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Cos’è il vibranium, il materiale ‘indistruttibile’ della capsula di Hyperloop

Tratto da Agi (Agenzia Giornalistica Italiana)

Direttamente dai laboratori segreti di Hyperloop TT in California vi svelo un’altra incredibile innovazione tecnologica che si ripercuoterà nel settore delle “costruzioni” e non solo. Da insider, come contributor di HyperloopTT vi faccio toccare con mano la capsula che ospiterà i passeggeri spediti alla velocità del suono. Come già detto, la realizzazione di questo progetto che cambierà per sempre la storia dei trasporti, porterà con se tante innovazioni “laterali” che avranno un impatto non indifferente sull’umanità in settori diversi da quello per cui è nato.

Una delle parole d’ordine della nostra azienda è sicurezza, la sicurezza aumenta esponenzialmente con l’aumentare dei controlli automatizzati e incrociati per questo mettiamo molta attenzione all’argomento fin dal processo produttivo dei materiali. E’ il caso del materiale con cui è rivestita la capsula, il vibranium.

“8 volte più flessibile dell’alluminio e 10 volte dell’acciaio”
Il vibranium, come ci racconta Bibop, prende il nome dal fumetto di Capitan America, il materiale con cui è costruito il suo indistruttibile scudo, proprio per sottolineare la robustezza di questo fantastico oggetto. In realtà non esiste tale materiale o meglio non esisteva. La simpatica analogia non deve trarci in inganno, anche se sembra un gioco, al contrario, è davvero un materiale super resistente e ultra leggero.

Ma cos’è tecnicamente il vibranium?
E’ un materiale in fibra di carbonio con dei sensori direttamente “embedded” (mi piace usare il termine originale inglese), inseriti, mescolati, al materiale stesso fin dal processo produttivo, rendendolo “intelligente”. Il materiale ottenuto è 8 volte più flessibile dell’alluminio e 10 volte dell’acciaio. Grazie ai sensori è in grado di comunicare in real time informazioni critiche come temperatura, stabilità, integrità e tanto altro, svolgendo una autodiagnosi continua in modo tale da mandare allarmi in caso di problemi alla struttura. Il vibranium è anche 5 volte più leggero dell’acciaio e 1,5 dell’alluminio riducendo l’energia prodotta per spingere la capsula. Ma i superpoteri non finiscono qui!

“Hyperloop è 10 volte più sicuro di un aereo”
La capsula in vibranium è costruita con due strati, a sandwich, a cipolla, così da garantire ancora di più la sicurezza dei passeggeri. Se in extremis si dovesse danneggiare anche lievemente uno strato, c’è quello sottostante a proteggere la capsula. Nel frattempo il materiale invia tempestivamente un segnale al sistema centrale e la capsula viene ritirata e portata in manutenzione. Come dice il nostro ceo Dirk Ahlborn: Hyperloop è 10 volte più sicuro di un aereo.

Il vibranium è costruito in collaborazione con aziende Top della Slovacchia dimostrando ancora una volta la connotazione internazionale e globale del progetto Hyperloop che cambierà per sempre la storia dei trasporti.

Nei mari italiani galleggiano 179.023 particelle di rifiuti in plastica

“La densità dei microrifiuti plastici inferiori ai 5 mm ritrovati sulla superficie marina è di 179.023 particelle per km quadrato”, dichiara il presidente del comitato scientifico di Slow fish Silvio Greco. «Questo ci fa riflettere soprattutto sull’incuria che abbiamo avuto nei confronti del mare in passato, perché queste particelle sono il risultato della frammentazione di tutto ciò che abbiamo gettato indiscriminatamente pensando che il mare fosse la nostra discarica naturale». Basti pensare infatti che i tempi di degradazione in mare per le bottiglie di plastica sono stimati in 500-1000 anni, mentre passiamo a 20-30 per i bastoncini cotonati e a 10-20 anni per le buste di plastica.

I dati sono raccolti dal ministero dell’Ambiente in collaborazione con Ispra e le 15 Arpa costiere, pongono l’accento sulle misure da mettere in atto dopo il recepimento della Direttiva quadro 2008/56/CE sulla strategia per l’ambiente marino. “I dati sono il risultato dell’analisi condotta dal 2015 al 2017 – spiega Irene Di Girolamo, referente Ambiente marino del sottosegretario all’Ambiente Salvatore Micillo – e costituiscono la fotografia dello stato attuale del nostro mare. Al termine del secondo ciclo di analisi, nel 2021, potremo fare un confronto preciso e capire se le prime misure messe in atto hanno dato i loro frutti e se la strada intrapresa è quella giusta”.

