pace, solidarietà e cooperazione tra popoli sembrano dimenticati, il 25 aprile rammenta agli italiani che la libertà non è scontata e va difesa ogni giorno, ricordando per prima cosa l’abisso profondo in cui si cade quando si abbandona la democrazia.

L’Unione Europea deve rafforzare la propria autonomia e mettersi nelle condizioni di non essere aggredita. Per questo è auspicabile la costruzione di una Europa Federale, come premessa del nuovo che serve per difendere le conquiste del 25 aprile e per tenere accesa la fiaccola delle democrazie nella competizione con le autocrazie. La pace, la libertà, la democrazia, la giustizia, la solidarietà, l’eguaglianza, senza distinzioni e discriminazioni di genere, colore della pelle, religione e quant’altro, sono conquiste che sono costate la vita a molte migliaia di friulani e di italiani.

Sappia, chi immagina di cancellare queste conquiste sull’onda di un neo-nazionalismo e di un neo-razzismo, che le italiane e gli italiani di oggi e di domani, non lo accetteranno mai. Anche a costo di essere deportati nuovamente nei campi di concentramento piuttosto che arruolarsi nelle truppe naziste – come fece mio padre – o di tornare a resistere e a combattere sulle montagne, come fecero i partigiani, pronti a morire per la libertà.

Per questo – in questo 80° anniversario della Liberazione dell’Italia – siamo qui insieme a tenere alta la bandiera della libertà.

Viva il 25 Aprile, Viva Udine, Viva il Friuli, Viva l’Italia, Viva l’Europa.

Udine, 25 Aprile 2025

Il Papa degli ultimi e il giudizio del mondo

Il “Processo a Gesù” è una straordinaria opera teatrale di Diego Fabbri, scrittore e drammaturgo cattolico. Fabbri si ispirò a un confronto simbolico promosso nel 1933 da alcuni giuristi anglosassoni sulla figura di Gesù, trasformandolo in una riflessione profonda sui limiti e le contraddizioni della società contemporanea.

L’opera metteva a nudo la crisi di valori della modernità: la perdita di riferimenti autorevoli, la sfiducia nei confronti della condivisione, dell’amore per il prossimo e dell’inclusione. Una società che, smarrita, finiva per rifugiarsi nell’individualismo.

Sottoporre idealmente a processo la figura di Gesù — anche se il vero bersaglio erano gli uomini del tempo — rivela il coraggio intellettuale e la profondità culturale dell’autore.

Un processo mediatico al pontificato di Francesco

Richiamare l’opera di Fabbri non è una forzatura gratuita. In questi giorni, infatti, ho avuto la netta sensazione di assistere a un “processo” — mediatico, ma non per questo meno significativo — al pontificato di Papa Francesco.

Mi riferisco in particolare ad alcune trasmissioni televisive, come le puntate dedicate da Porta a Porta, in cui il dibattito, orchestrato da Bruno Vespa, ha assunto una precisa impostazione “processuale”. Da un lato gli accusatori, dall’altro i difensori dell’opera pastorale e sociale del Papa.

Tralascio i commenti scontati di chi, da sempre, si è posto in modo pregiudizialmente critico verso Francesco — compresi alcuni articoli de Il Riformista — e mi concentro su quanto emerso dal programma di Rai 1.

Non mi hanno sorpreso le posizioni di Gianfranco Svidercoschi, storico vaticanista de Il Tempo, da sempre vicino a una visione tradizionalista e conservatrice del cattolicesimo.

Mi ha invece colpito l’atteggiamento di Massimo Franco, autorevole editorialista del Corriere della Sera, le cui critiche — puntuali e trasversali — hanno riguardato la politica vaticana, la dottrina e la gestione del governo ecclesiale, con pochissimi momenti di riconoscimento positivo.

Legittimità del confronto, ma attenzione al pregiudizio

È certamente legittimo esprimere un giudizio critico, anche severo, su una figura pubblica come il Papa. Ma è altrettanto legittimo, da parte di un osservatore libero, rilevare un’impostazione preconcetta, talvolta ostile a prescindere.

Io stesso non conoscevo a fondo Jorge Mario Bergoglio prima della sua elezione a Vescovo di Roma. Solo alcuni amici, testimoni diretti del suo servizio episcopale a Buenos Aires, me ne avevano parlato in termini positivi.

Eppure, quel “Fratelli e sorelle, buonasera” e la scelta della croce vescovile — anziché quella d’oro papale — furono per me un segno eloquente: un Papa vicino, sobrio, pastore più che monarca.