Tra le aree, monitorate due volte l’anno, troviamo le spiagge, le stazioni di profondità e la superficie marina, oltre agli esemplari di tartarughe spiaggiate e successivamente analizzate. «Ne emerge un quadro significativo», continua Greco. “Con una media di 777 rifiuti spiaggiati ogni 100 metri lineari. La plastica – incluse bottiglie, sacchetti, cassette in polistirolo, lenze da pesca in nylon – emerge come il materiale più abbondante con una percentuale dell’80%”. Tra i 10 e gli 800 metri di profondità la media degli oggetti per km quadrato passa da 66 e 99: anche qui la plastica è il materiale predominante con il 77%, rappresentata da buste, involucri per alimenti e attrezzi da pesca.

La Coca Cola ha pagato medici e ricercatori per negare i legami con l’obesità

È quanto rivela un’inchiesta del quotidiano Le Monde secondo cui in Francia la multinazionale per diversi anni a partire dal 2010 avrebbe pagato medici e ricercatori per smentire il legame tra bevande zuccherate e l’insorgenza di patologie come l’obesità ed il diabete.

Come riporta il giornale francese, l’azienda ha riunito scienziati influenti per diffondere una ‘soluzione’ all’epidemia globale dell’obesità attraverso articoli pubblicati su riviste mediche, discorsi a conferenze e social media. Ecco la soluzione propagandata: fare più esercizio fisico senza preoccuparsi di ridurre l’apporto calorico.

Queste rivelazioni derivano da un’altra indagine relativa alla Coca Cola condotta nel 2015 dal New York Times che aveva svelato la pesante influenza della Coca Cola nel finanziare studi scientifici volti ad offrire un diverso punto di vista sul tema dell’obesità.

In poche parole la strategia di marketing consisteva nel cercava di distogliere l’attenzione dei consumatori sugli effetti per la salute legati all’assunzione ripetuta di bevande come Coca, Sprite, Fanta e altre come Minute Maid, tutti di proprietà di Coca-Cola.

Hollerich (Comece) in missione a Lesbo: “Mai l’Europa si dica cristiana se non si apre ai poveri e ai migranti”

Fonte Agensir

Una delegazione vaticana sta visitando in questi giorni i campi di Moria e Kara Tepe a Lesbo a tre anni dalla visita di Papa Francesco nell’isola, nell’aprile 2016, insieme al Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo e all’arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia Hieronymus II. La delegazione vaticana è guidata dall’elemosiniere apostolico card. Konrad Krajewski che sull’isola ha portato una donazione di 100mila euro come contributo del Santo Padre all’opera della Caritas Hellas e rosari da distribuire alla gente. Con lui ci sono anche mons. Sevastianos Rossolatos, arcivescovo di Atene e mons. Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e presidente della Commissione degli episcopati dell’Unione europea (Comece). Raggiunto telefonicamente dal Sir, mons. Hollerich spiega subito il motivo di questa visita: “Il Papa è venuto qui tre anni fa. È una missione per mostrare alla gente dei campi profughi, che il Papa pensa sempre a loro, che il Papa e la Chiesa si prendono cura di loro. Non se ne sono dimenticati”.

Perché ora?
Prima delle elezioni europee, questa missione vuole dare un segno all’Europa. Per questo motivo – credo – che il Papa mi ha chiesto di partecipare a questa missione insieme al card. Krajewski per mostrare che i profughi, i rifugiati sono gente vera, uomini, donne e bambini che soffrono. E se noi vogliamo che ci sia una Europa cristiana, allora siamo invitati ad aiutarli.

Ci racconti cosa ha visto in questi giorni?
Sono molto triste per quello che ho visto. Tanta gente si è avvicinata per parlarmi, per raccontarmi i loro problemi. Gente ammalata. È chiaro che il governo greco è presente e fa tutto il possibile per loro. Ma è impossibile arrivare a tutto, garantire per esempio un trattamento medico all’altezza dei problemi. E la gente soffre. Soffre anche di mancanza di speranza. L’altro giorno siamo stati invitati ad entrare in una tenda costruita da 7 giovani. Ci hanno offerto un tè. Un giovane ci ha raccontato che di notte studia l’inglese per prepararsi un giorno a venire in Europa. Ho visto un bambino con una malattia della pelle molto grave. Ho visto malattie degli occhi. È chiaro che queste persone arrivano qui in barca e in mare hanno subito tante cose. Ripeto: il governo greco fa molto ma è lasciato da solo. Non bisogna dire che il governo greco deve fare di più. È la nostra solidarietà che viene richiesta.

L’impressione che si ha qui, è che questa gente sia stata dimenticata dall’Europa e questo fa male.

A Lesbo, si arriva via mare. Che cosa vi hanno raccontato le persone dei campi di questi viaggi sui barconi?
A questo proposito vorrei dire che sarebbe utile fare corridoi umanitari. Sarebbe importante che le diverse diocesi, le Chiese in Europa, le associazioni cattoliche, le parrocchie possano organizzare – con l’aiuto della Comunità di Sant’Egidio che già li promuove – corridoi umanitari per dare a questa gente una nuova possibilità, una parte della felicità e del benessere che abbiamo tutti noi qui in Europa. E dimostrare che la Chiesa in Europa è solidale con i più poveri, che ci prendiamo cura di loro, che sono importanti per noi.

Cosa vuole dire da Lesbo all’Europa?
Abbiamo celebrato il 9 maggio la Festa dell’Europa. Sono contento di essere stato in questo giorno così particolare nella periferia dell’Europa. Con la gente povera.

Non parliamo mai più di Europa cristiana se non siamo pronti ad accogliere i poveri e i migranti.

Le prossime elezioni dovranno dimostrare se siamo cristiani o no. Se abbiamo ancora un resto di cristianesimo in Europa. Non è possibile parlare di cultura cristiana, di una Europa cristiana se non siamo pronti ad accogliere chi è nel bisogno.

Vi ha lasciato detto qualcosa Papa Francesco prima di partire?
Di assicurare la gente che il Papa è con loro. Il Papa è ancora a Lesbo. Il suo cuore è con la gente.

È nata a Trento la Scuola di Formazione Politica “Codice Sorgente. Idee Ricostruttive”.

La Scuola, che abbiamo presentato mercoledì assieme a Enrico Letta, vuole essere un contributo a ritrovare la bussola.
Siamo tutti frastornati e incerti, al di là di come abbiamo votato (o non votato) alle ultime elezioni.
Avvertiamo che un mondo è finito e quello nuovo ancora non c’è.

Il sentiero si è fatto nebbioso e i “capi comitiva” fanno finta – lo sanno anche loro – di sapere dove andare.
Ci serve una bussola, non ci sono santi.
Abbiamo deciso di ricercarla nella formazione, nel dialogo con persone competenti e credibili, nel coinvolgimento di giovani che abbiano voglia (e ce ne sono tanti) di impegnarsi con responsabilità, libertà e consapevolezza.
La nostra non è una “scuola di partito”.
I partiti, comunque li si voglia chiamare, sono e restano essenziali per la democrazia. E devono rigenerarsi.

Noi ci occupiamo di ciò che sta “prima” e “accanto” a questa auspicata rigenerazione.
In primo luogo vogliamo offrire ad un gruppo di giovani una occasione seria e strutturata di formazione.
Perché non basta la volontà. Serve anche la capacità, sopratutto in un contesto sempre più complesso.
Attraverso il contributo di persone preparate, studieremo la storia, il presente e il futuro possibile della nostra Democrazia, che appare oggi in forte crisi e della nostra Speciale Autonomia Trentina, anch’essa alle prese con scenari inediti e sfidanti.
Approfondiremo ciò che sta accadendo alla società, all’economia, al lavoro, alla politica: nel mondo e da noi. Cercheremo di capire le trasformazioni antropologiche e tecnologiche, nella loro potenzialità positiva e nelle insidie che esse producono ogni giorno nella nostra vita.

Abbiamo chiamato l’Associazione che promuove la Scuola “Codice sorgente. Idee Ricostruttive”.
“Codice sorgente”, perché oggi non basta più una semplice manutenzione di ciò che c’è. Si avverte la necessità di una ripartenza su basi nuove. Occorre lavorare sulle “sorgenti” dalle quali nascono i valori civili, sociali e politici. I soli che possono consentire alla nostra democrazia di ritrovare una rotta convincente. Sta qui il senso dell’emergenza educativa che non riguarda solo la politica, ma tutti gli ambiti della vita civile e sociale.

“Idee Ricostruttive”, perché dai flutti perigliosi di questo cambiamento epocale non si esce solo demolendo, ma ricostruendo nuove forme di convivenza e nuove consapevolezze responsabili. Così come è stato nella lunga e faticosa stagione di preparazione della nostra Democrazia.