Un pontificato segnato da scelte coraggiose

Francesco ha portato con sé la sua storia: gesuita, sudamericano figlio di migranti, vescovo delle periferie durante la dittatura di Videla. Ha interpretato il suo ruolo di Pontefice con fedeltà a quel vissuto: con attenzione agli ultimi, con una predicazione instancabile per la pace e la giustizia, con uno stile semplice e diretto.

Come ogni Papa, ha incarnato la propria cultura e la propria spiritualità: così come fecero Giovanni Paolo II e Benedetto XVI prima di lui. E come non furono accettabili le critiche ideologiche rivolte a loro da certa sinistra laica, oggi risultano altrettanto ingiuste le accuse feroci mosse da ambienti conservatori e populisti contro Francesco.

Il Papa che ha toccato le ferite del mondo

Papa Francesco ha sfidato i poteri che alimentano la “Terza guerra mondiale a pezzi”, ha denunciato le ingiustizie sociali, ha combattuto il clericalismo, ha accolto tutti, senza giudicare. Ha difeso la vita nella sua integralità: dall’aborto all’eutanasia, ma anche nel lavoro, nei diritti dei migranti, nella dignità degli ultimi.

Indimenticabili resteranno le immagini della sua preghiera solitaria in Piazza San Pietro durante la pandemia, del pianto davanti alla statua dell’Immacolata mentre infuriava la guerra in Ucraina, e dell’ultima Pasqua, vissuta con fatica, ma anche con fede incrollabile.

La risposta del popolo di Dio

Nella riduzione teatrale del Processo a Gesù, il Cristo veniva assolto. Oggi, la folla che sta attraversando Roma per rendere omaggio al Papa degli ultimi rappresenta una risposta silenziosa ma eloquente al “processo” mediatico in corso.

È la voce del popolo di Dio — e non solo — che, al di là delle ideologie e delle contrapposizioni, riconosce in Francesco il volto di un pastore vero.

Franciscus, il Pontefice dello “ius pacis”

Quando nei media si dice che Papa Francesco è stato il Papa della pace si dice una mezza verità. Infatti, nel mentre sono di pubblico dominio sia i suoi ripetuti inviti ai “potenti” di pervenire alla pace, sia la sua singolare e importantissima “rivelazione” che siamo già nella “terza guerra mondiale a pezzi” e sia la sua “definizione” della guerra “che è una pazzia”, i media non hanno ampiamente diffuso una sua “indicazione” rivoluzionaria su come favorire il cammino della pace.

L’indicazione “rivoluzionaria” è stata formulata in lingua latina e consiste in una locuzione di due sole parole di facile comprensione: “IUS PACIS”, cioè “diritto alla pace”, un diritto che nella storia umana ancora non esiste né negli ordinamenti giuridici e né nella coscienza collettiva dei popoli del Pianeta. La portata rivoluzionaria di questa “indicazione” è di solare evidenza. Ecco cosa ha detto testualmente Franciscus nell’incontro di preghiera per la pace con i leader Cristiani e delle religioni mondiali, Colosseo Martedì 25 Ottobre 2022: “… Non siamo «neutrali, ma schierati per la pace. Perciò invochiamo lo “ius pacis” come diritto di tutti a comporre i conflitti senza violenza»”

Un mese prima, cioè nell’Angelus del 22 settembre 2022, aveva affermato: “Per favore, facciamo respirare alle giovani generazioni l’aria sana della pace, non quella inquinata della guerra, che è una pazzia!”

L’indicazione del Papa, che ha preso il nome del Santo di Assisi (Assisi è la capitale mondiale della pace), ha un vero significato rivoluzionario perché non si rivolge ai “grandi” (ovvero i “potenti”) della Terra per implorare la pace, ma, sostanzialmente, si rivolge ai popoli considerati i soggetti attivi per la promozione della pace, per la buona convivenza fra tutti i popoli e per la dignità umana.

Per quanto io ne sappia, mai nessun altro leader di livello mondiale, prima di Franciscus, ha “sollevato” la questione dello “IUS PACIS”.  Ecco perché due anni fa ho osato, nel maggio 2023, di scrivere e pubblicare, in prosa e in poesia, un mio piccolo libro intitolato “Ius Pacis, Per un’epoca universale di cambiamento”. Non è mai “carino” citare sé medesimo, ma mi corre l’obbligo di porre in luce che le mie riflessioni presenti nel libro sono state generate dalle considerazioni di un Papa veramente straordinario.  Tanto straordinario da considerare e citare, in uno dei suoi discorsi urbi et orbi nella piazza dove le pietre parlano, l’articolo 11 della Costituzione italiana, che statuisce come “l’Italia ripudia la guerra”.

Francesco ha citato l’art. 11 nei giorni immediatamente successivi all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Precisamente durante l’Angelus di domenica 27 febbraio 2022 a proposito delle guerre (al plurale) in Ucraina, Yemen, etc.

Poiché la Costituzione italiana è scarsamente studiata e, inoltre, pochi decisori politici italiani parlano espressamente dell’art. 11 quando dissertano di pace e di guerra, ne riporto qui di seguito l’intero testo sottolineando che fa parte dei 12 principi fondamentali della nostra Repubblica:

L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Sono consapevole che l’art. 11 ha più valore morale che giuridico. Ma vorrei sottolineare che la parola “Italia”, nella nostra Costituzione, è menzionata due volte. La prima volta, all’art. 1, per iniziare il testo costituzionale: “L’Italia è una Repubblica democratica …”; la seconda volta, all’art. 11, per affermare che “L’Italia ripudia la guerra…”.

Sull’argomento del “diritto alla pace”, mi corre l’obbligo di aggiungere che quando ho pubblicato il libro intitolato Ius pacis  (nel maggio 2023) non conoscevo quanto spiegato dal Presidente della Repubblica Mattarella il 3 luglio 2024 a Trieste, nel corso del discorso di apertura della 50ª edizione della settimana Sociale dei Cattolici, a proposito del fatto che il prof. Pergolesi, fin dal 1945, avesse parlato di “diritto alla pace, interna ed esterna, con la proposta di inserimento di questo principio nelle Costituzioni, dando così vita ad una concezione nuova dei rapporti tra gli Stati.”

In verità, il contributo dei cattolici nell’elaborazione dei principi costituzionali è stato fondamentale. E il Codice di Camaldoli, elaborato mentre era in corso la Seconda guerra mondiale, fu un punto di riferimento culturale di valore universale. D’altronde, nel solco tracciato dalla cultura cattolica, la Pacem in Terris di Giovanni XXIII è una pietra miliare nel cammino della civiltà senza la guerra. L’Enciclica fu pubblicata dopo la felice conclusione della crisi di Cuba, quando l’umanità rischiò di perire con uno scontro nucleare tra USA e URSS.

In effetti, l’umanità è, da subito dopo la Seconda guerra mondiale, a rischio di olocausto nucleare poiché ci sono nazioni dotate di ordigni in quantità sufficiente a distruggere l’intero Pianeta.

Pochi mesi fa le idee dei cattolici (e del Papa Francesco) sono ben interpretate, per fare un solo esempio, dal Presidente della CEI Cardinale Zuppi che, in un editoriale sull’Avvenire del 15 agosto 2024, tra l’altro ci dice che “siamo dentro la pandemia della guerra”, che è necessaria la fraternità fra i popoli per fermare la guerra e che “la guerra deve consumare la sua sconfitta ed essere svergognata della sua presunzione di riportare il mondo, raddrizzare il torto, assicurare il giusto.” 

Dopo la morte di Papa Francesco, avvenuta lunedì 21 aprile 2025, nel giorno della festa dell’Angelo conclusivo delle feste di Pasqua e nel giorno in cui si festeggia l’anniversario della nascita di Roma avvenuta, secondo la mitologia, nel 753 a.c., abbiamo appreso che le ultime righe del suo Testamento fanno affidamento e pongono al centro le iniziative “per la pace nel mondo e la fratellanza fra i popoli.”

Quando ho avuto (e continuo ad avere) occasioni di dialogare sull’argomento dello ius pacis ho avuto il conforto di significative considerazioni e apprezzamenti sulla natura e sul contenuto di questo diritto che dovrebbe farci superare la fase storica della barbarie delle guerre. Ma non mancano scetticismi che parlano di utopia. Al riguardo dell’utopia, mi prendo la libertà di citare quanto scriveva un filosofo vissuto secoli fa: 

“Senz’armi cominciò la Chiesa di Cristo: e, perdendo, sempre vinse: e tolse l’armi a’ nemici, essa disarmata: ed ella toglierà l’armi a tutti prencipi del mondo e resterà sola con l’uno e l‘altro gladio, senza dubio.”

Gli argomenti del filosofo, considerato “precursore del pensiero moderno”, assumono particolare significato e rilievo per un mondo di pace e senza guerre fra “prencipi”. Osservo che in genere i popoli non vogliono le guerre. Le guerre le vogliono “i prencipi”.