C’è una seconda cosa della quale ci occuperemo, attraverso la Scuola per giovani: concorrere a stimolare un “nuovo pensiero” sul Trentino e sulla sua Speciale Autonomia.
Essa ha oggi bisogno estremo di pensiero.
In realtà, viviamo ancora di rendita in base alle intuizioni magistrali dei Fondatori.
Ma il mondo è cambiato radicalmente. E una Speciale Autonomia che si ferma e non progetta piste e terreni nuovi si affloscia sotto il peso dei suoi apparati e della sue stesse istituzioni; alimenta nei cittadini aspettative solo utilitaristiche; perde il suo “carisma” e si omologa alle tendenze globali del momento. In poche parole, smarrisce l’ambizione di essere “Comunità Autonoma”.
Esattamente ciò che accade, più in grande, alla Comunità nazionale.
Sono certo che troveremo una buona accoglienza da parte dei ragazzi e tante collaborazioni.

Partiamo già con la preziosa disponibilità di autorevoli persone che hanno accettato di far parte del nostro Comitato Scientifico e che ci aiuteranno a fare un ottimo percorso.
Per me, questo è anche un modo per “restituire” alla comunità almeno una parte del grande onore che essa mi ha dato conferendomi, per un lungo periodo, ruoli di leadership politica e di governo.
Del resto, dalle secche di questa fase della politica e della società non si esce con “trovate” nuoviste ed estemporanee. La strada è in salita. Richiede tempo, generosità ed impegno.
Richiede sopratutto nuove visioni e nuove classi dirigenti, che possono formarsi solo in una solida alleanza intergenerazionale.

Uno statista

“Questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera, se in Italia non nascerà un nuovo senso del dovere”.

Sono partito con la famosa frase di Aldo Moro, grande Statista, pronunciata più di quaranta anni fa.

Un forte appello, perché avvertiva il peso di un clima politico particolarmente infuocato: brigate rosse e attentati fascisti; il Paese attraversava un crocevia pericolosissimo, del resto lo stesso Moro ne fu vittima, anzi la vera vittima di quella infausta stagione politica nazionale.

Nella sua frase domina la parte terminale, quella richiesta di “un nuovo senso del dovere” perché era del tutto evidente la carenza di questa espressione civile e politica che lo stesso Moro stava constatando.

La morte di Aldo Moro segnò un cambio di rotta. l’Italia per i successivi dieci anni visse un’altra pagina. Purtroppo fu una pagina votata alla spensieratezza e alla leggerezza, quindi dimentica della richiesta dello Statista pugliese.

Gli anni ottanta sono stati consumati all’insegna della “Milano da bere”, dell’aumento vertiginoso del debito pubblico, del riflusso polittico e della sostanziale spensieratezza che sembrava gonfiare le vele a chi, uscito dai tremendi anni di piombo, pensava di navigare in totale leggerezza.

I nodi di quel “fausto” si sono presentati all’inizio degli anni ’90, non serve che io riepiloghi le défaillance di quel terremoto che colpì gran parte della classe politica di allora.

Della frase di Aldo Moro, nessun segno.

Gli anni ’90 hanno visto la dialettica tra le schiere capeggiate da una inedita e, fino allora, impensabile figura che, alla vista di questi ultimi quasi trent’anni, è rimasta gagliarda a organizzare lo schieramento di centro destra. Si trattava di Silvio Berlusconi.

La dialettica con l’imprenditore milanese fu assegnata a diversi autori del centro sinistra: Prodi, D’Alema, Veltroni, Rutelli, via via fino a Renzi; una dialettica che ha visto prevalere e un polo e l’altro senza mai decretare un dominio integrale da parte di uno dei due schieramenti.

Sottolineo, ancora una volta, la dimenticanza dell’appello di Aldo Moro.

Ora, la stagione che stiamo vivendo sembra appesantirsi per la presenza di costumi politici che mai avrei pensato ritornassero: è di questi giorni, così almeno molti commentatori scrivono, lo sdoganamento del pensiero fascista da parte del vice primo Ministro.

Con una sinistra a vele quasi ammainate; un Movimento 5 Stelle ondìvago e senza mai una linea che si mantenga retta e coerente. In tutto questo richiama ancora quell’esortazione che Aldo Moro rivolgeva all’intero Paese.

Se lo Statista assassinato il 9 maggio del 1978 fosse tra noi, piangerebbe per due motivi: primo, perché vedrebbe l’inutilità del sacrificio di molti italiani che dagli anni quaranta avevano sollevato le sorti democratiche, economiche e culturali del nostro Paese; e, secondo, piangerebbe perché riconoscerebbe anche svilita la sua prematura morte da questi miserrimi risultati che il Paese si trova a dover manifestare.