Perché oggi la politica è senza una sua anima

Per essere buoni politici bisogna essere innanzi tutto buoni cristiani? L’interrogativo non è affatto peregrino, soprattutto in un tempo come il nostro, in cui la politica sembra aver perso consistenza di fronte al predominio del potere economico e alla conseguente forza di sopraffazione esercitata dai più forti sui più deboli.

Ce ne accorgiamo ogni giorno di più, anche in questi primi giorni segnati da un senso di “orfananza” spirituale, dopo la scomparsa di Papa Francesco.

Certo, la politica non è — e non può essere — una diretta espressione della religione. Ma chi crede, chi sceglie di impegnarsi nelle cose temporali con serietà, dovrebbe poter attingere ai principi più profondi della fede: il bene comune, la giustizia sociale, il riscatto degli ultimi. Sono questi, forse, i motivi più alti per cui un cristiano può e deve fare politica.

Una crisi di partecipazione e di senso

Ma questi paradigmi sono ancora validi nella realtà politica di oggi?

La sensazione — e forse qualcosa di più di una semplice sensazione — è che tanto la classe politica quanto i cittadini si siano assuefatti a due pericolose “droghe” sociali. Da un lato, chi governa sembra voler restare al potere solo per conservarlo, trascurando la voce e le esigenze di un popolo che, sempre più numeroso, sceglie l’astensione: oltre il 50% diserta ormai le urne. Dall’altro, i cittadini, disillusi da una politica che ha reso destra e sinistra intercambiabili, vivono il voto come un diritto svuotato, incapace di generare reale cambiamento. La politica, ai loro occhi, è diventata una rendita per pochi: un’oligarchia.

Oltre la democrazia: il vuoto delle leadership

Questa fotografia — che riguarda l’Italia, ma non solo — ci aiuta a inquadrare i problemi strutturali che attraversano oggi i sistemi democratici. Problemi che ci spingono a parlare non solo di una democrazia “post”, ma di una democrazia iperpopulista, fragile e continuamente esposta alla pressione degli interessi economici dominanti.

Non servono nomi né esempi dettagliati per descrivere questa condizione. È sufficiente osservare l’attuale governo di destra, con ministri e sottosegretari più attenti alla propaganda che al governo del Paese secondo criteri di equità e responsabilità morale. Ma non va meglio sull’altra sponda. Dall’improvvisazione culturale di certi laboratori politici, alla confusione tra diritti civili e sociali, fino alla cronica assenza di un progetto alternativo di governo: tutto ciò racconta il fallimento, se non addirittura l’evanescenza, di una classe dirigente d’opposizione che vive alla giornata, aggrappata a un residuo di potere in vista della prossima tornata elettorale.

Il coraggio di essere diversi

Nel frattempo, il dibattito — ciclico e mai risolto — sulla necessità di una forza politica di centro ispirata cristianamente è diventato una chimera. Il panorama politico appare sempre più povero di valori, di riferimenti, di ideali capaci di tradursi in azione concreta. Ma ciò che manca, soprattutto, è il coraggio di essere diversi: diversi in senso etico, in un tempo in cui la morale è ormai considerata un optional.

Wall Street chiude al rialzo, Dow Jones +0,05%, Nasdaq +1,26%

Roma, 25 apr. (askanews) – Chiusura positiva a Wall Street, al termine di una seduta altalenante che sigla una settimana di forti guadagni per l’azionario Usa, dopo i precedenti forti cali legati alle tensioni sul commercio internazionale e sui dazi. Partendo per Roma, il presidente Usa Donald Trump ha affermato di essere vicino ad accordi con diversi Paesi, tra cui il Giappone. A fine contrattazioni il Dow Jones torna marginalmente positivo con un più 0,05 percento, mentre l’SP 500 chiude al più 0,74 percento e il Nasdaq con un più 1,26 percento. Poco mosso il dollaro con l’euro che cala 1,1377 sul biglietto verde. (fonte immagine: The White House).

Dazi, Giorgetti: con Usa aperture, forse va cercato un "Big Deal"

Roma, 25 apr. (askanews) – Sui dazi commerciali “c’è apertura” alle discussioni sia da parte degli Stati Uniti, sia da parte dell’Italia e dell’Unione europea “ma forse è il caso, come qualcuno invoca, che si faccia un ‘big deal'”, cioè che in qualche modo si faccia un accordo in cui si considerino tutti gli aspetti in discussione, non semplicemente quello dei dazi”. Così il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, incontrando le telecamere a margine delle assemblee primaverili a Washington di Fmi e Banca mondiale.