Ritornare ad Aldo Moro dovrebbe, prima di tutto per me, ma sono convinto per tutti, farci riscoprire l’importanza e la profondità dell’operare politico di noi tutti.

Ci auguriamo, pertanto, che da questa attuale tristezza qualcuno sappia ritornare a quella frase che, per la sua prima parte, è anche un monito potente per noi tutti. Non vorremmo mai che, dimentichi della conclusione, si attui ciò che Aldo Moro iniziava con quello scritto.

Contro Ezra Pound

Tratto da http://www.succedeoggi.it

A proposito della querelle sullo stand dell’editore di CasaPound al Salone torinese, qualcuno invita a leggere o rileggere Pound, a capire quanta distanza lo separi dai “poveretti” (Cacciari) di CasaPound. Proviamo a farlo. Subito però un interrogativo, che spero non suoni irrispettoso: proprio sicuri che Pound, che si sentiva contemporaneo di Dante e Cavalcanti, sia stato uno dei maggiori poeti del ‘900, come enfaticamente dichiarò una volta Cacciari di fronte alla sua tomba veneziana? Avrei molti dubbi in proposito. Per certi versi mi appare come un insuperabile software della cultura universale, una sterminata enciclopedia in forma poetica dell’intero sapere umano. Montale disse una volta che nel suo cervello si celebrava “un festival della letteratura mondiale”. Aggiungerei: un festival postmoderno inzeppato di reminiscenze classiche e mitologie culturali, a volte scadenti o perfino un po’ fasulle.

Pound, definito “global translator”, sembra frullare in un vortice unico Est e Ovest, haiku e provenzali, classicità e sperimentalismo, Omero e Dante, Ovidio e Cavalcanti, Riccardo di San Vittore e Iside (madre della religione egizia), Jefferson e Mussolini. A 12 anni andò per la prima volta nella coltissima Europa. provenendo dalla estrema provincia del Far West americano, e da allora non si è più ripreso! Prezioso maieuta del suo amico Thomas S. Eliot, ma, al contrario di lui, la sua opera “è in parte naufragata sotto il peso della sua erudizione” (così il critico Edmund Wilson, suo amico, che ricorda come Pound alle cene fingeva di saper suonare il piano!). Della poesia di Pound amo l’essenzialità, l’energia, l’esattezza metrica, il principio artigianale che una poesia deve essere scritta “altrettanto bene di una prosa”, la negazione dell’io in favore del mondo – tutte attitudini travasate nei beat –. La sua stessa scandalosa biografia politica, infine, mi appare come una vicenda ispirata da una disarmata ingenuità che lo porta ad abbracciare cause perse, ancorché aberranti, come la RSI (e per il reato di tradimento scontò la pena in una gabbia di cemento e filo spinato a Pisa).

Va bene, è ingiusto banalizzarlo. Ma prendiamo un suo famoso aforisma: “Se un uomo non è disposto a lottare per le sue idee, o le sue idee non valgono nulla, o non vale nulla lui”. Una sentenza roboante e falsa. Non tiene conto di quella che Orwell chiamava la naturale “lunaticità” dell’essere umano, sempre un po’ esitante, contraddittorio. Cosa sono quelle “idee”granitiche che dovrebbero governarci dispoticamente e che non tollerano dubbi su di sé? E poi, al contrario: quante volte si è lottato – fanaticamente! – per idee che letteralmente “non valevano nulla”, per idolatrie sociali sprezzanti verso ogni compromesso! Ma la forza di Pound non sta nel suo pensiero esplicito. Piuttosto nella fusione di senso e suono che si percepisce in alcuni suoi versi. Lui stesso dichiarò che le proprie citazioni erano soltanto dei temi musicali, che poi sviluppava liberamente. Singolare: il mito della purezza – probabilmente nato dai laghi cristallini del suo Idaho –, che la sua poesia tende a negare poiché si mescola alla lingua parlata e colloquiale, diventerà invece esiziale dal punto di vista politico-ideologico.