Riunioni a margine delle quali i ministri hanno potuto confontarsi con una molteplicità di bilaterali durante le quali, ovviamente, il tema dominante è stato quello dei dazi commerciali imposti dall’amministrazione Trump, con successive rappresaglie da parte di diversi paesi.

Alle riunioni era presente per gli Usa il segretario di Stato al Tesoro, Scott Bassett, con cui Giorgetti ha avuto una bilaterale ieri. Su queste dispute “c’è apertura da parte loro (gli Usa), come c’è apertura da parte nostra nel discutere di quelli che sono i temi, che non sono semplicemente quelli dei dazi – ha detto il ministro – ma anche della tassazione digitale e delle spese per la difesa”.

Gli Usa pressano l’Ue anche per svincolarsi dalla Cina. “Il tema è complesso, nel senso che non ci sono soltanto gli aspetti di natura economica, i riflessi sono inevitabilmente di natura geopolitica – ha detto Giorgetti – e quindi, partendo da decisioni economiche, ne derivano inevitabilmente anche decisioni politiche”.

Ieri Giorgetti ha avuto incontri anche con il ministro delle finanze del Canada, con i vertici di Bank of America, con il presidente della Banca mondiale. Oggi, secondo quanto riporta il Mef su X con la presidente della Banca europea della ricostruzione e dello sviluppo, con il ministro delle finanze dell’Argentina, la presidente della Confederazione Svizzera e il ministro delle Finanze saudita.

Meloni celebra il 25 aprile: la democrazia negata dal fascismo. Attesa per Trump

Roma, 25 apr. (askanews) – Prima l’omaggio all’Altare della Patria per il 25 aprile, poi gli incontri a Palazzo Chigi con Viktor Orban e Keir Starmer. In attesa di Donald Trump. La premier Giorgia Meloni sarà domani a San Pietro al funerale di papa Francesco, nella delegazione italiana che vedrà tra gli altri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, accompagnato dalla figlia Laura, i presidenti di Senato e Camera, Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana, i vice premier Antonio Tajani e Matteo Salvini.

A Roma stanno arrivando 164 delegazioni, con 12 sovrani regnanti, 52 capi di Stato, 14 capi di governo. Ma a catturare l’attenzione sarà sicuramente Trump, partito oggi con l’Air Force One dalla base americana di Andrews. Arriverà nella capitale intorno alle 23 e soggiornerà con la moglie Melania (che compie gli anni) a Villa Taverna, residenza dell’ambasciatore degli Stati Uniti. Prima di partire il tycoon ha detto che vedrà Meloni – ma senza specificare se sarà un semplice saluto o un vero e proprio incontro – e che a margine del funerale “incontreremo molti leader stranieri”, forse anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che però potrebbe non partecipare. Tra i due i rapporti sono sempre più tesi, dopo le dichiarazioni di Trump sulla pace in Ucraina. “La Crimea resterà alla Russia”, ha dichiarato il presidente Usa, a cui Zelensky ha risposto che la Crimea “appartiene” all’Ucraina.

I funerali di papa Francesco potrebbero rappresentare anche l’occasione per un primo contatto tra Trump e i vertici dell’Unione europea – a Roma ci saranno sia Ursula von der Leyen che Antonio Costa – sulla questione dei dazi. Su questo, dopo la visita a Washington, Meloni sta operando da ‘facilitatrice’. Non ci saranno, naturalmente, i tempi e le condizioni per un vero e proprio confronto sulla questione, ma già sarebbe ritenuto un passo avanti un primo contatto, finora mai avvenuto dal momento dell’insediamento. Al momento è escluso invece un nuovo faccia a faccia Meloni-Trump prima delle esequie.

La giornata di Meloni è iniziata all’Altare della Patria, insieme a Mattarella, per la celebrazione del 25 aprile. “Oggi l’Italia celebra l’ottantesimo Anniversario della Liberazione. In questa giornata, la Nazione onora la sua ritrovata libertà e riafferma la centralità di quei valori democratici che il regime fascista aveva negato e che da settantasette anni sono incisi nella Costituzione repubblicana”, ha affermato la premier in una dichiarazione. E proprio quel richiamo esplicito al fascismo è stato apprezzato, tra gli altri, dal leader di Azione Carlo Calenda. “La democrazia – prosegue Meloni – trova forza e vigore se si fonda sul rispetto dell’altro, sul confronto e sulla libertà e non sulla sopraffazione, l’odio e la delegittimazione dell’avversario politico. Oggi rinnoviamo il nostro impegno affinché questa ricorrenza possa diventare sempre di più un momento di concordia nazionale, nel nome della libertà e della democrazia, contro ogni forma di totalitarismo, autoritarismo e violenza politica”.

Nel pomeriggio, a Palazzo Chigi, sono arrivati poi per ‘visite di cortesia’ il primo ministro ungherese Viktor Orban (rimasto un’ora) e il premier britannico Keir Starmer, che si è trattenuto per circa mezz’ora. Con Orban, ha spiegato il portavoce del premier ungherese Zoltan Kovacs hanno parlato “della cooperazione italo-ungherese, delle principali questioni dell’Ue e degli sforzi congiunti per promuovere la pace”.

25 aprile, Mattarella: è sempre tempo di Resistenza. L’omaggio a Papa Francesco

Genova, 25 apr. (askanews) – L’omaggio a Papa Francesco e al suo richiamo alla Resistenza che significa pace per tutti non solo per alcuni e lotta quotidiana per assicurare a tutti le stesse condizioni di benessere e giustizia. Sergio Mattarella celebra a Genova l’80esimo anniversario della Liberazione e alla vigilia dei funerali del Pontefice non manca di ricordarne la lezione “più grande”, quella per la pace e per la solidarietà: “Non ci può essere pace soltanto per alcuni. Benessere per pochi, lasciando miseria, fame, sottosviluppo, guerre, agli altri. E’ la grande lezione che ci ha consegnato Papa Francesco”.

E’ nell’enciclica ‘Fratelli tutti’ che il Papa ha “esortato a superare ‘conflitti anacronistici’ ricordandoci che ‘ogni generazione deve far proprie le lotte e le conquiste delle generazioni precedenti e condurle a mete ancora più alte… Non è possibile accontentarsi di quello che si è già ottenuto nel passato e fermarsi, e goderlo come se tale situazione ci facesse ignorare che molti nostri fratelli soffrono ancora situazioni di ingiustizia che ci interpellano tutti’. Ecco perché – secondo il Presidente – è sempre tempo di Resistenza, ecco perché sono sempre attuali i valori che l’hanno ispirata”.

Arrivato a Genova il capo dello Stato, al cimitero monumentale di Staglieno, ha reso omaggio ai partigiani che qui riuscirono a sconfiggere l’esercito tedesco senza l’aiuto degli alleati ma con il solo appoggio dei genovesi. Poi Mattarella al Teatro Ivo Chiesa, accolto da una standing ovation, ha assistito a un estratto dello spettacolo teatrale “D’Oro. Il sesto senso partigiano”, nell’ambito delle celebrazioni del 25 aprile. Questa regione, la Liguria, è ricca di luoghi e di testimonianze della Resistenza che sono valse la medaglia d’oro al valor civile a tanti comuni, da La Spezia, ad Albenga a Savona, Rossiglione, San Colombano Certenoli in val Cichero, Zignago. Qui in Liguria ci furono anche i primi modelli di governo partigiano, le esperienze di “zone libere”. In Liguria la rivolta prese il via dalle fabbriche, vere e proprie “scuole di democrazia, con la crescita di coscienza sindacale, e la costituzione delle squadre di difesa operaia”.

La terra di Sandro Pertini, Paolo Emilio Taviani, del cardinale Pietro Boetto, dichiarato “giusto fra le nazioni” per il soccorso prestato agli ebrei, e di Luciano Bolis, esponente del Partito d’Azione, orrendamente torturato dalle Brigate nere nel febbraio 1945 e che non a caso “riposa ora a Ventotene, accanto ad Altiero Spinelli”. Sono tutte le citazioni che il capo dello Stato ha scelto per tracciare un legame immaginario tra quello che da qui partì durante la guerra di Liberazione e che culminò qualche anno dopo con il progetto dell’Europa unita. Perchè, ha ricordato Mattarella, è “dalle diverse Resistenze che nacque l’idea dell’Europa dei popoli, oggi incarnata dalla sovranità popolare espressa dal Parlamento di Strasburgo. Furono esponenti antifascisti coloro che elaborarono l’idea d’Europa unita, contro la tragedia dei nazionalismi che avevano scatenato le guerre civili europee”.

Una lezione da non dimenticare mentre una nuova guerra ha colpito al cuore il continente con l’aggressione russa all’Ucraina: “Difendere la libertà dei popoli europei è compito condiviso – ha scandito il capo dello Stato -. Ora, l’eguaglianza, la affermazione dello Stato di diritto, la cooperazione, la stessa libertà e la stessa democrazia, sono divenuti beni comuni dei popoli europei da tutelare da parte di tutti i contraenti del patto dell’Unione Europea”.