Prendiamo poi il rapporto di Pasolini con Pound. Un rapporto di ammirazione, e financo di devozione (si veda la celebre intervista, ora su YouTube, in cui legge con empatia alcuni dei suoi versi). Però non è mai devozione acritica. In un articolo del 1973 si sofferma sugli scritti “economici” (Oro e lavoro, Roosevelt e le cause della guerra presente…), giudicandoli “farneticanti e anche idioti… illogici e provocatori”, originati da una “pazzia clinica”. Le sue affermazioni “paradossali, teppistiche e arrabbiate” nascono per lui da una “politica gestuale”, dunque teatrale, esibizionistica. In un altro articolo, dello stesso anno, precisa che l’ideologia reazionaria di Pound – delirante – proviene dal suo background contadino, è tutta una venerazione dei valori di un mondo contadino arcaico celebrati nei Cantos: compassione paterna, devozione filiale, mutualità fraterna ( e proprio questi valori, in questa formulazione poundiana, li inserisce nel suo dramma “Bestia da stile”). Poi conclude, con una profezia errata (come spesso capitava a Pasolini) che qualcosa in Pound ne impedisce una piena strumentalizzazione da parte della destra. Mary de Rachelwitz, la figlia di Pound, ha perso la causa contro CasaPound e la appropriazione indebita del nome (e anche se lei, secondo Pasolini, avrebbe qualche responsabilità riguardo a una cattiva ricezione del pensiero del padre). Ora, sappiamo che la cultura vera sempre destabilizza, e ci offre una verità fatalmente ambigua sulla condizione umana (che è ambigua). Dunque qualsiasi riduzione a slogan, come quella fatta da CasaPound, la tradisce, e in questo caso tradisce Pound. Eppure non riesco a immaginarmi una cosa come CasaCéline: lo scrittore francese, che pure finì collaborazionista e autore di ripugnanti libelli antisemiti, aveva qualcosa di intrattabile e di refrattario alla destra. Nei primi romanzi difende gli sventurati e i senza potere, denuncia l’idiozia e l’orrore della guerra fino a elogiare la vigliaccheria, oltre a curare gratis come medico i barboni della banlieu parigina. No, troppo infido e pericoloso da maneggiare politicamente.

 

Istat: da maggio il primo Censimento permanente delle imprese

A differenza dei censimenti tradizionali, il nuovo Censimento è costituito da una rilevazione di tipo campionario, mentre la restituzione dei dati ottenuti sarà di tipo censuario. Il campione coinvolto è di circa 280.000 imprese con 3 o più addetti. Per la prima volta si svolgerà a cadenza triennale e non più decennale, e garantirà un rilascio di informazioni continue e tempestive. La rilevazione prenderà il via il 20 maggio per chiudersi il 16 settembre 2019.

L’obiettivo del nuovo Censimento è quello di aggiornare il quadro informativo sui comportamenti delle imprese in termini di strategie per accrescere la competitività, adozione di nuove tecnologie e processi di digitalizzazione, e misure finalizzate alla sostenibilità ambientale e responsabilità sociale, al fine di cogliere i cambiamenti più profondi in atto nel sistema produttivo nazionale.

Secondo il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo “Il nostro sistema produttivo sta sperimentando complessi e profondi cambiamenti strutturali che riguardano sia aspetti tecnologici, organizzativi, di mercato e di impiego di capitale umano, sia sfide su responsabilità ambientale, sociale e per lo sviluppo locale”.

“Sulla capacità di evolvere del sistema delle imprese si gioca oggi, come in altre fasi della nostra storia economica, la tenuta e l’evoluzione del nostro sistema produttivo nel contesto globale”, per il quale il censimento permanente offrirà “un’opportunità di conoscenza delle caratteristiche della transizione in atto e dei punti di forza e di debolezza del nostro sistema produttivo, di grande impatto potenziale sulle politiche per la crescita”.

Consumi: volano frutta e verdura, +1 mld di kg in 10 anni

I consumi di frutta e verdura degli italiani sono aumentati di quasi un miliardo di chili nell’ultimo decennio facendo registrare nel 2018 il record del periodo per un quantitativo complessivo nel carrello di 8,7 miliardi di chili. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti presentata in occasione dell’inaugurazione del Macfrut il Fruit & Veg Professional Show di Rimini con il presidente nazionale della Coldiretti Ettore Prandini nell’ambito dell’incontro “Ortofrutta: innovazione, politiche e consumi” alla sala Neri 2 – Expo Center.

La spinta al consumo è avvenuta per effetto soprattutto delle preferenze alimentari dei giovani che – sottolinea la Coldiretti – fanno sempre più attenzione al benessere a tavola con smoothies, frullati e centrifugati consumati al bar o anche a casa grazie alle nuove tecnologie. Se le mele a livello nazionale – precisa la Coldiretti – sono state il frutto più consumato, al secondo posto ci sono le arance, mentre tra gli ortaggi preferiti dagli italiani salgono sul podio nell’ordine le patate, i pomodori e le insalate/indivie. In crescita la spesa per gli ortaggi freschi pronti al consumo (la cosiddetta IV gamma) che chiudono il 2018 con una crescita a valore del +5% rispetto all’anno precedente con quasi 20 milioni di famiglie acquirenti, secondo Ismea. Tra le tendenze si registra il forte aumento degli acquisti diretti dal produttore dove nel corso del 2018 hanno fatto la spesa 6 italiani su dieci almeno una volta al mese secondo l’indagine Coldiretti/Ixe.

A sostenere la domanda – sostiene la Coldiretti – è la spinta dell’innovazione, in scena a Macfrut, dal campo allo scaffale. Dai sensori in campo per ottimizzare il ciclo colturale delle produzioni al vassoio con airbag per non ammaccare la frutta pronta al consumo fino alle nuove combinazioni tra frutta e formaggi nel ready to eat.

La ricerca di sicurezza e genuinità nel piatto porta l’88% degli italiani a bocciare la frutta straniera e a ritenere importante scegliere nel carrello frutta e verdura Made in Italy secondo l’indagine Coldiretti/Ixè, visto che l’Italia è al vertice della sicurezza alimentare mondiale. Basti pensare che il numero di prodotti agroalimentari extracomunitari con residui chimici irregolari è stato pari al 4,7% rispetto alla media Ue dell’1,2% e ad appena lo 0,4% dell’Italia secondo le elaborazioni Coldiretti sulle analisi relative alla presenza di pesticidi rilevati sugli alimenti venduti in Europa effettuata dall’Efsa. In altre parole – precisa la Coldiretti – i prodotti extracomunitari sono 4 volte più pericolosi di quelli comunitari e 12 volte di quelli Made in Italy per quanto riguarda la presenza di residui chimici oltre i limiti.

Sotto accusa sono le importazioni incontrollate dall’estero favorite dagli accordi commerciali agevolati stipulati dall’Unione Europea come il caso delle condizioni favorevoli che sono state concesse al Marocco per pomodoro da mensa, arance, clementine, fragole, cetrioli e zucchine o all’Egitto per fragole, uva da tavola, finocchi e carciofi. Accordi – continua la Coldiretti – fortemente contestati perché nei paesi di origine è spesso permesso l’uso di pesticidi pericolosi per la salute che sono vietati in Europa, ma anche perché le coltivazioni sono realizzate in condizioni di dumping sociale per il basso costo della manodopera.

L’Italia – sottolinea la Coldiretti – è il primo produttore Ue di molte verdure e ortaggi tipici della dieta mediterranea e italiana come pomodori, melanzane, carciofi, cicoria fresca, indivie, sedano e finocchi. L’Italia risulta poi il secondo produttore dell’Unione europea di lattughe, cavolfiori e broccoli, spinaci, zucchine, aglio, ceci, lenticchie e altri legumi freschi. Infine, l’Italia detiene il terzo posto in Europa per quanto riguarda asparagi, ravanelli, peperoni e peperoncini, fagioli freschi. E anche per quanto riguarda la frutta l’Italia – precisa la Coldiretti – primeggia in molte produzioni importanti dalle pere fresche alle ciliegie, dalle albicocche alle uve da tavola, dai kiwi alle nocciole fino alle castagne. È altresì seconda per la produzione di mele, pesche, nettarine, meloni, limoni, arance, clementine, fragole (coltivate in serra) e mandorle e al terzo posto per angurie, fichi, prugne e olive da tavola.

Complessivamente la superficie italiana coltivata ad ortofrutta – sottolinea la Coldiretti – supera il milione di ettari e vale oltre il 25% della produzione lorda vendibile agricola italiana. I punti di forza dell’ortofrutta italiana sono l’assortimento e la biodiversità, con il record di 107 prodotti ortofrutticoli Dop/Igp riconosciuti dall’Ue, la sicurezza, la qualità, la stagionalità che si esalta grazie allo sviluppo latitudinale e altitudinale dell’Italia, una caratteristica vincente per i prodotti ortofrutticoli del Belpaese.

“E’ necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute” ha affermato il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare però la necessità di “superare l’attuale frammentazione e dispersione delle risorse per la promozione del vero Made in Italy all’estero puntando a un’Agenzia unica che accompagni le imprese in giro nel mondo sul modello della Sopexa e ad investire sulle Ambasciate, introducendo nella valutazione principi legati al numero dei contratti commerciali.

A livello nazionale – continua Prandini – serve un task-force che permetta di rimuovere con maggiore velocità le barriere non tariffarie che troppo spesso bloccano le nostre esportazioni ma anche trasporti efficienti sulla linea ferroviaria e snodi aeroportuali per le merci che ci permettano di portare i nostri prodotti rapidamente da nord a sud del Paese e poi in ogni angolo d’Europa e del mondo”.