Dal presidente partigiano Sandro Pertini il monito a “ricordare che la partecipazione politica è questione che contraddistingue la nostra democrazia. E’ l’esercizio democratico che sostanzia la nostra libertà”, ha ricordato Mattarella rilanciando nuovamente l’appello a non arrenderci “all’assenteismo dei cittadini dalla cosa pubblica, all’astensionismo degli elettori, a una democrazia a bassa intensità”. Lo dobbiamo per rispetto ai “sacrifici che il nostro popolo ha dovuto sopportare per tornare a essere cittadini, titolari di diritti di libertà”.

Da Genova Mattarella, salutato da una folla che gli ha gridato “Ora e sempre Resistenza”, ha poi fatto rientro a Roma per poter accogliere i capi di Stato che parteciperanno domani ai funerali del Papa.

Meloni celebra 25 aprile: democrazia negata da fascismo. Attesa per Trump

Roma, 25 apr. (askanews) – Prima l’omaggio all’Altare della Patria per il 25 aprile, poi gli incontri a Palazzo Chigi con Viktor Orban e Keir Starmer. In attesa di Donald Trump. La premier Giorgia Meloni sarà sabato a San Pietro al funerale di papa Francesco, nella delegazione italiana che vedrà tra gli altri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, accompagnato dalla figlia Laura, i presidenti di Senato e Camera, Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana, i vice premier Antonio Tajani e Matteo Salvini.

A Roma stanno arrivando 164 delegazioni, con 12 sovrani regnanti, 52 capi di Stato, 14 capi di governo. Ma a catturare l’attenzione sarà sicuramente Trump, partito oggi con l’Air Force One dalla base americana di Andrews. Arriverà nella capitale intorno alle 23 e soggiornerà con la moglie Melania (che compie gli anni) a Villa Taverna, residenza dell’ambasciatore degli Stati Uniti.

Prima di partire il tycoon ha detto che vedrà Meloni – ma senza specificare se sarà un semplice saluto o un vero e proprio incontro – e che a margine del funerale “incontreremo molti leader stranieri”, forse anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che però potrebbe non partecipare. Tra i due i rapporti sono sempre più tesi, dopo le dichiarazioni di Trump sulla pace in Ucraina. “La Crimea resterà alla Russia”, ha dichiarato il presidente Usa, a cui Zelensky ha risposto che la Crimea “appartiene” all’Ucraina.

I funerali di papa Francesco potrebbero rappresentare anche l’occasione per un primo contatto tra Trump e i vertici dell’Unione europea – a Roma ci saranno sia Ursula von der Leyen che Antonio Costa – sulla questione dei dazi. Su questo, dopo la visita a Washington, Meloni sta operando da ‘facilitatrice’. Non ci saranno, naturalmente, i tempi e le condizioni per un vero e proprio confronto sulla questione, ma già sarebbe ritenuto un passo avanti un primo contatto, finora mai avvenuto dal momento dell’insediamento. Al momento è escluso invece un nuovo faccia a faccia Meloni-Trump prima delle esequie.

La giornata di Meloni è iniziata all’Altare della Patria, insieme a Mattarella, per la celebrazione del 25 aprile. “Oggi l’Italia celebra l’ottantesimo Anniversario della Liberazione. In questa giornata, la Nazione onora la sua ritrovata libertà e riafferma la centralità di quei valori democratici che il regime fascista aveva negato e che da settantasette anni sono incisi nella Costituzione repubblicana”, ha affermato la premier in una dichiarazione. E proprio quel richiamo esplicito al fascismo è stato apprezzato, tra gli altri, dal leader di Azione Carlo Calenda. “La democrazia – prosegue Meloni – trova forza e vigore se si fonda sul rispetto dell’altro, sul confronto e sulla libertà e non sulla sopraffazione, l’odio e la delegittimazione dell’avversario politico. Oggi rinnoviamo il nostro impegno affinché questa ricorrenza possa diventare sempre di più un momento di concordia nazionale, nel nome della libertà e della democrazia, contro ogni forma di totalitarismo, autoritarismo e violenza politica”.

Nel pomeriggio, a Palazzo Chigi, sono arrivati poi per ‘visite di cortesia’ il primo ministro ungherese Viktor Orban (rimasto un’ora) e il premier britannico Keir Starmer, che si è trattenuto per circa mezz’ora. Con Orban, ha spiegato il portavoce del premier ungherese Zoltan Kovacs hanno parlato “della cooperazione italo-ungherese, delle principali questioni dell’Ue e degli sforzi congiunti per promuovere la pace”.

Dazi, Dombrovskis a Bessent: Ue preferisce soluzione negoziale

Roma, 25 apr. (askanews) – I dazi commerciali avranno effetti negativi per l’economia globale, per quelle dell’Unione europea ma ancor più per l’economia degli Stati Uniti e l’Ue “ha una forte preferenza per raggiungere una soluzione negoziale nell’interesse reciproco, prima che finisca la pausa parziale di 90 giorni sui dazi”. Secondo quanto riporta un comunicato della Commissione europea, sono i concetti chiave che il commissario Ue all’economia, Valdis Dombrovskis ha illustrato al segretario di Stato al Tesoro Usa, Scott Bessent nel corso di una bilaterale a Washington, in occasione delle assemblee primaverili di Fmi e Banca mondiale.

L’esecutivo comunitario definisce l’incontro “franco e cordiale – si legge -. Le parti hanno messo a confronto le loro valutazioni sull’impatto macroeconomico dei dazi”.

Secondo Bruxelles “Ue e Usa sono le maggiori economie mondiali ed è importante che mantengano politiche solide che promuovano stabilità macroeconomica e di bilancio”. Dombrovskis ha anche rimarcato “la necessità di continuare ad assicurare il supporto all’Ucraina nella sua lotta contro l’aggressione russa fino a quando venga raggiunta una pace giusta”, conclude la nota.

Dal suo profilo su X, Dombrovskis poi riferisce di aver avuito bilaterali anche con i ministrid elle finaze di Giappone e Canada e con il governatore della banca centrale della Cina.

Ai funerali di Papa Francesco 164 delegazioni: re, presidenti, premier (e Zelensky potrebbe non esserci)

Roma, 25 apr. (askanews) – Sono 164 – compresa quella dell’Italia e quella dell’Argentina, paese d’origine di Papa Francesco – le delegazioni che saranno presenti domani alle esequie solenni del Pontefice, che si terranno domani a piazza San Pietro. A guidarle ci saranno 12 sovrani regnanti, 52 capi di Stato, 14 capi di governo. Inoltre, ci saranno due principi ereditari – tra i quali il principe William – consorti di capi di Stato, ministri, presidenti dei parlamenti e capi delle principali istituzioni internazionali e multilaterali.

La delegazione italiana sarà guidata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e vedrà la presenza di tutte le massime cariche dello Stato, tra le quali la presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

Gli occhi saranno puntati, in particolare, sul presidente Usa Donald Trump, in arrivo da Washington con la First lady Melania. Ci sarà anche attenzione mediatica sulla possibilità che il leader Usa abbia contatti con la rappresentante russa, la ministra della Cultura Olga Borisovna Lyubimova o con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il quale però in serata ha fatto sapere di non essere certo di essere presente – come riferisce France Presse – “Se avrò il tempo, sarò sicuramente presente”, ha dichiarato Zelensky ai giornalisti, menzionando tuttavia delle riunioni militari che deve tenere in quella giornata.

Inoltre si è ventilata la possibilità di un incontro del presidente Usa con la presidente della Commisione europea Ursula von der Leyen.

Tra le grandi personalità presenti, ci saranno il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Olaf Scolz (con la delegazione tedesca guidata dal presidente Frank-Walter Steinmeier), il primo ministro britannico Keir Starmer, il presidente brasiliano Luis Inacio Lula da Silva, il presidente argentino Jorge Milei, il premier ungherese Viktor Orban.

Presenti in massa anche i vertici Ue, dal presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, von der Leyen. Inoltre ci saranno la ministra degli Esteri Ue Kaja Kallas e la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola.

Le Nazioni unite saranno rappresentate in particolare dal segretario generale Antonio Guterres.

Sarà presente anche una delegazione della Palestina, guidata dal primo ministro Mohamed Mustafa.

Infine, spicca l’assenza della Repubblica popolare cinese: la Santa Sede e Pechino non hanno relazioni diplomatiche ufficiali.

La Cina è pertanto rappresentata nella lista ufficiale dalla Repubblica di Cina, cioè da Taiwan, che ha inviato un ex vicepresidente Chen Chin-jen, che aveva un rapporto personale con Papa Francesco.

Taiwan non ha inviato, come accaduto in passato, il suo presidente. In precedenza, la presenza di un leader taiwanese in eventi del genere aveva provocato reazioni di protesta da parte di Pechino.