Una urgenza in una situazione in cui l’Italia purtroppo non è riuscita ad agganciare la ripresa della domanda all’estero dove – conclude la Coldiretti – sconta un ritardo organizzativo, infrastrutturale e diplomatico che ha provocato nel 2018 un crollo nell’ortofrutta fresca esportata dell’11% in quantità e del 7% in valore, rispetto all’anno precedente.

Dalla Ue sostegno particolare a 10 regioni e due Stati membri

Nel corso dell’ultimo anno gli esperti della Commissione europea hanno incontrato le autorità nazionali e regionali facendo un’analisi d’insieme riferita ad ogni elemento che costituisse un freno alla creazione di posti di lavoro e alla crescita dei territori. Un primo risultato di questa iniziativa è costituito dal lancio di alcuni progetti pilota (uno per regione o Stato membro in questione) volti a superare le criticità specifiche alla transizione industriale. I vari programmi sono stati presentati due giorni fa a Bruxelles e ciascuno di essi riceverà una sovvenzione di 300.000 euro.

Piemonte: la Regione intende promuovere l’innovazione e mettere a punto meccanismi di finanziamento in tal senso. Grazie a questo fondo europeo, potrà sperimentare nuove soluzioni per la gestione e il finanziamento dei cluster industriali locali e per la diffusione regionale dell’innovazione.

Cantabria, Spagna: per effetto dell’evoluzione tecnologica, nel comparto agroalimentare regionale sono andati perduti molti posti di lavoro. Grazie alla sovvenzione dell’Unione, la regione avvierà un progetto di riqualificazione e inclusione professionale per il comparto.

Centro-Valle della Loira, Francia: la regione intende adeguare le competenze della sua popolazione ai posti di lavoro del futuro. Il progetto pilota finanziato dall’Ue aiuterà piccole e medie imprese locali di settori tradizionali a sviluppare conoscenze e competenze digitali.

Grand Est, Francia: nell’ottica della transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, la regione utilizzerà la sovvenzione europea per realizzare un centro per la sperimentazione di soluzioni per la transizione energetica nelle imprese locali.

Alta Francia: per sostenere l’adeguamento all’evoluzione digitale e tecnologica la regione utilizzerà la sovvenzione per aiutare piccole e medie imprese innovative locali a integrare le tecnologie digitali nei propri processi produttivi o nella progettazione dei propri prodotti.

Lituania: la sovvenzione dell’Ue contribuirà all’introduzione di una tabella di marcia per l’economia circolare in tutta l’industria lituana.

Finlandia nord-orientale: la regione aiuterà le sue imprese ad applicare le innovazioni prodotte da altri soggetti, come le università o gli incubatori di start-up. La regione sta avviando un progetto pilota per promuovere e finanziare l’innovazione interregionale dell’industria forestale e del legno.

Greater Manchester, Regno Unito: la regione utilizzerà la sovvenzione dell’Ue per elaborare e sperimentare una “Carta per l’occupazione di qualità” finalizzata a migliorare le competenze, la qualità degli impieghi, la produttività e i salari nelle imprese locali.

Svezia centro-settentrionale: per compiere la transizione verso un’economia circolare e a basse emissioni di carbonio, la regione istituirà un laboratorio che si occuperà di soluzioni efficienti sotto il profilo delle risorse per le imprese locali.

Sassonia, Germania: la regione utilizzerà la sovvenzione dell’Ue per individuare nuovi modelli di business che contribuiscano alla decarbonizzazione dell’industria automobilistica regionale.

Slovenia: il paese realizzerà una piattaforma collaborativa online e fisica per sviluppare l’industria slovena 4.0, comprendente settori come la cibersicurezza, il cloud computing, i big data o la robotica.

Vallonia, Belgio: la regione sperimenterà nuove soluzioni nel settore della plastica, dalla produzione al consumo e al riciclaggio, e promuoverà i processi circolari per la plastica nelle piccole e medie imprese locali.

“Visti i primi risultati di questa iniziativa – ha detto il commissario per la Politica regionale Corina Cretu – invito tutte le regioni a fare in futuro questa esperienza. Le regioni dovrebbero individuare i punti deboli da correggere e i punti di forza da valorizzare per migliorarsi nell’ambito della catena del valore nella nostra economia globalizzata. A tale fine, nel prossimo bilancio a lungo termine dell’Ue avranno accesso a più di 90 miliardi di euro di finanziamenti a titolo della politica di coesione nei settori della ricerca, dell’innovazione e delle piccole e medie imprese”.